mercoledì, dicembre 22, 2021
Libri. 2021
Un resoconto dei 33 libri che ho letto quest'anno non musicali.
QUELLI CHE HO PREFERITO
Massimo Zamboni - La trionferà
Un suggestivo, a tratti (solo apparentemente) nostalgico, viaggio nel comunismo emiliano, con la natìa Cavriago protagonista, il cui nome arrivò perfino a Lenin (il cui busto campeggia ancora orgogliosamente nell'omonima piazza), da pionieristici sostenitori della Rivoluzione Sovietica.
Zamboni, che scrive non bene ma benissimo, come un consumato cronista storico, cita nomi, fatti, dati e date e ci immerge in un "amarcord" a tratti veramente felliniano, che rende alla perfezione il concetto del comunismo da certe parti.
"Essere comunisti era prima di tutto un sentimento: sapere di essere dalla parte giusta del mondo".
"Facevamo colazione poi passavamo in sezione a vedere cosa c'era da fare"
A metà libro lui stesso diventa protagonista, dall'infanzia, all'adolescenza, all'iscrizione alla FGCI, le Feste dell'Unità (quelle Feste dell'Unità emiliane!!!) e poi il rumore delle armi, la crisi ("...il PCI si è ribaltato in conservazione, partito d'ordine, potere, apparato, regime"), il distacco ("Affamato come ero di alterità il Prtito mi appariva allora ibernato nel suo ruolo di conservazione di un ordine non più condivisibile"), la progressiva triste decadenza e caduta mentre impazza il successo artistico e mediatico dei suoi CCCP-Fedeli alla Linea.
"Arriva il momento di smobilitare e prende forme pratiche che fanno ancora più male di quelle politiche...pezzo dopo pezzo se ne vanno i gioielli di famiglia, acquistati grazie alla dedizione e ai sacrifici di migliaia di militanti.
Non si tratta solo di una compravendita immobiliare.
E' un mondo che si sgretola all'incanto."
Rimane l'ideale che si perde nel vento e nel tempo ma che, prima o poi, trionferà:
"La trionferà, certo che trionferà.
E se non saremo noi a vederla trionfare e se non sarà nei tempi a venire o non sarà da noi e avrà altri nomi forse, altri modi, chissà dove, decento, trecento, mille anni, vedrete: la trionferà".
Il libro è stupendo, (ri)apre ferite nel cuore di chi ci ha creduto e rimane tutt'ora affascinato e ancorato a quell'idea, traballante, mal applicata ma potenzialmente perfetta.
"Quella parola, COMUNISTA, che altrove evoca scenari di grigiore e vessazione (in Emilia) si è andata a coniugare a una capacità pratica di sogno e fantasia che altrettanto ha avuto pochi eguali.
Nessuna dittatura del proletariato, nessuna minaccia alle proprietà, nessuna incompatibilità con le classi medie. Tentata egemonia di pensiero, non totalitarismo.
Condiscendenza verso l'iniziativa privata, non statalismo. Transito e apertura culturale, non reticolati.
Questa attitudine ha formato il carattere umano di un'estesa area geografica, distinguendola dalle altre, dandole un volto e un noime proprio riconosciuti e riconocibili.
Siamo stati comunisti nel non avere attuato il comunismo".
Douglas Stuart - La storia di Shuggie Bain
Una storia di degrado, violenza, brutalità, disfacimento.
Morale, sociale e fisico.
Ma é una storia piena di struggente, disperata dolcezza.
Non c'é un lieto fine, se non un vago barlume di speranza nelle ultime righe.
Le periferie annerite dal carbone, distrutte da disoccupazione, cattiveria e alcolismo, della Glasgow decadente dei primi anni 80, sono lo sfondo di una tragica (parzialmente autobiografica) vicenda che accompagna il rapporto tra la madre Agnes e il figlioletto Shuggie, in un infernale connubio di sopraffazione, dipendenza, abusi.
Il piccolo Shuggie, emarginato e sbeffeggiato per la latente omosessualità, sopravviverà a stento, circondato in continuazione dai suoi fantasmi.
Un romanzo fulminante, che non risparmia il gusto realistico, acre e sgradevole, di una condizione sociale ancora maledettamente e prospetticamente attuale.
Grande libro (Premio Booker Prize 2020) destinato a diventare un piccolo classico.
"...una misera infilata di vetrine con le serrande mezzo abbassate, sotto un porticato dove la luce del sole sembrava non arrivare mai. ..il nonno acquistava una confezione di sei di Tennent's scura e una bottiglia di whisky sufficienti per superare il sabato sera e con discrezione anche il giorno del Signore".
"Il gommino del tacco destro si era consumato e nonostante Agnes lo avesse ripassato con un vecchio pennarello nero da bingo, l'affilato chiodo che ne spuntava e grattava contro il pavimento mandando l'inequivocabile stridio delle ristrettezze economiche".
"La faccia di Agnes era pesantemente truccata e Shuggie aveva l'impressione che il fondotinta fosse steso su parecchie altre facce che la madre si era dimenticata di togliere".
"Sei un bambino sveglio. Studia, impegnati, non passare tutta la vita in coda per un sussidio".
Luca Rastello - La guerra in casa
Preziosa ristampa aggiornata (con interviste e aggiunte inedite) di uno dei libri più importanti per la comprensione delle guerre in ex Yugoslavia, pubblicato nel 1998 (all'indomani della "pace") dal giornalista e attivista Luca Rastello (prematuramente scomparso nel 2005).
E' un libro di una lucidità, crudezza e sincerità a tratti difficili da sopportare, che scavalca ogni retorica e "verità" acquisita su quella tragedia.
Ogni approfondimento su quelle vicende palesa (in questo libro più che in tanti altri) la constatazione di come i nazionalismi furono solo la copertura e un pretesto per un'enorme, spietata, vergognosa speculazione da parte di gruppi mafiosi, criminali, clan radicati nelle strutture statali, per arricchirsi con traffici di ogni tipo: dalle armi, alla droga, agli aiuti umanitari.
Stragi pianificate tra le parti in lotta per concordare la spartizione del bottino, la Bosnia teatro del massacro in quanto luogo della concentrazione delle principali industrie Yugoslave, servizi segereti, gli sporchissimi giochi politici che contrapposero la Germania, "conquistatrice" della Croazia a Inghilterra, Francia e Russia pro Serbi per arginarne l'influenza.
In mezzo odi tribali mai sopiti, "una violenza e una ferocia che la mente dell'uomo di oggi rifiuta, non crede vera" e 250.000 morti, 20.000 stupri, 150 fosse comuni, 715 campi di concentramento (responsabili 45 grupoi serbi, 18 croati, 12 musulmani).
Il ruolo delle forse Onu "di pace", spesso aguzzini e complici (vedi il massacro di Srebrenica).
Qui ci sono date, circostanze, ricostruzioni, nomi, cognomi, tanto, troppo.
"E' sufficiente dare una mano al più forte, legare le mani al più debole e si realizza con le armi ciò che non si poò con la trattativa".
Stefano Friani - Belfast Boy
Ascesa e rovinosa caduta di un dio del calcio: GEORGE BEST.
Uno che raggiunge l'apice a 22 anni, quando, nel 1968, conquista con il Manchester United la Coppa dei Campioni. Inizierà una progressiva, sempre più veloce, caduta negli inferi dell'alcol e della sregolatezza, tra mille donne e approfittatori, che lo porteranno a dibattersi in apparizioni imbarazzanti (come con il Jewish Guild nel Sudafrica segregazionista dei 70, in quarta serie inglese nello Stockport County o nello sconosciuto Dunstable Town, fino alla Lega Irlandese nel Cork City e al triste epilogo britannico con l'Hibernian) e inutili (le varie avventure americane), in cambio di contratti più o meno lucrosi, spesso per brevissimi periodi.
Finisce la carriera in Australia, mentre la sua discesa nell'alcolismo diventa sempre più inarrestabile, con parentesi in prigione, ritrovandosi in mortificanti interviste televisive ubriaco fradicio.
Fino alla prevedibile e triste scomparsa a soli 59 anni.
Il libro è molto "tecnico", con un linguaggio per ottimi conoscitori del calcio inglese ma che apre interessantissimi capitoli sulla complicatissima e drammatica situazione Nord Irlandese degli anni 70, a cui Best non poteva sottrarsi, sull'evoluzione/involuzione/scomparsa di un certo tipo di calcio (abitualmente derubricato a "visione romantica", in realtà il "vero calcio" che si trasforma in uno spettacolo circense. Paradossalmente George ne fu tra i principali protagonisti, con l'affiliazione al lancio del pallone in USA - insieme a Pelé, Chinaglia, Moore etc), con una lucida e distaccata prospettiva sulla vita del Quinto Beatle.
Gil Scott Heron - L'avvoltoio
L'esordio di Gil Scott Heron come scrittore, nel 1970, ne denota già il carattere di futuro compositore di alcuni dei migliori testi della black music.
Preciso, duro ma soprattutto causticamente ironico, utilizza le storie per portare alla luce i problemi dell'America e del trattamento riservato agli afro americani.
Per scrivere il libro interruppe i (pur fruttuosi) studi universiatri, rischiando di non terminarli (ce la fece e si laureò alla Johns Hopkins University di Baltimora).
"Non credo sia un'esagerazione dire che la mia vita sia dipesa dall'essere riuscito a finire "L'avvoltoio" e a farlo pubblicare. Metterlo insieme è stato il mio modo di camminare bendato sulla fune, sapendo che se non avesse funzionato, se non fosse stato pubblicato, non ci sarebbe stata nessuna rete di protezione in cui cadere e nessun buco in cui nascondermi, niente soldi per andare da qualsiasi parte".
"Volevo scrivere una storia che ognuno, che chiunque potesse trovare godibile, su cui tutti potessero formulare delle ipotesi a mano a mano che leggevano.
Ma i miei personaggi, il loro modo di parlare e la loro lingua dovevano essere fedeli al ghetto e l'omicidio fedele alla cultura del sottobosco criminale e ai suoi simboli"...spero che il birdwatching vi piaccia".
(Gil Scott Heron. New York. 1996).
Il mensile “Essence” lo definì “un forte inizio per uno scrittore con cose importanti da dire”.
Il romanzo racconta la strana storia dell’omicidio di John Lee, attraverso le parole di quattro uomini che lo conobbero quando era solo un ragazzo che lavorava dopo la scuola, in attesa che accadesse qualcosa.
I racconti dei quattro sono il pretesto per descrivere un'America in cui soprusi, razzismo, violenza e ideali infranti erano all'ordine del giorno e che cinquant'anni dopo non sembrano, in molti casi, essere cambiati.
Un thriller brillante, veloce, ben scritto con freschezza e grande verve.
Tradotto brillantemente da Paola Attolino che esalta tutte le sfumature dei dialoghi in "black english".
Gil scriverà un altro eccellente romanzo "La fabbrica di negri" ("Nigger's factory" (tradotto in italiano da Shake) ma preferirà poi votarsi alla poesia e alla forma canzone.
"Il romanzo non si presta a una scrittura immediatamente politica che è invece possibile nella poesia e nella canzone.
Il mio lavoro è serio ma è anche intrattenimento. perché voglio raggiungere la gente".
Francesco Filippi - Ma perché siamo ancora fascisti?
Filippi é l'autore di "Mussolini ha fatto anche cose buone" in cui smonta le leggende relative al ventennio fascista.
Nel nuovo, interessantissimo, capitolo sull'eredità lasciata dal fascismo in Italia, ci conduce attraverso un'analisi accuratissima sulle ragioni per cui il tragico periodo non sia mai stato definitivamente accantonato, condannato, sepolto.
La nostra società ha assunto, fin da subito, un atteggiamento autoassolutorio, consolatorio "nel quale rifugiarsi quando il resto delle certezze viene meno. Italiani, sempre e comunque, brava gente".
In contemporanea l'apparto istituzionale, educativo, amministrativo, militare non è stato epurato e sostituito ma riciclato, mantenendo, in buona parte gli stessi rappresentanti attivi in epoca fascista.
Già alla fine della guerra, la nuova dirigenza italiana si muove in tal senso, da De Gasperi che chiede il mantenimento delle colonie africane e si indigna di fronte al rifiuto degli Alleati, con "gli italiani, a partire dalle cariche istituzionali, che si stupiscono dell'incapacità alleata di cogliere la metamorfosi di un intero popolo, che ora si sente, nella sua maggioranza, ottimamente rappresentato dalla nuova democrazia e dai valoro della Resistenza."
Si inizia a rimuovere il periodo fascista, dimenticando guerre, stragi, torture, campi di concentramento, il genocidio in Libia, gli orrori nelle colonie, gli omicidi, le deportazioni degli ebrei italiani.
Anche perché:
"Chi arriva al potere dopo i fascisti continua a utilizzare per il governo gli uomini e le istituzioni che il fascismo ha creato nel ventennio precedente".
Il "Ventennio" assurge a "dittatura da operetta" (Montanelli), a parentesi sbagliata.
"Il fascismo "malattia" diviene quindi una parte essenziale della retorica che accelera l'uscita del paese dal cono d'ombra del passato mussoliniano".
Come in Germania con il nazismo "si preferisce scegliere una giustificazione che passi per una perdita più o meno ampia di capacità di discernimento."
Gli italiani, ignoranti e permissivi, lasciano che qualcuno li governi, incapaci di gestirsi democraticamente. Rimanendo però brava gente.
Si ribelleranno a Mussolini, proprio per questo.
Troppo "bravi" per sopportare ancora guerra e orrori.
Il cinema, la letteratura, la televisione, i media avvarranno il più delle volte questo elemento, rappresentando il fascismo come un periodo sbagliato ma non così tragico e dipingendo i protagonisti come vittime insenzienti.
"Gli uomini che fanno nascere la Tv in Italia sono funzionari nati e cresciuti sotto il regime e, nel momento di costruire nuove vie di approccio al servizio pubblico, inevitabilmente proiettano questa formazione nella loro concezione dell'intrattenimento."
"Per un cinquantennio il fascismo é stato descritto come un regime inetto, inefficente, violento nelle sue frange estreme ma nel complesso non all'altezza dell'altro grande regime di destra, il nazismo".
Un libro sostanzialmente agghiacciante, che dipinge un quadro sconfortante sul declino del nostro paese, paradossalmente iniziato proprio quando stava (teoricamente) risorgendo.
Un DNA inattaccabile, ingestibile e impossibile da cambiare.
Francesco Kento Carlo - Barre. Rap, sogni e segreti in un carcere minorile
Kento é un rapper con all'attivo una decina di album e un migliaio di concerti.
Tra le sue attività ha intrapreso un corso di educatore (insegnando come fare rap) in un carcere minorile.
In questo libro struggente, stupendo, intensissimo (e scritto benissimo), racconta quell'esperienza, di fronte, e con, ragazzini costretti dietro le sbarre, spesso in condizioni di totale disagio, pulsioni autolesioniste, abusi "correttivi", bullismo, violenza.
Tra le parole più frequenti c'é, paradossalmente, in un ambiente così estremo e rude, il termine DELICATO.
Come l'equilibrio, i rapporti, l'aspetto psicologico, il linguaggio, la postura, il gesto.
Delicato anche il rapporto con le istituzioni, che possono dare o togliere permessi, punizioni, benefici, spesso/talvolta per un capriccio o volontà prevaricatrice.
DELICATO PERCHE' FRAGILE.
Un libro duro e allo stesso tempo terribilmente delicato, appunto.
Una realtà dimenticata, marginalizzata, come le carceri, costruite ormai fuori dalle città, entità extra civiche, mondi sepolti.
Ettore Sorrentino - Poliziottesco & Blaxploitation. Costretti a sparare
Intrigante saggio che mette a confronto, con un'attenta e accurata analisi, due "generi" cinematografici non di rado molto controversi come la Blaxploitation e il nostrano Poliziottesco.
Spesso intrisi di violenza gratuita e spettacolarizzata, di tutori dell'ordine "sbrigativi" e giustizieri anche se, in molti loro aspetti, portatori di messaggi politico/sociali trasversali, sottesi alle vicende narrate.
La Blaxploitation ("Film che trattano tematiche sulla popolazione afroamericana urbanizzata, con attori di colore") mette al centro il ruolo del Black Man, non più secondario al bianco ma in primo piano, eroe, lontano dal primo esempio di uomo di colore "protagonista" come Sidney Poitier, "colto, intelligente e ben vestito, lontano dall'immaginario del ghetto, simbolo della borghesia di colore in ascesa che diventa apprezzato sia dal pubblico bianco che da quello nero".
Vedi "Indovina chi viene a cena" o il mitico "La calda notte dell'ispettore Tibbs" proto film Blaxploitation. Il genere, sublimato da pellicole come "Shaft" o "Superfly" perderà nel tempo efficacia.
"I film basati sullo stereotipo del nero armato, campione di arti marziali e vendicativo, perdono indubbiamente quel substrato politico che aveva caratterizzato la nascita del genere. I temi della coscienza e della militanza nera diventano pretesto per spettacolarizzare gli aspetti più folk e superficiali dell'immaginario collettivo".
Il Poliziottesco italiano parte da altre coordinate.
E' la malavita nostrana che si confronta con poliziotti che cercano, in contrasto con corruzione, collusione e indifferenza delle istituzioni, di far rispettare la legge.
Aspetto che frutterà non di rado l'accusa che i film in questione abbiano connotati "di destra".
"La città é loro ostile, i cittadini avviliti dalle continue violenze e dal clima d'incertezza post 68, sono un ostacolo al trionfo del bene e alla valorizzazione positiva dell'eroe...lo sbirro non ha la capacità di cambiare le cose, non é un risolutore, soltanto vittima di un'Italia confusa e criminale".
Il libro ripercorre origini, esplosione e involuzione dei generi, sottolineando anche l'importanza delle colonne sonore che da Morricone a Curtsi Mayfield, hanno prodotto veri e propri capolavori.
Ulteriore nota il ruolo della donna, pressoché assente, se non nello sfondo, nei film italiani, protagonista solo quando il genere assimilerà parti sexy.
Nella blaxploitation più presente, anche se quasi sempre relegato all'immagine di preda sessuale.
Con l'eccezione della fantastica Pam Grier, perfetto modello di donna al di sopra del controllo maschile.
David Cacchione - Lacrime e sangue. Il mondo visto con gli occhi di un operaio
Nell'epoca in cui la "sinistra" sublima il suo essere atavicamente radical chic (neanche più radical, solo chic), tra diatribe lessicali e pregni dibattiti su quanto avviene nelle trasmissioni televisive, il libro di David Cacchione ci ricorda che esiste una realtà un po' meno smart, cool, trendy, fashion, imbellettata e liofilizzata.
Quella degli sfruttati e degli sfrattati, degli ultimi e chi é perfino dietro agli ultimi, dei poveri ma poveri per davvero, del capitalismo assassino e guerrafondaio, del disastro sociale e culturale a cui assistiamo e partecipiamo impotenti.
Riflessioni brevi, ma bastano poche righe, ogni volta per dire tanto.
E anche tutto.
Perché "questo libro é frutto dei milioni di ore di conversazione, di dialoghi e silenzi, di giorni e notti passate con i miei compagni.
Guardando il mondo da una libera prospettiva.
Con tutto questo vivere ho cercato di farmi una coscienza, così da potere fare domande e cercare risposte."
Ci hanno immersi in un medioevo tecnologico, dove piano piano ci stanno riportando ai tempi dei servi della gleba...come moderni dolciniani lottiamo contro un potere immenso.
Siamo una generazione che sta vivendo a cavallo tra i libero arbitrio e il governo psichico degli algoritmi.
Da anni la tecnologia può ricostruire una parte del corpo rovinata da un incidente oppure modellare la bellezza tramite la chirurgia plastica.
Nei paesi a capitalismo avanzato la sanità pubblica ha subito tagli enormi, contraltare dei soldi investiti nelle industrie farmaceutiche e di ricerca.
Perché più tagli ci sono alla sanità pubblica più medicine ci venderanno.
Alessandro Gandino - Lomagna Mia. Una storia verosimile
Che una storica orchestra di liscio romagnola si trasformi in un gruppo multietnico é una vicenda più che verosimile ai nostri giorni, soprattutto se gestita da una vecchia volpe dell'organizzazione concertistica, costretto dalle circostanze a occuparsi di un contesto fino a ieri inviso ma allo stesso modo parte inevitabile del proprio DNA.
Ne salterà fuori un'avventura travolgente, divertente, esilarante, più che realistica e con molti aspetti autobiografici.
Gandino la racconta con piglio "gucciniano", tra ironia e taglio giornalistico.
Libro godibilissimo.
Matteo Guarnaccia - Mala moda
Un interessante saggio di Matteo Guarnaccia, artista e storico del costume, luminare dell'osservazione dei cambiamenti stilistici e sociali da 60 anni a questa parte, corredato da ben 70 tavole da lui disegnate e commentate, sull'influenza che la malavita ha ha avuto sull'estetica e sulla moda.
Si va dai banditi ai briganti, dai pachucos ai guappi, arrivando alle forme più attuali.
"Essere o sembrare loschi rappresenta la nuova idea di coolness, tra teste rasate, esibizione di tatuaggi da colonia penale, tutine da arresti domiciliari, sneakers senza calze, cani aggressivi usati come accessorio".
La premessa riassume bene il concetto:
Il bad boy, l'eroe negativo, temuto e rispettato, seguito nelle sue fortune e nelle sue disgrazie, gioca un ruolo centrale nella storia dell'entertainment...il crimine é una cosa seria e quanto più é pericoloso per la società, tanto più nutre le vertigini e gli appetiti di scrittori, attori, musicisti che si adoperano per farlo diventare spettacolo, accorciando la distanza tra strada e palcoscenico, tra luogo del delitto e luogo dell'intrattenimento e viceversa.
Allo stesso modo, soprattutto in una società come quella contemporanea dove l'apparenza é ben più importante della sostanza:
"Sembrare un duro e recitarne il ruolo è già una parte della soluzione.
L'importante, più che essere rudi o piantagrane, é sembrare tali"..."gli abiti sono armi d'offesa tese a sottolineare il culto della virilità a dimostrare un senso di impazienza e fastidio vero il prossimo, come trofei di caccia che rimandano a vite spericolate".
Un lavoro particolarmente adatto soprattutto per chi ama approfondire la conoscenza di tutto ciò che gravita intorno al concetto di sottoculture.
IL RESTO
Antonio Scurati - La fuga di Enea. Salvare la città in fiamme
Antonio Scurati, dopo i due ponderosi volumi dedicati a Mussolini, raccoglie una serie di recenti articoli pubblicati su "La Stampa", in cui ci lascia una (triste) rappresentazione dell'Italia di oggi che la pandemia ha (definitivamente?) affossato nella palude marcescente e putrida che purtroppo ben conosciamo.
Le sue parole sono molto lucide e sferzanti, l'immagine che ci restituisce demoralizzante.
Libro molto veloce e di agile lettura.
Serge Latouche - Limite
Gli uomini hanno già abbandonato il sentiero di una civiltà durevole.
In tempi in cui la cosiddetta "emergenza climatica" è una realtà oltre che drammatica ormai ampiamente conclamata e in cui i principali governi mondiali non fanno sostanzialmente nulla per metterle un freno, anteponendo la crescita economica, può essere utile (ri)leggere questo breve saggio di Latouche (professore di scienze economiche all'Università di Parigi) scritto nell'ormai lontano 2012.
In cui si palesa che "la catastrofe è già tra noi. Viviamo quella che gli specialisti chiamano la sesta estinzione della specie" e che "ormai è chiaro che il nostro modo di vita attuale è senza futuro, che il nostro mondo finirà, che i mari e i fiumi saranno sterili, le terre senza fertilità naturale, l'aria delle città soffocante e la vita un privilegio al quale avranno diritto soltanto gli esemplari selezionati di una nuova razza umana" (André Gorz - Sette tesi per cambiare la vita - 1977).
"Viviamo in una società della crescita.
La società della crescita può essere definita come una società dominata da un'economia della crescita e che tende a esserne interamente permetata.
In questo modo la crescita per la crescita diventa l'obiettivo primordiale, se non il solo dell'economia e della vita.
Produrre di più implica necessariamente consumare di più e per questo è necessario creare all'infinito nuovi bisogni".
Noi non distruggiamo il pianeta ma soltanto il nostro ecosistema cioé le nostre possibilità di sopravvivervi.
Indifferente ai nostri eccessi, la Terra continuerà a seguire il suo destino dopo la nostra scomparsa.
A fronte di questa catastrofica situazione Latouche propone un concetto di DECRESCITA, di abbandono del superfluo e di ciò che non è indispensabile.
Per scongiurare l'implosione del sistema è indispensabile un'autolimitazione della dismisura dei modi di produzione e di consumo dominanti, che sono soprattutto quelli delle classi dominanti.
L'autolimitazione si sposta così dal livello della scelta individuale al livello del progetto sociale.
C'è anche un'interessante analisi che riporta al progressivo insorgere dei cosiddetti sovranismi:
Ogni cultura è per natura etnocentrica. Gli appartenenti a una determinata cultura sono persuasi che i loro valori sono i migliori e che sono quelli dei loro vicini sono meno buoni dei loro, se non cattivi.
Quentin Tarantino - C'era una volta Hollywood
QUENTIN TARANTINO ha dichiarato in un'intervista che il suo ultimo film C'era una volta Hollywood era stato originariamente concepito come un romanzo ma poi è diventato una sceneggiatura.
Quel romanzo vede ora la luce e approfondisce la storia di Rick Dalton e Cliff Booth, interpretati nel film da Leonardo DiCaprio e Brad Pitt.
Ci sono i coniugi Polanski, Charles Manson e tutta la fauna Hollywoodiana di fine 60's.
E soprattutto l'ossessivo ma del tutto gradevole e gustoso citazionismo musicale e cinematografico di Tarantino.
Per chi ama il mondo di Quentin un piacevolissimo compendio alla sua arte, per il resto del mondo un'aggiunta inutile.
Goffredo Fofi - Il secolo dei giovani e il mito di James Dean
Per chi ama la ricerca sui movimenti giovanili (anche quelli cosiddetti sottoculturali) questo saggio dello scrittore e critico Goffredo Fofi contiene parecchi spunti interessanti.
Una visione e una riflessione molto sagaci e pungenti sulla cultura giovanile del '900 a cui si accoppia il mito di James Dean (Il segreto dell'adolescenza é che vivere significa rischiare la morte, che la rabbia di vivere é l'impossibilità di vivere. James Dean ha vissuto questa contraddizione e l'ha autenticata con la morte).
"Quella del secondo dopoguerra é stata l'ultima grande generazione di artisti che, negli anni della ricostruzione e prima di un "miracolo economico" già in cammino, ha rotto gli schemi e proposto una nuova leva (tutto fuorché militare ma indubbiamente militante) fitta di autori e opere.
Ha proposto una NOUVELLE VAGUE insofferente al NOI obbligato dalle appartenenze e mossa da un individualismo ben lontano da quello a cui oggi assistiamo (dominato da un IO CHIUSO e CONFORMISTA) un individualismo che poteva incontrarsi e perfino fondere la spinta dell'io con quelle di un'epoca, di una generazione, degli oppressi.
E' questo il modo in cui si deve intendere il "secolo dei giovani" quando i giovani espremevano e imponevano finalmente un IO COLLETTIVO".
Fofi ci introduce alla fine alla CULTURA del NARCISISMO, "una forma di castrazione volontaria che procura consolazioni superficiali, costruite sul vuoto, nell'accettazione del mondo come gli altri te lo impongono in cambio di palliativi peggio che imbecilli, peggio che farseschi".
In una recente intervista ha ulteriormente puntualizzato il concetto:
"Il narcisismo nuoce anche alla creatività e alla cultura: rende tutti uguali e scemi. Quella era un società viva, mobile, questa è in stasi prefinale. E senza conflitti coi padri, che si son fatti furbi, castrano alla nascita i figli di cui vogliono essere coetanei".
E per chiudere:
"C'è stata una sconfitta generale e un ripiegamento nella cultura del narcisismo, appunto. Giovani, femministe, gay, scrittori, musicisti, tutti a dire io, io, io."
Gianrico Carofiglio - La nuova manomissione delle parole
Carofiglio riprende la prima edizione del libro, uscita undici anni fa, e ne fa un aggiornamento rapportato ai nostri giorni, radicalmente diversi, da un punto di vista sia politico che sociale.
Si parla di linguaggio, della sua aderenza alla "verità" e alla sua conseguente manomissione per fini elettorali e/o di tornaconto personale.
Si attinge spesso da altri libri, a citazioni, estraendo contributi significativi alla comprensione del saggio e della tesi di Carofiglio.
Il libro è un atto politico, una scelta di campo, una scommessa sulla possibilità di distinguere la buona dalla cattiva politica.
La scelta delle parole è un atto cruciale e fondativo: esse sono dotate di una forza che ne determina l'efficacia e che può produrre conseguenze...le parole possono costituire la premessa e la sostanza di pratiche manipolatorie ma anche razziste, xenofobe o criminali.
La disamina si concentra dal camio comunicativo che abbiamo vissuto/subito da Berlusconi in poi, di cui personaggi come Salvini e affini hanno saputo fare (drammaticamente) tesoro.
Le frasi fatte si impadroniscono di noi. Di noi e della politica, che, negli ultimi 30 anni, nel nostro paese è stata più che mai dominata dalla ripetizone di slogan volgari ma virali, di metafore grossolane.
Come diceva Primo Levi: Quante sono le menti umane capaci di resistere alla lenta, feroce, incessante, impercettibile forza di penetrazione dei luoghi comuni?"
Libro intenso e denso ma lettura veloce e di grande efficacia.
Un-Due.It's personal
Un nuovo eccellente lavoro (scritto in inglese) su quel mondo che si vuole ormai finalizzato unicamente al lucro e allo spettacolo di "varietà".
E che invece è ancora un portatore sano di cultura, passione, sincerità, vita reale.
Ci sono racconti e storie stupende, che arrivano dalle vicende del Nagorno Karabakh, dal NetRippers Football Club di Portland che rappresenta comunità LGBTQIA+ locale, la stroria dell'allenatore Joao Saldanha, allenatore del Brasile del 1970, escluso poco prima dell'inzio per il suo dichiarato anti fascismo, splendide interviste a Zdenek Zeman e Carolina Morace, poesie, foto, disegni, un articolo da incorniciare di Nicolò Rondinelli da cui estrapolo alcuni passi importanti:
"Giocare (a calcio, per i giovani rifugiati - Rondinelli è un operatore sociale che aiuta i migranti a iniziare una nuova vita in un ambiente ostile) è fondamentale per l'integrazione el'educazione inter culturale.
Nella su semplicità e adattabilità, il calcio aiuta gli operatori quando si affrontano questioni politiche, sociali, culturali, economiche, a livello pedagogico...sul campo sono tutti uguali... Il calcio, come altri sport, possono in qualche modo smussare e rompere le divisioni che nascono dal concetto di nazione, etnia, cultura, un processo che la "politica" spesso non riesce a ottenere".
Luciano Tirinnanzi - I comunisti lo fanno meglio
«Il comunismo ha sbagliato, ma il comunismo non era sbagliato».
ROSSANA ROSSANDA
Il PARTITO COMUNISTA ITALIANO compie oggi 100 anni.
Tra i tanti libri e articoli che ne celebrano o semplicemente ricordano l'anniversario quello di Luciano Tirinnanzi ha il pregio di dare la voce a molti dei recenti protagonisti: Occhetto, Violante, D'Alema, Bertinotti, Rizzo, Bersani, Macaluso.
Ci sono testimonianze sentite, intense, commoventi.
E importanti sottolineature e approfondimenti (il famoso cambio di nome era, ad esempio, pensato e progettato da tempo, ben prima della caduta del Muro).
Il comunismo non può essere definito con un solo concetto.
Ci sono stati comunisti libertari e progressisti, comunisti che usavano metodi liberticidi, intellettuali comunisti aperti alla modernità e dogmatici privi di coscienza critica.
(Achille Occhetto)
E' meglio perdere con le proprie idee, che vincere con le idee degli altri.
(Achille Occhetto)
Il partito che ha reso le masse popolari partecipi della democrazia è stato solo il Pci.
(Massimo D'Alema)
Anche confessioni inaspettate.
Mi trovai a Praga esattamente nel giorno in cui entrarono i carri armati sovietici in città. mi misi anch’io a disegnare svastiche sui carriarmati sovietici.
Per noi l’Urss era il simbolo di un regime oppressivo che non poteva essere certo un punto di riferimento.
(Massimo D'Alema).
E importanti affermazioni che tengono oggettivamente della storia italiana.
Dalla sua scomparsa, nessun partito si è mai più occupato del futuro né di trasmettere alle generazioni successive alcun messaggio.
Oggi di diritti sociali in giro non si sente più parlare, si parla solo di diritti individuali.
(Luciano Violante).
Se penso alla parola «comunismo» mi viene in mente una grande idea. Un’idea smentita dai fatti nella sua fase applicativa ma che, comunque, ha lasciato tracce importanti, insegnato tante cose e che lascia aperta una grande questione: ovvero quella dell’uguaglianza, che resta il tema di fondo per le sinistre di ieri, oggi e domani.
(Pierluigi Bersani).
Il GRANDE DIFETTO del libro é nel volere dare voce a personaggi assolutamente fuori contesto in nome di una presunta equità di giudizio.
Da un'impresentabile Meloni che raglia rabbiosa il suo comizietto livoroso tra foibe, gulag e penosa demonizzazione di "Imagine" di Lennon, al ridicolo Giampiero Mughini (ex direttore di Manifesto, Lotta Continua) che esordisce con il solito "non sono mai stato comunista".
Perlomeno discutibili gli spazi a Bondi, Cicchitto, Cirino Pomicino, Carlo Giovanardi (!), del tutto inopportuno quello a Mario Mori ex comandante del Sisde, condannato in primo grado a 12 anni per la trattativa Stato/Mafia, processato per i ritardi enlla cattura di Riina e Provenzano.
Magari non condivisibili ma molto lucidi gli interventi di Sgarbi e Bruno Vespa, sempre interessante e acuto quello di Pietrangelo Buttafuoco.
Il comunismo ha aperto fronti nuovi: la questione femminile, la difesa dell’ambiente, il discorso sulla sostenibilità, la capacità di leggere l’andamento di allora delle destre e di immaginare delle vie di uscita per la sinistra non andando sulla difensiva ma con idee nuove.
(Pierluigi Bersani).
Sentimenti di uguaglianza, di lotta ai privilegi, all’oppressione, alle ingiustizie. Ecco cosa racchiude il termine «comunismo».
Esso evoca una società che è esistita veramente, quella del cosiddetto «socialismo reale» che, con tutti i suoi inevitabili errori storici, ha dato il potere a coloro che lavorano, ha dato l’istruzione e le cure sanitarie, la casa e il cibo a tutti.
(Marco Rizzo)
Path - Sono l'infame. Canzoni di strada
Il cantautore romano si dedica alla narrativa, attraverso dieci racconti (scritti bene, in modo diretto, efficace), spesso crudi, spietati, di scabro realismo.
Portandoci nei vicoli oscuri di una realtà che talvolta preferiamo non vedere o semplicemente non pensiamo possa esistere ("La profezia del Guaja", il migliore del lotto, é esemplificativo in tal senso).
Paolo Merenda - Break. Confessionale Punk
Attivissimo nella scena punk e in quella editoriale, sempre all'insegna del DIY, Paolo Merenda pubblica una gustosissima raccolta di 50(+1) brevi racconti, fulminei e fulmina(n)ti, crudi, spesso molto, tanto, aspri e abrasivi.
Ma che sanno essere anche divertenti e colgono aspetti della vita della profonda provincia (in questo caso Alessandria).
Sullo sfondo ma spesso anche in primo piano le radici punk e hardcore.
A corredo un CD di un altro suo progetto, la One Snack Band, tra punk rock, country punk e ballate minimali. Bello tutto.
Giacomo Spotti - Ritratti di una maglia
Nel giugno del 1993 il PIACENZA sale per la prima volta in serie A.
Una conquista programmata con cura, passione, sudore e pure sangue.
Raggiunta con la caparbietà dei vinti che diventano Vincitori.
Finiremo di nuovo subito in B con la scandalosa vittoria della Reggiana a S.Siro contro i campioni del Milan. Ma sapremo tornare subito in massima serie.
Dal 2003 sarà di nuovo B e poi il precipizio.
I protagonisti di quella stagione raccontano, tutti, la loro esperienza in divertenti e veloci interviste. Gigi Cagni, Piovani, De Vitis, Polonia, Maccoppi, il DS Marchetti e tutti gli altri. Di come a calcio si imparava a giocare in STRADA e non nelle scuole e di come nelle domeniche in A questo gruppo di ragazzi si trovava davanti Platini, Zico, Maradona, Gullit, Scirea, Baggio etc.
Da lacrime.
Nicolò Rondinelli / Andrea Vecchio - Con il pallone tra i piedi e la musica a cannone
Nella "boriosa Novara" si gioca a calcio come in ogni altra parte d'Italia fin da bambini in qualunque luogo, con "ogni mezzo necessario".
E si va allo stadio, partendo dalle partite di infima serie per arrivare all'incredibile cavalcata in serie A in cui si batte perfino l'Inter campione (due volte di fila).
I racconti di questo libro si sviluppano in questo humus fertile di immaginari, speranze, visioni, dura realtà. Colonna sonora il punk/hardcore dei 90. Nessuna retorica o nostalgia, solo il quotidiano.
Paul Verhoeven - L'Uomo Gesù
Sempre gradita la rilettura di questa interessantissima ricerca del regista Paul Verhoeven (quello di "Robocop" e "Basic Instinct") sulla vita di GESU', spogliata dalle paccottiglie di miracoli e avvenimenti inverosimili.
Paul ha frequentato a lungo un'associazione di teologi che dibatte costantemente sulla tematica, ha letto e riletto documenti di ogni tipo e affronta ogni passo della vita del profeta con l'approccio dello studioso che analizza fatti e prove e li rende verosimili e compatibili con le dinamiche di un rivoluzionario ai tempi della rigida e feroce occupazione romana in Palestina.
Verhoven è puntiglioso e preciso e dove avverte che le sue conclusioni possono essere azzardate lo sottolinea con onestà.
Ne risulta un ritratto circostanziato che restituisce storicità al personaggio, depurandolo dal poco credibile corredo successivo e spiegando con la razionalità "miracoli e prodigi".
Alessio Cacciatore / Giorgio Di Berardino - Maine Road
Già autori dell'enciclopedia del Brit Pop e della scena di Madchester, "Britannica" , i ragazzi tornano sul luogo del misfatto con un romanzo, ambientato proprio in quella magica (e bistrattata) epoca.
Ovvero i giorni (27 e 28 aprile 1996) in cui gli Oasis si esibiscono in due trionfali concerti nello stadio, il Maine Road, della città natale, Manchester, da dove così spesso hanno seguito il loro amato City.
I quattro protagonisti, membri di una band, accavallano le vicende personali, tipiche di giovani della periferia alla ricerca di un sbocco per il futuro (e dei biglietti per il concerto).
Divertente, a tratti amaro e nostalgico, ma molto gradevole e ovviamente pieno di riferimenti "giusti".
Marco Denti - Forze speciali
Il primo romanzo di Marco Denti, storico critico e scrittore musicale/letterario ci porta in un distopico (ma neanche tanto) racconto blues, in una società sconvolta da una guerra civile, alle prese con un concerto di Bob Dylan (ma sarà proprio lui?).
Il ritmo è veloce, dialoghi serrati, atmosfere plumbee, descrizioni con di contenuto militare da esperto e il Verbo rock a permeare il tutto.
Più che riuscito.
Emmanuel Carrère - Yoga
Il nuovo libro di Carrère si riassume in una frase, dove, citando Montaigne ci dice:
"Gli scrittori che scrivono ciò che gli passa per la testa sono quelli che preferisco, infischianosene altamente dell'opinione di chi dice che di quello che passa per la testa a lui non importa a nessuno e che bisogna essere davvero presuntuosi, davvero egocentrici, per prendersi la briga di registrarlo.
Perchè lui, Montaigne, è convinto che non ci sia niente di più interessante di questo, in quanto lui è un uomo comune e non uno di quelli di cui si leggono le memorie, uno la cui unica peculiarità è essere un uomo e potere, a quest'unico titolo, senza l'impiccio di prerogative di sorta, testimoniare cosa significa essere un uomo".
E così Carrère ci parla della sua esperienza con lo yoga (tema originario di questo libro, poi sviluppatosi in altre direzioni), di un periodo in un'isola greca tra i rifugiati afghani e siriani, di relazioni (presunte o reali) con altre donne, della terribile depressione e conseguente esperienza in clinica psichiatrica.
Ovviamente scrive molto bene, il tratto è avvincente ma alla fine sfugge il significato di un libro di questo tipo, costante parlarsi addosso, incurante del lettore.
Michele Anelli/ Gianni Lucini - Ho sparato al domani
“Ho sparato al domani” è anzitutto per quelli che nella pioggia sentono il richiamo della libertà, per chi nella nebbia riesce comunque a distinguere il nemico, per chi ha visto un mondo senza confini da rispettare e la vita è un palco dove non importa se non sei perfetto ma puoi essere felice".
Sette racconti in cui gli autori parlano di sé e di un immaginario a noi particolarmente noto.
Quello che va da un palco a chi sotto quel palco sta a guardare il suo idolo, da Hendrix al liscio, dai Clash a Springsteen.
Storie suggestive e intense in cui é facile ritrovarci, condite da una malinconia e un'amarezza di fondo su quelle tante cose in cui abbiamo creduto e amato e che si sono schiantate contro una realtà che non ci piace. Sono sicuro che Michele e Gianni (e tanti di "Noi") capiranno...
Pier Francesco Liguori / Francesco Bucci - Ultime voci dai fondali profondi
Una storia misteriosa, intricata e intrigante che viaggia nel tempo, partendo dal naufragio (veramente avvenuto) di un piroscafo in acque pugliesi nel 1880.
Da qui si innescano strani fenomeni, antiche maledizioni ma anche momenti più che divertenti, soprattutto nelle caratterizzazioni dei personaggi, molto riuscite e cinematografiche.
Un ottimo lavoro, frutto anche di ricerche storiche interessanti.
Federico Piva - Prima persona singolare
Divertente e frizzante, godibile e leggero, un libro che corre veloce attraverso dodici episodi singolari nella vita di alcuni musicisti e sportivi, di fronte alle loro personali "sliding doors" che ne hanno cambiato improvvisamente la vita, raccontate in "prima persona singolare".
Dalla breve e nefasta avventura di Jimmy Nicol con i Beatles all'esordio in A di Buffon, alla Danimarca campione d'Eropa nel 1992 a Sixto Rodriguez.
Aria fresca, lettura piacevolissima.
° Gordiano Lupi - Il prete>
° Paolo Merenda - Alessandria 2050>
° Scaglie di Rumore - Numero 26>
Tre brevi pubblicazioni da Inchiostro Sprecato nella collana Xylella. Da una idea di "Scaglie di Rumore", "E' un brutto posto" e "Timbrificio Milano" nasce "Xylella".>
Gordiano Lupi - Il prete>
Un fulminante thriller informatico dalle tonalità splatter, molto coinvolgente e intrigante. Scritto con grande ritmo e acume.>
Paolo Merenda- Alessandria 2050>
Scaglie di Rumore - Numero 26>
Due brevi racconti distopici, con sfondo hardcore punk/grind, si anella collocazione che nei palesi riferimenti. Molto attuali, crudi e potenti.
Alan Sillitoe - Sabato sera, domenica mattina
Ennesima personale rilettura di un classico, un'eccellenza, della letteratura inglese.
Ritratto della VERA working class inglese, che dopo una settimana in fabbrica si sfonda di alcol, va a donne, tradisce, si perde in risse.
Refrattario all'autorità, ai valori borghesi, alla disciplina militare il ventiduenne Arthur Seaton cerca nuovi orizzonti, fugge a una vita già predestinata, senza supporti ideologici o obiettivi rivoluzionari.
Vuole solo essere libero.
Non ci riuscirà.
Sillitoe lo pubblica nel 1958, usando un linguaggio esplicito, reale, "operaio" e coglie nel segno, in una descrizione di un personaggio che incarna una generazione a cui non basta più la normalità di sempre, peraltro minacciata dall'incombenza del pericolo di una guerra nucleare.
Nel 1960 il regista Karel Reisz trarrà dal libro l'omonimo gioiello del Free Cinema inglese.
Le pagine finali sono esemplari, un manifesto generazionale e una molto probabile ispirazione per il Weller di "Town called Malice".
Saranno guai anche per me: dovrò lottare fino al giorno della mia morte.
Perché ci fanno fare il soldato dal momento che non facciamo altro che combattere tutta la vita?
Combattiamo con le madri, i poliziotti, l'esercito, il governo.
Se non é una cosa é un'altra, senza contare il lavoro che dobbiamo fare e il modo in cui spendiamo le paghe. Mi aspettano guai tutti i giorni della mia vita, perché ci sono sempre stati e sempre ci saranno.
Nati ubriachi e sposati ciechi, generati per sbaglio in un mondo estraneo e pazzo, trascinati attraverso la miseria in una guerra con una maschera antigas sul testone, con le sirene che ti rintronano nelle orecchie tutte le notti mentre marcisci in un rifugio grattandoti la rogna.
A diciotto anni ti sbattono un'uniforme addosso e quando ti lasciano andare finisci a sudare sangue in una fabbrica, facendo i salti mortali per potere bere qualche birra in più, andando a letto il venerdì e il sabato con le donne che hanno il marito al turno di notte, lavorando con lo stomaco in rivolta e la schiena a pezzi solo per guadagnarti i soldi che ti permettano di tornare là ogni lunedì mattina.
Bé, la vita é bella, tutto sommato, se ce la fai, e se pensi che prima o poi il vasto mondo sentirà parlare di te.
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