Il 20 marzo del 1986, alle 14 e 12 del pomeriggio, in una cella del carcere di Voghera, il detenuto Michele Sindona, anni 66, assaggiò un caffè che gli era stato portato dai secondini, sentì un bruciore allo stomaco, si accasciò a terra e gridò: "Mi hanno avvelenato". Poi entrò in coma. Morì qualche ora dopo.
Ci fu un processo e la sentenza fu: "suicidio con simulazione di omicidio".
Caso rarissimo di simulazione di reato.
Sindona era un banchiere molto vicino al potere politico, era un bancarottiere, un uomo legato alla Dc e si dice che non fosse inviso alla mafia italiana e americana.
Fu condannato in America e in Italia.
Si sapeva di lui che possedeva un tabulato con i nomi di 500 clienti ai quali aveva fatto donazioni e piaceri economici.
Pare che fossero nomi importanti.
Dopo la sua morte sparì anche il tabulato.
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