martedì, settembre 16, 2025

Moon Unit Zappa - Terra chiama Luna. Un viaggio folle e sincero con un padre di nome Frank Zappa

Riprendo l'articolo che ho scritto per "il Manifesto", nell'inserto "Alias", sabato scorso, dedicato all'ottimo libro di Moon Unit Zappa "Terra chiama Luna".

La questione è stata ampiamente dibattuta e risulta ormai quasi banale, tante sono le volte che è stata approfondita. Ovvero quanto la figura dell'artista sia compatibile o accostabile a quella dell'essere umano che la rappresenta.
Di fronte al genio del nostro musicista preferito o comunque unanimemente osannato, può tranquillamente passare in secondo piano un eventuale profilo umano discutibile o perfino deprecabile?
Influisce il suo comportamento privato con l'arte espressa nella sua musica? O sono due elementi completamente separati?

Moon Unit Zappa è la primogenita di Frank Zappa, monumento della musica del Novecento, sperimentatore, provocatore, innovatore e tantissimo altro.
Cresciuta all'ombra dell'ingombrante, egocentrica, anaffettiva, fino alla crudeltà, figura paterna, ne rende una devastante testimonianza nella sua recente autobiografia “Terra chiama Luna”, edita da Mondadori, tradotta da Gianni Pannofino.
Non meglio era la madre, Gail Sloatman che sposò Zappa nel 1967, poco prima di mettere al mondo Moon Unit. Le vicende narrate nel libro ci portano in territori di abusi psicologici (talvolta anche fisici) di estrema ferocia, peraltro assolutamente ingiustificata nei confronti della figlia e dei suoi successivi due fratelli (Dweezil e Ahmet) e la sorella (Diva).

A tratti le situazioni sono insopportabili, per quanto l'autrice riesca sempre ad alleggerire, spesso con buone dosi di (auto)ironia, lo sdegno a fronte di certi episodi.
Frank Zappa ne esce come un personaggio esclusivamente concentrato sul suo lavoro, quasi mai incline a un gesto d'affetto o alla benché minima considerazione per i figli e la moglie, succube e rassegnata al suo strapotere, disposta a perdonare i suoi palesi e ripetuti tradimenti.v O è confinato nel suo studio, dal tardo pomeriggio alle prime ore della mattina o impegnato in lunghi tour intorno al mondo, che lo rendono pressoché sempre assente dalla vita affettiva e famigliare.
Gail (Moon sottolinea di averli sempre chiamati per nome, praticamente mai “mamma” o “papà”) sfoga la sua frustrazione sui figli, la primogenita in particolare.
L'aspetto più destabilizzante è che può essere protagonista anche di atti di grande amore e magnanimità, improvvisi, decontestualizzati, poi annientati da momenti di pura e semplice cattiveria gratuita.
La bambina Moon cresce in un ambiente anarchico e caotico, in cui genitori (ma non solo) girano nudi, le GTOs' (il gruppo di groupie care a Zappa) saltellano in casa in abiti comunque sempre succinti (pur se molto amorevoli con lei), l'amante neozelandese di Frank soggiorna a lungo tra le mura domestiche, facendo ovviamente impazzire la moglie (che si “divide” anche con un'altra amante europea di Zappa che minaccia spesso di raggiungere e abbandonare la famiglia).

“Una variegata coorte di sognatori libidinosi, tizi strampalati, sbandati e ruffiani viene da noi per scroccare a ciclo continuo. Io porto ancora il ciuccio appeso al collo, che mi dà un senso di sicurezza e non so mai chi è affidabile e chi no, chi si scopa mio padre e chi no.
Le stanze sono pervase dell'afrore di uomini e donne che ballano sui ripiani della cucina. Il nostro giardino sul retro è pieno di oleandri, edere, sanguinella, merda di cane, vecchi cartoni del latte e cera che profuma di garofano. Non mi piace vedere sconosciuti nel nostro giardino che fanno acrobazie o si mettono a produrre candele, nudi, vicini ai miei giocattoli.
I miei piedi cominciano a guarire dopo che due signore che dovevano prendersi cura di me hanno lasciato che me li ustionassi su un termosifone”
.

Nel 1982, a 14 anni, viene proiettata nello show business da un brano del padre, “Valley Girl”, con il quale vuole ridicolizzare il mondo della San Fernando Valley, dove la famiglia viveva.
Moon imita il tipico accento, lessico e argomentazioni delle sue coetanee del luogo.
La canzone arriverà nella top 40 americana, il risultato più alto ottenuto nella carriera di Zappa, che ne resterà particolarmente contrariato, trattato come “artista emergente” e autore di canzoncine divertenti. Peraltro ci vorrà tempo e l'ausilio della madre per attribuire parte dei diritti anche a Moon, contro il parere di Frank.
La ragazza diventa famosa, appare spesso in televisione, tra interviste e ospitate. Troppo e troppo presto, ne rimarrà quasi schiacciata.
Alla ricerca di un equilibrio e di una vita che non fosse legata alla figura paterna, Moon trova lavoro come conduttrice televisiva e come comparsa e piccoli ruoli in film e serie televisive.

La morte di Frank Zappa, nel 1993, per cancro, sarà un lungo e lento calvario, anche in questo caso ricco di sgarbi e bassezze tra i membri della famiglia.
Ma il peggio arrivò successivamente.
Gail tenne nascosto ai figli le disposizioni di Frank che avrebbe voluto un'equa divisione del suo patrimonio tra i cinque eredi, si intestò tutto, finendo anche in abissi debitori, problemi con le case discografiche, cause legali, spesso finite male, una gestione del materiale rimasto inedito spesso schizofrenica e inadeguata.
I figli ne furono travolti ed entrarono in conflitto tra loro, anche a causa di assegnazioni arbitrarie dei beni fisici di Zappa, dai dischi alle chitarre.
Ancora di più quando nel 2015, alla morte della madre (“non ha mai abbandonato il suo posto di comando in battaglia, anche se ha contribuito a perpetrare la guerra”), furono disposte quote differenti, attribuendo il 30% agli ultimi arrivati Ahmet e Diva e il 20% a Dweezil e Moon ma con la clausola che fosse Ahmet il gestore e che una divisione dei compensi sarebbe stata possibile solo quando la società che gestiva i diritti sarebbe tornata in attivo (gli errati investimenti di Gail avevano portato a un buco di parecchi milioni di dollari). Anche in questo caso piovono cause e querele, le loro vite si allontanano sempre di più.

“Sto imparando che che nulla può spingere certe persone ad amare. Io sono una cifra, una spesa, un guadagno, una perdita, una controparte con cui negoziare.
Non siamo una famiglia: siamo un'azienda camuffata da famiglia...dopo una vita passata a firmare documenti in cui si proclamava la nostra uguaglianza – una vita che credevo ispirata a un'idea di famiglia che ci impegnava tutti, una vita passata ad affermare principi che all'improvviso, con uno slittamento tettonico, si trasformano nel loro opposto – mi sento così tradita da non riuscire a pensare e parlare.”


La vita di Moon prosegue tra un matrimonio fallito e una figlia, ricerca spirituale attraverso filosofie orientali (anche in questo caso macchiate da vicende non sempre chiare e limpide con il guru di riferimento), varie altre attività sempre all'interno dello spettacolo, fino a una disperata e spiazzante ricerca di “conoscere come siamo fatti dentro” iscrivendosi a una scuola di anatomia, attraverso la quale dissezionare i cadaveri.

Un libro profondamente malinconico, acre e angosciante, una costante ricerca, a volte al limite dell'elemosina, di un atto d'amore da parte dei famigliari, evento raro, prontamente ripagato da profonde delusioni o pugnalate dolorose e inaspettate alle spalle. Stupisce la capacità di “sopravvivenza” di Moon a tutto ciò, aggrappata a una visione positiva della vita, mai rassegnata alla totale disillusione e pur sempre devota alla figura paterna.
All'età di 58 anni ha deciso di scriverne, cercando proprio nelle ultime pagine un'ennesima riconciliazione con i fratelli che non vede e sente da anni.
Le ultime parole del libro sono proprio per loro “E' tutto perdonato. Tornate a casa”.

Moon Unit Zappa
Terra chiama Luna. Un viaggio folle e sincero con un padre di nome Frank Zappa
Mondadori
480 pagine
24 euro
.

lunedì, settembre 15, 2025

Intervista con gli Stone Foundation (Neil Jones)

Grazie alla gentile intercessione di Monica Franceschi ho realizzato una breve intervista con Neil Jones degli STONE FOUNDATION che saranno in concerto in due imperdibili appuntamenti venerdì 19 settembre 2025 all’Arci Bellezza di Milano e sabato 20 settembre al Locomotiv Club di Bologna.

Il nuovo album "The Revival of Survival" è una sintesi di tutte le vostre influenze abituali.
È stato difficile comporlo e trovare nuova energia?

Sì, siamo influenzati dalla musica soul, ma all'interno del genere ci sono tantissime influenze. Dal northern soul al southern soul, al soul influenzato dal funk e dal jazz, al soul degli anni '60, '70, '80, al sound della Motown, al sound di Philadelphia, potrei continuare all'infinito.
Abbiamo esplorato molti di questi stili nei nostri dischi precedenti, mescolandoli con il nostro stile britannico e il nostro stile soul.
Credo che questo album in particolare sia stato influenzato da artisti come Prince e P Funk.
Volevamo anche creare un disco dal suono dance, quasi disco, con una forte influenza sul groove.
Volevamo far ballare e motivare la gente con le canzoni di questo album.

Dopo 25 anni di carriera, è il momento di fare un bilancio della vostra carriera.
Avete rimpianti o cose che avreste voluto fare diversamente?

Non proprio, è stato un viaggio incredibile.
Non guardiamo mai indietro, ma per la prima volta l'anno scorso ci siamo concessi uno sguardo ai nostri 25 anni di carriera.
Hanno persino girato un film su di noi su Amazon Prime, il che è stato piuttosto surreale. Continuare a crescere ogni anno nell'attuale clima economico e digitale che stiamo affrontando come musicisti è di per sé un traguardo enorme.
Dai tour nelle arene con gli Specials, alla collaborazione con alcuni dei nostri eroi soul e alla scrittura di musica con artisti come Paul Weller, è stata un'esperienza incredibile e speriamo che continui a lungo.

Avete infatti collaborato spesso con Paul Weller, che ha sempre apprezzato molto la vostra musica. Che tipo di rapporto si è sviluppato tra voi?
È un rapporto meraviglioso quello con Paul, cresciuto grazie al nostro comune amore per la musica.
Abbiamo molto in comune a livello sociale e siamo diventati grandi amici nel corso degli anni, con lui che suona e canta in molti dei nostri dischi.
Pensare che tutto è iniziato da un'idea per una canzone che ha condiviso con me, che è diventata "Limit of a Man" tratta dal nostro album "Street Rituals" da lui prodotto.
È stato un incredibile sostenitore della nostra musica e la sua fiducia in noi negli ultimi 5 dischi che abbiamo registrato nei suoi studi al Black Barn ha significato moltissimo per me personalmente.
È sempre disponibile per consigli e la nostra amicizia è andata sempre più rafforzandosi.
Di tanto in tanto prende persino in prestito la nostra sezione fiati per i suoi concerti e di recente ha chiesto a me e Neil Sheasby di remixare una delle sue canzoni intitolata Glad Times.

Cosa ha portato l'arrivo di Mick Talbot, un musicista con una storia e un'esperienza enormi?
Avevamo utilizzato Mick in studio per gli ultimi tre dischi degli Stone Foundation.
Il mix tra Mick e il nostro altro tastierista di San Francisco, Ian Arnold, ha sempre funzionato molto nei nostri dischi, quindi ho pensato che avremmo dovuto portarlo anche nelle nostre esibizioni dal vivo.
Come mi disse una volta Mick: "La gente pensa sempre che due tastieristi in una band siano una stravaganza, Neil, ma non batte ciglio quando vede una band con due chitarristi!".
Ha ragione, è la stessa cosa, occupa solo lo stesso spazio sul palco e porta qualcosa di unico al nostro sound dal vivo in questo tour, ha reso il suono della band ancora più imponente.

Cosa riserva il futuro agli Stone Foundation?
Spero di avere ancora molti anni per scrivere e registrare dischi e molti, molti altri tour. Abbiamo già suonato in Italia un paio di volte, ma si trattava di piccoli festival o, nel 2023, di supporto a Paul Weller a Milano.
Queste saranno le nostre prime date da headliner in assoluto e siamo davvero emozionati per queste date a Milano e per la nostra prima volta a Bologna.

Puoi darci un'anteprima di cosa può aspettarsi il pubblico italiano dai tuoi prossimi concerti a Milano e Bologna?
Mi piace pensare che le persone lascino sempre i nostri concerti sentendosi sollevate dall'esperienza e dall'evento musicale che cerchiamo di portare in ogni spettacolo.
La nostra musica ha sempre avuto lo scopo di trasportare le persone in un posto migliore, spiritualmente e fisicamente.
Dio solo sa quanto le persone ne abbiano bisogno in questo momento, con tutte le cose terribili che accadono nel mondo.
Ricordo di aver visto le prime registrazioni del tour Stax Volt da bambino, Otis, Sam & Dave, Booker T ecc., e di aver pensato che mi sarebbe piaciuto commuovere le persone in quel modo quando fossi più grande.
Cerchiamo di sollevare le persone e unirle ai nostri concerti, è un'esperienza molto comunitaria e gioiosa.

sabato, settembre 13, 2025

Classic Rock

Nel nuovo numero di CLASSIC ROCK mi dedico alle Opinioni contro Federico Guglielmi sulle radio "rock" italiane e la loro utilità a diffondere il "verbo".
Recensisco poi il concerto degli Who a Milano, il live di Sly and the Family Stone, i libri di Lou Reed "Il mio Tai Chi" e quello di Moon Unit Zappa, "Terra chiama Luna"

Mods su WP Store

Ho collaborato a una serie di episodi, condotti da Lorenzo Ottone, dedicati alle sottoculture, per la catena di distribuzione di abbigliamento WP STORE.
Parlando ovviamente di MODS (ma non solo) in Italia, nel corso degli anni dalla fine dei 50's ad oggi.

https://www.youtube.com/watch?v=vQhoWv94n5A

venerdì, settembre 12, 2025

Madness | La folle avventura dello ska britannico

Segnalo questo (breve, meno di un'ora) interessante doc (per ARTE.tv Documentari) dedicato ai MADNESS e alla scena SKA britannica a fine Settanta.
Divertente e con tanti filmati d'epoca.

https://www.youtube.com/watch?v=KivTwNDctN0

giovedì, settembre 11, 2025

DEVO. Doc per Netflix di Chris Smith

Un doc esaustivo, ben fatto, sintetico (un'ora e mezzo) che riassume alla perfezione la splendida (quanto amara) vicenda dei DEVO.

Partendo dalle origini (alle quali è dedicato gran parte del lavoro), utilizzando rari e inediti filmati degli esordi, una serie di documenti relativi alle loro ispirazioni e le celebrità che li apprezzarono (da Bowie a Jagger a Lennon a Neil Young).

L'aspetto più rilevante è la constatazione (spesso malinconica, da parte degli stessi protagonisti) di come il loro messaggio, radicale, anti sistema, la loro critica feroce al capitalismo americano, alle sciocche nostalgie per le tradizioni ("di un mondo che non è mai esistito"), non sia mai stato recepito, se non marginalmente.

I DEVO sono stati per lo più considerati una band bizzarra, curiosa, dai costumi ridicoli, che ha ottenuto il successo con il singolo "Whip It" (anch'esso, il video in particolare, male interpretato nel suo significato).

In realtà è stato uno dei progetti più interessanti, audaci e creativi a cavallo tra i 70 e gli 80.
Un doc davvero ben riuscito (solo su Netflix).

mercoledì, settembre 10, 2025

Happy Mondays live al Nox Orae festival, Le Tour de Peilz (Ch). 30/08/25

L'amico Davide Liberali ci regala la sua recensione e le foto del recente concerto degli HAPPY MONDAYS in Svizzera.

Anche se l'hanno fatta da padroni gli Oasis non sono l'unica grande band di Manchester in tour in questa estate 2025.

Attivi da circa 40 anni, gli HAPPY MODAYS sono stati, insieme a Charlatans, Stone Roses e Primal Scream il gruppo di punta del cosiddetto Manchester Sound, a cavallo tra gli anni 80 e i primi 90, sonorità sfociate a metà degli anni 90 nel Britpop con l'arrivo di band come Oasis, Blur, Kula Shaker e altri

. Tra tutte le band citate i Mondaz sono quelli con il sound più vario che mescola pop inglese, psichedelia, funk, soul e musica dance. A questo proposito credo siano stati tra i primi a piazzare un ballerino (Bez) sul palco, entrato nella band come percussionista e dirottato a ballare per tutto il concerto.
Li seguo dalla fine degli anni 80 e, purtroppo, sembra non amino particolarmente il nostro paese, in quanto l'unica volta che sono passati da noi (Bologna nel 1996), lo hanno fatto con i Black Grape, il progetto parallelo di Shaun Ryder e Bez.
Anche questa tournée di una dozzina di date circa non tocca il nostro paese per cui mi sono sciroppato 4 ore di auto per raggiungere Le Tour de Peilz, vicino a Montreux sul lago di Ginevra.

La location del festival è un parco cittadino sulle rive del lago, a occhio vi saranno 2000 spettatori.

La scaletta pesca a piene mani dal loro miglior album, Pill's & trills and Bellyaches.
Si parte con il funk soul di Kinky Afro eseguita alla grande, Shaun canta ancora molto bene e spicca anche la voce della corista (Firouzeh Berry, moglie di Bez) che da pochi mesi ha sostituito la storica Rowetta che se ne è andata dalla band dopo un litigio.
God's Cop, Donovan, in cui spicca il suono delle tastiere ci portano alla bellissima Loose fit dall'intro soul che diventa dance.
Qui piazzano i pezzi anni 80 con Mad Ciryll e, anticipata da Alleluja, 24 hour party people, brano che da il titolo anche al film sulla scena di Manchester del periodo.
Se su disco è un pezzo che non mi è mai piaciuto, dal vivo cambia tutto e per la perfetta esecuzione lo giudico il miglior momento del concerto.
Il gran finale arriva con Step on, con tanto di lancio di palloncini di grandi dimensioni e la classica Wrote for luck.

In totale 12 pezzi per un'ora e un quarto di concerto.
L'auspicio è quello di poterli vedere una volta anche in Italia.

martedì, settembre 09, 2025

Gian Marco Griffi - Ferrovie del Messico

Pur il più accanito lettore rimane un attimo perplesso quando si appresta ad affrontare 824 pagine di libro (meglio dedicarsi a letture più agili e facili?): eppure "Ferrovie del Messico" scorre veloce, ironico, gustoso, ricchissimo di personaggi surreali e situazioni quasi psichedeliche, eventi inaspettati tanto divertenti quanto drammatici.

Una lettura ipnotica che raramente soffre di stagnazioni e che invoglia a continuare a scoprire ciò che potrà accadere.
I riferimenti sono molteplici, andando, a caso, da Cesare Pavese a Luigi Meneghello, Steinbeck e Borges.

La vicenda del protagonista principale Francesco Magetti, detto Cesco (e il suo costante mal di denti) nella Asti del 1944, occupata da nazisti, si dipana in mille direzioni e vicende che, talvolta, perdono i collegamenti ma alla fine riportano alla narrazione corretta.
Bello, consigliato, avvincente.

Gian Marco Griffi
Ferrovie del Messico
Laurana Editore
824 pagine
22 euro

lunedì, settembre 08, 2025

Paul Weller

Dopo una breve sosta "forzata" si riparte alla perfezione con The Guv'nor, PAUL WELLER, con l'articolo che ho scritto per "Il Manifesto" nella sezione "Alias", ripercorrendo sinteticamente la sua carriera dagli esordi al nuovo "Find El Dorado".

Paul Weller è da tempo assurto all'invidiabile condizione di potersi permettere di fare quello che vuole, senza preoccuparsi più di tanto di pianificazioni o strategie discografiche.
Ha a disposizione un suo studio personale, il Black Barn Studios, che sfrutta a piacimento quando ha l'ispirazione.
La sua discografia solista negli ultimi anni si è arricchita di diversi album, singoli, ep, collaborazioni, non sempre riuscitissime ma costantemente contrassegnate da un livello qualitativo sempre dignitoso e tendente all'alto, a cui fa puntualmente seguito la scalata delle classifiche britanniche.

Il nuovo Find El Dorado, pubblicato alla fine di luglio è arrivato immediatamente al secondo posto.
Nonostante sia un album di cover.
"Sono canzoni che porto con me da anni. Hanno assunto nuove forme nel tempo. E ora mi è sembrato il momento di condividerle."

Come sua abitudine, le scelte non sono mai banali e le quindici canzoni scavano in ambiti profondi e oscuri, soprattutto inaspettati, come quando ripesca Bee Gees, Richie Havens o i Flying Burrito Brothers dell'ex Byrds Chris Hillman.
Più ovvio l'omaggio a uno dei suoi idoli, Ray Davies dei Kinks ma non un prevedibile brano della band, ma una sigla televisiva firmata dal chitarrista ma eseguita da un altro gruppo.
Azzeccatissima la riscoperta del soul rock di Lawdy Rolla dei dimenticati francesi The Guerrillas e il gran finale con Clive's Song, in duetto nientemeno con Robert Plant.

Come già sottolineato nessuno griderà al capolavoro ma la scelta è talmente oculata e poco comune che alla fine potrebbe sembrare un album di inediti, suonato con classe, eleganza e raffinatezza, perfetto ritratto del personaggio.
Fin dagli inizi, in realtà, ha sempre fatto quello che gli pareva, incurante del contesto in cui aveva incominciato a muoversi ovvero la scena punk rock londinese, con i suoi da poco nati The Jam, nel 1977.

Ci finirono dentro, come tantissimi altri ma distinguendosi volutamente e immediatamente.
Sound elettrico, amfetaminico, veloce e minimale ma con chiari riferimenti agli anni Sessanta e alla cultura mod. nessun vestito trasandato ma rigorosi completi in giacca e cravatta.
E quando la fanzine Sniffin' Glue, vera Bibbia del punk, parlò male di loro, giudicandoli nostalgici, Weller ne bruciò una copia sul palco del “Marquee”.
Anche Sid Vicious, icona punk per eccellenza, non se la cavò meglio quando molestò Paul in un locale.
Si prese un pugno e finì in ospedale "Lui l'ha iniziata e io l'ho finita".
La band si staccò velocemente dalla scena, girò il mondo in concerto e dopo i primi due grezzi album del 1977, In The City e This Is the Modern World, infilò una serie di gioielli compositivamente sempre più raffinati, come All Mod Cons (1978), Setting Sons (1979) e gli stupendi Sound Affects (1980) e The Gift (1982), portando una serie di singoli, da Going Underground a Town Called Malice in testa alle classifiche.
La musica non era più solo potente e arrabbiata ma guardava anche al folk, a Kinks, Beatles, Who e Small Faces, al soul e al funk.

In ottemperanza alla sua classica imprevedibilità caratteriale, Weller, all'apice del successo scioglie inaspettatamente la band, cogliendo tutti di sorpresa, i suoi compagni di avventura per primi.

Quello che appare un inspiegabile suicidio artistico, apre le porte alla nuova avventura degli Style Council, a fianco del tastierista Mick Talbot (già con Merton Parkas, Dexy's e Bureau).
Il nuovo progetto è un collettivo che ruota intorno al nucleo dei due musicisti.
Weller vuole creare un nuovo sound, un soul moderno, che attinga dalle più svariate influenze.
E così sarà.
Nel breve spazio di un lustro, dal 1983 al 1988, la band metterà insieme soul, jazz, funk, folk, hip hop, elettronica, perfino la musica classica orchestrale nel sottovalutato, conclusivo e scarsamente compreso, Confessions of a Pop Group del 1988, canto del cigno discografico dopo gli ottimi Café Bleu e Our Favourite Shop e l'incerto Cost of Loving.
Proveranno a portare la neonata house di Detroit nella musica inglese con Modernism: A New Decade ma l'etichetta lo rifiuterà, lasciando la band alla deriva e a spegnersi ingloriosamente (paradossalmente l'antitesi della voluta e brusca fine dei Jam).
Un'esperienza sperimentale, che ha rischiato tanto, non ponendosi mai limiti nell'osare commistioni e miscele sonore apparentemente improbabili.
Ebbero tanto successo e hanno lasciato un segno che è stato rivalutato nel giusto modo solo successivamente.

Paul Weller, alla fine degli anni Ottanta, si ritrova confuso e indeciso sul da farsi, soprattutto perché non ha un contratto discografico né una band e sembra che a nessuno interessi particolarmente una sua nuova avventura artistica.
Rimane in pausa per un paio di anni, riparte con il Paul Weller Movement in cui torna alle radici più rock, con il singolo Into Tomorrow che si affaccia timidamente nelle charts inglesi.
Ci vorrà la succursale giapponese della Go Disc a dargli una nuova opportunità.
Il primo omonimo Paul Weller del 1992 guarda ai consueti riferimenti ma introduce uno sguardo, poco praticato ai tempi, a quel sound che mischiava soul, folk, rock e blues, caro a nomi come Traffic o Joe Cocker, a cavallo tra i Sessanta e Settanta.
E' la formula giusta.
Il successivo Wild Wood e soprattutto il suo capolavoro assoluto, Stanley Road, del 1995, lo riportano in vetta alle classifiche.

E' la sua “terza vita artistica” (una particolarità pertinenza di pochi musicisti), un'ulteriore incarnazione all'insegna di una creatività che si è mossa nel tempo, ha assorbito cose nuove e vecchie, le ha fatte sue, personalizzate, rinnovate e rese una cosa pressoché unica.
Su tutto le sue capacità compositive, di rara efficacia e spessore, ancora brillanti e sorprendenti.
Forte del successo di nuovo ottenuto, l'avventura solista si dipana in varie direzioni.
Anche perché esplode nel frattempo il Britpop di cui è il più diretto padre putativo e a cui i vari Oasis, Blur, Supergrass non possono che rendere omaggio.

I primi anni 2000 segnano una battuta d'arresto ispiratrice, con album poco interessanti e ripetitivi (nonostante non manchino mai brani di grande spessore)
. Complice anche un periodo di abusi alcolici e di sostanze, che non portano sicuramente benefici.
Si riprenderà con una superba triade As Is Now (2005), lo sperimentale 22 Dreams, un doppio album in cui esplora vari generi (sorta di personale “Album Bianco”) e Wake Up the Nation (2010) dove ritrova l'amicizia e l'apporto dell'ex bassista dei Jam, Bruce Foxton.
Vira verso umori elettronici nell'incerto Sonik Kicks, preludio a Saturn Patterns del 2015, album decisivo, in cui sintetizza tutto ciò che ha suonato in ormai 40 anni in un Paul Weller Sound definitivo, immediatamente riconoscibile e totalmente personale, con l'utilizzo, con discrezione e oculatezza, dell'elettronica che si mischia a soul, rock, blues, Beatles, funk, l'amore per le ballate struggenti.
I successivi lavori, con l'eccezione dell'acustico folk di True Meanings, sono figli di questa nuova impostazione.

I concerti sono sempre grintosi, ricchi di sorprese, con qualche centellinato omaggio al passato remoto e la voglia di spaziare nell'ormai immensa discografia (18 album solisti, 5 con gli Style Council, 6 con i Jam più un numero spropositato di singoli, ep e altro).

Artista completo, vocalmente, a 67 anni, ancora possente, ottimo chitarrista, polistrumentista, tuttora compositore di altissimo livello.
Personaggio sempre di nicchia in Italia.
Per chi non lo conoscesse bene è il momento di farlo. Per i fan di riascoltarlo, c'è solo l'imbarazzo della scelta.

lunedì, settembre 01, 2025

Le trasmissioni riprenderanno il prima possibile

Breve pausa forzata.
Si riprende il prima possibile.

PS: non sono reperibile e conseguentemente non risponderò, né tramite mail, Messenger o telefonicamente.

Ci si risente l'8 settembre.

Ricordando sempre che:
Life is very short and there's no time
For fussing and fighting, my friend

Musica e intelligenza artificiale

Nella mia rubrica settimanale "La musica che gira intorno" nelle pagine web di www.piacenzasera.it, parlo oggi, partendo dall'esempio dei Velvet Sundown (band generata da un algortimo) delle modalità d'uso dell'Intelligenza Arttificiale nella musica.

Qui:
https://www.piacenzasera.it/2025/09/suona-un-po-cosi-la-musica-generata-con-lintelligenza-artificiale-ma-che-futuro-ha/607821/

venerdì, agosto 29, 2025

Agosto 2025. Il meglio

THE WHO - Live at Oval 1971
Poderoso live degli WHO, registrato il Il 18 settembre 1971 davanti a 35.000 spettatori al "Goodbye Summer: A Rock Concert in aid of Famine Relief for the People of Bangladesh" nello stadio di cricket The Oval di Kennington, South London.
In "Live a the Oval 1971" ci sono quindici brani di cui cinque dall'appena uscito "Who's Next", due da "Tommy" e materiale sparso.
La band è all'apice della forma, Keith Moon funambolico e precisissimo, Roger Daltrey con una voce potentissima, John Entwistle che suona come un'orchestra e Pete Townshend che dimostra la sua versatilità tanto ritmica quanto solista.
Freschezza, hard, blues, soul, un treno in corsa, con usuale distruzione degli strumenti finale.
Registrazione più che buona (rispetto ai bootleg in circolazione), materiale remixato da nastri analogici multitraccia originali a otto piste.

THE NEW EVES - The New Eve is Rising
Le recensioni di questo esordio del quartetto tutto femminile inglese si sbizzarriscono in definizioni e paragoni. Hanno tutti ragione: Patti Smith (del primo periodo, soprattutto), Raincoats, Fall, Pixies. Io aggiungerei Slits, Velvet Underground, lo sciamanesimo dei Goat, Poison Girls, folk psichedelico inglese dei 60/70. Ma sono sicuro che ogni ascoltatore potrà trovare altre cose. Sorprendente, sanguigno, travolgente. Tra le uscite più intriganti dell'anno in corso.

NAT BIRCHALL - Liberated Sounds
Il saxofonista inglese si cimenta, in chiave strumentale, con ska e rocksteady, con un tocco jazz, alla maniera dei New York Ska Jazz Ensemble. Un omaggio esplicito a Don Drummond, Tommy McCook, Roland Alphonso, Lester Sterling, Baba Brooks, Dizzy Moore, Lloyd Brevett, Ernest Ranglin, Jackie Mittoo, Lloyd Knibb, Drumbago.
Molto piacevole e coinvolgente.

THE CAPELLAS - Untamed
La band inglese (con membri di Missing Souls, The Jack Cades, Thee Vicars, The Baron Four, Embrooks, Barracudas, Chrome Reverse) all'esordio, dopo un ottimo ep, con un album che si tuffa nei profondi Sixties, tra rhythm and blues, garage, freakbeat. La voce di Elsa Witthaker è un delizioso e potente mix di Julie Driscolle Mariska Veres degli Shocking Blue, la band suona con energia e in modo ruvido. Ottimo lavoro.

JONATHAN RICHMAN - Only Frozen Sky Anyway
Uno dei personaggi più originali della musica "rock", dai Modern Lovers ad oggi, sempre a percorrere una sua strada, incurante del successo. Nel nuovo album ci propone ad esempio una stralunata cover di "Night Fever" dei Bee Gees, come se fosse stata affidata a un Lou Reed assonnato, brani spagnoleggianti e altre dolcemente folli tra testi che parlano di morte, cambiamenti, perdite di persone care. Non gli cambierà la carriera ma alleieterà ancora una volta le nostre orecchie.

THE HIVES - The Hives Forever Forever The Hives
La band svedese è da tempo una certezza. Nel senso che il loro sound non cambia granchè, con quel gradevole mix di rock 'n' roll, pop punk, power pop. Avercene! Anche se alla lunga distanza non tutto è così riuscito, fa sempre piacere dare un ascolto.

BLACK KEYS - No Rain, No Flowers
Non sarebbe (non è) un brutto album.
Pop, funk, un gusto soul estivo.
Il "problema" è che è stato fatto dai BLACK KEYS.
Massimo rispetto per le scelte e le evoluzioni artistiche ma: perché?
Non mi capacito ma è un limite mio.

ALICE COOPER - The revenge of Alice Cooper
Prodotto da Bob Ezrin, suonato con membri originali del 1973 rientrati nella band. Niente di epico ma un buon album rock hard blues con tanto di buona cover di "Ain't done wrong" degli Yardbirds. Si lascia ascoltare con piacere.

LUKE HAINES and PETER BUCK - Going Down To The River … To Blow My Mind
L'ex The Auteurs Luke Haines unisce per la terza le forze con Peter Buck, già anima dei REM in un album composto e registrato in pochi giorni. Sound rockeggiante, aspro, con gli arpeggi chitarristici che riportano spesso inevitabilmente alla band di Athens. Buon lavoro pur se, sinceramente, trascurabile.

TENDHA - Soap doesn't exist because it can't be told
Ispirati, testualmente, da sonorità il cui riferimento sono le colonne sonore dei videogiochi 8 bit, i Tendha si addentrano in un contesto semi strumentale, in cui le voci sono esse stesse strumento e solo raramente si affidano a un testo cantato. I brani si addentrano tra post rock, lounge, Stereolab, math rock, jazz e tanto altro. Un lavoro molto personale, strano, a cui trovare una collocazione è pressoché impossibile (e ciò ne avvalora lo spessore artistico).

AA.VV. - Stax Revue – Live In 65
Registrato live nel 1965 al "5/4 Club" di Los Angeles con nomi super come BookerT and the Mg's, The Mar Keys, un travolgente Wilson Pickett con 9 minuti di "In the Midnight Hour" e un funambolico Rufus Thomas on 20 minuti di "The Dog". Una testimonianza vitale e infuocata di quell'incredibile periodo.

ASCOLTATO ANCHE:
DOOBIE BROTHERS (rock da FM anni 70 senza nessuna particella di quelle atmosfere blue eyed soul), YUFU (buon album di jazz soul funk strumentale).

LIBRI

Robyn Hitchcock - 1967. Come ci sono arrivato e perché non me ne sono più andato
L’artista inglese è sempre stato un discepolo fedele della breve epica e attitudine sonora di Syd Barrett che ha permeato la sua prima avventura con i Soft Boys e la successiva incarnazione solista.
Non stupisce quindi che questa sua autobiografia “1967” (edita da Hellnation Libri, tradotta da Carlo Bordone) ruoti pressoché esclusivamente intorno al fatidico 1967 e ai suoi quattordici anni, quando scoprì e si innamorò di Bob Dylan, la Incredible String Band e, inevitabilmente dei Beatles, in una sorta di sgangherato quanto fascimoso romanzo di formazione psichedelico.
I flash pre adolescenziali sono abbaglianti fotografie che abbiamo un po’ tutti vissuto:
“Non vedo l’ora che la mia voce si abbassi, che mi cresca una peluria rispettabile e di abbandonare finalmente lo scricchiolante reame della fanciullezza.”
Arrivano anche david Bowie e Jimi Hendrix:
“Sono un adolescente in fiamme, Cristo santo questa è musica che ti fa levitare”. I vestiti diventano più audaci, i capelli si allungano. “Sto imparando che il barbiere è il nemico naturale della libertà”.
Anche se il periodo di transizione è ancora lungo e complesso “Una cultura in cui sono tutti maschi e le donne sono un’altra specie, esistono solo dietro a un vetro, come una Monna Lisa. Ci sono le persone e poi ci sono le femmine”.
Improvvisamente arrivano un giradischi e una chitarra e nulla sarà mai più come prima “Ho la mia chitarra e mio cugino, sia benedetto, mi presta uno di quegli oggetti che ti cambiano la vita: un giradischi a pile.”
Cambia anche il tanto agognato aspetto fisico “Sono alto un metro e ottanta e con un caschetto alla Beatles” ma anche una constatazione postuma illuminante, che in molti possono condividere: “Sono un adolescente e lo rimarrò per il resto della vita”.
Incomincia a suonare sopra ai tanto amati dischi dei nuovi idoli:
“Il mio istinto è suonare la chitarra molto prima di avere imparato a suonarla”.
Alla fine Robyn vivrà con la sua musica, girerà il mondo, inciderà eccellenti dischi, riladcerà interviste a quelle riviste che spulciava freneticamente da adolescente, seguendo quello “spirito del 1967” da cui è partito.
“A parte tutto sono grato che l’orologio fermo del 1967 rintocchi ancora dentro di me. Mi ha dato un mestiere per la vita”.

Alberto Gedda - Musica da fotocamera. Storie e immagini della Musica Live
Giornalista, fotografo, scrittore, direttore del settimanale “Corriere di Saluzzo”, Alberto Gedda ci porta in un interessante e intrigante viaggio nella canzone d'autore italiana (ma non solo) attraverso sue foto di concerti o in posa, con la preziosa aggiunta di aneddoti relativi ai concerti, interviste, momenti in cui le ha realizzate, dagli anni Settanta ad oggi.
Ci sono Fabrizio De André, Francesco Guccini, Vasco Rossi, Zucchero, Ivano Fossati, Augusto Daolio, Luciano Ligabue, i capricci di Patty Pravo, Gianna Nannini, la gentilezza e disponibilità di Joan Baez e Joni Mitchell, la forza di Chuck Berry, l'arroganza e alterigia dei "simpaticissimi" Elio e le Storie Tese, la spontaneità di Massimo Ranieri. Un vero piacere leggere questo libro e osservare la spontaneità dei 71 artisti ritratti.

CONCERTI
Paul Roland and his Rockin Teenage Combo live a Nibbiano (Piacenza) 12/08/2025
Paul Roland è cantautore, poeta, scrittore, saggista, consulente per la BBC sui fenomeni paranormali.
Ha alle spalle una discografia sterminata ed è in procinto di pubblicare un nuovo album.
Sulle colline piacentine, nella piazza di Nibbiano, ha dato sfoggio di grande e innata classe, accompagnato dal suo Rockin Teenage Combo (Annie Barbazza, Alex Canella, Christian Castelletti, questi ultimi due membri dei Tal Neunder che hanno aperto la serata, in sostituzione dei previsti Not Moving, con un personalissimo rock dalle forti tinte prog e un'anima pop).
Paul Roland si addentra in meandri rock, talvolta aspri, altre volte dai colori più fruibili, spazia in mille sfumature, dal pop, al prog, a influenze anni 70 e gotiche.
Il pubblico è numeroso e apprezza, il culto di un personaggio rimasto volutamente sempre in una dimensione molto personale, quasi "dietro le quinte", cresce ancora di più.

COSE VARIE
° Ogni giorno mie recensioni italiane su www.radiocoop.it (per cui curo ogni settimana un TG video musicale - vedi pagina FB https://www.facebook.com/RadiocoopTV/).
° Ogni mese varie su CLASSIC ROCK.
° Ogni sabato un video con aggiornamenti musicali sul portale https://www.facebook.com/goodmorninggenova
° Ogni lunedì la mia rubrica "La musica che gira intorno" nelle pagine di www.piacenzasera.it
° Sulle riviste/zines "GIMME DANGER" e "GARAGELAND"
° Periodicamente su "Il Manifesto" e "Vinile".

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