mercoledì, agosto 08, 2018
Keith Moon
Articolo pubblicato dal quotidiano "LIBERTA'" domenica 29 luglio 2018
Difficile trovare un personaggio che rappresenti meglio l'iconografia più scontata del rock n roll.
Keith Moon è la perfetta incarnazione del musicista dedito ad ogni tipo di eccessi, inclusa la distruzione delle camere d'albergo, una dose di follia smisurata, la passione altrettanto incontrollabile per sesso, droghe e alcolici, una morte prematura e tragica mutuata da uno stile di vita senza freni. E' in realtà stato solo uno dei tanti “caduti” nel decennio tra la fine degli anni 60 e anni 70.
Purtroppo il “personaggio Keith Moon” ha spesso cancellato il batterista.
Quello altrettanto folle, che solo in una band come gli Who avrebbe potuto trovare posto, a fianco di altri tre pazzi, ma in grado di suonare la più potente ed esplosiva forma di rock che si possa immaginare.
Nasce artisticamente come batterista surf (sua costante ed eterna passione) con i Beachcombers con cui incomincia a suonare, giovanissimo, nei primi anni 60, segnalandosi per una notevole teatralità sul palco. Si unisce agli Who in modo avventuroso e da lì non si muoverà più.
Su come sia entrato nella band si viaggia sui binari della leggenda, dalle dichiarazioni di Pete Townshend che lo ricorda vestito interamente di rosso e con i capelli rossi arrivare sul palco durante un concerto e distruggere tutto, a quella dello stesso Keith che dice di aver chiesto di suonare un pezzo con loro alla fine di un live dichiarandosi “migliore di quello che era sul palco in quel momento” e per il nervosismo e qualche bicchiere di troppo aver rotto il pedale e una pelle della batteria.
“Di fatto non mi hanno mai confermato di essere entrato nel gruppo ma ormai sono quindici anni e quindi credo che sia una cosa fatta” disse tempo dopo.
Apparentemente caotico e poco rispettoso del tempo, in realtà il suo modo di suonare tiene ben presente la chiusura dei giri di accordi, è lucido nel seguire il brano ma in modo, inconsapevolmente, molto affine ad un concetto caro all'improvvisazione jazzistica.
Moon agisce liberamente, incurante delle strutture convenzionali, crea passaggi, figure ritmiche, all'interno del ritmo stesso, costringendo gli altri a seguirlo, rendendo canzoni pop brani strutturati quasi come piccole opere a sé stanti.
Guarda caso quello che ha sempre desiderato, sognato e poi messo in pratica il genio di Pete Townshend.
John Entwistle, uno dei migliori bassisti rock (e non solo) di tutti i tempi, l'unico probabilmente in grado di seguire una ritmica del genere, ha decritto alla perfezione l'approccio alla batteria di Keith: “Suonava a zig zag”.
La vetta della personalità e della tecnica la raggiunge con l'album “Who's next” del 1971 dove si eleva a standard difficilmente superabili e ancora meglio si esprime due anni dopo nell'epica opera “Quadrophenia”, un album che fonde il rock più duro con le ambizioni sinfoniche di Townshend, passa da pur complessi brani rock a suite dove sono pianoforte e archi a farla da padrone, dove le parti sono pompose e articolate. Sarà purtroppo l'ultimo atto di un periodo troppo breve.
I problemi con l'alcool sono ormai gravissimi.
Nonostante vari tentativi di disintossicazione, Keith beve come minimo un paio di bottiglie di brandy e di champagne al giorno, quando non è in tour, dove le dosi invece aumentano a dismisura. L'ultimo periodo è un calvario che lo vede sempre meno in grado di suonare e concentrarsi, sempre più perso nei suoi problemi.
Cercando di curarsi dall'alcolismo, un eccesso di pillole lo ucciderà nel settembre del 1978.
Verrà sostituito da Kenney Jones, ex Small Faces e Faces, e più recentemente da Zak Starkey, figlio di Ringo Starr, a cui lo stesso Moon aveva dato le prime lezioni di batteria quando era in tenera età.
Roger Daltrey ha probabilmente colto al meglio l'essenza dell'uomo Keith Moon:
“Keith non avrebbe mai voluto diventare vecchio, è una cosa che mi gira per la testa da tempo e ormai è una certezza.
Voleva solo essere il più grande batterista del mondo ed è morto quando ancora lo era”.
Bellissima la foto dove tutti gli altri componenti lo guardano con tenero affetto.
RispondiEliminaCiao.