sabato, ottobre 18, 2014
Intervista a Stefano Marelli
Altri Cantautori è una rubrica che si occupa di andare a pescare nel cantautorato italiano meno conosciuto, cercando di scoprire nomi di valore e di sicuro interesse, attraverso i loro nuovi dischi e le loro parole.
Le precedenti puntate qui:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/Altri%20Cantautori
Articolo e intervista a cura di Cortez (Andrea Bernini)
"Facile o Felice" (Orange Home Records) è il disco d'esordio del cantautore genovese Stefano Marelli, musicista e architetto diventato vignaiolo. È un disco d'autore che merita attenzione, ricco nei suoni, ironico e malinconico nei testi, leggero e profondo all'ascolto. Frutto della lunga carriera di musicista e di un equilibrio maturato tra il lavoro di viticoltore, la famiglia è il palco. Stefano Marelli si è fatto conoscere nell'ambiente della canzone d'autore partecipando a rassegne importanti, dal "Premio Stefano Rosso" al "Premio Bindi", è stato vincitore della rassegna "La mia Valle" dell'Isola in Collina a Ricaldone (AL), paese dove è cresciuto e sepolto Luigi Tenco.
Il suo disco è in concorso nella selezione di giovani cantautori che si esibiranno sul palco del Club Tenco.
Stefano, la tua carriera di musicista è segnata dall'esperienza con i FINISTERRE, gruppo di rock progressive, un sodalizio decennale, quattro album in studio, apprezzamenti di pubblico e critica, tour in Italia e all'estero. Come spieghi il tuo ritorno alle origini, alla canzone d'autore?
I Finisterre sono stati la famiglia, la mia educazione sentimentale in musica; il luogo in cui ho imparato a relazionarmi con altri musicisti, le salette prova, i concertini in birreria; poi gli studi di registrazione, il concetto di arrangiamento, i live in Italia e nel mondo, le aperture a Le Orme, il Banco del Mutuo Soccorso, Steve Hackett, Peter Hammill.
Stefano Marelli cantautore nasce prima, proprio in senso cronologico: con un'esibizione alla Festa Provinciale dell'Unità di Genova, ancora imberbe, su un palco pomeridiano. 20 minuti a disposizione, con una chitarra 12 corde in prestito e un'armonica a bocca al collo suono due pezzi miei e una Blowin' In The Wind immessa proditoriamente in filodiffusione in tutti gli stand della Festa.
Poi l'incontro col donchisciottesco Circolo Arte e Musica (poi Circolo dei Cantautori), laboratorio con tentativi di collettivismo che ha allevato alcuni talenti significativi, con Max Manfredi come fratello maggiore.
Per anni le due esperienze hanno convissuto di pari passo; poi i Finisterre hanno attraversato un periodo di stanca, nel frattempo in me si faceva pressante il bisogno di metterci la faccia, portare alle estreme conseguenze alcune idee musicali e testuali.
Registrato un primo demo, ho iniziato a propormi sui palchi dei concorsi rivolti ai cantautori; e mi sono trovato a casa, anche incoraggiato dai risultati ottenuti.
Ad un certo punto è stato come scoprire in me un territorio inesplorato, la febbre del cercatore d'oro mi ha spinto a continuare – senza dimenticare il mio essere anche chitarrista, il che mi fa vivere con responsabilità il ruolo di chitarrista del MIO progetto.
"Facile o Felice", il tuo disco d'esordio solista, è un lavoro ricco di sonorità con arrangiamenti colti e raffinati, è un disco maturo.
Come nasce e cosa racconta?
Facile o Felice nasce vivendo, pescando ciò che è sedimentato, tutto quello che lascia una traccia, anche il frammento di un dialogo irrisolto, una riflessione esistenziale mai avulsa dal fatto incontestabile che abbiamo un corpo e tutti i giorni facciamo i conti con la forza di gravità. Nasce guardando le persone che amo, le case che ho abitato, i lavori che ho svolto.
Gli arrangiamenti, la maturità che ci trovi sono frutto da una parte di un percorso e di tanti live macinati in giro per l'Italia e non solo; dall'altra di un lavoro davvero artigianale, di cura del suono in tutto il suo percorso, dalla scelta di musicisti di grande valore e sensibilità (non ne cito uno perché dovrei citarli tutti...) all'uso di strumenti veri come il Fender Rhodes, il pianoforte a coda, tante chitarre acustiche ed elettriche, basso e batteria mai campionati ma sempre suonati dall'inizio alla fine di ogni brano, oltre ad alcune chicche come la sezione di archi, la tromba, il flicorno, l'oboe; tassello altrettanto importante è stato la scelta di lavorare con Raffaele Abbate di OrangeHomeRecords, sia come fonico che come co-produttore: abbiamo registrato “all'antica”, dedicando molta cura alla giusta microfonazione e (in alcuni casi) a catturare il suono d'ambiente, l'aria intorno agli strumenti; l'obiettivo era di arrivare all'editing con un suono già molto buono, su cui intervenire pochissimo in post-produzione.
Mi ricordo quando con la chitarra classica, elettrificata da un pick-up collegato al mio stereo, suonavi canzoni di Battisti, Bennato, De Gregori. Dalla musica per giradischi si è passati alla musica per pc o iPod, quanto ha influito sull'arte di scrivere canzoni?
Che ricordo sei andato a ripescare... ti stupirò rispondendoti che non ho (e non ho mai posseduto) un iPod, mentre il Mac è diventato uno strumento prezioso come ausilio alla composizione (anche se lo uso sostanzialmente come un registratore multitraccia per appuntare degli abbozzi di arrangiamento).
Ausilio perché tutto continua ad avere origine da un taccuino e una penna. La musica si scrive in testa, a volte già bella e arrangiata con tutti gli strumenti che solo io sento... hai presente la scena di “Amadeus” dove Mozart detta a Salieri le parti del Requiem eseguite dalle varie sezioni che lui sente suonare dentro di sé? Ecco, non per fare paragoni azzardati, ma a volte succede proprio così.
Comunque “Musica per giradischi” potrebbe essere un bel titolo per un disco!
Chi ti ha influenzato maggiormente tra i grandi della canzone d'autore?
Ivano Fossati per aver sposato rock e canzone d'autore ad un livello insuperato (prima di trasferirsi in atmosfere più raffinate); Ivan Graziani con la sua estetica della provincia e l'amore viscerale per la chitarra; Fabrizio De André sempre un passo avanti agli altri, sopraffino cesellatore di testi capace di reinventarsi e di scegliere le collaborazioni “giuste” (New Trolls, PFM, Mauro Pagani tanto per fare qualche nome) da grande regista della musica; Franco Battiato, o dell'eclettismo; Eugenio Finardi per il canto meraviglioso e il suo essere stato una voce critica, ma appassionata, del movimento del '77 in Italia; Edoardo Bennato primo amore, voce chitarra armonica e ironia tagliente; Francesco De Gregori che cito per ammirazione (anche se credo che la sua influenza sulla mia scrittura sia invisibile) in quanto faccio fatica a trovare, nella sua sterminata produzione, un lavoro mal riuscito... persino nei vituperati anni '80! Piero Ciampi per la carnalità dolente e “vera” delle sue canzoni. Luigi Tenco perché senza di lui probabilmente non saremmo qui a parlare di canzone d'autore.
In una ipotetica isola deserta quali dischi essenziali porteresti con te?
La cosa più interessante è che non mi vengano posti limiti numerici... sai, mi ero preparato a qualcosa di analogo a quel che succede a Rob, il protagonista di Alta Fedeltà quando deve stilare la sua classifica dei cinque dischi preferiti di tutti i tempi!
Comunque sicuramente ci sono Revolver (The Beatles), Sgt. Pepper Lonely Heart's Club Band (The Beatles), The Köln Concert (Keith Jarrett), In The Court Of The Crimson King (The King Crimson), Grace (Jeff Buckley), Non Al Denaro Non all'Amore Né Al Cielo (Fabrizio De André), Anime Salve (Fabrizio De André con Ivano Fossati), Moon Safari (Air), Selling England By The Pound (Genesis), Pink Moon (Nick Drake), Histoire De Melody Nelson (Serge Gainsbourg), Ok Computer (Radiohead), Desire (Bob Dylan), Le Variazioni Goldberg (Bach interpretato da Glenn Gould), So (Peter Gabriel), Out Of Time (R.E.M.), Atom Heart Mother (Pink Floyd), Jesus Christ Superstar (Andrew Lloyd Webber e Tim Rice), October (U2), The Joshua Tree (U2). Non c'è un ordine, sono venuti fuori così.
www.stefanomarelli.it
www.orangehomerecords.com
Mi ritrovo in molti titoli della tua selezione di dischi da Isola deserta, segno che i confini sono labili e che la musica è un linguaggio universale. Interessante disamina sui riferimenti ai cantautori preferiti. In bocca al lupo!
RispondiEliminaCortez
sempre interessanti queste dritte. grazie.
RispondiEliminaSi veramente.
RispondiEliminaInteressante oltremodo in quanto l'artista ha un'occupazione completamente diversa e suppongo si esprima solo per il piacere e l'interesse di farlo, sviluppando il lato artistico, bel post.
E' sempre più Cortez!
"La musica si scrive in testa, a volte già bella e arrangiata con tutti gli strumenti che solo io sento."
RispondiEliminaquesta è una sensazione magnifica quando capita....
Quante volte mi trovo in testa un bellissimo pezzo, che suona da dio e non ho alcun mezzo per tradurlo in realtà...li mortacci !!!
RispondiEliminaAlcune volte però ce la faccio, lo spiego agli altri citando questo o quel brano, tipo "un basso come quell alla fine di Jumpin jack flash ma la chitarra alla Byrds di Turn turn turn "
ottima conoscenza Cortez
RispondiEliminaC