venerdì, agosto 31, 2018
Agosto 2018. il meglio
Si corre verso la fine del 2018 un bel po' di ottime cose come gli album di Fantastic Negrito, Kamasi Washington, Arctic Monkeys, Gaz Coombes, Jimi Tenor, Tony Molina, Tenderlonious, Michael Rault, The Sea and cake, Ray Davies, New Mastersounds, Belly, Wilko Johnson, Bellrays, Jack White, Sons of Kermet, Buttshakers, Anderson East, Ray Davies, James Hunter Six, Orgone, Tracey Thorn, Laissez Fairs, Ruby Rushton, e tra gli italiani Nicola Conte, Calibro 35, Iacampo, New Colour, Mads, Evil Knievel, Mamuthones, Sick Rose, Guignol, Mina, Blue Giants, Red Lines, Paolo Fresu, Savana Funk.
MICHAEL RAULT - It's a new day tonight
Secondo album (per la Daptone, una garanzia...) per il cantautore canadese che ci riporta nei primi anni 70 tra pop rock alla ELO e Wings ma proposto con minimalismo e piglio essenziale, suoni vintage e crudi, melodie deliziose, talvolta zuccherose (ma al punto giusto). Ci vuole talento a riprodurre certe atmosfere senza plagiarle.
Come se i Beatles si fossero riuniti nel 73/74 con un paio di membri dei Big Star a dare una mano e Ray Davies qualche consiglio.
Notevole.
RAY DAVIES - Our Country: Americana, Act 2
Secondo capitolo dell'omaggio di Ray alla cultura (musicale e non) americana, sempre accompagnato dai Jayhawks.
Di gran lunga migliore del precedente, più ispirato e variegato con tocchi di classe qua e là che lo nobilitano ancora di più.
Ray gira tra country, swing, jive, rock blues, sound da big band, spoken word e tanto altro. C'è un mondo normale e poi c'è quello di Ray Davies, un "luogo" tutto suo, da capire e da vivere, QUELLA voce, QUELLO stile.
Commovente, intenso, agrodolce, amaramente sarcastico.
Molto bello.
STONE FOUNDATION - Everybody, anyone
Un parterre di SUPER ospiti (Paul Weller, Mick Talbot, Steve White - ricorda qualcosa? - ma anche Dr Robert (The Blow Monkeys), Hamish Stuart (Average White Band) e Kathryn Williams per l'ottavo album del quintetto inglese.
Un ottimo lavoro di sofisticato e caldo soul pop, condito dalle consuete note funk e bluesy e tanto groove ma che purtroppo spesso stenta a decollare, restando nel risaputo e nel "gradevole".
Non male ma era lecito aspettarsi di più.
THE 16 EYES - Look
Orin Portnoy è uno che ha messo a ferro e fuyoc ola scena garage degli 80's con gli Outta Place e Optic Nerve tra i tanti.
Torna affiancato da altri transfughi della scena più recente con un album di 14 brani che abbracciano tutta la gamma del genere, da momenti vicini ai Fuzztones e Miracle Workers più cattivi ad aperture psichedeliche e jingle jangle.
Sound old school corroborante e elettrizzante.
MILES KANE - Coup de grace
Abbastanza massacrato dalla critica anglosassone, il terzo album solista dell'"altra metà dei Last Shadow Puppets" non è in realtà così male.
Miles spazia da brani sparati alla Arctic Monkeys a citazioni evidenti di Marc Bolan, un po' di Bowie, di punk pop (che fu farina del sacco dei Supergrass - vedi "Cold light of the day" e Jam - vedi "Something to rely on"), modern funk, varie sorsate di Beatles.
Non un capolavoro ma c'è energia da vendere, onestà, freschezza, tiro.
Non poco di questi tempi.
AARON LEE TASJAN - Karma For Cheap
Il cantautore americano, dopo una lunga serie di esperienze, tra cui qualche anno con i nuovi New York Dolls, approda al terzo album dove concentra un saporito minestrone di influenze, da Bowie al classico glam rock, un po' di psichedelia, Tom Petty e George Harrison, il primo Lenny Kravitz e tanto altro.
Divertente, energico, ben fatto.
WHITE DENIM - Performance
La band di Austin, Texas, si diverte a spaziare tra rock, psichedelia, robusti pop punk, power pop, glam, cambi di ritmo, addirittura momenti di gusto prog.
Bizzarri ma molto interessanti.
ALICE CHAINS - Rainier fog
Tra gli ultimi sopravvissuti dell'era grunge, arrivano al sesto album di una carriera che possiamo definire eufimisticamente difficile.
Lo fanno dignitosamente con un ottimo lavoro, molto classico, curato, riusciti intrecci di grandi riff di chitarra e linee melodiche vocali avvolgenti e quasi pischedeliche. Continuo a ricordarli per il capolavoro "Jar of flies" ma il nuovo album è tutt'altro che trascurabile.
OH SEES - Smote Reverser
Venti album in 15 anni, spesso con nomi (simpaticamente) diversi (The Ohsees, The Oh Sees, Thee Oh Sees, OCS) ma soprattutto con la costante di non fare mai un disco uguale all'altro: dal garage, al kraut, al noise, al punk, al fol).
Nel nuovo lavoro John Dwyer, da sempre l'anima della band, esplora i territori di una poderosa nuova psichedelia, arrembante come sanno fare abitualmente i King Gizzard, non disdegna attacchi sonori alla Hawkwind/Blue Cheer, si perde in cavalcate cerebrali tra improvvisazioni e spirali elettriche.
Ottimo!
ALEJANDRO ESCOVEDO - The crossing
Dalla scena punk californiana con i favolosi Nuns ai Rank and File (con i fratelli Kinman in arrivo dai feroci Dils) con sonorità che, tra i primi, nel lontano 1981, osarono mischiare punk rock e country blues, fino alla breve ma fiammeggiante esperienza con i True Believers sempre in bilico tra american roots e furore elettrico, la carriera di Escovedo partì sparatissima. Poi la carriera solista tra alti e bassi che culmina con questo nuovo lavoro, il primo album che registra fuori dagli States. E per farlo ha scelto l'Italia, accompagnandosi alla chitarra di Antonio Gramentieri e alla sua band del progetto Don Antonio e ospitando nomi di eccellenza come Wayne Kramer (ex Mc5), Joe Ely, James Williamson degli Stooges, Peter Perrett e Jonh Perry degli Only Ones. Un concept (dai tratti autobiografici) su due immigrati negli Usa uniti dalla passione per il punk che subiscono ingiustizie e razzismo.
Un disco forte, passionale, roccioso, rock debitore alla miglior canzone d'autore americana (da Springsteen a Tom Petty), alla tradizione country e blues, non dimenticando le origini più dure e scatenate.
LEMON TWIGS - Go to school
I fratelli new yorkesi D'Addario confermano l'amore per quelle sonorità care a musical "pop rock" come "Jesus Christ Superstar" o "Rocky Horror Picture Show" e per l'Elton John e il Todd Rundgren dei 70's. Un po' di Sparks, Bowie, qualche barocchismo della psichedelia tardo 60's e la torta è felicemente confezionata, piena di canditi coloratissimi.
Divertente.
KAI DANZBERG - Pop-Up Radio
One man band tedesco innamorato dei 60's, virati in chiave pop, tra gli immancabili Beatles, un po' di XTC, Kinks, Turtles, Marmalade, Cheap Trick, Elo, Wings, Beach Boys e tanto power pop.
Divertente, piacevole, fresco, easy.
NUF SAID - Rise
Grande groove da NYC (con la cantante di origine rumena Iona Vintu a fare scintille). Funk soul con abbondanza di tinte jazz, un gusto che riporta spesso (anche nella timbrica vocale) a Amy Winehouse, un bel disco.
CANDI STATON - Unstoppable
La grande voce black torna con un ottimo album in cui funk e southern soul si intrecciano alla perfezione in una produzione dal sound e dal gusto moderni, freschi e attuali. In questo senso riuscitissima la cover di "People have the power" di Patti Smith.
Ottimo.
BOZ SCAGGS - Out of the blues
In giro da oltre una cinquantina d'anni (il primo album risale al 1965), una carriera durante la quale ha collezionato dischi di ottima qualità e, soprattutto nei 70, un successo di particolare rilievo, quando virò verso suoni commerciali.
Nel nuovo album riscopre le origini rhythm and blues e blues, compone quattro nuovi brani, coverizza Jimmy Reed e Jimmy Mc Cracklin e propone un'intensissima versione blues di "On the beach" di Neil Young.
Un album pieno di passione, di cuore e anima. Brani in cui avverti sincerità e onestà, voglia di suonare ciò che ti piace. Nel mare di dischi preconfezionati e liofilizzati è una grande cosa.
RAT SCABIES - P.H.D.
Rat Scabies ha atteso di compiere 63 anni per l'esordio solista, dopo anni con i Damned e una lunga serie di altre esperienze (tra cui Donovan e Neville Staple).
Rat suona un po' tutto e spazia artisticamente in mille direzioni, dal rock dall'impeto punk, al reggae/dub, ad episodi grotteschi e teatrali, rock 'n' roll, psichedelia, country blues, jazz jive.
Un album che si è sicuramente molto divertito ad incidere e che restituisce la gioia e la freschezza di un approccio non troppo serioso e ambizioso.
Non finirà tra i capolavori né tra i migliori dell'anno ma merita un ascolto.
JAKE SHEARS - Jake Shears
La voce degli Scissors Sisters all'esordio solista. Che non è affatto malvagio, anzi. Un pop rock di gusto 70's, spesso vicino al miglior Elton John ma che non disdegna vari riferimenti ai Fab Four (insieme e solisti).
Un po' di pomposità qua e là (quei funk disco rock che piaceva tanto a Wings e Queen ai tempi) ma l'ascolto è piacevole.
CULLEN OMORI - The diet
Un altro a cui piace molto la dimensione mid 70's post Beatlesiana e che affonda le mani nelle produzioni soliste di Paul, John e George, attingendone melodie, riferimenti, suoni, atmosfere.
Aggiunge anche un po' (bontà sua) di attualità e modernità, mettendo piede in certo art/indie rock.
Buoni spunti e buone cose.
FIVE FACES - Mare ( sotto questo sole)
Classico singolo estivo che ci regala il quartetto genovese.
Prodotto da George Lomas (già al lavoro con Selecter e Bad Manners, nonchè chitarrista dei Sorrows) è un brano tipicamente ska / 2Tone, divertente e coinvolgente.
Disponibile in digitale e vinile.
https://www.youtube.com/watch?v=Ykxdx_vOp6g
Il gruppo ha anche donato tre copie del Picture disc con la versione dell’Inno del Genoa, autografate dalla squadra di questo anno, a questa associazione che in ogni campionato organizza aste di memorabilia per comprare abbonamenti allo stadio per istituti per disabili fisici e mentali, anziani, orfani, comunità, etc.
https://www.facebook.com/groups/627011247403056/permalink/1641364635967707/
SAVANA FUNK - Bring in the new
Terzo album per il trio bolognese. Saporitissimo minestrone di grooves funk, reggae, soul, atmosfere tarantiniane, dub, riferimenti "desert" (Tinariwen, Bombino), blues, afrofunk.
Una miscela esplosiva anche grazie ad un'esecuzione nervosa e tirata al limite che riporta ai Beastie Boys di "Check your head". Eccellente !
ASCOLTATO ANCHE:
TRUST FUND (indie pop rock brit..bah), INDRA RIOIS MOORE (ottimo soft soul), SPIDER BAGS (indie punk incolore), LUCIE SILVAS (pop rock di sapore 70's con tocchi soul), DEATH CAB FOR CUTIE (continuano solo ad annoiarmi), SANTSENECA (noioso folk noise rock), INTERPOL (continuano a dirmi niente), THIRD EYE BLIND (ep di cover di Qotsa, Babyshambles, Bon Iver...boh), NOTHING (pallosissimo shoegaze fuori tempo massimo)
LETTO
MICHAEL ZADOORIAN - Beautiful music
Quanta gente è stata salvata dal rock 'n' roll ?
Non solo Jenny di "Rock 'n' roll" dei Velvet Underground.
Milioni probabilmente.
Tante altre si sono invece perdute tra quelle spire.
Sicuramente non Danny, classico nerd (nella Detroit dei primi 70's, attraversata dalle tensioni razziali) che si affranca da una vita dura, drammatica e deludente attraverso la musica rock.
Led Zeppelin, Hendrix e perfino gli Stooges dal vivo gli daranno una dignità, una personalità, un ruolo in ambito scolastico, in quello lavorativo, nella società.
La scrittura è pulita e incalzante, il tono sostanzialmente "leggero", la colonna sonora fantastica.
Lettura fresca e corroborante (e che a molti ricorderà la propria adolescenza quando per la prima volta scoprirono il "verbo" rock).
ELSA MARTINELLI - Sono come sono
La Martinelli è stata modella e attrice.
Ha lavorato con i più grandi stilisti e con attori come Kirk Douglas, John Wayne, Robert Mitchum, Marcello Mastroianni e con "Donatella" di Mario Monicelli vinse l'Orso d'Argento per la migliore attrice al Festival di Berlino nel 1956.
La sua autobiografia, uscita nel 1995, è molto divertente e piena di curiosità e aneddoti sul mondo del cinema, della moda, del gossip (tra i suoi amori Harry Belafonte e Frank Sinatra, tra le sue frequentazioni Onassis, la Bardot e il meglio del jet set internzionale) ma anche piena di pagine drammatiche e esperienze particolarmente difficoltose.
MARIO RIGONI STERN - Il sergente nella neve
Il tragico racconto della rovinosa ritirata italiana dalla campagna di Russia nel gennaio del 1943, vissuta in prima persona dall'autore.
Morte ovunque, fame, gelo, gli attacchi sovietici ma anche la pietà dei contadini russi che quando potevano davano una mano agli sventurati.
Costò agli italiani 20.000 morti e un numero imprecisato di dispersi.
Rigoni Stern vide morire a poco a poco quasi tutti i compagni ma riuscì alla fine a tornare.
E a raccontare.
BEPPE FENOGLIO - Il partigiano Johnny
“Mi sono impegnato a dir di no fino in fondo e questa sarebbe una maniera di dire di sì".
(Johnny a chi gli consiglia di nascondersi in un luogo sicuro in attesa della fine della guerra invece di restare in montagna tra freddo e fame, braccato dai fascisti).
Poderoso romanzo epico (con forti riferimenti a fatti realmente accaduti nella zona di provenienza di Fenoglio, le Langhe, che lì fu per mesi partigiano) sulla Resistenza, decurtata da retorica e trionfalismi.
Un racconto crudo, spoglio, in cui i partigiani vengono spesso sconfitti, bastonati, in cui rivelano debolezze, rivalità, un profilo non sempre così limpido (come abitualmente riportato).
Giustamente descritto come una sorta di "Mody Dick" della Resistenza, si avvale anche di un linguaggio personalissimo e inimitabile che mischia italiano e frasi in inglese (Fenoglio scrisse in inglese e poi traduceva in italiano !).
Personalmente lo paragonerei a un "On the road" della Resistenza.
Un romanzo fondamentalmente pacifista e idealista, in mezzo all'orrore della guerra, alla morte, alla fame, freddo, disperazione.
Uscì postumo nel 1968, suscitando polemiche e critiche.
Guido Chiesa ne ha tratto un film nel 2000.
VITO MANCUSO - La vita segreta di Gesù
Il teologo e professore Mancuso mette mano e approfondisce una lunga serie di brani tratti dai Vangeli apocrifi, messi al bando dalla Chiesa che ci parlano di un UOMO GESU' e di aspetti non sempre conosciuti "ufficialmente". Interessante.
COSE VARIE
Ogni giorno mie recensioni italiane su www.radiocoop.it, ogni domenica "La musica ribelle", una pagina sul quotidiano "Libertà", ogni mese varie su CLASSIC ROCK.
Occasionalmente su "Il Manifesto".
Sul sito di RadioCoop (www.radiocoop.it) ogni lunedì va in onda il TG musicale "3 minuti con RadioCoop" condotto da me , Carlo Maffini e Paolo Muzio.
Le varie puntate sono qui:
https://www.youtube.com/playlist?list=PLq4GWqezsdXQktNFF5Mai9q0NA4e7CMH4
IN CANTIERE
Riparte il tour di presentazioni del libro su GIL SCOTT HERON "Gil Scott Heron. The black Bob Dylan" uscito per Volo Libero Edizioni.
SABATO 15 SETTEMBRE: ANCONA “Libreria Fogola”
DOMENICA 16 SETTEMBRE: BARLETTA “La Pecora Nera”
VENERDI' 21 SETTEMBRE: CODROIPO (Udine) “Cafe Pablo”
SABATO 22 SETTEMBRE : CONEGLIANO VENETO (Treviso)
DOMENICA 14 OTTOBRE: PIACENZA : “Libreria Fahrenheit 451”
MERCOLEDI' 14 NOVEMBRE: FIRENZE “Ibs + Libraccio”
GIOVEDI' 15 NOVEMBRE: PERUGIA “Trane”
VENERDI' 16 NOVEMBRE: NAPOLI “Fonoteca”
giovedì, agosto 30, 2018
Get back. Dischi da (ri)scoprire
Ogni mese la rubrica GET BACK ripropone alcuni dischi persi nel tempo e meritevoli di una riscoperta.
Le altre riscoperte sono qui:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/Get%20Back
TELEPHONE - Crache ton venin
Una delle più famose rock band francesi (che alla fine dei 70's andò in tour con i Rolling Stones) con all'attivo 10 milioni di copie vendute, nonostante una carriera che è durata 10 anni (1976/1986) e ha lasciato cinque album.
Il secondo, del 1979, mischiava alla perfezione un rock chitarristico elettrico, istanze power pop e l'energia del primo punk (dalle parti dei Buzzcocks - non a caso l'album è prodotto da martin Rushent già con Stranglers, Human League e, appunto, Buzzcocks).
Canzoni immediate e urgenti ma melodicamente molto curate.
Li vidi ai tempi in tour in Italia e anche dal vivo erano assolutamente travolgenti.
ROGER NICHOLS & The SMALL CIRCLE of FRIENDS - s/t
Delizioso album del 1968 in puro stile Beach Boys (non a caso nel cast c'è Tony Asher, che collaborò con Brain Wilson a "Pet Sounds"), primi Bee Gees, Beatles (cover di "With a little help.." e "I'll be back"), californiano fino al midollo. Solare, melodie vocali ricercate, arrangiamenti sofisticati e raffinati, 60's pop di assoluta freschezza.
BOOBIE KNIGHT & THE UNIVERSAL LADY - Earth Creature
Uscito nel 1974, un incredibile mix di ultra funk alla Sly and the Family Stone, di Funkadelic, psichedelia, sonorità fuzz. Ritmiche adrenaliniche, intermezzi soul, capacità strumentali eccelse, groove a valanga.
J.E.T. - Fede, speranza, carità
Album del 1972, a cura di un quartetto genovese che di lì a poco darà tre dei suoi componenti ai Matia Bazar.
Suonato con tecnica sopraffina, si muove nell'ambito del prog rock più classico dell'epoca, con frequenti abbracci all'hard. Ma curiosamente i testi sono caratterizzati da tematiche religioso/cristiane che appesantiscono non poco l'andamento del disco.
Nonostante ciò la qualità è ottima con molte intuizioni originali.
L'anno successivo tentarono anche la strada del Festival di Sanremo per sciogliersi quasi subito.
Nel 1974 Stellita, Marrale e Cassano affiancati dall'ex Museo Rosenbach, Giancarlo Golzi, e da Antonella Ruggiero (che, pare, non accreditata, compare anche in questo lavoro) fonderanno i Matia Bazar.
mercoledì, agosto 29, 2018
Michael Zadoorian
Quanta gente è stata salvata dal rock 'n' roll ?
Non solo Jenny di "Rock 'n' roll" dei Velvet Underground.
Milioni probabilmente.
Tante altre si sono invece perdute tra quelle spire.
Sicuramente non Danny, classico nerd (nella Detroit dei primi 70's, attraversata dalle tensioni razziali) che si affranca da una vita dura, drammatica e deludente attraverso la musica rock.
Led Zeppelin, Hendrix e perfino gli Stooges dal vivo gli daranno una dignità, una personalità, un ruolo in ambito scolastico, in quello lavorativo, nella società.
La scrittura è pulita e incalzante, il tono sostanzialmente "leggero", la colonna sonora fantastica.
Lettura fresca e corroborante (e che a molti ricorderà la propria adolescenza quando per la prima volta scoprirono il "verbo" rock).
I am one
And I can see
That this is me
And I will be
You'll all see
I'm the one
(The Who - I'm one)
martedì, agosto 28, 2018
Third Lanark A.C.
A cura di ALBERTO GALLETTI
Il 1967 fu l’anno culminante della gloria del calcio scozzese, il momento in cui si combinarono alcuni episodi che determinarono risultati clamorosi che, a parer mio, issarono i pedatori del leone rampante sul tetto d’Europa e in una certa misura anche del mondo.
Nel luglio dell’anno precedente la nazionale inglese, ‘the auld enemy’, si era laureata campione del mondo al termine del mondiale ospitato sui campi di casa.
Un percorso lineare chiuso con il successo sui tedeschi nella finale di Wembley che non mancò di scatenare polemiche su presunti favoritismi causa il gol non gol concesso dall’arbitro svizzero Dienst su un tiro di Hurst che picchiò sotto la traversa e rimbalzò oltre la linea, o forse no.
Il gol fu concesso e consentì agli inglesi di portare il parziale sul 3-2 a loro favore.
Hurst chiuse poi i conti allo scadere dei supplementari con una gran bordata imprendibile per il 4-2 a scanso di equivoci.
La Scozia invece non si era qualificata a quel mondiale, inserita nel girone 8 di qualificazione era finita seconda alle spalle dell’Italia: 7 punti a fronte dei 9 degli azzurri.
Fatale agli scozzesi il 3-0 subito a Napoli nell’ultimo decisivo incontro del girone, un pareggio li avrebbe qualificati.
Ancorati ancora al vecchio ordinamento calcistico, i britannici continuarono imperterriti nello svolgimento del loro Home Championship (l’Interbritannico), così le quattro rivali si ritrovarono di fronte, come da tradizione, nella primavera del 1967.
Con l’Inghilterra detentrice del trofeo e campione del mondo in carica, si arrivò all’ultima giornata con in programma Inghilterra – Scozia, a Wembley, decisiva.
L’Inghilterra è in testa con 4 punti, la Scozia segue con tre.
Gli inglesi sono strafavoriti e non perdono una partita dal 1965, forse non proprio il giorno ideale per l’esordio in panchina del nuovo tecnico scozzese Bobby Brown che aveva a sua disposizione un solo risultato.
Al termine del suo discorso prepartita Brown sorprese il geniale centrocampista Baxter assorto nella lettura del Daily Telegraph e, piuttosto seccato, lo apostrofò con un ‘Qualcosa da aggiungere Jim?’ ‘Si - disse Baxter - vedi questi inglesi qua? Non san giocare.’
La sfacciataggine di Baxter, in contrasto con la preoccupazione del suo allenatore, riassume al meglio lo spirito della squadra quel giorno.
La Scozia vinse la partita 3-2, dominandola in maniera ben più larga di quanto il punteggio possa lasciar immaginare e Baxter guidò i suoi con una prestazione fantastica.
Per gli oltre 30.000 al seguito un pomeriggio trionfale e la conseguente autoproclamazione a campioni del mondo non ufficiali, quali freschi vincitori dei campioni del mondo in carica in partita ufficiale.
Non finì qui, poco più di un mese dopo la metà bianco-verde dell’Old Firm si presentò a Lisbona per giocarsi la finale di Coppa dei Campioni, avversari questa volta gli italiani dell’ FC Internazionale, già campioni d’Europa nel biennio 1964/65 e semifinalisti l’anno precedente.
Nonostante lo svantaggio iniziale, i ragazzi di Stein rimontarono i nerazzurri e si imposero per 2-1 aggiudicandosi partita, trofeo, titolo di campioni d’Europa (prima squadra britannica) e la gloria eterna presso i propri parrocchiani sotto l’appellativo di ‘Lisbon Lions’.
Per chi vive di gloria in chiave antinglese un’annata difficilmente superabile.
Ma non tutto rimirava felicità e gloria nella rude Glasgow del pallone in quell’estate del ‘67.
Una città fosca, spietata e all’epoca ancora con ancora sacche di povertà, arretratezza e disperazione urbana da restare impietriti.
Molte di queste carenze erano lenite dall’odio settario dell’Old Firm, il duopolio parrocchiale in chiave calcistica, elemento catalizzante per la città e per il suo bisogno di passioni forti, spesso troppo, spesso autodistruttive.
Esistevano tuttavia, come ancora esistono, parecchie altre parrocchie in cui il culto del calcio veniva celebrato. In una di queste, Cathkin Park, si vivevano giorni disperati.
Cathkin Park era la casa del Third Lanark AC.
Fondato il 12 dicembre 1872 presso il Quartier Generale del Reggimento in Howard Street a Glasgow come ramo calcistico del 3rd Lanarkshire Rifle Volunteers. Il club fu membro fondatore della Scottish Football Association, in quello stesso anno ,e fondatore della Scottish Football League nel 1890, partecipò alla prima edizione della Coppa di Scozia e alla prima edizione del campionato.
Novantacinque anni di attività ne avevano fatto un’istituzione del calcio scozzese,magari non di successo come quella degli invadenti vicini dell’Old Firm, ma le ‘giubbe rosse’ avevano in bacheca tutti i trofei scozzesi: il Campionato del 1903/04, le Coppe di Scozia del 1899 e 1905, oltre a 4 Glasgow Cup, particolarmente apprezzate dai sostenitori in quanto frutto di vittorie dirette sui rivali dell’Old Firm e degli altri club cittadini.
Nel 1903 il cambio di nome in Third Lanark A.C. segnò la fine di ogni rapporto con l’autorità militare. Ironia della sorte alla vigilia della vittoria in campionato.
Cinquantotto partecipazioni alla massima divisione scozzese su settanta disputate tra i professionisti sono un biglietto da visita di tutto rispetto e, sebbene il Queen’s Park possa vantare la bellezza di 10 vittorie nella SFA, ma nessun campionato, il declino di questi ultimi dovuto al rifiuto di adottare il professionismo, fecero degli ‘Hi-Hi’s’, la terza compagine della città per tutto il corso del XX secolo fino al giorno dell’inopinata chiusura.
Un successo fatto di squadre di buon livello, una tradizione abbastanza solida di bel gioco in un atmosfera di cordialità diffusa, lontana dai veleni tossici dell’Old Firm, giusto dietro l’angolo, che si tradussero quasi fino alla fine in un seguito numeroso ed appassionato che riempiva ogni sabato le decrepite gradinate del venerando Cathkin Park.
Nei primi anni 60, sembrò per un attimo che quei lontani giorni di gloria potessero tornare: sconfitti nella finale di Coppa di Lega 1959/60, 3-2 dagli Hearts, nella stagione 1960/61 centrarono un magnifico terzo posto in campionato alle spalle di Rangers e Kilmarnock, ma davanti al Celtic, corredato dalla bellezza di 100 reti segnate in 38 partite, miglior attacco, traguardo raggiunto all’ultima giornata grazie alla demolizione dell’Hibernian per 6-1, chissà cosa sarebbe successo con una difesa migliore (concessero 80 gol).
Il rinnovato entusiasmo dei sostenitori che seguivano in massa le partite fu ben presto smorzato dal ritorno in società dell’infame William G. Hiddleston che, allontanato dal consiglio d’amministrazione qualche anno prima era tornato, scalando la proprietà del club fino a diventarne presidente. Proprietario di una ditta all’ingrosso di vetri, sigaro perennemente in bocca, losco per natura, Hiddleston instaurò ben presto la propria personale dittatura al Third Lanark, noncurante delle leggi vigenti, dei diritti degli azionisti, dei regolamenti federali ne, tantomeno, dei suoi dipendenti.
I suoi piani per il Third Lanark, a lui chiari dal principio, si riveleranno tristemente rovinosi per il club.
Al momento della sua reinstaurazione, l’allora manager George Young, un monumento del calcio scozzese, sia in termini di taglia che di carriera, già capitano sia dei Rangers che della nazionale (54 caps per lui), se ne andò prevedendo la catastrofe, con lui tutto il suo staff.
Lasciò immediatamente anche il Direttore Generale Robert Martin che dimettendosi dichiarò: ‘ Buona fortuna ai Thirds, che Dio li aiuti’. Videro giusto.
Hiddleston cominciò a non pagare.
Le squadre avversarie erano avvisate di doversi portare seco le lampadine in quanto il club non le avrebbe fornite.
L’acqua calda venne tolta, la corrente elettrica divenne un optional, i riflettori non vennero più accesi, le partite in notturna cancellate così come gran parte degli allenamenti, i pochi svolti furono spostati al pomeriggio con abbandono di chi di giorno doveva lavorare.
Passò poi alla vendita dei pezzi migliori: nel 1962 Alex Harley, eroe di quell’ultima gloriosa stagione con 42 gol all’attivo fu ceduto al Manchester City, fu poi la volta di Davie Hilley che se andò al Newcastle, seguito poco dopo da Matt Gray, anch’egli al City.
Le tre cessioni fruttarono un totale di 74.500 sterline, nessuna delle quali fini nelle casse del club.
Ancor più grave, i tre erano gli artefici dell’attacco monstre del ‘61, senza di essi la squadra precipitò nei bassi fondi della classifica e, dopo quattro anni di stenti e due salvezze per il rotto della cuffia, retrocedette, ultima in classifica con la miseria di sette punti nel ‘65.
Le farse a Cathkin Park continuarono: completi da gioco usurati e mai sostituiti, un giocatore portato con la spalla rotta in ospedale, con il dirigente, sotto istruzione di Hiddleston, che dovette raccomandarsi coi medici di non tagliare la maglia per liberargli l’arto perché non ce n’era un'altra da usare.
Terreno di gioco allagato in previsione di una gelata per non giocare in notturna.
Stipendi ai giocatori non pagati, e quando pagava, Hiddleston lo faceva in monetine direttamente dalle casse dei botteghini, sulle quali spesso il capitano si precipitava a fine gara senza farsi la doccia, se c’era, nel timore che sparissero.
Nel 1964 Hiddleston licenziò 19 giocatori, liberandosi dei contratti, sostituendoli con ragazzi delle giovanili e altri a fine carriera; come abbiamo visto l’ultimo posto arrivò in maniera spettacolare.
Incredibilmente però autorizzò la costruzione di una nuova tribuna il cui costo andò a gravare sulle già disastrate finanze del club.
Le voci ricorrenti, e sempre più insistenti sul conto di Hiddleston e della sua gestione del club destarono l’attenzione della Camera di Commercio, sospetti su accordi e pagamenti sottobanco, che ordinò un’inchiesta, fu l’inizio della fine.
Le indagini confermarono le malefatte, le conclusioni schiaccianti e inequivocabili: “ Sembra chiaro che l’obbiettivo del Sig. Hiddleston sia stato quello di ottenere il controllo completo della società.
Nessun dubbio in merito al fatto che ci sia riuscito.
Il quadro che ne emerge è che il club sia stato gestito da lui con il tacito consenso di altri direttori, in maniera incapace, senza scrupoli ne osservanza per la Legge sulle Società e senza cura per gli interessi degli azionisti … esclusi da queste accuse si intendono coloro che hanno cessato le loro cariche prima del 20 maggio 1965”.
Le indagini stabilirono anche che i giocatori venivano costretti a recarsi alle partite in trasferta con mezzi propri, che non c’era acqua calda nello stadio e che i manager venivano assunti esclusivamente da Hiddleston senza interpellare il Consiglio di Amministrazione.
Conclusero infine che lo scopo di Hiddleston era mandare il club in rovina per vendere lo stadio a speculatori edilizi e poi ricollocare il club in qualche sobborgo periferico senza squadra.
Un piano criminale.
L’indagine fu la pietra tombale per il glorioso Third, sebbene l’accusa non fu provata, tanto bastò affinchè la Royal Bank of Scotland costrinse il club a vendere lo stadio per rientrare di un fido da 10.000 sterline.
Poco meno di 300 spettatori furono presenti all’ultima partita casalinga, 3-3 contro il Queen of the South.
Il vecchio e glorioso Third Lanark giocò l’ultima partita della sua storia il 28 aprile 1967 a Boghead Park e finì travolto 5-1 dal Dumbarton.
I sigilli furono apposti allo stadio il 30 giugno.
Il giorno dopo quattro direttori del club furono giudicati colpevoli di aver infranto il Company Act del 1948 in relazione alla gestione del club e condannati ad un’ammenda di 100 sterline ciascuno.
La Camera di Commercio passò inoltre l’indagine alla polizia con la richiesta di condurre un inchiesta penale nei confronti di Bill Hiddleston per bancarotta fraudolenta.
Non si andò a processo, Hiddleston morì d’infarto nel novembre successivo.
Doppia beffa alla sua infame memoria quando, dopo che il terreno dello stadio fu venduto dal liquidatore agli immobiliaristi, questi scoprirono che l’area non era edificabile in virtù di un vecchio warrant municipale che ammoniva che l’area avrebbe dovuto restare per sempre destinata a scopi ricreativi.
Rimase però in stato di abbandono fino al 1977, quando l’assessorato ai parchi del Comune lo ricomprò rendendolo di nuovo area aperta al pubblico.
Ed è ancora li, il vecchio Cathkin Park.
La tribuna principale fu demolita, ma le vestigia delle gradinate sugli altri tre lati ancora esistono, nascoste da alberi e vegetazione spontanea con ampi settori liberi, le transenne antischiacciamento ancora presenti, qualcuno le mantiene dipinte di rosso.
E’ ancora utilizzabile, il terreno di gioco è al suo posto, parte di uno spazio verde aperto al pubblico, le porte anche.
Alcune squadrette di amatori ci giocano più o meno regolarmente, inclusa una che porta il nome della squadra che non esiste più.
Il record di pubblico allo stadio fu di 45.544 spettatori per una partita di Coppa di Scozia contro i Rangers del 1954, sembra di vederli e soprattutto sentirli guardando le gradinate vuote e abbandonate.
Ombre, ombre di gesta epiche, di grandi incontri, di grandi folle stipate in piedi, echi di canti ed esultanze di folle sembrano arrivare all’orecchio.
Suggestioni.
L’impianto è vuoto.
Duecento metri più in la, di tanto in tanto, immensi boati, cori liturgici, veri questa volta, si levano al cielo ogni volta che il rinnovatissimo Hampden Park ospita un tutto esaurito.
Hampden Park, o meglio il terzo Hampden Park dove il Queen’s Park si accasò in quel lontano 1903, lasciando vacante il secondo Hampden Park al subentrante Third Lanark che lo ribattezzò Cathkin Park, come il primo campo sul quale avevano cominciato. Duecento metri, una salitella, quattro file di case e il rettifilo di Somerville Drive, la distanza calcistica tra la vita e la morte, tra uno stadio vivo e un cimitero di glorie passate.
Che fascino però!
Playlist
Re-offender - Travis
All those years ago – George Harrison
Are you ready to be heartbroken – Lloyd Cole & The Commotion
lunedì, agosto 27, 2018
Shesaid.so - Intervista
Shesaid.so è una rete globale di donne che lavorano nell’industria musicale.
La rete supporta e incoraggia la collaborazione, la creatività e i valori positivi.
Nato nel 2014, il network internazionale è formato da donne che lavorano a tutti i livelli e in tutti i campi dell’industria: dalle etichette, al pr, al management, agli uffici stampa, alla produzione di concerti fino ad arrivare alle stesse artiste, e molto altro ancora.
Gli headquarters della rete sono a Londra e Los Angeles, ma le reti locali comprendono anche New York, Parigi, Berlino, Mumbai, Barcellona e altre importanti città in tutto il mondo, per un totale di 13 gruppi locali e più di 2500 membri.
Al momento la rete è formata da più di 2500 membri in tutto il mondo. Questa è la divisione italiana.
I contatti:
https://www.facebook.com/shesaidso.italy
http://www.shesaid.so
Ce ne parla più diffusamente una rappresentante:
1)
Da cosa nasce l'esigenza di una rete al femminile ? La ritenete necessaria e urgente in Italia, ora ?
Nasce dalla necessità di conoscersi e supportarsi a vicenda. Spesso si sente dire in giro che non ci sono molte donne a lavorare nell'industria musicale, invece sono tantissime.
Basta considerarle e dargli lo spazio che si garantisce già anche agli uomini.
2)
Quali sono gli obiettivi più immediati di Shesaid.So ?
Gli obiettivi sono quelli di offrire una piattaforma per lo scambio di opinioni, consigli, offerte di lavoro, collaborazioni.
Sperando che questo porti sulla lunga distanza ad una maggiore inclusione delle professioniste nel mercato musicale italiano e nella sua rappresentazione pubblica.
3)
Pensate che possa essere un'iniziativa che possa cambiare radicalmente il ruolo femminile nell'ambito dell'ambiente musicale italiano ?
Non sappiamo se cambierà radicalmente, ma sicuramente potrebbe essere un primo passo per cambiare una cultura musicale in cui le donne non sono molto rappresentate, né tra i vertici dell'industria né tra gli headliner dei festival e concerti.
4)
Avete già adesioni numericamente consistenti ?
Sì, in tre giorni siamo arrivate a più di 500 professioniste iscritte, e le richieste non accennano a diminuire.
5)
Le esperienze all'estero hanno dato buoni frutti ?
La rete esiste all'estero da quasi 10 anni, da Londra a San Francisco, da Mumbai a Parigi.
Ha portato ad ottimi frutti, soprattutto dal punto di vista lavorativo delle professioniste.
6)
Può aderire chiunque ?
Possono aderire tutte le donne che lavorano nel campo musicale in Italia, a prescindere dal campo specifico o dal grado di esperienza.
sabato, agosto 25, 2018
Libertà e RadioCoop
Domani sul quotidiano di Piacenza LIBERTA' nell'inserto "Portfolio" diretto da Maurizio Pilotti nella rubrica "La Musica Ribelle" parlo di SOTTOCULTURE dei primi del 900.
Nella foto il numero precedente.
Sul sito di RadioCoop (www.radiocoop.it) ogni lunedì va in onda il TG musicale "3 minuti con RadioCoop" condotto da me, Carlo Maffini e Paolo Muzio.
venerdì, agosto 24, 2018
Beppe Fenoglio - Il partigiano Johnny
Attraverso una cinquantina di post, riviviamo una serie di episodi in chiave artistica, culturale, sociale del 1968.
I precedenti post qui:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/50%20anni%20dal%201968
“Mi sono impegnato a dir di no fino in fondo e questa sarebbe una maniera di dire di sì".
(Johnny a chi gli consiglia di nascondersi in un luogo sicuro in attesa della fine della guerra invece di restare in montagna tra freddo e fame, braccato dai fascisti)
Poderoso romanzo epico (con forti riferimenti a fatti realmente accaduti nella zona di provenienza di Fenoglio, le Langhe, che lì fu per mesi partigiano) sulla Resistenza, decurtata da retorica e trionfalismi.
Un racconto crudo, spoglio, in cui i partigiani vengono spesso sconfitti, bastonati, in cui rivelano debolezze, rivalità, un profilo non sempre così limpido (come abitualmente riportato).
Giustamente descritto come una sorta di "Mody Dick" della Resistenza, si avvale anche di un linguaggio personalissimo e inimitabile che mischia italiano e frasi in inglese (Fenoglio scrisse in inglese e poi traduceva in italiano !).
Personalmente lo paragonerei a un "On the road" della Resistenza.
Un romanzo fondamentalmente pacifista e idealista, in mezzo all'orrore della guerra, alla morte, alla fame, freddo, disperazione.
Uscì postumo nel 1968, suscitando polemiche e critiche.
Guido Chiesa ne ha tratto un film nel 2000.
giovedì, agosto 23, 2018
L'ultimo concerto di Mina
Il 23 agosto 1978 al teatro tenda "Bussoladomani" di Viareggio MINA tiene l'ultimo concerto della sua carriera.
A causa di seri motivi di salute (un'infezione polmonare) della cantante la serie di concerti terminò dopo l'undicesima serata, rispetto alle 15 previste.
Dai concerti fu tratto l'album "Mina Live '78" ma non fu possibile realizzare un video professionale, previsto per la serata finale. Ne esiste soltanto una ripresa amatoriale in Super8, mai pubblicata perché di scarsa qualità ( https://www.youtube.com/watch?v=8r8Th8e1WAI).
I concerti erano introdotti ogni sera da monologhi di differenti attori comici, tra cui Walter Chiari, Gino Bramieri e il trio La Smorfia (Massimo Troisi, Enzo Decaro e Lello Arena).
Sarà anche il momento della sua ultima intervista.
Da allora si dedicherà solo alle incisioni in studio.
mercoledì, agosto 22, 2018
Pierluigi Praturlon
Pierluigi Praturlon (1925-1999), si firmò prevalentemente con il nome di battesimo.
Uno scoop del 1947 con protagonista Greta Garbo, giunta a Roma in gran segreto per un provino, gli aprì le porte del successo.
Si impose nel giro di pochi anni come uno dei maggiori testimoni della Roma della Dolce Vita diventando il fotografo ufficiale di SOPHIA LOREN.
Fu il forografo di film come “Guerra e pace” (1957) di King Vidor, “Il mattatore” (1960) di Dino Risi, “La dolce vita” (1960) di Federico Fellini, “Il giudizio universale” (1961) di Vittorio De Sica, “Barabba” (1962) di Richard Fleischer, “La pantera rosa” (1963) di Blake Edwards, “La grande guerra” (1959) di Mario Monicelli. e tantissimi altri.
Nel 1954 riuscì ad aprì la sua agenzia a Roma.
Alla fine degli anni ’60, a causa del progressivo abbandono di Cinecittà da parte delle produzioni americane, la sua attività fu costretta inevitabilmente a ridimensionarsi.
Tra i suoi soggetti: Sophia Loren, Audrey Hepburn, Anita Ekberg, Claudia Cardinale, Alberto Sordi,Silvana Mangano, Marlene Dietrich, Anna Magnani, Marcello Mastrionni, Jean Paul Belmondo, Peter Sellers, Peter Baldwin, Charlton Heston, Frank Sinatra, Henry Fonda.