lunedì, dicembre 19, 2022
Libri musicali. 2022
Segnalo (IN ORDINE SPARSO) 35 libri a sfondo musicale letti e pubblicati nel 2022.
TOP 12
BRENDAN MULLEN - Lexicon Devil
I Germs sono stati tra i gruppi più devastanti della scena punk americana, padri putativi dell'hardcore punk, una vita breve e tragica, il cantante Darby Crash morto suicida con un'overdose a 22 anni, il chitarrista Pat Smear finito poi con Nirvana e Foo Fighters in situazioni più tranquille e salubri.
Attraverso le testimonianze di decine di protagonisti di quel breve periodo di vita della band (1977/1980), il libro (tradotto alla perfezione da Andrea Valentini) ripercorre una storia di degrado psicofisico, violenza, eccessi inimmaginabili ma anche di musica, creata e suonata in circostanze estreme ma assurta, con il loro unico album G.I. a pietra miliare di un'epoca e di un genere.
Darby Crash (e Pat Smear) si riempiono di acidi e ogni altra sostanza ogni giorno, sono fan di Queen, Bowie e Yes, sono disperati, violenti, senza futuro e dediti alle peggiori perversioni, insieme al "Circle One", il giro di amici altrettanto disperati.
Sarà una progressiva discesa verso gli inferi.
Ogni concerto è devastante, deragliante, brutale.
La dipendenza di Darby, lo scioglimento della band, l'effimera e breve esperienza con la Darby Crash Band, l'ultimo concerto di reunion dei Germs (il migliore di tutti), il suicidio.
Un libro tragico, violento, feroce.
JOHN LURIE - The history of bones
Un'autobiografia che rivela un personaggio incredibile, passato in mezzo ad avventure di ogni genere, sia artistiche (dai Lounge Lizards all'attività di attore con Benigni, Scorsese, Tom Waits etc) che umane e personali (dipendenze varie, la vita nella New York devastata e violentissima dei 70).
Poi la malattia e il forzato stop musicale, la pittura e tanto altro.
John ha un auto ironia incredibile, con la quale ci fa uscire ridendo da situazioni drammatiche e disperate, da tour e concerti non pagati, da storie di "roba", nottate estreme all'ennesima potenza, disastri sentimentali, violenza e tanto altro.
Si toglie un po' di sassolini dalle scarpe rimettendo in riga mostri sacri come David Byrne, Jim Jarmusch o Tom Waits che non ne escono troppo bene e scrive un libro da consegnare al top delle autobiografie musicali.
U.NET - Original London Style
Il 6 dicembre 1982 il videoclip di "Buffalo Gal"s di Malcolm McLaren, trasmesso a "Top of the Pop", sconvolge la scena musicale e sottoculturale inglese.
L' HIP HOP irrompe in Inghilterra e cambia le coordinate sonore, (sotto) culturali e artistiche di migliaia di giovani, soprattutto in quella che è la Black British Culture.
il libro di U.NET approfondisce in modo capillare l'arrivo e l'evoluzione della nuova tendenza in Inghilterra, con testimonianze dirette dei protagonisti, le contaminazioni e l'importanza dei sound systems del giro reggae. Pubblicazione interessantissima, basilare, indispensabile per comprendere certi passaggi e peculiarità di come si è mossa la black culture in Gran Bretagna.
MAURO PAGANI - Nove vite e dieci blues
Uno dei musicisti, produttori, arrangiatori, compositori più importanti di sempre nella musica italiana, si racconta.
Perché potrebbe farne altri dieci o cento di libri come queste, tante sono le avventure che ha vissuto. Dalla PFM e il loro successo in Inghilterra, Giappone e USA, gli anni Settanta, decade d'oro della musica italiana e momento tragico e drammatiuco per la nostra traballante democrazia e società, le mille collaborazioni, il rapporto intensissimo con Fabrizio De Andrè, culminato nel capolavoro Creuza de ma, i mille impegni, frenetici, incalzanti, responsabilità, alti e bassi, creatività e genio.
Un libro che si legge tutto d'un fiato, testimonianza preziosa di una nostra eccellenza artistica.
VICTORIA MARY CLARKE / SHAME MCGOWAN - Una pinta con Shane McGowan
Ci sono musicisti che, nonostante una carriera più che dignitosa, vengono ricordati quasi esclusivamente per la loro immagine, il personaggio che si sono creati, che ha abbondantemente superato la qualità artistica del loro operato. Tanto più se la fama deriva da comportamenti eccessivi e sopra le righe.
L'epitome è sicuramente Ozzy Osbourne, voce dei Black Sabbath, protagonista di mille episodi all'insegna delle più svariate esagerazioni ma l'elenco è lungo, non solo nella storia del rock.
Anche nel jazz, soul, country e nella musica leggera non mancano liste di episodi epici.
Il caso di Shane McGowan, cantante degli irlandesi Pogues, è abbastanza simile.
Alcolista all'ennesima potenza, con una lunga confidenza con ogni tipo di droga, gioventù da teppista violento, iniziato alla birra e whisky fino dalla tenera età, grande amicizia con il gioco d'azzardo e con (brevi) periodi in gattabuia, incline alla rissa e al naso rotto, qualche mese perfino in manicomio.
Nonostante l'idea di creare una band che mischiasse la musica folk irlandese, già di per sé piuttosto frizzante, con punk, rock, blues, country, rhythm and blues, sia stata geniale e abbia creato un vero e proprio genere, seguito da decine di gruppi in tutto il mondo e che gli ha procurato fama, successo ed eccellenti dischi, viene puntualmente ricordato per le sbronze colossali, l'aspetto che definire trasandato è un eufemismo (soprattutto la sua celebre dentatura letteralmente a pezzi), il comportamento costantemente al limite che, non poche volte, lo ha portato vicino alla morte.
Esce ora per Tsunami Edizioni una particolare autobiografia, intitolata significativamente “Una pinta con Shane McGowan” in cui il protagonista si racconta attraverso 400 pagine di intervista fattagli dalla (pazientissima, al limite della santità) scrittrice e giornalista, nonché moglie, Victoria Mary Clarke.
Domande che abbracciano tutta la sua vita, dall'infanzia in poi, lo guidano attraverso la sua mente un po' confusa che salta spesso di palo in frasca ma che ricuce alla perfezione una vicenda non solo curiosa e interessante ma unica.
Shane sa essere provocatoriamente ironico (“Non mi piacciono i bambini, mi danno i brividi. Se ne avessi uno gli insegnerei come si fa a fumare il crack”) ma anche profondo e lucido nella visione della vita, della società e della politica.
Cresce nelle selvatiche campagne irlandesi, assimilandone le tradizioni, la cultura, l'avversione per gli inglesi.
“Penso che l'odio per gli inglesi sia stato alimentato dai vecchi di casa ma è stato rafforzato dal fatto che si sono rivelati un branco di bastardi, proprio come me li avevano descritti”.
Sono gli anni (i Sessanta) in cui la repressione nei confronti dei separatisti dell'Irlanda del Nord è feroce e l'appoggio ai ribelli e terroristi dell'IRA quasi unanime da parte del popolo irlandese.
Sperimenterà sulla sua pelle questa atavica divisione quando si trasferirà con i genitori a Brighton, subendo spesso i dileggi e le discriminazioni dei coetanei inglesi che lo chiamano dispregiativamente “paddy”.
Un po' studia (è un piccolo genio della letteratura), un po' lavora ma la sua occupazione preferita è mettersi nei guai.
“Credevamo nelle droghe pesanti, nel rock 'n' roll a tutto volume e nei capelli ragionevolmente lunghi. Eravamo i classici soul boys, alternativi e selvaggi, uno shock per i genitori dei nostri conoscenti, indossavamo giubbotti di pelle, jeans e pantaloni di pelle, ascoltavamo Stooges, Small Faces, MC5, Black Sabbath, Led Zeppelin, Roxy Music”.
Sarà una logica conseguenza che Shane finisse nella primissima scena punk londinese, dove si trova perfettamente a suo agio, tra gli eccessi e la violenza (indotta) dall'estetica e dal comportamento dei suoi aderenti.
E' costantemente presente ai principali concerti dell'epoca (spesso ripreso da fotografi e telecamere) e fonda una band, i Nipple Erectors, poi Nips, prodotti anche da Paul Weller, con cui realizza alcuni 45 giri, senza particolare successo.
“La società pensava che fossimo feccia, la polizia pensava che tutti i giovani fossero feccia, il governo pensava che tutte le persone fossero feccia. Ed è ancora così, la democrazia non esiste, nessuno otterrà mai un trattamento equo perché ha protestato contro qualcosa o perchè ha combattuto una guerra. La vita è una merda. Ai tempi non c'era lavoro, l'unico modo per fare soldi era rubare o inventarsi qualcosa: fare vestiti, lavorare in un sexy shop o in un negozio di dischi. Oppure fare una band. Ecco perché c'erano così tanti gruppi, la gente cercava solo di fare soldi”.
Il punk cambia radicalmente il suo modo di essere e lo introduce in una nuova dimensione.
“Abbiamo infranto tutte le inibizioni che avevano cercato di inculcarci. Siamo andati oltre quei condizionamenti. Tra noi c'erano omosessuali, bisessuali, lesbiche, asessuali, eterosessuali, monogami, poligami.
Non c'erano regole sul sesso, nessuna morale. Se ti fa sentire bene, fallo. Questa era la nostra morale”.
Da questa scena prende la forza per iniziare a fare sul serio con la musica e, nel 1982, fonda una nuova band originariamente chiamata in gaelico Pogue Mahone (“Baciami il ...”), poi contratta in Pogues.
“Volevo fare una musica pura che potesse essere di qualsiasi epoca, volevo rendere il tempo irrilevante, rendere irrilevanti decenni e generazioni. Non volevo fingere di essere un intellettuale.
Volevo che la musica non parlasse di angoscia e di quanto sia terribile starsene nella propria camera da letto a farsi di eroina o stronzate del genere.
Non volevo parlare di quanto fosse brutto bere, volevo celebrare l'uso di droghe, il bere e la vita.
Volevo celebrare il lato squallido della vita che piace a me. Mi piacciono i pub, la droga e il sesso. Detestavo la tendenza all'apatia degli anni Ottanta e i musicisti che si comportavano bene”.
Il gruppo decolla velocemente. Con la produzione di Elvis Costello piazzano un colpo vincente con l'album ”Rum, Sodomy and Lash” nel 1985, seguito dal grande successo di “I should fall from Grace with God” nel 1988.
La loro vita diventa un continuo party in giro per il mondo tra sbronze senza fine, concerti travolgenti, un ritmo dissipato che lascia per strada parecchi componenti e crea continui problemi alla stabilità della band, soprattutto a causa della totale inaffidabilità di Shane, spesso incapace di salire sul palco.
Nel 1991 viene licenziato e il suo posto in tour preso nientemeno che dall'ex Clash Joe Strummer.
I Pogues proseguono per un po' ma con un declino costante di popolarità, Shane si ricicla con i discreti Popes.
La band si riunirà nel 2001 suonando periodicamente dal vivo per brevi tour che faranno riemergere vecchie cicatrici e antichi conflitti.
L'ultimo concerto è datato 2014, dopo di che la carriera del gruppo viene dichiarata conclusa.
Shane è ricomparso raramente sulla scena per qualche concerto come ospite anche a causa di una salute sempre più precaria, conseguenza della vita eccessiva condotta.
Ha recentemente dichiarato di essere per la prima volta sobrio dall'età di otto anni (in cui incominciò a bere Guinness che gli davano i nonni per farlo dormire...).
Rimane un inguaribile nazionalista, come sempre eccessivo nelle sue dichiarazioni, abbastanza incomprensibili per un italiano (e non solo):
“I Pogues non sarebbero mai esistiti se non fossi stato irlandese. L'Irlanda significa tutto per me. Mi sono sempre sentito in colpa di non avere dato la vita per l'Irlanda, non che avrei potuto cambiare le cose ma mi sono vergognato di non avere avuto il coraggio di unirmi all'IRA. I Pogues sono stati il modo per superare quel senso di colpa. E ripensandoci forse ho fatto la scelta giusta. L'Irlanda è la più grande nazione del mondo e gli irlandesi il popolo più importante del mondo”.
Il classico personaggio da amare o odiare, sicuramente con cui è sconsigliato (perlomeno fino a poco tempo fa) trascorrere più di cinque minuti, a meno che di essere ubriachi fradici. Non è stato mai un esempio, anzi, il perfetto “cattivo maestro” da cui guardarsi, ma che ha saputo lasciare un'eredità artistica unica e a cui si continua a guardare con affetto.
Lunga vita, Shane!
LORENZO BERARDI - Radiocronache, storia delle emittenti italofone d'oltrecortina
Fenomeno da tempo decaduto, per ovvie ragioni storiche, e altrettanto dimenticato. Per decenni, dalla cosiddetta “Oltre cortina” ovvero le nazioni di quello che era denominato “blocco sovietico” una serie di radio trasmetteva in lingua italiana (ma non solo, se ne contavano a decine, dall'inglese, all'arabo, tedesco, francese, parsi) programmi e notiziari, finalizzati alla propaganda in territorio “ostile”, di quanto il socialismo reale fosse migliore e più avanzato.
Le radio rappresentarono l'etereogenità delle diverse, talvolta profonde, differenze politiche del “blocco”. Dalle specificità storica e culturale di ogni singola nazione, all'ortodossia nei confronti della linea sovietica, dal rigore autarchico di Radio Tirana, alle posizioni autonome di Radio Belgrado e Radio Capodistria, la voce più italiana in terra Yugoslava.
Il PCI fu spesso coinvolto, fornendo aiuti anche economici, redattori, monitorando le trasmissioni, a cui parteciparono centinaia di connazionali, emigrati per scelte ideologiche o come fuoriusciti politici, spesso invece inviati dal partito.
Le radio avevano migliaia di affezzionati ascoltatori che interagivano con frequenza con le redazioni, spedendo lettere di approvazione, critica, volontà di collaborazione. Ricevendo puntualmente risposte e anche omaggi. Radio Mosca, Radio Praga, Radio Tirana Radio Budapest, Radio Varsavia, Radio Berlino Internazionale, Radio Bucarest, Radio Sofia.
Un tassello di una modalità informativa che cercava altrove un'alternativa al grigiore della radiofonia italiana.
A fianco delle classiche Radio Montecarlo, Radio Lussemburgo o le trasmissioni della BBC che nel periodo antecedente al fenomeno delle radio libere portavano nuove musiche e avanguardia, si inseriva questo mondo lontano e misterioso, polarizzante tra chi lo riteneva fonte di luce e sole dell'avvenire e chi lo considerava semplicemente una voce nemica.
Comunque affascinante e interessante.
In quest'ottica la radiofonia odierna si è omologata ovunque sulle stesse modalità comunicative e artistiche e diventa difficile distinguerne la collocazione geografica e culturale in un'omogeneità che riporta ai toni grigi e uniformi da cui si fuggiva cinquanta anni fa.
Il libro ripercorre, con dovizia di particolari, nomi, date, citazioni e ampi dettagli, la storia, spesso incredibile e rocambolesca, di queste radio (le cui trasmissioni iniziarono negli anni Trenta e si protrassero fino a qualche anno successivo, primi Novanta, alla caduta del Muro di Berlino) che vissero periodi di pericolosa clandestinità, durante la seconda guerra mondiale, diventando spesso la voce delle varie Resistenze, subirono dolorose censure da parte del potere comunista nel dopoguerra, epurazioni e chiusure, furono testimoni di cambiamenti epocali.
ROBERTO CALABRO'- MC5. Future/Now
Tanto seminali quanto sfortunati e devastati da mille ostacoli, gli MC5 sono stati tra i gruppi più originali e particolari tra i 60 e i 70.
Tre album e un complesso post di nuove band, reunion, tragiche scomparse, droghe, arresti e tanto altro. Roberto Calabrò ne ricostruisce con minuziosa (e benvenuta) pignoleria ogni passo, in un atto d'amore per una band semplicemente grandissima che seppe accostare rock 'n' roll, sperimentazione, politica, in un momento sconvolgente per la storia sociale e culturale degli Usa.
Anche il seguito è ricchissimo di spunti e interesse: Sonic’s Rendezvous Band, New Order, Destroy All Monsters, New Race, DTK/MC5, Patti Smith e tanto altro.
Qui c'è tutto.
FEDERICO GUGLIELMI - Be my guru
Come sempre la penna di Guglielmi ci consegna un libro esaustivo, completo, competente (un pregio necessario quando si tratta un genere o la storia di un gruppo), sull'ambito relativo agli anni 80 e 90 del Rock Australiano, quelli in cui la scena diede il meglio di sé.
Mettendo insieme le numerose recensioni che dedicò, in tempo reale, ai dischi e alle band, uno sguardo alla vicina Nuova Zelanda, discografie dettagliate, interviste ai protagonisti e tante altre notizie e curiosità. Da Birthday Party a Hoodoo Gurus, Celibate Rifles, Lime Spiders, Chills, Hard-Ons etc etc, l'essenziale c'è tutto!
CARMINE AYMONE/MICHELANGELO IOSSA/RICCARDO RUSSINO - La grande storia di Paul McCartney
Oltre 60 anni di una delle vicende più fulgide e di successo nella storia della musica pop non sono facili da condensare.
Ci riesce questo libro, scritto a sei mani, che in maniera esaustiva ma allo stesso tempo agile e veloce, racconta Paul dai Quarrymen ai giorni nostri, tra capolavori, sperimentazioni, gioie e dolori coniugali, aneddoti, dettagli, curiosità, la lunga lista di collaborazioni, un'ottima scelta fotografica.
Il racconto non è celebrativo ma, anzi, cosa apprezzabilissima, non risparmia critiche e giudizi severi sulla non sempre esaltante carriera solista.
Interessante il capitolo che descrive il potere economico di Paul, da cui riporto alcuni stralci.
E quanto l'interesse speculativo vada di pari passo con i suoi gusti musicali.
"MPL (McCartney Productions Ltd) Communications è la denominazione della scoietà-ombrello che tutela e curabgli interessi commerciali di McCartney.
La società detiene la proprietà, il controllo e la tutela di oltre 25.000 canzoni dagli inizi del secolo XX ad oggi (jazz, musical, swing, repertori bandistici, pop d'autore, rock n roll, tango, blues country, Wings e McCartney).
Esercita inoltre il controllo di 25 diverse società editrici sussidiarie nonché della quota editoriale dei brani composti con Lennon per i Beatles.
MPL controlla gli interi repertori di Fats Waller, Louis Jordan, Bessie Smith, Jerry Roll Morton, Carl Perkins, Buddy Holly.
Tra i brani della MPL Les feuilles mortes, Stormy weather, Let the good times roll, Route 66, Everybody needs somebody to love, Arrivederci Roma".
Nell'arco della sua carriera Paul McCartney ha firmato da solo o con altri autori 1.000 canzoni e poco meno di 200 di esse sono entrate nelle classifiche di tutto il mondo.
Con un patrimonio personale di circa un miliardo e 200 milioni di dollari, Paul Mccartney è il musicista più ricco del music businness.
Con i Beatles ha raggiunto la soglia dei due miliardi e 400 milioni di dischi venduti a cui si aggiungono vari altri formati e lo steaming che si attesta su due miliardi di ascoltatori.
Nella carriera solista ha venduuto 100 milioni di singoli e 700 milioni di album.
Più di cinque abitanti su sette nel pianeta ha a casa almeno una canzone di Paul.
ROBERT GORDON - Muddy Waters. Dal Mississippi Delta al Blues di Chicago
Per non inoltrarci in lunghe spiegazioni, lasciamo immediatamente la parola a qualcuno che non ha bisogno di presentazioni e che, per usare un eufemismo, se ne intende.
Keith Richards firma l'introduzione del libro di Peter Gordon, dedicato alla vita di Muddy Waters, “Muddy Waters. Dal Mississippi Delta al Blues di Chicago”, tradotto (benissimo) da Claudio Mapelli (credo sia importante citare coloro che riescono a restiruirci bene la magia della lingua originale) e stampato da Shake Edizioni:
“E' stato Mick Jagger a farmi ascoltare Muddy Waters. Un giorno, giovanissimi, siamo finiti a casa sua e mi ha fatto sentire Muddy. Allora ho esclamato “Wow! Ancora”.
E dieci ore dopo ero ancora lì che dicevo: “Dai, ancora”. Ascoltando “Still a fool” e “Hoochie Coochie Man” ho subito pensato che quella era la musica più potente che avessi mai sentito.
La più espressiva.
In un certo senso è stato il nostro padrino, il nostro primo obiettivo è stato che il mondo conoscesse Muddy Waters e quelli come lui.
Il nostro complessino aveva finalmente trovato un ingaggio per una serata e noi avevamo speso i nostri ultimi centesimi per un annuncio su una rivista.
Quando abbiamo telefonato per comunicare il luogo del concerto ci hanno chiesto: “Va bene, come vi chiamate?” Sul pavimento c'era “The Best of Muddy Waters” e sulla prima facciata c'era il brano “Rollin Stone”. Così ci siamo chiamati Rolling Stones”.
Basterebbe questo per non aver alcun dubbio e, se ancora non lo avessimo fatto nella nostra (a questo punto direi inutile) vita musicale, ci dovremmo precipitare ad ascoltarce subito un disco di Muddy Waters.
E' blues, quella musica nata da lontano, molto lontano, un luogo irraggiungibile, che si chiama anima.
Le radici in Africa, più o meno nella zona subsahariana, poi estirpate con la forza, picchiate, brutalizzate, schiavizzate e ripiantate nel nuovo mondo, in America, dove sono rigermogliate con la loro disperazione. La schiavitù è stata un'esperienza apocalittica, i ponti sono stati tagliati per sempre e non c'é stata alcuna possibilità di recupero.
Non c'è più stato un prima, un termine di paragone, la possibilità di confrontarsi con un'idea di normalità. Il blues è nato così, dall'esigenza di ricostruire le fondamenta di una nuova identità.
“Il blues è un'arte mirabile ma le condizioni che l'hanno creata erano strazianti. C'é una sola verità riguardante il blues che è rimasta praticamente immutata nei decenni ed è il fatto che tuttora è considerata una musica che affonda le sue radici nella povertà. Guai al musicista blues di successo. Se ha un po' di soldi in banca la sua autenticità verrà messa in discussione.
I fan chiedono: “Dacci la povertà”.
Il blues, nato dalla frustrazione della libertà, traeva origine dalle privazioni e divenne né più né meno uno strumento di sopravvivenza. Come la musica gospel, il blues significava liberazione, forniva conforto. Il blues riguarda il momento presente e ti impone di dimenticare le tribolazioni passate e i guai futuri, di penetrare in quella canzone e in quella sensazione adesso, di abbandonarti completamente ad essa.
Il gospel canta il paradiso, le visioni celestiali che ti attendono dopo la morte. Il cantante blues non è interessato al paradiso e non ha grandi speranze nella vita terrena” (Robert Gordon).
McKinley Morganfield nasce nel 1913 nello stato del Mississippi ma ben presto viene soprannominato dalla nonna Muddy Waters (acque fangose) per la sua abitudine di sguazzare nel fango.
Padre contadino ma anche valente musicista, nove fratelli, la madre che muore quando lui aveva tre anni, viene cresciuto dalla nonna a Clarksdale.
Muddy suona l'armonica e la chitarra, raccogliendo qualche centesimo nei juke joints, baracche che fungono da locali per i neri, dove si beve, si suona e si gioca d'azzardo, ma il lavoro principale sono le canoniche, durissime, infinite ore a raccogliere cotone.
Fin da piccolo nei campi, prima a portare l'acqua ai lavoratori, poi in prima fila con gli altri più vecchi a riempire casse di cotone.
Muddy elabora un suo stile, come ogni vero bluesman, uscendo dal classico standard che molti ritengono sempre uguale. Inserendo la propria personalità, un timbro diverso, una successione di accordi e linee melodiche che non hanno eguali. Viene scoperto nel 1942 nientemeno da Alan Lomax, ricercatore musicale e antropologo che girò in lungo e in largo gli Stati Uniti registrando brani blues sconosciuti, preservando una cultura che sarebbe andata altrimenti persa. Ma per molti anni le sue registrazioni rimarranno in un cassetto. Muddy Waters lascia il Mississippi e si trasferisce a Chicago, la città blues per eccellenza. Anche qui lavora duramente di giorno come autista, per poter dedicare la sera e la notte alla sua musica. Elabora un nuovo sound, in cui il blues rurale e acustico delle origini acquista elettricità, ritmo, groove e diventa la base per quello che conosceremo meglio come rock 'n' roll.
Assume il ruolo di leader della nuova scena blues, incide i suoi classici più conosciuti, ripresi da un'infinità di band dagli anni Sessanta in poi (Rolling Stones, come abbiamo visto, in testa) come “I'am a man”, “Hoochie Coochie man”, “I just wanna make love to you”, “I'm ready”. La fama cresce, diventa una star, acclamato dalla scena rock che lo venera (giustamente) come un grande ispiratore.
Devia verso un blues contaminato da rock e influenze quasi hard, suscitando scandalo tra i puristi.
Ma l'evidenza che i dischi più vicini allo spirito originale vendono poco mentre quelli più “alla moda” arrivano in classifica, lo inducono a una scelta ben precisa.
In “Electric Mud” omaggia i suoi discepoli Stones con una versione stravolta della loro “Let's spend the night together”. Nel 1982 in un piccolo club di Chicago, il “Checkerboard Lounge” si consuma uno dei momenti epici della storia del rock (evidentemente costruito a tavolino ma ugualmente suggestivo).
Muddy Waters suona per pochi astanti, quando all'improvviso arrivano Mick Jagger, Keith Richards, Ron Wood (oltre ad altri due Stones, Ian Stewart e Bobby Keys e il solito stuolo di amiche e amici) e ad uno ad uno salgono sul palco a suonare.
Pura estasi, il cerchio si chiude.
Tra il 1972 e il 1980 infila una serie di Grammy Awards per il miglior album “etnico/folk”. Ovviamente i suoi album elettrici sono piccoli gioielli di rara intensità, a scapito di presunti “purismi”, artisticamente ad altissimi livelli, pur se non di rado “di maniera” e ripetitivi.
Ma sono testimonianze, talvolta denigrate e bistrattate al momento dell'uscita, di primaria importanza. Muddy Waters non si è mai risparmiato nella sua vita, in cui aveva tranquillamente abusato del suo fisico, non disdegnando mai la compagnia di belle donne (anche non necessariamente avvenenti) e di alcolici, più o meno super.
Ma a sconfiggerlo, a settantanni, fu un arresto cardiaco, anche se il suo fisico era da un po' di tempo minato da un cancro ai polmoni. Lasciò una grande eredità artistica, dagli Stones ai Led Zeppelin a Eric Clapton ma anche in una miriade di nuovi gruppi che dalla sua lezione hanno tratto, talvolta incosapevolmente spunto. Come dice sempre Keith Richards:
“La musica del ventesimo secolo è fondata sul blues. Non ci sarebbe il jazz o qualsiasi altra forma di musica moderna senza il blues. E quindi ogni canzone pop, per quanto trita e sciocca, ha in sé un pizzico di blues, anche se i suoi stessi autori ne sono inconsapevoli o hanno cercato di eliminarne ogni traccia”.
Conclude Robert Gordon nel sopracitato libro:
“Dopo la sua morte è nata ed è maturata una generazione: la prova della duratura validità della musica di Muddy è il potere che continua ad esercitare su chi sta sperimentando un mondo che lui non ha mai conosciuto.
La sua eredità è più potente che mai.
La sua cultura, la cultura del blues, ha avuto un impatto sul ventesimo secolo che probabilmente non è secondo a nessun altro”
OSKAR GIAMMARINARO - Rabbia e stile
Oskar Giammarinaro rimette mano al suo primo libro autoprodotto anni fa con il titolo "Il migliore dei mondi possibili" (da tempo irreperibile), rivedendone la scrittura e aggiungendo gli ultimi venti anni, con particolare accento sul legame con il Maestro Ezio Bosso che ci ha lasciati da poco e che era sempre vicinissimo, sia all'autore che alle radici mod e a Piazza Statuto.
Oskar racconta in maniera diretta e spontanea storie di strada, di piazza, di raduni, la nascita della scena mod, aneddoti (in cui spesso mi riconosco, essendo stato presente), le vicende della carriera degli Statuto, corredando il tutto da un ricco supporto fotografico.
L'epopea mod italiana è in gran parte in queste pagine.
GREG PREVOST - On The Street I Met A Dog. An autobiography
Una carriera lunga e variegata quella di GREG PREVOST, soprattutto con la brillante esperienza con i CHESTERFIELD KINGS, tra i primissimi a riprendere il 60's sound (nel loro caso nel modo più fedele possibile, transitando poi in varie incarnazioni, dal glam al surf), mille avventure, incontri epici (da Bo Diddley di cui fecero la backing band al fan Dee Dee Ramone che scrisse e produsse per loro il singolo "Baby doll"), illusioni, delusioni, tour faticosi (spesso, come ci racconta, flagellati da problemi meteorologici) incluso uno disastroso in Italia nel 1990, abbandonati da nostro promoter a Pisa.
Il libro, curato da Massimo Dal Pozzo della Misty Lane, procede cronologicamente, anno per anno, dall'infanzia al 2017, dettagliatissimo, maniacale nel riportare luoghi, eventi, nomi, gruppi, dischi, episodi (con corredo finale di inserto fotografico).
Essenziale per ogni appassionato del mondo garage beat e affini, è uno spaccato di diverse epoche (dagli anni 70 ad oggi) di come vive una rock 'n' roll band.
IL RESTO
BRUNO CASINI - Tondelli e la musica. Colonne sonore per gli anni '80
Ritorna, aggiornato e ampliato, il libro (curato da Bruno Casini, personaggio di primissimo piano della scena artistica e musicale underground a cavallo tra anni 70 e 80) dedicato a Pier Vittorio Tondelli e ai suoi (stretti) rapporti con la musica.
Lo ricordano e ne parlano, tra i tanti, Freak Antoni (per gl iSkiantos scrisse alcuni testi mai utilizzati), Luciano Ligabue, Giovanni Lindo Ferretti, scrittori, artisti, il regista Mario Martone.
"Nei suoi romanzi è possibile ricostruire una storia generazionale a partire proprio dalle scelte musicali dei protagonisti: scelte ben calibrate, a volte solo indicazioni, a volte solo indicazioni...quali emozioni essi hanno fatto vibrare, in quale scenario si collocano come esperienza del narratore"
(Bruno Casini)
ANTONIO PELLEGRINI - The Who. Long live rock
Agile storia degli WHO, tra fatti salienti e aneddoti poco conosciuti, intervallata da una lunga serie di testimonianze dalla stampa italiana (dagli anni Sessanta ad oggi), con recensioni di concerti, interventi di fan testimoni a vari concerti (incluso il "classico" Carlo Verdone), interviste alla band, una esclusiva a Kenney Jones, foto d'archivio e tante altre interessantissime aggiunte per i fan della band.
Che non si potranno esimere ad aggiungere questo nuovo titolo alla lunga serie.
ANTONIO PELLEGRINI - Blues. La musica del diavolo
Impresa ardua e coraggiosa immergersi nell'universo BLUES, ricolmo di una lunghissima storia, nomi, date, dischi, influenze, contaminazioni di ogni tipo.
Lo chiarisce l'autore, musicista, scrittore, autore teatrale:
"Questo libro, scevro da scopi enciclopedici, accompagna il lettore in un viaggio tra le storie di vita e le avventure artistiche di alcuni dei più importanti e suggestivi protagonisti della storia del blues. Ogni ritratto è introdotto dal racconto del contesto storico, sociale e musicale".
Scorrono tutti i grandi nomi, da Muddy Waters (con tanto di intervista italiana perduta, del 1980) a Robert Johnson, John Mayall, Eric Clapton.
Il tutto sintetizzato in poche pagine a testa, come è ovvio che sia ma in cui è condensato il necessario per incuriosire chi non è avvezzo al genere e a questi suoni.
MATTEO TORCINOVICH - 1977. Don't call it punk
Il 1977 è il momento cruciale per il punk.
Matteo Torcinovich in questo mounmentale libro (di 500 pagine) si addentra con una minuziosa ricerca storica in quell'anno fatidico, stilando un vero e proprio calendario, annotando, giorno per giorno, tutti gli eventi relativi alla scena punk rock.
Un dettagliatissimo ritratto di quello che fu il punk, corredato da un'ampia mole fotografica di materiale d'epoca, liste di concerti, copertine di dischi, fanzines.
A cui si aggiunge il contributo di una lunga serie di protagonisti dell'epoca che rispondono alla domanda: “Quale è stato il tuo personale momento/evento più significativo del 1977 che ha contribuito alla storia del punk?”.
Dalle risposte di membri di Sham 69, Boys, Adverts, X Ray Spex, Generation X, Vibrators, PIL, Chelsea, tra i tanti ricaviamo un quadro ancora più dettagliato e approfondito di un'epoca irripetibile quanto decisiva e ancora artisticamente attuale.
STEFANO GHITTONI - Milano off. 1980-198X. Racconto imperfetto di una città invisibile
E' opportuno sottolineare l'importanza di pubblicazioni come queste, che salvaguardano la memoria di scene, tendenze, avvenimenti, luoghi, gruppi, flussi artistici e culturali, che spesso hanno vissuto in un lampo di tempo, lasciando scarse e confuse tracce.
Stefano Ghittoni, agitatore culturale, musicista (Dining Rooms), produttore e tanto altro, ha raccolto le testimonianze di una lunga serie di protagonisti (con relative breve autobiografie) della scena "alternativa" milanese dei primi anni 80, corredando il tutto di foto, dati e date. "...un percorso febbrile, spesso notturno, a tratti onirico, un girovagare nei luoghi di una Milano che sembra un luna park..." Sono frammenti di esperienze, racconti, ricordi. Un ennesimo tassello per ricostruire una grande storia, quella dei movimenti "sotto culturali" italiani degli anni 80, così intensi, così imperfetti, così travolgenti.
FRANCESCO NUNZIATA - Type O Negative. Slow, Deep And Hard
Coraggioso e impegnativo addentrarsi nell'opera di una delle band più estreme e controverse di sempre, i TYPE O NEGATIVE di Peter Steele.
Sound in bilico tra thrash metal, doom di ispirazione Black Sabbath, gothic, testi oscuri (che procurarono a Steele e alla band accuse di nazismo, sempre smentite: "Sono uno specista, odio la razza umana").
Il libro è molto interessante grazie anche alla contestualizzazione artistica che ne fa Nunziata, riportandoci a Throbbing Gristle o Einsturzende Neubaten, alla situazione del metal negli anni di attività della band ma soprattutto alle connessioni filosofiche e letterarie dei testi e del vissuto di Steele, citando Heiddeger o Nietzsche con estrema precisione e pertinenza.
Gli adepti al personaggio di Peter Steele (scomparso nel 2010) troveranno infiniti e approfonditi dettagli, i neofiti (come il sottoscritto), saranno travolti dalla curiosità di conoscere la musica descritta. E ne trarranno spunti interessantissimi.
ANGELO BRANDUARDI - Confessioni di un malandrino
Una lunga intervista, raccolta da Fabio Zuffanti (scrittore, musicista e critico musicale) e trasformata in intensda e divertente autobiografia di uno dei personaggi più anomali e personali della scena italiana (ma non solo, vlagano i grandi successi in Germania, Francia e Inghilterra).
"La fiera dell'est", "La pulce d'acqua", "Cogli la prima mela" gli hanno dato il successo ma la discografia di ANGELO BRANDUARDI è piena di dischi e proposte artistiche ardite e sperimentali.
Il libro è pieno di aneddoti, racconti, ricordi, esperienze, parecchi sassolini tolti dalla scarpa, gli incontri e le collaborazioni prestigiose (da De Andrè a Morricone a Jorma Kaukonen, tra le tante) confessioni drammatiche (la recente battaglia contro il "Sole Oscuro", la depressione).
Lettura gradevole, nonostante un po' di presunzione che spesso emerge ma temperata da una buona dose di ironia.
MATTIA DOSSI - Educazione Skinhead
Esilarante, talvolta in maniera travolgente (vedi l'episodio "Jimmy"), serie di tavole dedicate alle disavventure alcoliche, concertistiche, sentimentali, rissaiole di uno skinhead (che, pare, assomigli molto all'autore, attivo da tempo nella scena).
Artisticamente vicino al tratto di Zerocalcare ma molto personale.
Libretto preziosissimo e pressochè unico.
"L'arte prodotta dagli skinhead non ha ancora ricevuto gli approfondimenti che merita, come invece è avvenutoper quella nata negli ambienti contigui, a partire dalla scena punk".
(Flavio Frezza - Crombie Media)
RAFFAELE M. PETRINO - Amerigo Verardi. Il ragazzo magico
Amerigo Verardi è un musicista italiano.
In questa apparentemente banale affermazione c'è tanto e tutto.
Ovvero che per poterti connotare in tal guisa devi inventarti una vita a sé stante.
Fatta di sacrifici, rinunce, fallimenti, ripartenze, occasioni mancate, pochi soldi, fregature, strutture discografiche approssimative.
Amerigo è passato dagli Allison Run ai Betty's Blue, dai Lula, Lotus alla carriera solista, a quella di produttore (dai Baustelle ai Virginiana Miller) sudando letteralmente sangue, circondato dalla giusta e meritata approvazione della critica e da quella (insufficiente) del pubblico.
Nel suo carniere dischi stupendi, avventure uniche, incontri epocali (i pochi secondi al cospetto di uno stralunato Syd Barrett davanti al suo eremo!!!) e tutto il corollario che ogni musicista italiano conosce drammaticamente molto bene.
Nel libro di Petrino c'è tutto questo, ricostruito con minuzia di particolari, recensioni, spezzoni di intervista, dichiarazioni, aneddoti, discografia completa.
Un doveroso omaggio a uno dei migliori autori, artisti e musicisti che possiamo vantare in Italia.
MAURIZIO SOLIERI - Questa sera Rock 'n Roll. La mia vita tra un assolo e un sogno
Autobiografia aggiornata con nuovi capitoli e inserto fotografico della vita artistica (ma non solo) di MAURIZIO SOLIERI, uno dei migliori e più importanti chitarristi italiani.
Le vicende si incentrano sulla lunga permanenza (infarcita di abbandoni, "licenziamenti", ritorni, alti, bassi, scontri, amicizia) nella band di VASCO ROSSI ma ricorda anche il proficuo periodo con la Steve Rogers Band, le esperienze soliste, collaborazioni prestigiose, eccessi nei backstage, avventure e tanto altro.
L'aspetto che emerge è come, in Italia, anche i musicisti che hanno raggiunto il vertice nel mainstream, siano costretti a integrare con attività collaterali durante le pause con i grandi nomi, per arrivare "alla fine del mese".
Vivere di "rock" e genericamente di "arte" è sempre un'impresa eccezionale.
CRISTIANO GODANO - Nuotando nell’aria – Dietro 35 canzoni dei Marlene Kuntz
Cristiano Godano, anima dei Marlene Kuntz, ripercorre canzone per canzone i primi tre album del gruppo – Catartica, Il vile, Ho ucciso paranoia, addentrandosi nel "backstage del processo creativo".
La peculiarità del libro è nella lunga serie di aneddoti, alcuni divertenti, altri più drammatici e nelle analisi in cui si addentra spesso: dal ruolo (spesso malefico) di internet e dei social allo "stato delle cose" per un gruppo al giorno d'oggi, sempre traballante tra una discografia ormai ridotta al lumicino alla progressiva riduzione di spazi per suonare.
L'aspetto più rilevante è la costante (auto)ironia con cui tratteggia quella che è una sorta di autobiografia dei primi tempi.
Consigliato e coinvolgente.
VARI - The Cure. Tutti gli album
Piacciano o meno i CURE rappresentano uno dei gruppi più significativi e importanti usciti dalla scena degli anni Ottanta.
Tanti album di primaria importanza, altri meno riusciti ma una personalità unica e un suono distintivo che ha creato un vero e proprio genere/filone.
Federico Guglielmi è il curatore di questo testo (già uscito come speciale di "Classic Rock") in cui sonoraccolte recensioni, interviste, dichiarazioni, aneddoti, curiosità sulla band di Robert Smith.
Oltre a Guglielmi firmano i pezzi Eddy Cilia,Beppe Badino, Giancarlo Turra, Michele Benetello, Piergiorgio Brunelli, Marco Zatterin, Alessandro Andolina, Carlo Villa.
La discografia della band è accuratamente vagliata, album dopo album, l'apparato iconografico stupendo con foto classiche ma soprattutto rare e inusuali.
GIANGILBERTO MONTI / VITO VITA - Gli anni d'oro della canzone francese 1940/1970
L'importanza della canzone francese è talvolta sottovalutata, quando invece in Italia ha avuto un'influenza decisiva su molti dei nostri principali cantautori e ha trovato ampio spazio, soprattutto negli anni Sessanta.
Questo libro, da Edith Piaf a Boris Vian, Leo Ferrè, fino ai "nostri" Nino Ferrer, Dalida e Antoine, non dimenticando Michel Polnareff, Juliette Gréco, Johnny Hallyday, Serge Gainsbourg e una lunga serie di nomi "minori", approfondisce una realtà pulsante, creativa, innovativa che ha avuto in quel trentennio uno dei suoi maggiori picchi artistici.
Il tutto corredato da fotografie, copertine di dischi e, per la prima volta, le discografie italiane complete di tutti gli artisti trattati.
Per chi vuole approfondire un contesto spesso inesplorato, il libro ideale.
FABIO RUTA - Rolling Stones, Sessanta leccate di Rock 'n' Roll
Fabio Ruta si addentra con evidente entusiasmo da grande fan nella sessentennale storia degli Stones con un doppio volume.
"La macchina del tempo degli Stones" ne analizza storia, album, testi, la ricchissima filmografia, la sterminata discografia (inclusi e episodi solisti e migliori bootleg), le esibizioni italiane e tante altre curiosità. "Talking about the band" raccoglie invece una serie di interviste a giornalisti, musicisti, esperti, semplici fan che ci raccontano le loro esperienze e pareri con gli Stones.
Fabio Treves, Pau, Ezio Guaitamacchi, Mauro Zambellini, Oliviero Toscani, Pino Scotto, Michele Anelli, Il Metius, tra i tanti.
I fan di Mick e compagni troveranno un'ulteriore interessante appendice agli omaggi tributati alla "più grande rock 'n' roll band del mondo".
Illustrazioni di Simone Lucciola.
PAOLO MAZZUCCHELLI - I vestiti della musica
Non so cosa possano essere le copertine dei dischi per i ragazzi di oggi, so però che qualche decennio fa (nel millennio scorso!) erano la porta che apriva quel magico universo sonoroche ha accompagnato le avventure di almeno una generazione, quella più votata al cambiamento, politico e sociale sì, ma anche interiore.
E in questo senso le molteplici vie insite nella grafica che accompagnava il vinile erano sentieri che ognuno poteva intraprendere alla propria maniera.
L'introduzione a questo interessantissimo viaggio nella storia della musica rock ( base di uno spettacolo che l'autore porta in giro da tempo) attraverso l'evoluzione e/o i cambiamenti nelle grafiche delle copertine dei dischi riassume alla perfezione il contenuto del libro.
Che analizza, in modo molto agile e veloce, l'affascinante storia di quel pezzo di carta così importante e rilevante che è sempre stata la copertina di un disco.
Incluse le numerose censure a cui furono sottoposti certi lavori (da "Electric ladyland" di Hendrix ai Roxy Music di "Country life").
Da quando, nel 1939, si incomincia a produrre dischi con un'illustrazione e qualche nota (https://tonyface.blogspot.com/2019/05/la-prima-copertina-di-un-disco.html) alle mille variazioni che ci hanno condotti ai nostri giorni.
Libro veloce ed essenziale che approfondisce un ambito mai troppo analizzato nella sua importanza per apprezzare al meglio il contenuo del disco stesso.
Molto interessante e illuminante, soprattuto in un'epoca in cui la grafica è diventata appendice secondaria del prodotto sonoro.
PAOLO MAZZUCCHELLI - L'altra metà del pop
Un viaggio personale, molto particolare, alla scoperta di come il ruolo della donna (a partire dagli anni 40 ad oggi) sia cambiato attraverso la sua rappresentazione nelle copertine dei dischi.
Dalle immagini "accessorie", pudiche, prone a una "normalità" omologata e rassicurante, a quelle che nel corso degli anni hanno affermato sempre di più un ruolo da protagonista, passando anche attraverso l'orgogliosa esibizione del proprio corpo (talvolta sfruttato come mero ed esplicito oggetto sessuale). Interessante il capitolo delle fotografe che hanno segnato l'epopea del rock, da Annie Leibovitz a Pennie Smith.
BIAGIO BIAGINI - Swinging Stravinskij
Biagio Bagini, autore radiofonico per Rai2, scrittore di libri per l’infanzia questa volta si dedica a una pubblicazione per adulti, con una conoscenza molto specifica.
Immagina un incontro tra Igor Strawinsky e Benny Goodman, in uno (splendido) connubio tra musica classica e la nascente esplosione del jazz.
Il tutto corredato da note ed eventi perfettamente storicizzati.
Il libro è davvero gradevole, gustoso e pieno di riferimenti azzeccatissimi.
NICOLAS MERLI - Your attention please. Storia e musica degli Afghan Wigs
"Il motto sesso droga e rock n roll viene riletto da Greg Dulli in chiave melanconica, consapevole, autolesionistica.
Il machismo che impregnava l'hair rock anni Ottanta viene triturato e sublimato, preso a pretesto per un'autoanalisi, un viaggio dentro a sé stessi non sempre illuminante ma di certo lacerante..,la sua genialità sta nel metterti davanti tutti i suoi limiti, sviscerarli in maniera sincera ma continuamente strizzandoti l'occhio per farti capire che in realtà sta recitando una parte, perché nulla al mondo potrà mai fare a meno di essere quello che é".
Una esaustiva biografia degli Afghan Wigs, entrati nel variegato calderone grunge con un sound però distintivo che faceva diretto riferimento alla black music, introducendo spesso e volentieri elementi soul e funk.
Ci sono gli esordi stentati, le crisi, l'amore per gli eccessi, i cambi di formazione, i lunghi stop, le esperienze parallele della mente della band, Greg Dulli, con i Twilight Sisters e i Gutter Twins con Mark Lanegan, fino alla collaborazione con Manuel Agnelli e gli Afterhours.
Uno sguardo interessante su una band sempre originale, tormentata, sottovalutata.
BRUNO CASINI - Frequenze Fiorentine – Firenze Anni ‘80
Torna il libreria in versione ampliata il volume di Bruno Casini dedicato al fermento culturale della Firenze anni '80.
A quasi venti anni dalla prima, introvabile, edizione nuovamente disponibile ‘Frequenze Fiorentine’, libro illustrato sulle culture giovanili della Firenze degli anni Ottanta. La nuova versione è riveduta, corretta e remixata con capitoli inediti e l’impaginazione di Matteo Torcinovich.
La Firenze che prese una strada a sè rispetto ai vari fuochi che bruciavano ovunque in Italia.
Fu un mix di new wave, sperimentazione, arte, spettacolo, moda, contaminazioni.
Locali come Banana Moon, Tenax, Manila, Rokkoteca Brighton, Casablanca, Salt Peanuts, la radio Controradio come portavoce, nomi come Litfiba, Diaframma, Neon, Moda, ma anche Cafè Caracas o Dennis & the Jets e loro varie diramazioni e incroci a guidare musicalmente le fila.
BR> Nel libro sono raccolte decine di testimonianze dirette da parte de protagonisti, ricostruendo in maniera fedele e accurata quel (relativamente) breve periodo di creatività, pulsione, novità, originalità pressoché unica, in Italia.
DORIANA TOZZI – B-side. L’altro lato delle canzoni. Primavera
La giornalista e scrittrice Doriana Tozzi firma il terzo volume (dopo B-Side, Autunno del 2019 e Inverno del 2020) della tetralogia B-Side, approdando alla primavera e, per la prima volta, solo a brani stranieri.
Si parla di nomi come Jefferson Airplane, Kansas, Kinks, Tyrannosaurus Rex, Mamas & Papas, Guess Who, Beach Boys, Lovin’ Spoonful, Grateful Dead, Creedence Clearwater Revival per sviluppare storie e racconti molto particolari e dalle matrici (e sviluppi) più disparate, con un legame sempre solido all'attualità.
Piacevole e interessante.
DONATO ZOPPO - Un nastro rosa ad Abbey Road
Donato Zoppo, scrittore e giornalista, riprende due suoi testi precedentemente pubblicati e ora aggiornati e arrichiti da nuovi contributi.
L'uno dedicato all'immortale "Something" di George Harrison & the Beatles, del 1969, l'altro a "Un nastro rosa" di Lucio Battisti, di dieci anni dopo.
Due analisi approfondite di due brani iconici e, a modo lro, rappresentativi delle rispettive epoche e autori. Partecipano anche Alberto Fortis, Michelangelo Iossa, Paolo Morlando, Ernesto Assante, Maurizio Baiata, Massimo Bonelli, Gino Castaldo, Valerio Corzani, Rolando Giambelli, Mario Giammetti, Federico Guglielmi, Roberto Manfredi, Carla Ronga, John Vignola.
FEDERICO SCARIONI / OMAR PEDRINI - Dentro un viaggio senza vento
Viaggio senza vento dei TIMORIA, pubblicato nel 1993, disco d’oro, è diventato un classico della music pop rock italiana.
Omar Pedrini, principale compositore di quel concept e grande personaggio, ripercorre, aiutato da Federico Scarioni, gli avvenimenti che lo hanno ispirato, con molti aneddoti, pochi peli sulla lingua, linguaggio sincero, onesto, diretto.
Tra entusiasmo e antiche ferite.
Il tutto ambientato nella data milanese del tour commemorativo del 2019, corredato da foto e note accurate.
Ovviamente indispensabile per i fan della band.
LUCIO MAZZI - Just like a woman
Lucio Mazzi ha una lunga carriera di scrittore in ambito musicale con decine di libri dal 1991 ad oggi.
Il nuovo lavoro affronta una tematica non facile a causa della sua ampiezza e dell'opinabilità delle scelte e dello spazio dedicato ai vari capitoli.
Il numero delle protagoniste del rock e del pop è incalcolabile.
Lo sottolinea lo stesso autore:
troppi sono i nomi realmente impossibili da incasellare in questo o quel genere musicale, quindi la preghiera è di non stare a guardare troppo per il sottile se VOI avreste messo quel tal nome in un altro capitolo rispetto a dove l‟ho sistemato IO: è tutto arbitrario e quindi legittimo, ricordiamo sempre che sono più importanti loro, la loro vita e il loro lavoro, delle etichette che vogliamo appiccicarvi.
Scorrono così le donne del blues e quelle del soul, le star dei 60's, quelle del country, del punk, della new wave, della disco e un po' di Italia sparsa. Interessante ed encomiabile lo sforzo.
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