Un libro veloce e agile che analizza alcune delle rivalità più note nella musica pop/rock (i Gallaghers, Paul e John, Blur e Oasis, Waters e Gilmour) ma anche quelle più occulte (Prince/Michael Jackson, Simon e Garfunkel, l'incredibile intreccio di antipatie e odio all'interno dei Beach Boys).
Non è, appunto, del tutto noto il ruolo del padre padrone e manager dei fratelli Wilson dei Beach Boys, Murry, esautorato alla fine da Brian, a sua volta privato dello scettro di leader da Mike Love né l'acrimonia che ha accompagnato tutta l'avventura di Paul Simon e Art Garfunkel.
Quella tra Tupac Shakur e Notorius B.I.G finì molto male, non si è ancora del tutto placato lo scontro tra Madonna e Lady Gaga e tra Taylor Swift e Kanye West.
Gustoso e divertente, ricco di aneddoti e curiosità.
Giuseppe Velasco
Nemici. Scontri memorabili nella musica pop
Vololibero Edizioni
112 pagine
18 euro
giovedì, aprile 17, 2025
mercoledì, aprile 16, 2025
Rogue Records
L'etichetta francese Rogue Records è specializzata in 45 giri di garage, beat, power pop, punk, psichedelia.
Le recenti pubblicazioni sono di alta qualità e soddisferanno tutti gli amanti del genere.
https://www.facebook.com/roguerecords/
https://roguerecords.bandcamp.com/
THE GALILEO 7 - Look Away / Over The Horizon
Tra un concerto e l'altro dei Prisoners, Allan Crockford non perde di vista il progetto che porta avanti da anni e torna con un ottimo singolo in perfetto equilibrio tra beat, psichedelia, freakbeat, che si avvale di una (come sempre) ottima qualità compositiva ed esecutiva ma soprattutto di una ormai acquisita maturità distintiva e riconoscibile. THE CAPELLAS - Love Prayer / Zig Zag Wanderer
La band inglese, composta da elementi che arrivano da Missing Souls, Thee Vicars, Baron Four, Embrooks, Barracudas, torna dopo un ep d'esordio con un singolo che mischia alla perfezione la voce soul di Elsa Whittaker con un groove garage beat mid 60's. THEE STRAWBERRY MYNDE - Reflections
Il trio del nord est inglese (con un ex Jarvis Humby) ci delizia con quattro brani di ruvido garage beat, dalle influenze rhythm and blues e blues (Crawdaddys, primi Pretty Things, Birds).
Duri e aspri. DOM MARIANI - Jangleland - Day After Day
Il re del power pop e leader degli Stems ci regala un avvolgente singolo in pieno groove jingle jangle con un originale e una bellissima e riuscita e spedita cover di "Day after day" dei Badfinger.
Classe e stile.
Le recenti pubblicazioni sono di alta qualità e soddisferanno tutti gli amanti del genere.
https://www.facebook.com/roguerecords/
https://roguerecords.bandcamp.com/
THE GALILEO 7 - Look Away / Over The Horizon
Tra un concerto e l'altro dei Prisoners, Allan Crockford non perde di vista il progetto che porta avanti da anni e torna con un ottimo singolo in perfetto equilibrio tra beat, psichedelia, freakbeat, che si avvale di una (come sempre) ottima qualità compositiva ed esecutiva ma soprattutto di una ormai acquisita maturità distintiva e riconoscibile. THE CAPELLAS - Love Prayer / Zig Zag Wanderer
La band inglese, composta da elementi che arrivano da Missing Souls, Thee Vicars, Baron Four, Embrooks, Barracudas, torna dopo un ep d'esordio con un singolo che mischia alla perfezione la voce soul di Elsa Whittaker con un groove garage beat mid 60's. THEE STRAWBERRY MYNDE - Reflections
Il trio del nord est inglese (con un ex Jarvis Humby) ci delizia con quattro brani di ruvido garage beat, dalle influenze rhythm and blues e blues (Crawdaddys, primi Pretty Things, Birds).
Duri e aspri. DOM MARIANI - Jangleland - Day After Day
Il re del power pop e leader degli Stems ci regala un avvolgente singolo in pieno groove jingle jangle con un originale e una bellissima e riuscita e spedita cover di "Day after day" dei Badfinger.
Classe e stile.
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Dischi
martedì, aprile 15, 2025
In ricordo di Max Romeo. Intervista
A ricordo del monumento del reggae MAX ROMEO, scoparso da pochi giorni, l'amico PIER TOSI, ci propone un ritratto dell'artista e una sua intervista del 1.999.
E' scomparso lo scorso 11 aprile ad ottanta anni di età Max Romeo, un grandissimo artista reggae: la sua immortale 'War In A Babylon' (1976) intitola uno dei più grandi albums dell'era del roots reggae prodotto da Lee Scratch Perry.
Il suo vero nome era Maxie Livingston Smith ed era nato il 22 novembre 1944 nel parish di St.Ann, lo stesso che ha dato i natali ad altri giganti del reggae come Burning Spear e Bob Marley. Cresce come bambino e ragazzo reietto perchè la madre emigra negli USA ed il padre ha una nuova compagna che non lo sopporta e questo fa si che lasci la casa paterna in giovane età e si dia ad un girovagare per l'isola in cerca di occupazioni di sopravvivenza.
Si appassiona alla musica, decide di diventare un cantante ed a Kingston forma insieme a Kenneth Knight e Lloyd Shakespeare (suo fratello Robbie diventerà uno dei più grandi bassisti della storia del reggae) un gruppo vocale, ‘The Emotions’, con cui registra una decina scarsa di pezzi per il producer Ken Lack ed ottiene un buon successo nell'era del rocksteady con 'I'll Buy You A Rainbow'.
Inizia poi a registare come solista per il produttore Bunny Lee. Proprio questo tentacolare produttore lo costringe a registrare nel 1969 ‘Wet dreams’ : la costrizione deriva dal fatto che nonostante Max abbia composto il brano su commissione per Bunny Lee per cavalcare una specie di mania in auge in Giamaica per brani che colpiscano il pubblico per le loro liriche 'grevi' (il brano parla di sogni 'bagnati' di un uomo...) ma divertenti non lo percepisce come un brano adatto alla sua sensibilità. Dopo una genesi quindi problematica ‘Wet dreams’ viene però pubblicato in Inghilterra, il suo contenuto fa si che venga bandito dalla programmazione radiofonica e questo contribuisce a far si che abbia un enorme successo ed abbia come miglior risultato il decimo posto nelle pop charts.
Max diventa popolarissimo quindi presso il pubblico degli skinheads, visita varie volte l'Inghilterra in tour nel giro di pochi mesi ed il successo viene capitalizzato dall'uscita nel 1970 del suo primo album 'A dream'. Il discusso brano avrà anche un sequel di minor successo con argomenti simili e cioè 'The Horn aka Miniskirt Vision'. Nel periodo seguente il cantante cerca di svincolarsi dal fardello creativo di 'Wet Dreams' collaborando sopratutto con il terzetto di giovani producers indipendenti formato da Bunny Lee, Niney The Observer e Lee Perry nelle loro reciproche collaborazioni come produttori.
La sua passione per la svolta socialista ‘democratica’ preconizzata dall'aspirante primo ministro Michael Manley alla vita politica giamaicana lo vede impegnarsi in supporto alla campagna elettorale del PNP che vince nel 1972 grazie alla volonta’di migliorare le condizioni della gente del ghetto. Max si connota come cantante militante con 'Ginalship', una denuncia alla corruzione della classe politica, 'No Joshua no', un ennesimo invito a Michael Manley a perseverare nella sua politica e con 'Maccabee's version', un discusso brano contro la versione 'ufficiale' della Bibbia.
Nel 1975 esce 'Revelation time', un bellissimo album autoprodotto e registrato ai Black Ark Studios di Lee Perry: in questo periodo Max impiega una cospicua parte del suo tempo come braccio destro di Lee Perry durante le leggendarie alchimie sonore di quest'ultimo ai suoi Black Ark Studios e questa collaborazione frutta nel 1976 il suo album-capolavoro 'War in a Babylon' il cui titolo richiama l’atmosfera di disordine sociale e guerra civile che regna in quel periodo nell’isola del reggae . L'album contiene probabilmente i suoi brani migliori, dalla title track a 'One step forward', 'Norman' e la bellissima 'Chase the devil'. A questo album segue l’ottimo ‘Reconstruction’, sempre pubblicato dalla Island ma prodotto dall’artista in proprio.
Da questo momento dei cambiamenti coinvolgono il reggae con la morte di Bob Marley e l'affacciarsi di un nuovo stile ed una nuova generazione di artisti e producers.
Max Romeo emigra a New York dove registra buoni lavori come 'Holding my love to you' con l' amichevole collaborazione di Keith Richards dei Rolling Stones o 'I Love My Music' , e continua ad esibirsi ed a registrare dischi anche se il suo nome è comunque legato al reggae del glorioso decennio 1969-1979.
Nei primi anni novanta torna in Giamaica ed è sempre attivo in campo musicale anche se con alterni esiti: da citare assolutamente i due albums registrati per Jah Shaka 'Fari Captain Of My Ship' e 'My Rights' ed un ottimo album registrato in UK con Mafia & Fluxi intitolato 'Selassie I Forever'. Una chicca autentica della sua discografia è il CD ‘In this time’ registrato da Max Romeo a Roma per la Satta Records in collaborazione con l’ensemble romano Tribu’ Acustica.
Dopo aver realizzato comunque ottimi lavori anche nella ultima parte della carriera, Max si congeda dal suo pubblico nel 2023 con un annunciato ultimo tour mondiale che tocca anche il nostro paese, insieme ai suoi figli Xana ed Azizzi che negli ultimi anni ha contribuito a far maturare ed a far conoscere al pubblico reggae. Saranno loro che porteranno avanti nei prossimi anni l'eredità paterna.
INTERVISTA di PIER TOSI a MAX ROMEO.
D: Avresti mai immaginato di venire in Italia a registrare in disco?
R: No, in effetti no: quando sono venuto in Italia per la prima volta non sapevo cosa aspettarmi ma dopo aver parlato con Satta ho iniziato a percepire le vibrazioni del posto e tutto quello che accadeva, cosi' sono stato io a suggerire a Pietro di fare questo progetto, perche' dopo che ho sentito Tribu' Acustica ho immaginato fosse buono mescolare la musica giamaicana al suono acustico italiano. L'idea e' affiorata perche' sono venuto qui come ospite ad una session di Satta Sound System. Loro hanno suonato questa musica, cosi' e' venuta l'idea di fare l'album.
D: Ti e' piaciuta l'esperienza con Tribu' Acustica?
R: Si, perche' e' semplice lavorare con questi ragazzi: sono gente umile. L'esperenza in studio e' stata molto buona, l'engineer e' eccellente ed e' un buon team con cui lavorare e lo puoi sentire dal risultato del disco: fantastico!!!
I ragazzi sono molto energetici, la combinazione e' stata veramente perfetta perche' io sono un maestro del music business ed e' stato facile interagire con questi ragazzi e cio' aiuta a fare le cose piu' facilmente, la loro conoscenza della musica e' ampia e hanno partecipato il progetto con la mente molto aperta.
Il bassista e' fantastico, il chitarrista solista, tutti i musicisti, la ragazza che suona flauto e fisarmonica, e' raro nel reggae, non ci sono quasi mai fisarmonica e flauto nel reggae.
D: Ora sai qualcosa in piu' sulla scena reggae italiana: ti piace il modo in cui viene vissuto il reggae qui da noi?
R: Mi piace veramente: la lingua non pare la differenza perche' sono qui e canto in inglese e parlo al pubblico in inglese e il pubblico mi risponde in inglese, cosi' talvolta quasi mi dimentico di parlare a persone che non parlano inglese. le vibrazioni sono molto forti, la gente italiana ha molta energia, immagino dipenda dal fatto di mangiare la pasta...
D: Ti piace l'elemento di folk music italiana che Tribu' Acustica ha messo nel suo sound?
R: Si, puoi percepire qualcosa di antico dal loro suono acustico.
D: Credi ci sia qualcosa in comune tra la folk music giamaicana e quella italiana? R: Se vai indietro nella storia, la Giamaica e' stata dominata dalla Spagna e la Spagna e' vicina all'Italia e le culture italiana e spagnola hanno molte corrispondenze, e questa puo' essere una cosa in comune.
D: Puoi parlarci dell'album 'Selassie I forever' che hai registrato con Mafia & Fluxi?
R: E' un altro lavoro molto spontaneo. Stavo passando in Inghilterra e io conosco Mafia & Fluxi da quando erano dei bambini, ed ho pensato sarebbe stato buono di registrare qualcosa con loro, cosi' ho avuto l'idea e abbiamo fatto 'Selassie I forever' e sta andando molto bene in UK.
D: E la tua recente ristampa con Blood & Fire?
R: Questa e' ancora un'altra cosa: quello che succede e' che l'industria del reggae sta subendo un declino a causa della musica techno e di questa moda dei deejays che sta soppiantando lo stile dei vecchi cantanti, perche' i vecchi deejays come Alcapone, U Roy, tutti questi artisti avevano un messaggio diverso da ora e non avrebbero mai predicato la violenza, degradato le donne, ora tutto e' negativo ed a causa di cio' la gente lo ha ampiamente rifiutato e invece c'e'un ritorno alla vecchia musica dagli anni sessanta e settanta, cosi' Blood & Fire ha deciso di ristampare 'Warning warning', 'Revelation time', e lo ha chiamato 'Open the iron gate' cosi' ora quel disco ha ben tre nomi.
D: Non ti piace la scena dei nuovi artisti conscious come Luciano o Tony Rebel?
R: Si, ma questi nuovi artisti conscious stanno avendo gli stessi problemi di noi vecchi artisti: la moda del momento e' questo tipo di musica che io chiamo buff baff music, e questo rappresenta un declino, una parte della nostra musica che e' la musica originale e' stata superata dalla tecnologia.
D: Noi conosciamo la tua storia e sappiamo sei sempre stato ispirato dalle sofferenze della povera gente e tu sei un Rasta dal 1969 o forse ancora prima...
R: Ho abbracciato la fede tra i tardi anni sessanta e l'inizio degli anni settanta...
D: Ed eri anche un supporter del socialismo in quel periodo...
R: Si, ho provato a supportare il socialismo democratico di Michael Manley...
D: Questo e' un argomento molto interessante: non sentivi nessuna contraddizione tra essere Rasta, sviluppare un percorso spirituale ed essere socialista? Perche' noi sappiamo che le teorie comuniste e socialiste cercavano di negare la religione...
R: Rasta non e' esattamente una religione, Rasta e' uno stile di vita, cosi' c'e' differenza. La politica ha a che fare con l'economia e tu ne devi avere parte, che tu lo voglia o no, se vuoi sopravvivere a questo mondo.
D: Durante quegli anni la musica rifletteva una certa popolarita' del socialismo in Jamaica: c'era un sound che si chiamava Socialist Roots e ci ricordiamo la famosa copertina dei Revolutionaries a Channel One con l'effige di Che Guevara. Dipendeva dalla politica culturale degli uomini del PNP o era un effetto dell'influenza cubana?
R: Nella mente della gente comune jamaicana lo stimolo era a sopravvivere, ma c'era una voglia generale di vera democrazia perche' sedici famiglie avevano in mano tutta la ricchezza del paese e il resto del paese viveva in grandi sofferenze, cosi' Michael Manley arrivo' con la sua idea di suddividere le ricchezze e questo e' il motivo per cui mi sono unito a lui. L'abbracciare un qualsiasi -ismo potesse migliorare le condizioni generali faceva parte della lotta della gente che soffriva, e quell'ambiente e' quello da cui io provenivo: non ha niente a che fare con la vera politica. Io detesto i politici, sono i parassiti della gente...
D: Probabilmente questo discorso era lo stesso dei Rasta, di cercare di fermare la fame, migliorare la situazione della gente...
R: Si, io vedevo Manley come un saggio che veniva ad aiutare la povera gente che soffriva e la sua politica per un po' ha funzionato e la gente era felice di lui, ma la democrazia non lo era, cosi' varie azioni coperte entrarono in gioco...per esempio c'era il denaro ma non c'era nulla da poter comprare perche' la democrazia controllava le merci e questo e' il modo in cui Michael Manley perse terreno tra la gente comune ed era dieci anni piu' tardi di come Marcus Garvey aveva predetto come sarebbe stato...
D: Ma qual'era la tua impressione di Manley come uomo?
R: Michael Manley era piu' di un politico, era piu' un padre per la nazione perche' molte delle cose migliori a cui il popolo giamaicano sia mai stato esposto arrivarono da Manley, l'elevazione della gente, l'educazione della gente, ad un certo punto l'educazione era gratuita ed ora tu devi pagare per mandare i tuoi bambini all'asilo, cosi' era una situazione completamente diversa, si trovava lavoro, la gente aveva lavoro e aveva un salario ma non c'era il modo di spenderlo, non c'erano auto da poter comprare, non c'era nulla nei negozi, niente cibo nei supermercati e questo veniva fatto per allontanare la gente dai concetti di Michael Manley...Michael Manley non ha fallito, ha avuto piu' successo in tanti campi di qualsiasi altro statista nella storia della Jamaica perche' ha portato una nazione con l'alfabetizzazione al 10% fino a circa il 30-40%, quindi lui non falli', lui apri' le porte ai Rasta come me. Prima c'erano posti in cui io non potevo andare senza subire le molestie della polizia, non potevo andare in giro in certi quartieri, dovevo spiegare alla polizia perche' stavo camminando li, e Michael Manley cambio' tutto questo, i Rasta non potevano entrare all'Epiphany Club o al Playboy Club, posti di gente per bene...Michael Manley cambio' tutto cio'...ma venne sabotato.
D: Fu anche la C.I.A., vero?
R: Non voglio puntare il dito, non lo so per certo ma si e' detto che questo sabotaggio si e' fatto con l'assistenza della C.I.A....
D: Pensi che lui era diverso da P.J.Patterson? (attuale Prime Minister jamaicano)
R: Si, era diverso da P.J. Patterson, nella mia mente P.J. Patterson e' un capitalista, e' l'esatto opposto di Michael Manley, tutto cio' per cui lavora oggi e' cio' che Michael Manley combatteva nel suo tempo, in questa situazione non posso dare lui alcun credito...
D: Ancora su quel periodo: sembra che per esempio Johnny Clarke non abbia fatto il successo che meritava a causa della sua militanza PNP. Alcuni produttori molto potenti nell'orbita del JLP non volevano avere rapporti con quel tipo di artisti. Hai avuto simili problemi a causa della tua militanza PNP, o hai avuto problemi, per esempio a attraversare certe aree, come militante PNP?
R: No, e non penso comunque di condividere questo discorso su Johnny Clarke e PNP: in Jamaica gli artisti non si schierano cosi' apertamente, magari cantano contro il governo se il governo non funziona. Dobbiamo stare neutrali perche' la nostra musica e' per tutta l'isola, PNP e JLP, e conoscendo Johnny Clarke...
D: Uno di questi produttori era Joe Gibbs, che dopo Bunny Lee divenne il piu' potente produttore e non voleva avere a che fare con Johnny...
R: Si, Joe Gibbs ebbe un ruolo in questa storia, ma non credo che fosse cosi' fortemente coinvolto nella politica, perche' sarebbe stato stupido a schierarsi in quel modo, se lui era del JLP, una volta che il PNP avesse avuto il potere avrebbe sicuramente sofferto le conseguenze di cio', cosi' credo questo e' un modo errato di vedere le cose.
D: Sappiamo che c'era un periodo in cui Lee Perry, Bunny Lee e Niney erano praticamente sempre insieme, presenziando tutte le loro sessions assieme e collaboravano molto attivamente tra loro e tu avevi una parte in tutto cio'. Puoi dirci qualcosa su questi tre produttori?
R: Loro erano sempre in competizione tra loro e se uno di loro aveva un grosso hit, gli altri cercavano di contrastare il successo in modo scherzoso magari ri-registrando lo stesso ritmo e usando qualche altro artista come per esempio io per fare un altro brano, questa era la loro gara, ma era piu' divertimento che rivalita'. Quando si misero insieme producendo ritmi e canzoni, gia' erano molto bravi presi individualmente, e quando si misero insieme divennero ancora piu' forti, mettevano i loro talenti in collaborazione e producevano cose assolutamente uniche.
Erano sempre buoni amici, facevano molte cose insieme, noi ci co-producevamo l'un l'altro, cose del genere, era come un unico pacchetto di artisti e produttori. Poi Bunny Lee si mise in proprio e tra Lee Perry e Niney arrivo' la rivalita' e si divisero di nuovo, Bunny Lee divenne The Aggrovator, Niney divenne The Observer e Lee Perry The Upsetter.
D: A Roma ci sara' nel 2000 il grande giubileo dei cattolici. Tu hai cantato 'Fire for the Vatican': cosa pensi di Roma ed il Papa?
R: Dunque, noi Rasta disapproviamo il modo che ha la chiesa cristiana di legarsi agli stati del mondo per opprimere la gente in nome di Dio, e la cristianita' in generale.
Tutti i paesi cristiani sono diventati i paesi al mondo dove e' esercitata la peggiore crudelta'. La Giamaica e' il paese numero uno in fatto di chiese, ci sono piu' chiese per miglio quadrato che in ogni altro paese al mondo e siamo diventati una delle piu' crudeli nazioni sulla terra. Quando c'e' un funerale la chiesa guadagna soldi, cosi' piu' gente muore e piu' denaro loro mettono insieme.
Le nazioni cristiane al mondo sono le piu' crudeli, puoi controllare tu stesso! L'America ha chiesto scusa per il suo ruolo nella deportazione e la brutalita' contro la razza nera. La chiesa invece non lo ha mai fatto e il suo coinvolgimento nella schiavitu' dei neri era molto alto. Non voglio dare alcun credito ai cristiani...
D: E cosa pensi di Gesu' Cristo? Ci sono molti Rasta che parlano contro di lui...
R: Non lo conoscono! Loro apprendono dalla Bibbia chi fu Gesu' Cristo e la Bibbia non ti dice niente su di lui. La Bibbia racconta la nascita, la morte e la resurrezione, ma la verita' su di lui e' stata eliminata dalla Bibbia perche' lui non e' un cristiano.
Cristo fu nu rivoluzionario che lotto' per i diritti della povera gente e loro lo uccisero e specularono sul suo nome per i loro interessi, questo e' il concetto di Cristo. La Bibbia non porta alcun insegnamento su Cristo, parla solo di re e profeti, ci sono diciotto anni nella vita di Cristo che sono spariti dalla struttura della Bibbia, cosi' come possono parlarmi di Cristo? Non ne sanno nulla.
D: Cosi' Rasta dice che Cristo era un profeta ed un rivoluzionario ma non un Dio...
R: Cristo non poteva essere Dio. Se lo fosse stato poteva salvarsi la vita quando lo uccidevano.
Cristo era un leader, un uomo con un messaggio, come me o qualsiasi altro uomo che sceglie di portare un messaggio alla gente. Cristo cammino' per migliaia di miglia predicando ed insegnando, poi fece un errore ed essi lo uccisero ed usarono il loro nome per il loro vantaggio. Ecco come lo vedo io: non ho letto questo. E' solo come vedo le cose.
E' scomparso lo scorso 11 aprile ad ottanta anni di età Max Romeo, un grandissimo artista reggae: la sua immortale 'War In A Babylon' (1976) intitola uno dei più grandi albums dell'era del roots reggae prodotto da Lee Scratch Perry.
Il suo vero nome era Maxie Livingston Smith ed era nato il 22 novembre 1944 nel parish di St.Ann, lo stesso che ha dato i natali ad altri giganti del reggae come Burning Spear e Bob Marley. Cresce come bambino e ragazzo reietto perchè la madre emigra negli USA ed il padre ha una nuova compagna che non lo sopporta e questo fa si che lasci la casa paterna in giovane età e si dia ad un girovagare per l'isola in cerca di occupazioni di sopravvivenza.
Si appassiona alla musica, decide di diventare un cantante ed a Kingston forma insieme a Kenneth Knight e Lloyd Shakespeare (suo fratello Robbie diventerà uno dei più grandi bassisti della storia del reggae) un gruppo vocale, ‘The Emotions’, con cui registra una decina scarsa di pezzi per il producer Ken Lack ed ottiene un buon successo nell'era del rocksteady con 'I'll Buy You A Rainbow'.
Inizia poi a registare come solista per il produttore Bunny Lee. Proprio questo tentacolare produttore lo costringe a registrare nel 1969 ‘Wet dreams’ : la costrizione deriva dal fatto che nonostante Max abbia composto il brano su commissione per Bunny Lee per cavalcare una specie di mania in auge in Giamaica per brani che colpiscano il pubblico per le loro liriche 'grevi' (il brano parla di sogni 'bagnati' di un uomo...) ma divertenti non lo percepisce come un brano adatto alla sua sensibilità. Dopo una genesi quindi problematica ‘Wet dreams’ viene però pubblicato in Inghilterra, il suo contenuto fa si che venga bandito dalla programmazione radiofonica e questo contribuisce a far si che abbia un enorme successo ed abbia come miglior risultato il decimo posto nelle pop charts.
Max diventa popolarissimo quindi presso il pubblico degli skinheads, visita varie volte l'Inghilterra in tour nel giro di pochi mesi ed il successo viene capitalizzato dall'uscita nel 1970 del suo primo album 'A dream'. Il discusso brano avrà anche un sequel di minor successo con argomenti simili e cioè 'The Horn aka Miniskirt Vision'. Nel periodo seguente il cantante cerca di svincolarsi dal fardello creativo di 'Wet Dreams' collaborando sopratutto con il terzetto di giovani producers indipendenti formato da Bunny Lee, Niney The Observer e Lee Perry nelle loro reciproche collaborazioni come produttori.
La sua passione per la svolta socialista ‘democratica’ preconizzata dall'aspirante primo ministro Michael Manley alla vita politica giamaicana lo vede impegnarsi in supporto alla campagna elettorale del PNP che vince nel 1972 grazie alla volonta’di migliorare le condizioni della gente del ghetto. Max si connota come cantante militante con 'Ginalship', una denuncia alla corruzione della classe politica, 'No Joshua no', un ennesimo invito a Michael Manley a perseverare nella sua politica e con 'Maccabee's version', un discusso brano contro la versione 'ufficiale' della Bibbia.
Nel 1975 esce 'Revelation time', un bellissimo album autoprodotto e registrato ai Black Ark Studios di Lee Perry: in questo periodo Max impiega una cospicua parte del suo tempo come braccio destro di Lee Perry durante le leggendarie alchimie sonore di quest'ultimo ai suoi Black Ark Studios e questa collaborazione frutta nel 1976 il suo album-capolavoro 'War in a Babylon' il cui titolo richiama l’atmosfera di disordine sociale e guerra civile che regna in quel periodo nell’isola del reggae . L'album contiene probabilmente i suoi brani migliori, dalla title track a 'One step forward', 'Norman' e la bellissima 'Chase the devil'. A questo album segue l’ottimo ‘Reconstruction’, sempre pubblicato dalla Island ma prodotto dall’artista in proprio.
Da questo momento dei cambiamenti coinvolgono il reggae con la morte di Bob Marley e l'affacciarsi di un nuovo stile ed una nuova generazione di artisti e producers.
Max Romeo emigra a New York dove registra buoni lavori come 'Holding my love to you' con l' amichevole collaborazione di Keith Richards dei Rolling Stones o 'I Love My Music' , e continua ad esibirsi ed a registrare dischi anche se il suo nome è comunque legato al reggae del glorioso decennio 1969-1979.
Nei primi anni novanta torna in Giamaica ed è sempre attivo in campo musicale anche se con alterni esiti: da citare assolutamente i due albums registrati per Jah Shaka 'Fari Captain Of My Ship' e 'My Rights' ed un ottimo album registrato in UK con Mafia & Fluxi intitolato 'Selassie I Forever'. Una chicca autentica della sua discografia è il CD ‘In this time’ registrato da Max Romeo a Roma per la Satta Records in collaborazione con l’ensemble romano Tribu’ Acustica.
Dopo aver realizzato comunque ottimi lavori anche nella ultima parte della carriera, Max si congeda dal suo pubblico nel 2023 con un annunciato ultimo tour mondiale che tocca anche il nostro paese, insieme ai suoi figli Xana ed Azizzi che negli ultimi anni ha contribuito a far maturare ed a far conoscere al pubblico reggae. Saranno loro che porteranno avanti nei prossimi anni l'eredità paterna.
INTERVISTA di PIER TOSI a MAX ROMEO.
D: Avresti mai immaginato di venire in Italia a registrare in disco?
R: No, in effetti no: quando sono venuto in Italia per la prima volta non sapevo cosa aspettarmi ma dopo aver parlato con Satta ho iniziato a percepire le vibrazioni del posto e tutto quello che accadeva, cosi' sono stato io a suggerire a Pietro di fare questo progetto, perche' dopo che ho sentito Tribu' Acustica ho immaginato fosse buono mescolare la musica giamaicana al suono acustico italiano. L'idea e' affiorata perche' sono venuto qui come ospite ad una session di Satta Sound System. Loro hanno suonato questa musica, cosi' e' venuta l'idea di fare l'album.
D: Ti e' piaciuta l'esperienza con Tribu' Acustica?
R: Si, perche' e' semplice lavorare con questi ragazzi: sono gente umile. L'esperenza in studio e' stata molto buona, l'engineer e' eccellente ed e' un buon team con cui lavorare e lo puoi sentire dal risultato del disco: fantastico!!!
I ragazzi sono molto energetici, la combinazione e' stata veramente perfetta perche' io sono un maestro del music business ed e' stato facile interagire con questi ragazzi e cio' aiuta a fare le cose piu' facilmente, la loro conoscenza della musica e' ampia e hanno partecipato il progetto con la mente molto aperta.
Il bassista e' fantastico, il chitarrista solista, tutti i musicisti, la ragazza che suona flauto e fisarmonica, e' raro nel reggae, non ci sono quasi mai fisarmonica e flauto nel reggae.
D: Ora sai qualcosa in piu' sulla scena reggae italiana: ti piace il modo in cui viene vissuto il reggae qui da noi?
R: Mi piace veramente: la lingua non pare la differenza perche' sono qui e canto in inglese e parlo al pubblico in inglese e il pubblico mi risponde in inglese, cosi' talvolta quasi mi dimentico di parlare a persone che non parlano inglese. le vibrazioni sono molto forti, la gente italiana ha molta energia, immagino dipenda dal fatto di mangiare la pasta...
D: Ti piace l'elemento di folk music italiana che Tribu' Acustica ha messo nel suo sound?
R: Si, puoi percepire qualcosa di antico dal loro suono acustico.
D: Credi ci sia qualcosa in comune tra la folk music giamaicana e quella italiana? R: Se vai indietro nella storia, la Giamaica e' stata dominata dalla Spagna e la Spagna e' vicina all'Italia e le culture italiana e spagnola hanno molte corrispondenze, e questa puo' essere una cosa in comune.
D: Puoi parlarci dell'album 'Selassie I forever' che hai registrato con Mafia & Fluxi?
R: E' un altro lavoro molto spontaneo. Stavo passando in Inghilterra e io conosco Mafia & Fluxi da quando erano dei bambini, ed ho pensato sarebbe stato buono di registrare qualcosa con loro, cosi' ho avuto l'idea e abbiamo fatto 'Selassie I forever' e sta andando molto bene in UK.
D: E la tua recente ristampa con Blood & Fire?
R: Questa e' ancora un'altra cosa: quello che succede e' che l'industria del reggae sta subendo un declino a causa della musica techno e di questa moda dei deejays che sta soppiantando lo stile dei vecchi cantanti, perche' i vecchi deejays come Alcapone, U Roy, tutti questi artisti avevano un messaggio diverso da ora e non avrebbero mai predicato la violenza, degradato le donne, ora tutto e' negativo ed a causa di cio' la gente lo ha ampiamente rifiutato e invece c'e'un ritorno alla vecchia musica dagli anni sessanta e settanta, cosi' Blood & Fire ha deciso di ristampare 'Warning warning', 'Revelation time', e lo ha chiamato 'Open the iron gate' cosi' ora quel disco ha ben tre nomi.
D: Non ti piace la scena dei nuovi artisti conscious come Luciano o Tony Rebel?
R: Si, ma questi nuovi artisti conscious stanno avendo gli stessi problemi di noi vecchi artisti: la moda del momento e' questo tipo di musica che io chiamo buff baff music, e questo rappresenta un declino, una parte della nostra musica che e' la musica originale e' stata superata dalla tecnologia.
D: Noi conosciamo la tua storia e sappiamo sei sempre stato ispirato dalle sofferenze della povera gente e tu sei un Rasta dal 1969 o forse ancora prima...
R: Ho abbracciato la fede tra i tardi anni sessanta e l'inizio degli anni settanta...
D: Ed eri anche un supporter del socialismo in quel periodo...
R: Si, ho provato a supportare il socialismo democratico di Michael Manley...
D: Questo e' un argomento molto interessante: non sentivi nessuna contraddizione tra essere Rasta, sviluppare un percorso spirituale ed essere socialista? Perche' noi sappiamo che le teorie comuniste e socialiste cercavano di negare la religione...
R: Rasta non e' esattamente una religione, Rasta e' uno stile di vita, cosi' c'e' differenza. La politica ha a che fare con l'economia e tu ne devi avere parte, che tu lo voglia o no, se vuoi sopravvivere a questo mondo.
D: Durante quegli anni la musica rifletteva una certa popolarita' del socialismo in Jamaica: c'era un sound che si chiamava Socialist Roots e ci ricordiamo la famosa copertina dei Revolutionaries a Channel One con l'effige di Che Guevara. Dipendeva dalla politica culturale degli uomini del PNP o era un effetto dell'influenza cubana?
R: Nella mente della gente comune jamaicana lo stimolo era a sopravvivere, ma c'era una voglia generale di vera democrazia perche' sedici famiglie avevano in mano tutta la ricchezza del paese e il resto del paese viveva in grandi sofferenze, cosi' Michael Manley arrivo' con la sua idea di suddividere le ricchezze e questo e' il motivo per cui mi sono unito a lui. L'abbracciare un qualsiasi -ismo potesse migliorare le condizioni generali faceva parte della lotta della gente che soffriva, e quell'ambiente e' quello da cui io provenivo: non ha niente a che fare con la vera politica. Io detesto i politici, sono i parassiti della gente...
D: Probabilmente questo discorso era lo stesso dei Rasta, di cercare di fermare la fame, migliorare la situazione della gente...
R: Si, io vedevo Manley come un saggio che veniva ad aiutare la povera gente che soffriva e la sua politica per un po' ha funzionato e la gente era felice di lui, ma la democrazia non lo era, cosi' varie azioni coperte entrarono in gioco...per esempio c'era il denaro ma non c'era nulla da poter comprare perche' la democrazia controllava le merci e questo e' il modo in cui Michael Manley perse terreno tra la gente comune ed era dieci anni piu' tardi di come Marcus Garvey aveva predetto come sarebbe stato...
D: Ma qual'era la tua impressione di Manley come uomo?
R: Michael Manley era piu' di un politico, era piu' un padre per la nazione perche' molte delle cose migliori a cui il popolo giamaicano sia mai stato esposto arrivarono da Manley, l'elevazione della gente, l'educazione della gente, ad un certo punto l'educazione era gratuita ed ora tu devi pagare per mandare i tuoi bambini all'asilo, cosi' era una situazione completamente diversa, si trovava lavoro, la gente aveva lavoro e aveva un salario ma non c'era il modo di spenderlo, non c'erano auto da poter comprare, non c'era nulla nei negozi, niente cibo nei supermercati e questo veniva fatto per allontanare la gente dai concetti di Michael Manley...Michael Manley non ha fallito, ha avuto piu' successo in tanti campi di qualsiasi altro statista nella storia della Jamaica perche' ha portato una nazione con l'alfabetizzazione al 10% fino a circa il 30-40%, quindi lui non falli', lui apri' le porte ai Rasta come me. Prima c'erano posti in cui io non potevo andare senza subire le molestie della polizia, non potevo andare in giro in certi quartieri, dovevo spiegare alla polizia perche' stavo camminando li, e Michael Manley cambio' tutto questo, i Rasta non potevano entrare all'Epiphany Club o al Playboy Club, posti di gente per bene...Michael Manley cambio' tutto cio'...ma venne sabotato.
D: Fu anche la C.I.A., vero?
R: Non voglio puntare il dito, non lo so per certo ma si e' detto che questo sabotaggio si e' fatto con l'assistenza della C.I.A....
D: Pensi che lui era diverso da P.J.Patterson? (attuale Prime Minister jamaicano)
R: Si, era diverso da P.J. Patterson, nella mia mente P.J. Patterson e' un capitalista, e' l'esatto opposto di Michael Manley, tutto cio' per cui lavora oggi e' cio' che Michael Manley combatteva nel suo tempo, in questa situazione non posso dare lui alcun credito...
D: Ancora su quel periodo: sembra che per esempio Johnny Clarke non abbia fatto il successo che meritava a causa della sua militanza PNP. Alcuni produttori molto potenti nell'orbita del JLP non volevano avere rapporti con quel tipo di artisti. Hai avuto simili problemi a causa della tua militanza PNP, o hai avuto problemi, per esempio a attraversare certe aree, come militante PNP?
R: No, e non penso comunque di condividere questo discorso su Johnny Clarke e PNP: in Jamaica gli artisti non si schierano cosi' apertamente, magari cantano contro il governo se il governo non funziona. Dobbiamo stare neutrali perche' la nostra musica e' per tutta l'isola, PNP e JLP, e conoscendo Johnny Clarke...
D: Uno di questi produttori era Joe Gibbs, che dopo Bunny Lee divenne il piu' potente produttore e non voleva avere a che fare con Johnny...
R: Si, Joe Gibbs ebbe un ruolo in questa storia, ma non credo che fosse cosi' fortemente coinvolto nella politica, perche' sarebbe stato stupido a schierarsi in quel modo, se lui era del JLP, una volta che il PNP avesse avuto il potere avrebbe sicuramente sofferto le conseguenze di cio', cosi' credo questo e' un modo errato di vedere le cose.
D: Sappiamo che c'era un periodo in cui Lee Perry, Bunny Lee e Niney erano praticamente sempre insieme, presenziando tutte le loro sessions assieme e collaboravano molto attivamente tra loro e tu avevi una parte in tutto cio'. Puoi dirci qualcosa su questi tre produttori?
R: Loro erano sempre in competizione tra loro e se uno di loro aveva un grosso hit, gli altri cercavano di contrastare il successo in modo scherzoso magari ri-registrando lo stesso ritmo e usando qualche altro artista come per esempio io per fare un altro brano, questa era la loro gara, ma era piu' divertimento che rivalita'. Quando si misero insieme producendo ritmi e canzoni, gia' erano molto bravi presi individualmente, e quando si misero insieme divennero ancora piu' forti, mettevano i loro talenti in collaborazione e producevano cose assolutamente uniche.
Erano sempre buoni amici, facevano molte cose insieme, noi ci co-producevamo l'un l'altro, cose del genere, era come un unico pacchetto di artisti e produttori. Poi Bunny Lee si mise in proprio e tra Lee Perry e Niney arrivo' la rivalita' e si divisero di nuovo, Bunny Lee divenne The Aggrovator, Niney divenne The Observer e Lee Perry The Upsetter.
D: A Roma ci sara' nel 2000 il grande giubileo dei cattolici. Tu hai cantato 'Fire for the Vatican': cosa pensi di Roma ed il Papa?
R: Dunque, noi Rasta disapproviamo il modo che ha la chiesa cristiana di legarsi agli stati del mondo per opprimere la gente in nome di Dio, e la cristianita' in generale.
Tutti i paesi cristiani sono diventati i paesi al mondo dove e' esercitata la peggiore crudelta'. La Giamaica e' il paese numero uno in fatto di chiese, ci sono piu' chiese per miglio quadrato che in ogni altro paese al mondo e siamo diventati una delle piu' crudeli nazioni sulla terra. Quando c'e' un funerale la chiesa guadagna soldi, cosi' piu' gente muore e piu' denaro loro mettono insieme.
Le nazioni cristiane al mondo sono le piu' crudeli, puoi controllare tu stesso! L'America ha chiesto scusa per il suo ruolo nella deportazione e la brutalita' contro la razza nera. La chiesa invece non lo ha mai fatto e il suo coinvolgimento nella schiavitu' dei neri era molto alto. Non voglio dare alcun credito ai cristiani...
D: E cosa pensi di Gesu' Cristo? Ci sono molti Rasta che parlano contro di lui...
R: Non lo conoscono! Loro apprendono dalla Bibbia chi fu Gesu' Cristo e la Bibbia non ti dice niente su di lui. La Bibbia racconta la nascita, la morte e la resurrezione, ma la verita' su di lui e' stata eliminata dalla Bibbia perche' lui non e' un cristiano.
Cristo fu nu rivoluzionario che lotto' per i diritti della povera gente e loro lo uccisero e specularono sul suo nome per i loro interessi, questo e' il concetto di Cristo. La Bibbia non porta alcun insegnamento su Cristo, parla solo di re e profeti, ci sono diciotto anni nella vita di Cristo che sono spariti dalla struttura della Bibbia, cosi' come possono parlarmi di Cristo? Non ne sanno nulla.
D: Cosi' Rasta dice che Cristo era un profeta ed un rivoluzionario ma non un Dio...
R: Cristo non poteva essere Dio. Se lo fosse stato poteva salvarsi la vita quando lo uccidevano.
Cristo era un leader, un uomo con un messaggio, come me o qualsiasi altro uomo che sceglie di portare un messaggio alla gente. Cristo cammino' per migliaia di miglia predicando ed insegnando, poi fece un errore ed essi lo uccisero ed usarono il loro nome per il loro vantaggio. Ecco come lo vedo io: non ho letto questo. E' solo come vedo le cose.
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Reggae
lunedì, aprile 14, 2025
Steve Wynn Trio (con Rodrigo D’Erasmo e Enrico Gabrielli)
12 Aprile 2025, Ristorazione Sociale, Alessandria.
L'amico e collaboratore FABIO PASQUARELLI ci regala questa entusiasta recensione del concerto di Steve Wynn Trio (con Rodrigo D’Erasmo e Enrico Gabrielli), 12 Aprile 2025, Ristorazione Sociale, Alessandria.
Un monologo, un racconto, una confidenza e un concerto: questo è ciò che Steve Wynn (storico leader dei Dream Syndicate e leggenda della musica undeground americana) ha messo in scena per il numeroso pubblico accorso nella serra della Ristorazione Sociale di Alessandria lo scorso sabato 12 aprile.
Questa formula ibrida è stata scelta del musicista per mettere in scena la sua autobiografia “Non Lo Direi Se Non Fosse Vero”, recentemente pubblicata anche in Italia da Jimenez Edizioni.
Per accompagnarlo in questa narrazione, Steve ha scelto la collaborazione di Rodrigo D’Erasmo (violino ed effetti) ed Enrico Gabrielli (tastiere, sax, flauto traverso), due dei musicisti più versatili, colti e sensibili della scena italiana contemporanea.
Il racconto a parole di Wynn inizia nei primi anni 70 in California, con l’infanzia trascorsa in un contesto sociale ancora molto influenzato dai sixties, sempre con la bussola della musica a tracciare un percorso, dal primo blues composto a nove anni alle cover degli Stones coi compagni di scuola.
Parla in tono confidenziale Steve, raccontando tutto con semplicità, mai cattedratico o egoriferito, sempre con un sorriso estatico sulle labbra.
Alcune piccole intermittenze della passione musicale giovanile l’avrebbero portato verso l’illuminazione: la puntina che scende sulla prima traccia del primo album dei Velvet Underground:
“I Velvet ti possono piacere o non piacere, magari non oggi, magari domani, magari mai, c’è fuori tanta musica per accontentare tutti. Ma se capisci i Velvet Underground sei da questa parte della storia. In quel momento, la mia vità cambiò per sempre”.
Ingresso di D’Erasmo e Gabrielli, “Sunday Morning” dolcissima e struggente tra violini, tastiere e chitarre acustiche, e Steve ad agitare lo spettro inquieto di Lou Reed.
Confesso di essermi emozionato come non mi capitava da tempo.
E poi una valigia aperta di racconti e avventure (incredibile la storia dell’allontanamento da casa per andare a Memphis a conoscere il suo idolo decaduto, Alex Chilton dei Big Star), fino ad arrivare ai Dream Syndicate e alle canzoni del loro debutto “The Days Of Wine And Roses”.
Un album registrato in una notte e mixato e ultimato in altre due, il disco in cui Steve e il suo gruppo costruirono la musica che avrebbero voluto ascoltare e che non esisteva da nessuna altra parte.
“Tell Me When It’s Over”, “That’s What You Always Say”, “When You Smile” ricevono un trattamento emozionale inedito, con Gabrielli e D’Erasmo che escono dalla zona di comfort dei loro strumenti per accompagnare Wynn in versioni notturne e rarefatte di questi piccoli classici.
Steve parla di tour, di sogni, di gioventù, di aggregazione e di quel realismo magico che solo la vita underground può dare, con le canzoni a raccordare tra di loro le storie.
Poi ancora avanti, al difficile secondo album, in cui la libertà e l’urgenza vengono in qualche modo veicolate da una grossa casa discografica, con un budget consistente e un produttore importante a fare da filtro. Il blocco creativo, i tempi che si allungano, il punk sempre più lontano.
“Medicine Show” suonata come se Steve ci avesse fatto pace introduce all’ultima parte dello spettacolo, che corrisponde allo scioglimento della band dopo l’album “Ghost Stories”, con una versione erratica del classico “Boston”.
“Lo spettacolo sta per finire questa sera perché in questa parte della storia si interrompe il libro, ma le cose sono andate avanti”.
A questo punto Wynn si lascia andare ad un bilancio della sua vita spesa a suonare, dai palchi giganteschi delle tournée con gli U2 e coi REM fino ai piccoli club, dai tempi del Paisley Underground ai dischi solisti, e alla resurrezione dei Dream Syndicate nel 2012, sempre allo stesso livello del suo pubblico, sempre attento a quanto la sua musica e le sue parole contino per chi sta giù dal palco, con un’umanità e un’empatia veramente rare.
Conclusione con “Make It Right” dal suo ultimo album.
Inchino dei musicisti, fine del concerto, fine del tour italiano.
Prima di andare (direttamente a Malpensa con un biglietto per New York) un ultimo stop al banco del merch, per prendersi cura di ognuno dei suoi fans (o sarebbe meglio chiamarli “amici”?) e dare loro l’appuntamento al “prossimo giro” dopo una serata indimenticabile.
Steve Wynn: un esempio, un gentleman, un punk.
Una menzione speciale va all’organizzatore Salvatore Coluccio, che periodicamente ci ricorda quanto la provincia abbia tutto il potenziale per uscire dalla provincia.
Un monologo, un racconto, una confidenza e un concerto: questo è ciò che Steve Wynn (storico leader dei Dream Syndicate e leggenda della musica undeground americana) ha messo in scena per il numeroso pubblico accorso nella serra della Ristorazione Sociale di Alessandria lo scorso sabato 12 aprile.
Questa formula ibrida è stata scelta del musicista per mettere in scena la sua autobiografia “Non Lo Direi Se Non Fosse Vero”, recentemente pubblicata anche in Italia da Jimenez Edizioni.
Per accompagnarlo in questa narrazione, Steve ha scelto la collaborazione di Rodrigo D’Erasmo (violino ed effetti) ed Enrico Gabrielli (tastiere, sax, flauto traverso), due dei musicisti più versatili, colti e sensibili della scena italiana contemporanea.
Il racconto a parole di Wynn inizia nei primi anni 70 in California, con l’infanzia trascorsa in un contesto sociale ancora molto influenzato dai sixties, sempre con la bussola della musica a tracciare un percorso, dal primo blues composto a nove anni alle cover degli Stones coi compagni di scuola.
Parla in tono confidenziale Steve, raccontando tutto con semplicità, mai cattedratico o egoriferito, sempre con un sorriso estatico sulle labbra.
Alcune piccole intermittenze della passione musicale giovanile l’avrebbero portato verso l’illuminazione: la puntina che scende sulla prima traccia del primo album dei Velvet Underground:
“I Velvet ti possono piacere o non piacere, magari non oggi, magari domani, magari mai, c’è fuori tanta musica per accontentare tutti. Ma se capisci i Velvet Underground sei da questa parte della storia. In quel momento, la mia vità cambiò per sempre”.
Ingresso di D’Erasmo e Gabrielli, “Sunday Morning” dolcissima e struggente tra violini, tastiere e chitarre acustiche, e Steve ad agitare lo spettro inquieto di Lou Reed.
Confesso di essermi emozionato come non mi capitava da tempo.
E poi una valigia aperta di racconti e avventure (incredibile la storia dell’allontanamento da casa per andare a Memphis a conoscere il suo idolo decaduto, Alex Chilton dei Big Star), fino ad arrivare ai Dream Syndicate e alle canzoni del loro debutto “The Days Of Wine And Roses”.
Un album registrato in una notte e mixato e ultimato in altre due, il disco in cui Steve e il suo gruppo costruirono la musica che avrebbero voluto ascoltare e che non esisteva da nessuna altra parte.
“Tell Me When It’s Over”, “That’s What You Always Say”, “When You Smile” ricevono un trattamento emozionale inedito, con Gabrielli e D’Erasmo che escono dalla zona di comfort dei loro strumenti per accompagnare Wynn in versioni notturne e rarefatte di questi piccoli classici.
Steve parla di tour, di sogni, di gioventù, di aggregazione e di quel realismo magico che solo la vita underground può dare, con le canzoni a raccordare tra di loro le storie.
Poi ancora avanti, al difficile secondo album, in cui la libertà e l’urgenza vengono in qualche modo veicolate da una grossa casa discografica, con un budget consistente e un produttore importante a fare da filtro. Il blocco creativo, i tempi che si allungano, il punk sempre più lontano.
“Medicine Show” suonata come se Steve ci avesse fatto pace introduce all’ultima parte dello spettacolo, che corrisponde allo scioglimento della band dopo l’album “Ghost Stories”, con una versione erratica del classico “Boston”.
“Lo spettacolo sta per finire questa sera perché in questa parte della storia si interrompe il libro, ma le cose sono andate avanti”.
A questo punto Wynn si lascia andare ad un bilancio della sua vita spesa a suonare, dai palchi giganteschi delle tournée con gli U2 e coi REM fino ai piccoli club, dai tempi del Paisley Underground ai dischi solisti, e alla resurrezione dei Dream Syndicate nel 2012, sempre allo stesso livello del suo pubblico, sempre attento a quanto la sua musica e le sue parole contino per chi sta giù dal palco, con un’umanità e un’empatia veramente rare.
Conclusione con “Make It Right” dal suo ultimo album.
Inchino dei musicisti, fine del concerto, fine del tour italiano.
Prima di andare (direttamente a Malpensa con un biglietto per New York) un ultimo stop al banco del merch, per prendersi cura di ognuno dei suoi fans (o sarebbe meglio chiamarli “amici”?) e dare loro l’appuntamento al “prossimo giro” dopo una serata indimenticabile.
Steve Wynn: un esempio, un gentleman, un punk.
Una menzione speciale va all’organizzatore Salvatore Coluccio, che periodicamente ci ricorda quanto la provincia abbia tutto il potenziale per uscire dalla provincia.
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Concerti
sabato, aprile 12, 2025
The In Crowd: Mod Fashion & Style 1958-1966
Al Brighton Museum & Art Gallery dal 10.05.25 al 04.01.26 si terrà la mostra "The In Crowd: Mod Fashion & Style 1958-1966" a cura di Roger K.Burton, stilista e creativo (colui che provvide all'estetica dei mod per il film "Quadrophenia").
I dettagli:
https://brightonmuseums.org.uk/the-in-crowd-mod-fashion-style-1958-66/
"The Mods created a lifestyle, it was a cultural movement that remained relevant for generations.
What started as a youthful rebellion in post-war Britain became a global phenomenon.
This exhibition will show how that spirit still influences fashion today."
Roger K Burton
Thanx Fabio Tintore
I dettagli:
https://brightonmuseums.org.uk/the-in-crowd-mod-fashion-style-1958-66/
"The Mods created a lifestyle, it was a cultural movement that remained relevant for generations.
What started as a youthful rebellion in post-war Britain became a global phenomenon.
This exhibition will show how that spirit still influences fashion today."
Roger K Burton
Thanx Fabio Tintore
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Mods
Ringo Starr, batterista a Genova
Martedì prossimo alle 18, "Ringo Starr, batterista" (Edizioni LOW) approda ai Giardini Luzzati di Genova.
Al mio fianco Diego Curcio.
https://www.facebook.com/events/657670316865650
📣CHAAAAARLAS DEL MARTEDì🔥
🔴MARTEDì 15 APRILE
📌H 18.00
➡️AUDITORIUM G. CARLINI / AREA ARCHEOLOGICA - GIARDINI LUZZATI
(+ PODCAST su www.gooodmorninggenova.org e su GoodMorning Genova APP)
OSPITE GRADITISSIMO, il grande ANTONIO BACCIOCCHI.
In dialogo con #DiegoCurcio, #AntonioBacciocchi rifletterà intorno al suo ultimo saggio, "Ringo Starr, batterista".
Ma l'incontro sarà anche occasione per spaziare nel mondo della musica, dei libri, delle sottoculture, tra passato, presente e futuro.
IL 3 maggio a Cremona
https://www.facebook.com/events/s/il-cortile-del-vinile-mercatin/637225919200572
Il 14 maggio a Bologna
https://www.facebook.com/events/s/presentazione-ringo-starr-batt/1946906045715156/
Il 24 maggio allo Stella Nera di Modena
https://www.facebook.com/events/1873083363229840
Al mio fianco Diego Curcio.
https://www.facebook.com/events/657670316865650
📣CHAAAAARLAS DEL MARTEDì🔥
🔴MARTEDì 15 APRILE
📌H 18.00
➡️AUDITORIUM G. CARLINI / AREA ARCHEOLOGICA - GIARDINI LUZZATI
(+ PODCAST su www.gooodmorninggenova.org e su GoodMorning Genova APP)
OSPITE GRADITISSIMO, il grande ANTONIO BACCIOCCHI.
In dialogo con #DiegoCurcio, #AntonioBacciocchi rifletterà intorno al suo ultimo saggio, "Ringo Starr, batterista".
Ma l'incontro sarà anche occasione per spaziare nel mondo della musica, dei libri, delle sottoculture, tra passato, presente e futuro.
IL 3 maggio a Cremona
https://www.facebook.com/events/s/il-cortile-del-vinile-mercatin/637225919200572
Il 14 maggio a Bologna
https://www.facebook.com/events/s/presentazione-ringo-starr-batt/1946906045715156/
Il 24 maggio allo Stella Nera di Modena
https://www.facebook.com/events/1873083363229840
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I me mine
venerdì, aprile 11, 2025
Indica Gallery
Barry Miles, John Dunbar, Marianne Faithfull, Peter Asher, Paul McCartney (Graham Keen)
Entrata nella storia in quanto luogo del primo incontro tra John Lennon e Yoko Ono, la Indica Gallery nacque nel novembre 1965 (il nome era un tributo a una varietà di marijuana) a Mason's Yard (vicino a Duke Street), St James's, Londra, nel seminterrato dell'Indica Bookshop.
Era di proprietà di John Dunbar, Peter Asher (del duo Peter and Gordon) e Barry Miles (che costituirono la società MAD, Miles Asher and Dunbar Ltd), sostenuta finanziariamente da Paul McCartney (ai tempi fidanzato di Jane Asher la sorella di Peter) e che McCartney contribuì a disegnare i volantini utilizzati per pubblicizzare l'apertura e ne disegnò anche la carta da regalo.
L'Indica aveva stretti legami con il rock 'n'roll, oltre al ruolo di Peter (musicista e in ovvio stretto legame con Paul McCartney, John Dunbar era al tempo sposato con Marianne Faithfull.
Barry Miles:
"Prestavo a Paul riviste e libri che pubblicavano materiale della Beat generation o d'avanguardia come Samuel Beckett, John Cage, jack Kerouac, William Burroughs, Jean Genet. In quel periodo Paul era quello legato all'avanguardia. Mentre John Lennon se ne stava a casa nei sobborghi di Londra, Paul e jane andavano alle anteprime e alle serate d'inaugurazione.
Nel mio appartamento Paul ascoltava dischi della Blue Beat e "Interdeterminacy" di John Cage.
Amava John Cage e Karlheinz Stockhausen, conosceva paesaggi sonori per i quali nessun altro dei Beatles nutriva il più blando interesse."
Dall' 8 al 18 novembre 1966 si tenne la mostra di Yoko Ono "Unfinished Paintings", a cui presenziò anche Lennon, ma sbagliando giorno e arrivando il 7, durante i preparativi. Fu il primo incontro tra i due e il colpo di fulmine.
La Indica chiuse nel 1967.
Era di proprietà di John Dunbar, Peter Asher (del duo Peter and Gordon) e Barry Miles (che costituirono la società MAD, Miles Asher and Dunbar Ltd), sostenuta finanziariamente da Paul McCartney (ai tempi fidanzato di Jane Asher la sorella di Peter) e che McCartney contribuì a disegnare i volantini utilizzati per pubblicizzare l'apertura e ne disegnò anche la carta da regalo.
L'Indica aveva stretti legami con il rock 'n'roll, oltre al ruolo di Peter (musicista e in ovvio stretto legame con Paul McCartney, John Dunbar era al tempo sposato con Marianne Faithfull.
Barry Miles:
"Prestavo a Paul riviste e libri che pubblicavano materiale della Beat generation o d'avanguardia come Samuel Beckett, John Cage, jack Kerouac, William Burroughs, Jean Genet. In quel periodo Paul era quello legato all'avanguardia. Mentre John Lennon se ne stava a casa nei sobborghi di Londra, Paul e jane andavano alle anteprime e alle serate d'inaugurazione.
Nel mio appartamento Paul ascoltava dischi della Blue Beat e "Interdeterminacy" di John Cage.
Amava John Cage e Karlheinz Stockhausen, conosceva paesaggi sonori per i quali nessun altro dei Beatles nutriva il più blando interesse."
Dall' 8 al 18 novembre 1966 si tenne la mostra di Yoko Ono "Unfinished Paintings", a cui presenziò anche Lennon, ma sbagliando giorno e arrivando il 7, durante i preparativi. Fu il primo incontro tra i due e il colpo di fulmine.
La Indica chiuse nel 1967.
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Beatles,
Cultura 60's
giovedì, aprile 10, 2025
I Beatles e il Preludin

Per volere di Brian Epstein, rigido e attento manager, gli "anni selvaggi" dei Beatles furono totalmente cancellati dalla storia, a favore della nota immagine pulita e sorridente che accompagnò i primi anni di successi.
In particolare il periodo trascorso ad Amburgo, a suonare davanti (e con) prostitute, gangsters, malavitosi, ubriachi e tossici, "scomparvero" dalla biografia della band.
Il biografo Mark Lewisohn ha calcolato che i Beatles suonarono nella città tedesca per 39 settimane dall'agosto 1960 al dicembre 1962 per circa 1.110 concerti con il record di 415 ore in 14 settimane.
Nel 1961 suonarono 98 concerti di fila, spesso dalle 7 di sera alle 7 di mattina (di conseguenza non si trattava di UN solo concerto ma di una serie infinita o quasi).
Una foto, sopra riportata, ritrae i Beatles (ancora con Pete Best) che esibiscono contenti e soddisfatti (strafatti?) alcuni contenitori di PRELUDIN, amfetamine che usavano in abbondanza per suonare otto ore al giorno tutti i giorni ad Amburgo.
Epstein chiese all'autore di evitare in ogni modo la pubblicazione dell'istantanea.
Che uscì solo nel 1975, cinque anni dopo lo scioglimento.
Ho incominciato con le droghe a 17 anni, quando diventai un musicista. L'unico modo per sopravvivere ad Amburgo, suonando otto ore a notte erano le pillole.
(John Lennon)
Ad Amburgo i camerieri e i musicisti prendevano sempre il Preludin per poter rimanere svegli tutta notte.
Non pensavamo di fare qualcosa di male.
Le pillole ti tenevano sveglio, ti rimettevano in sesto e continuavi a suonare senza sosta. Birra e Preludin, vivevamo di quello.
(Ringo Starr)
Il Preludin e altri eccitanti ce li davano i gangster amburghesi.
Gente di 30 anni che sembrava averne cinquanta. A volte ci prendevano in giro per il nostro aspetto e per il nostro nome ma suonavamo davanti a gente armata, picchiatori, assassini.
(Paul McCartney)
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Beatles
mercoledì, aprile 09, 2025
Perigeo (Special) - Alice
Nel 1980 il PERIGEO, tra le migliori band di jazz rock italiane dei 70’s, realizza, con il nome di PERIGEO SPECIAL (sostanzialmente la stessa formazione del progetto originale, scioltosi ufficialmente nel 1977) e l'aiuto di una serie di importanti amici, un concept album sulla storia di “Alice nel paese delle meraviglie”, rapportata in chiave moderna.
Ad aiutare la band ospiti speciali come Lucio Dalla, Anna Oxa, Rino Gaetano, Maria Monti, Nino Buonocore, Jenny Sorrenti, Ivan Cattaneo.
Il doppio album spazia tra una jazz fusion solare, eseguita alla perfezione e a tratti spettacolare e brani più pop ("Al bar dello sport" con la voce di Rino Gaetano), conditi da atmosfere funk ("Tea party" con Dalla e Oxa in brillante duetto), la cavalcata strumentale super fusion de "Il festival" e un buona dose di rock.
Gran finale corale e da musical con tutti gli ospiti in "Confusione, gran Confusione (Ovvero il processo)".
Progetto godibile e ricco di ottimi spunti, tuttora molto interessante sia a livello creativo, compositivo, esecutivo.
Il disco non ebbe particolare successo e l'anno dopo la band di riformò come New Perigeo con il bassista Giovanni Tommaso e nuovi componenti.
Ad aiutare la band ospiti speciali come Lucio Dalla, Anna Oxa, Rino Gaetano, Maria Monti, Nino Buonocore, Jenny Sorrenti, Ivan Cattaneo.
Il doppio album spazia tra una jazz fusion solare, eseguita alla perfezione e a tratti spettacolare e brani più pop ("Al bar dello sport" con la voce di Rino Gaetano), conditi da atmosfere funk ("Tea party" con Dalla e Oxa in brillante duetto), la cavalcata strumentale super fusion de "Il festival" e un buona dose di rock.
Gran finale corale e da musical con tutti gli ospiti in "Confusione, gran Confusione (Ovvero il processo)".
Progetto godibile e ricco di ottimi spunti, tuttora molto interessante sia a livello creativo, compositivo, esecutivo.
Il disco non ebbe particolare successo e l'anno dopo la band di riformò come New Perigeo con il bassista Giovanni Tommaso e nuovi componenti.
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martedì, aprile 08, 2025
Mappature fanzines italiane 1980/1989
Segnalo un'iniziativa pregevole e interessantissima che sta catalogando le fanzines italiane uscite tra il 1980 e il 1989.
Il lavoro è ovviamente in corso d'opera e continua implementazione.
Sono quindi graditi contributi di ogni tipo in merito.
Da mandare qui: capitmundi@paolopalmacci.it.
https://www.paolopalmacci.it/capitmundi/fanzinet.html
Questa è una mappatura della Rete delle Fanzine italiane originate dalla subcultura punk/nuovo rock negli anni 80.
Nell’Era del Telefono Fisso e del Francobollo (del Cinghiale Bianco?), ogni fanzine era un “nodo” di una rete analogica, aveva un indirizzo fisico (via, numero civico, CAP e città) che fungeva, di fatto, come funziona oggi un indirizzo IP ed anche se usava protocolli basici ed essenziali (gettoni e francobolli) nulla - davvero nulla secondo me - aveva da invidiare all’attuale world wide web proprio perchè, comunque, non era contraddistinta dall’immaterialità, neanche di base: questi collage di immagini e testi scritti a mano e/o battuti a macchina, ciclostilati o fotocopiati, si concretizzavano in oggetti creati manualmente, quindi quasi sempre del tutto artigianali, che rendevano stupefacentemente possibile una interconnessione finanche capillare con conseguente interscambio creativo tra le persone e tra le varie scene musicali/artistiche da queste spontaneamente costituite.
E la materialità, comunque, è ineludibile, imprescindibile (purtroppo da un lato, per fortuna dall’altro) per noi che siamo corpo, oltre che mente. Sulla materia, pertanto, per forza di cose, si basa qualsivoglia umano (troppo, direbbe il filosofo) tentativo di astrazione. Quindi ineludibile ed imprescindibile come modalità di conoscenza del mondo: ed oggi ben sappiamo, infatti, quali siano i danni che la smaterializzazione dell’esperienza conoscitiva ha comportato e sta comportando. A qualsiasi livello. Ma se ne parlerà meglio più avanti qui su Capit Mundi?
Oltre ciò, un’altra differenza (anche questa, ritengo, a tutto vantaggio della FanziNet) è che, comunque, trattandosi di modalità di interconnessione ‘analogicissime’ pertanto lentissime (ricordiamoci che una lettera impiegava giorni ad arrivare e la risposta altrettanti e quanto costava una telefonata extraurbana per cui la si effettuava molto di rado! dovevamo anche girare zavorrati di queste medaglie di alpacca o bronzo...) ciò costituiva un incentivo (quel "bisogna bi-sognare" già citato e per me una verità incontrovertibile) a scendere fisicamente in strada per incontrarsi e per comunicare, ad andare sempre fisicamente ad eventi che altrimenti non si aveva certamente altre modalità (come accade altresì oggi) di fruire.
Si tratta, in definitiva, di quel concetto di "umanità" che in gran parte è già andato perso e che siamo destinati a perdere del tutto in un futuro oramai non troppo lontano.
Grazie a Daniele Briganti "Le Fanzine", Enri1968" Sull'Amaca" e G. Longega "Italia Und New Wave" per il notevole lavoro che hanno già svolto e che costituisce fortunatamente il punto di partenza di questa mappatura.
Il lavoro è ovviamente in corso d'opera e continua implementazione.
Sono quindi graditi contributi di ogni tipo in merito.
Da mandare qui: capitmundi@paolopalmacci.it.
https://www.paolopalmacci.it/capitmundi/fanzinet.html
Questa è una mappatura della Rete delle Fanzine italiane originate dalla subcultura punk/nuovo rock negli anni 80.
Nell’Era del Telefono Fisso e del Francobollo (del Cinghiale Bianco?), ogni fanzine era un “nodo” di una rete analogica, aveva un indirizzo fisico (via, numero civico, CAP e città) che fungeva, di fatto, come funziona oggi un indirizzo IP ed anche se usava protocolli basici ed essenziali (gettoni e francobolli) nulla - davvero nulla secondo me - aveva da invidiare all’attuale world wide web proprio perchè, comunque, non era contraddistinta dall’immaterialità, neanche di base: questi collage di immagini e testi scritti a mano e/o battuti a macchina, ciclostilati o fotocopiati, si concretizzavano in oggetti creati manualmente, quindi quasi sempre del tutto artigianali, che rendevano stupefacentemente possibile una interconnessione finanche capillare con conseguente interscambio creativo tra le persone e tra le varie scene musicali/artistiche da queste spontaneamente costituite.
E la materialità, comunque, è ineludibile, imprescindibile (purtroppo da un lato, per fortuna dall’altro) per noi che siamo corpo, oltre che mente. Sulla materia, pertanto, per forza di cose, si basa qualsivoglia umano (troppo, direbbe il filosofo) tentativo di astrazione. Quindi ineludibile ed imprescindibile come modalità di conoscenza del mondo: ed oggi ben sappiamo, infatti, quali siano i danni che la smaterializzazione dell’esperienza conoscitiva ha comportato e sta comportando. A qualsiasi livello. Ma se ne parlerà meglio più avanti qui su Capit Mundi?
Oltre ciò, un’altra differenza (anche questa, ritengo, a tutto vantaggio della FanziNet) è che, comunque, trattandosi di modalità di interconnessione ‘analogicissime’ pertanto lentissime (ricordiamoci che una lettera impiegava giorni ad arrivare e la risposta altrettanti e quanto costava una telefonata extraurbana per cui la si effettuava molto di rado! dovevamo anche girare zavorrati di queste medaglie di alpacca o bronzo...) ciò costituiva un incentivo (quel "bisogna bi-sognare" già citato e per me una verità incontrovertibile) a scendere fisicamente in strada per incontrarsi e per comunicare, ad andare sempre fisicamente ad eventi che altrimenti non si aveva certamente altre modalità (come accade altresì oggi) di fruire.
Si tratta, in definitiva, di quel concetto di "umanità" che in gran parte è già andato perso e che siamo destinati a perdere del tutto in un futuro oramai non troppo lontano.
Grazie a Daniele Briganti "Le Fanzine", Enri1968" Sull'Amaca" e G. Longega "Italia Und New Wave" per il notevole lavoro che hanno già svolto e che costituisce fortunatamente il punto di partenza di questa mappatura.
lunedì, aprile 07, 2025
Beat = Punk ?
Un interessante articolo uscito in tempo reale (aprile 1978) sulle similitudini tra punk e beat. Lungimirante, preciso e competente coglie, pur con qualche ingenuità, molti aspetti di cui si parlò diffusamente solo in seguito e che dimostra come comunque anche da noi l'attenzione al "nuova ondata" fosse comunque piuttosto presente.
Negli ultimi tempi abbiamo avuto diverse occasioni di parlare con giovanissimi punkies che, a causa della loro età, ammettevano candidamente di non conoscere altri tipi di musica all’infuori di quella che i mass media ci propinano al giorno d’oggi (rockin tutte le salse, punk, cantautori, un po’ di west coast e di rock jazz).
In particolare il sottoscritto si è sentito porre più volte una domanda diventata ormai tradizionale: “Tutti parlano di certi rapporti esistenti tra il punk e il vecchio beat: secondo te queste “somiglianze” esistono veramente o sono frutto della fertile mente di qualche “addetto ai lavori”particolarmente ricco di fantasia”? Ovviamente il quesito era posto in termini un tantino meno eleganti ma il senso era questo.
Dovendo realizzare un intero inserto sul beat inglese, abbiamo perciò ritenuto opportuno cogliere l’occasione per cercare di chiarire sia pure a grandi linee, il rapporto beat-punk, sottolineando le similitudini più clamorose esistenti tra i due generi musicali (ma sia l’uno che l’altro devono essere considerati soprattutto espressioni di un “movimento” molto più vasto e fondamentalmente extramusicale).
Cominciamo con la musica vera e propria: chiunque conosca, sia pure superficialmente, i maggiori successi dell’era beat (63/67) avrà senz’altro notato che molti brani di gruppi punk come Ramones, Talking Heads, Jam etc non possono essere considerati del tutto originali.
I Jam in particolare devono molto agli Who: basta ascoltare i loro due LP (“In the city” e “This is a modern world”) per rendersene conto.
Eddie & the Hot Rods (che non sono punk ma che comunque fanno parte della new wave) sono andati addirittura oltre, inserendo nel loro repertorio brani dei sopraccitati Who (“Kids are alright”).
Stesso discorso vale per gli americani Flamin Groovies (altra band assolutamente non punkma sempre facente parte della nuova ondata) che , soprattutto con il loro LP più recente “Shake some action”, dimostrano di dovere moltissimo al “caro vecchio beat”, alternando vecchi hit dell’epoca (“Misery” ad esempio) a composizioni originali ma chiaramente legate ai classici dei Beatles e degli altri gruppi di Manchester, Liverpool etc.
Tralasciando ora l’aspetto strettamente musicale, non si può fare a meno di notare come, a distanza di oltre dieci anni, ricomincino a spuntare un po’ ovunque nuovi gruppi formati da giovani di belle speranze (anche se non preparatissimi dal punto di vista tecnico); il punk rock , così come a suo tempo il beat, raccoglie numerosi proseliti tra le migliaia di “strumentisti in erba” che , chiusi nella propria cameretta, alternano lo studio delle materie scolastiche a lunghe “strimpellate” generalmente poco gradite ai vicini di casa. In ogni città, addirittura in ogni quartiere, agiscono ormai almeno due o tre gruppi formati da adolescenti forniti di chitarre elettriche e batterie da pochi soldi ma, nel contempo, dotati di entusiasmo autentico, ragazzini che vogliono suonare la propria musica, sfogarsi, scaricare la tensione che, in una società come la nostra, si può accumulare anche all’età di 14/15anni, pur non avendo “sulle spalle” il peso di una famiglia da mantenere o il pensiero del’affitto da pagare.
Né più né meno come succedeva 10/12 anni fa, solo che allora i giovani BEAT portavano, come segno distintivo, capelli lunghi e stivaletti mentre oggi i “punkies” ostentano capigliature”normali” (?) e scarpe da tennis.
Ma torniamo al profilo tecnico del…problema: gran parte dei gruppi punk presenta la tipica formazione beat: chitarra, basso e batteria. La chitarra ritmica è stata finalmente rivalutata (molte bands infatti sono tornate alle due chitarre, una solista e una d’accompagnamento), sono persino tornate di moda le Rickenbacker (marca di chitarre e bassi particolarmente cara ai primi Beatles e ai Byrds) e l’elenco potrebbe continuare.
Si dirà che, in fondo, si tratta di sfumature ma secondo noi non è così ricordiamoci che per costruire un grande palazzo occorrono tanti piccoli mattoni.
Mauro Eusebi
BEST aprile 1978
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