martedì, dicembre 06, 2011
Calcio Pulito: Socrates e Martiradonna
Da poco scomparsi, un sentito ricordo di due calciatori.
Di un altro pianeta.
MARIO MARTIRADONNA (Scopigno, allenatore del Cagliari Campione: "Con quel cognome non vai da nessuna parte. Se ti chiamassi Martin saresti già in Nazionale") se ne è recentemente andato dopo una breve malattia.
Vinse lo scudetto con il Cagliare nel 69/70 (Io ho giocato 350 partite in serie A, 12 anni con il Cagliari, ho vinto un campionato e se Riva non si fosse rotto ne avrei vinto un altro e forse anche la Coppa Campioni.) sofferto la condizione del calcio di una volta («Noi guadagnavamo pochissimo, noi vivevamo di passione, oggi pensano solo all'ingaggio.
Quando giocavo a Melfi mi pagavano poche lire, praticamente la benzina per tornare a casa, a Bari».).
Ha sfiorato la Nazionale, giocato contro (e con) i più grandi («Modestia a parte, ho marcato i più grandi, anche Rivera: era un maestro, io un operaio»).
E’ finito a gestire una pompa di benzina a Cagliari (come Tomasini un altro scudettato del 69/70), con 800 euro di pensione al mese.
SOCRATES è stato ucciso dalla dipendenza dall’alcool che gli aveva debilitato da tempo il fisico.
Vinse poco, nonostante 60 presenze in Nazionale (e 22 gol), una breve apparizione alla Fiorentina e una classe comune a pochi.
Militante di sinistra, spirito libero ed estroso, lottò a favore della democrazia durante il regime militare, applicando le sue convinzioni anche negli spogliatoi.
La «democrazia corinthiana», fu un movimento che cambiò la vita quotidiana del club, con i giocatori chiamati non solo ad obbedire alle scelte degli allenatori, ma a decidere insieme strategie in campo e fuori. Un'utopia che al Corinthians portò due titoli nazionali nel 1982-83.
Triste storia quella di Martiradonna.
RispondiEliminaMa come lui ci sono decine di esempi (vedi ad esempio in tanti del Verona campione d'Italia, praticamente scomparsi)
Il grosso problema di tanti calciatori e' che, molto probabilmente, le capacita' pedatorie erano (e sono) inversamente proporzionali a quelle intellettive. E questo ha generato una miriade di fallimenti nella vita normale, quella che, spente le luci della ribalta, diventa tante volte una faticaccia. E quindi morti sospette, fallimenti finannziari, poverta' ecc.ecc. Certo, fanno un po' pena. Pero' ricordiamoci che questi giocatori beccavano stipendi di svariati milioni, quando noi comuni mortali guadagnavamo 500/600 mila lire al mese (78/79). Solo che loro li sputtanavano con troiame vario, tavoli verdi, macchine di lusso e delinquentoni che gli giravano intorno e gli zuffolavano anche le scarpe. O no?
RispondiEliminaPer molti è vero, per altri (vedi Martiradonna) la ribalta calcistica è durata qualche anno ed è finita nel dimenticatoio.
RispondiEliminaVero, Tony. Ma ci scommetterei che anche questo povero diavolo si sara' fatto infinocchiare da qualche maneggione. Spiace, comunque, vedere questi finali di...partita.
RispondiEliminaInfatti Martiradonna ha una storia davvero triste.
RispondiEliminaA fine carriera decise di rimanere a Cagliari (era pugliese), peculiarità comune a molti giocatori della squadra (da Riva a Nenè fino a Oliveira), una volta in Sardegna rimangono lì (chiamali fessi).
Aprì un distributore di benzina (assegnatogli dall'allora presidente Arrica) e divenne allenatore degli allievi ma per motivi oscuri in breve, con l'arrivo della nuova presidenza gli furono tolti entrambi gli "incarichi".
E si dovette arrangiare.
Uno che giocò contro la Fiorentina col perone rotto, un altra volta, contro il Lecco, con un braccio a pezzi.
Ma questi amavano il GIOCO del calcio. Differenza importante.
RispondiEliminaDifferenza ESSENZIALE
RispondiEliminaBeh tra quelli del passato e la maggior parte di quelli di ora ce ne corre....
RispondiEliminaLa storia di Martiradonna non la conoscevo mentre il Dottor Socrates me li ricordo più per il suo operato sociale che per il suo talento calcistico che in Italia nessuno ebbe modo di vedere.
Anyway Rip
Charlie