lunedì, dicembre 22, 2025

Libri musicali 2025

Una selezione di un trentina di libri a sfondo musicale letti nel 2025.

Daniele Miglietti, Francesca Alfano Miglietti "FAM" - Yoko Ono. Brucia questo libro dopo averlo letto
Raramente un personaggio è stato così detestato, addirittura odiato, incolpato della più grande delle nefandezze nella storia del pop/rock, lo scioglimento dei Beatles.
Retrospettivamente è però invece lecito chiedersi chi dei due ci ha rimesso di più nel legame indissolubile tra Yoko Ono e John Lennon.
Contro ogni vulgata è stata probabilmente la grande artista giapponese che, da pionieristica icona della sperimentazione e dell'avanguardia, è stata derubricata per sempre a stramba (l'epiteto più gentile nei suoi confronti) compagna di una delle più grandi rockstar di tutti i tempi.
Il libro “Yoko Ono. Brucia questo libro dopo averlo letto” di Francesca Alfano Miglietti (FAM) e Daniele Miglietti per Shake Edizioni, confuta con facilità questa tesi, facendo luce, puntigliosa e competente, sull'operato artistico di Yoko Ono, smontando, contestualizzando e analizzando la sua opera, tutte le sciocche dicerie che hanno avvelenato la relazione con John e la sua vita.
Sottolineando ad esempio che “mentre Ono era a fianco di John Cage e Marcel Duchamp, i Beatles sudavano e prendevano anfetamine vestiti di pelle nera in oscuri club di Amburgo” e quando i Fab Four abbozzavano i primi timidi tentativi di uscire dalla bolla di gruppo adolescenziale in “Help”, nel 1965, lei “era intenta a disorientare il pubblico della Carnegie Hall di New York con composizioni spiazzanti”.
Il libro si addentra minuziosamente nell'intera opera di Yoko Ono, partendo dalle prime sperimentazioni con il gruppo Fluxus, facendo agli albori degli anni Sessanta “del femminismo, dell'uguaglianza tra le razze e della compassione tra tutte le creature, la propria personale ragion di essere”.
John Lennon ammise sempre quanto fosse cristallina la loro relazione: “Il nostro rapporto è davvero di professore e allievo. Sono io che ho la notorietà, ma è lei che mi ha insegnato tutto”.
I Beatles finirono (già qualche tempo prima dell'annuncio ufficiale) semplicemente perché si era concluso il loro incredibile ciclo artistico, Yoko non ne ebbe alcuna responsabilità.
Era John che la voleva sempre accanto, non lei a volersi intrufolare negli affari della band.
Un testo esaustivo, ricchissimo di informazioni, quanto è stata l'attività artistica (e, anche, molto influente, quella musicale, vedi B52's, Sonic Youth, Flaming Lips, il giro Riot Grrrl) di Ono, della quale si comprende la grandezza intellettuale e la statura culturale di un personaggio che “non è mai assurto al prestigio di icona pop...la prova incontrovertibile e tangibile del radicalismo della sua poetica”.
"Icona anticipatrice dell'arte concettuale e partecipativa, Yoko Ono lascia un gesto indelebile nella cultura contemporanea, tracciata dal suo forte attivismo per la pace quanto dalla sua operosità per l'ambiente, il femminismo, la musica, il cinema e le rappresentazioni.
"Molte delle idee di Yoko Ono non sono pensate per essere esposte.Sono più come esperimenti mentali. Molti hanno dei preconcetti su Yoko Ono, ma una volta che li superano e guardano davvero ciò che ha effettivamente prodotto, iniziano a capire che grande artista sia in realtà.".
"Già negli anni Cinquanta Yoko Ono aveva sperimentato tra i confini di musica, performance, poesia e arte visiva".

Moon Unit Zappa - Terra chiama Luna. Un viaggio folle e sincero con un padre di nome Frank Zappa
La questione è stata ampiamente dibattuta e risulta ormai quasi banale, tante sono le volte che è stata approfondita. Ovvero quanto la figura dell'artista sia compatibile o accostabile a quella dell'essere umano che la rappresenta.
Di fronte al genio del nostro musicista preferito o comunque unanimemente osannato, può tranquillamente passare in secondo piano un eventuale profilo umano discutibile o perfino deprecabile?
Influisce il suo comportamento privato con l'arte espressa nella sua musica? O sono due elementi completamente separati?
Moon Unit Zappa è la primogenita di Frank Zappa, monumento della musica del Novecento, sperimentatore, provocatore, innovatore e tantissimo altro. Cresciuta all'ombra dell'ingombrante, egocentrica, anaffettiva, fino alla crudeltà, figura paterna, ne rende una devastante testimonianza nella sua recente autobiografia “Terra chiama Luna”, edita da Mondadori, tradotta da Gianni Pannofino.
Non meglio era la madre, Gail Sloatman che sposò Zappa nel 1967, poco prima di mettere al mondo Moon Unit. Le vicende narrate nel libro ci portano in territori di abusi psicologici (talvolta anche fisici) di estrema ferocia, peraltro assolutamente ingiustificata nei confronti della figlia e dei suoi successivi due fratelli (Dweezil e Ahmet) e la sorella (Diva).
A tratti le situazioni sono insopportabili, per quanto l'autrice riesca sempre ad alleggerire, spesso con buone dosi di (auto)ironia, lo sdegno a fronte di certi episodi. Frank Zappa ne esce come un personaggio esclusivamente concentrato sul suo lavoro, quasi mai incline a un gesto d'affetto o alla benché minima considerazione per i figli e la moglie, succube e rassegnata al suo strapotere, disposta a perdonare i suoi palesi e ripetuti tradimenti.v O è confinato nel suo studio, dal tardo pomeriggio alle prime ore della mattina o impegnato in lunghi tour intorno al mondo, che lo rendono pressoché sempre assente dalla vita affettiva e famigliare.
Gail (Moon sottolinea di averli sempre chiamati per nome, praticamente mai “mamma” o “papà”) sfoga la sua frustrazione sui figli, la primogenita in particolare.
L'aspetto più destabilizzante è che può essere protagonista anche di atti di grande amore e magnanimità, improvvisi, decontestualizzati, poi annientati da momenti di pura e semplice cattiveria gratuita.
La bambina Moon cresce in un ambiente anarchico e caotico, in cui genitori (ma non solo) girano nudi, le GTOs' (il gruppo di groupie care a Zappa) saltellano in casa in abiti comunque sempre succinti (pur se molto amorevoli con lei), l'amante neozelandese di Frank soggiorna a lungo tra le mura domestiche, facendo ovviamente impazzire la moglie (che si “divide” anche con un'altra amante europea di Zappa che minaccia spesso di raggiungere e abbandonare la famiglia).
“Una variegata coorte di sognatori libidinosi, tizi strampalati, sbandati e ruffiani viene da noi per scroccare a ciclo continuo. Io porto ancora il ciuccio appeso al collo, che mi dà un senso di sicurezza e non so mai chi è affidabile e chi no, chi si scopa mio padre e chi no.
Le stanze sono pervase dell'afrore di uomini e donne che ballano sui ripiani della cucina.
Il nostro giardino sul retro è pieno di oleandri, edere, sanguinella, merda di cane, vecchi cartoni del latte e cera che profuma di garofano. Non mi piace vedere sconosciuti nel nostro giardino che fanno acrobazie o si mettono a produrre candele, nudi, vicini ai miei giocattoli.
I miei piedi cominciano a guarire dopo che due signore che dovevano prendersi cura di me hanno lasciato che me li ustionassi su un termosifone”. Nel 1982, a 14 anni, viene proiettata nello show business da un brano del padre, “Valley Girl”, con il quale vuole ridicolizzare il mondo della San Fernando Valley, dove la famiglia viveva.
Moon imita il tipico accento, lessico e argomentazioni delle sue coetanee del luogo.
La canzone arriverà nella top 40 americana, il risultato più alto ottenuto nella carriera di Zappa, che ne resterà particolarmente contrariato, trattato come “artista emergente” e autore di canzoncine divertenti. Peraltro ci vorrà tempo e l'ausilio della madre per attribuire parte dei diritti anche a Moon, contro il parere di Frank.
La ragazza diventa famosa, appare spesso in televisione, tra interviste e ospitate. Troppo e troppo presto, ne rimarrà quasi schiacciata. Alla ricerca di un equilibrio e di una vita che non fosse legata alla figura paterna, Moon trova lavoro come conduttrice televisiva e come comparsa e piccoli ruoli in film e serie televisive.
La morte di Frank Zappa, nel 1993, per cancro, sarà un lungo e lento calvario, anche in questo caso ricco di sgarbi e bassezze tra i membri della famiglia.
Ma il peggio arrivò successivamente.
Gail tenne nascosto ai figli le disposizioni di Frank che avrebbe voluto un'equa divisione del suo patrimonio tra i cinque eredi, si intestò tutto, finendo anche in abissi debitori, problemi con le case discografiche, cause legali, spesso finite male, una gestione del materiale rimasto inedito spesso schizofrenica e inadeguata.
I figli ne furono travolti ed entrarono in conflitto tra loro, anche a causa di assegnazioni arbitrarie dei beni fisici di Zappa, dai dischi alle chitarre.
Ancora di più quando nel 2015, alla morte della madre (“non ha mai abbandonato il suo posto di comando in battaglia, anche se ha contribuito a perpetrare la guerra”), furono disposte quote differenti, attribuendo il 30% agli ultimi arrivati Ahmet e Diva e il 20% a Dweezil e Moon ma con la clausola che fosse Ahmet il gestore e che una divisione dei compensi sarebbe stata possibile solo quando la società che gestiva i diritti sarebbe tornata in attivo (gli errati investimenti di Gail avevano portato a un buco di parecchi milioni di dollari). Anche in questo caso piovono cause e querele, le loro vite si allontanano sempre di più.
“Sto imparando che che nulla può spingere certe persone ad amare. Io sono una cifra, una spesa, un guadagno, una perdita, una controparte con cui negoziare. Non siamo una famiglia: siamo un'azienda camuffata da famiglia...dopo una vita passata a firmare documenti in cui si proclamava la nostra uguaglianza – una vita che credevo ispirata a un'idea di famiglia che ci impegnava tutti, una vita passata ad affermare principi che all'improvviso, con uno slittamento tettonico, si trasformano nel loro opposto – mi sento così tradita da non riuscire a pensare e parlare.”
La vita di Moon prosegue tra un matrimonio fallito e una figlia, ricerca spirituale attraverso filosofie orientali (anche in questo caso macchiate da vicende non sempre chiare e limpide con il guru di riferimento), varie altre attività sempre all'interno dello spettacolo, fino a una disperata e spiazzante ricerca di “conoscere come siamo fatti dentro” iscrivendosi a una scuola di anatomia, attraverso la quale dissezionare i cadaveri.
Un libro profondamente malinconico, acre e angosciante, una costante ricerca, a volte al limite dell'elemosina, di un atto d'amore da parte dei famigliari, evento raro, prontamente ripagato da profonde delusioni o pugnalate dolorose e inaspettate alle spalle.
Stupisce la capacità di “sopravvivenza” di Moon a tutto ciò, aggrappata a una visione positiva della vita, mai rassegnata alla totale disillusione e pur sempre devota alla figura paterna.
All'età di 58 anni ha deciso di scriverne, cercando proprio nelle ultime pagine un'ennesima riconciliazione con i fratelli che non vede e sente da anni. Le ultime parole del libro sono proprio per loro “E' tutto perdonato. Tornate a casa”.

Francesca Buscaglia - Etnografie Trap
Un illuminante saggio sul "fenomeno" TRAP, la marginalità dei suoi protagonisti, il costantemente voluto e cercato "folk devil" da demonizzare per la sua alterità rispetto alla normalità.
L'analisi prescinde dai contenuti musicali/artistici ma si concentra sulle "periferie urbane, spazi pieni di sconosciuti, spazi multiculturali dove l'appartenenza rappresenta una risorsa fondamentale."
"La musica trap oltre a prodotto musicale è la voce di una comunità immaginata, che offre alle comunità diasporiche dei giovani subalterni la possibilità di rispecchiarsi in un "noi" più moderno".
Interessante e perfettamente azzeccata la visione di come prima rap e poi trap siano diventati fenomeni globali e opportunità espressiva soprattutto di gruppi socialmente marginalizzati (per i quali il benessere esiste solo nelle pubblicità) che cercano (e talvolta trovano) nella musica un modo per uscire dall'anonimato e trovare fama, soldi e una modalità di scalata sociale. O imitandone movenze ed estetiche per sentirsi in qualche modo parte di "qualcosa".
In un mondo in cui "la geniale idea della governance neoliberale è stata riuscire a trasformare i diritti in qualcosa che si deve meritare" i giovani immigrati o di origine straniera si dibattono alla ricerca di un ruolo e di un'identità, sempre più pervicacemente negata e respinta.
La conclusione è propositiva, per quanto appaia utopica, alla luce del reale: "In questo momento è più che mai necessario...smettere i panni di meri osservatori e narratori di processi che riguardano "altri". Riprendere la voce: parlando, cantando, urlando se necessario. Proprio come stanno facendo, in modi e forme differenti, i giovani cosiddetti di prima e seconda generazione".
Il libro ha il profilo autorevole dell'autrice, educatrice di professione e antropologa, che lavora da anni nel sistema di accoglienza. Ha intervistato i ragazzi, approfondendone con loro le problematiche quotidiane.
Ne esce una fotografia molto fedele, quanto drammatica dell'epoca attuale, convulsa, talvolta "illeggibile" e incomprensibile.
Un lavoro più che pregevole.

Steve Wynn - Non lo direi se non fosse vero. Memorie di musica, vita e Dream Syndicate
Steve Wynn racconta una storia banale. Quella di un giovane ragazzo ossessionato dalla musica tanto da diventare un musicista.
Ovvero una storia straordinaria. Fatta di tutte quelle straordinarie banalità che caratterizzano la vita che molti artisti, pur non essendo mai diventati i Rolling Stones, ben conoscono.
Sacrifici di ogni tipo, rinunce, notti insonni, delusioni, sconforto, fatiche inenarrabili ma alla fine quella gratitudine infinita per avere avuto quell'opportunità incredibile di vivere con e nella musica.
Steve Wynn ha lavorato in un negozio di dischi, fatto il DJ, fondato i Dream Syndicate e dato vita, negli anni Ottanta, al cosiddetto Paisley Underground, a fianco di Rain Parade, Bangles, Green On Red, Long Ryders, mischiando psichedelia, rock e punk.
Con la sua band ha sfiorato il grande successo, tra tour con REM e U2, album in classifica ma alla fine è sempre mancato il guizzo finale. Nella sua autobiografia, pubblicata recentemente da Jimenez Edizioni, “Non lo direi se non fosse vero” (tradotta da Gianluca Testani), traspare qualche velato rammarico, soprattutto all'indomani dello scioglimento della band (poi riformatasi nel 2012 e ancora in splendida attività con album freschi e mai nostalgici), quando esplodono il grunge e l'indie rock di cui i Dream Syndicate erano stati in qualche modo precursori e padrini e altre band a loro contemporanee (Meat Puppets, Flaming Lips, Sonic Youth) trovavano finalmente successo e riconoscimenti:
“Sarebbe potuto accadere a noi? Non ha senso chiederselo. Non è successo.”
Il racconto è avvincente, molto (auto) ironico, ricchissimo di aneddoti gustosi e talvolta imprevedibili, tra eccessi alcolici e non solo, concerti sold out e serate semi deserte in luoghi sperduti dell'America davanti a un pubblico indifferente. Fotografa al meglio la vicenda di una band che alla fine è riuscita comunque a ritagliarsi un posto nella storia del rock e diventare riferimento per tantissimi altri artisti in mezzo mondo.
Steve Wynn ha proseguito con una carriera solista ricca di soddisfazioni e ottimi dischi oltre a una lunga serie di collaborazioni e progetti sempre più che dignitosi.
Sarà il tema del secondo capitolo della sua nuova carriera letteraria che in questo caso si ferma allo scioglimento della band, nel 1988, relegando a poche pagine la prosecuzione successiva.
La riga finale è un capolavoro di colto citazionismo musicale:
“Ci vediamo in giro per locali”.
La frase che disse George Harrison agli altri Beatles il 10 gennaio 1969, quando lasciò (momentaneamente) la band.

Robyn Hitchcock - 1967. Come ci sono arrivato e perché non me ne sono più andato
L’artista inglese è sempre stato un discepolo fedele della breve epica e attitudine sonora di Syd Barrett che ha permeato la sua prima avventura con i Soft Boys e la successiva incarnazione solista.
Non stupisce quindi che questa sua autobiografia “1967” (edita da Hellnation Libri, tradotta da Carlo Bordone) ruoti pressoché esclusivamente intorno al fatidico 1967 e ai suoi quattordici anni, quando scoprì e si innamorò di Bob Dylan, la Incredible String Band e, inevitabilmente dei Beatles, in una sorta di sgangherato quanto fascimoso romanzo di formazione psichedelico.
I flash pre adolescenziali sono abbaglianti fotografie che abbiamo un po’ tutti vissuto:
“Non vedo l’ora che la mia voce si abbassi, che mi cresca una peluria rispettabile e di abbandonare finalmente lo scricchiolante reame della fanciullezza.”
Arrivano anche david Bowie e Jimi Hendrix:
“Sono un adolescente in fiamme, Cristo santo questa è musica che ti fa levitare”. I vestiti diventano più audaci, i capelli si allungano. “Sto imparando che il barbiere è il nemico naturale della libertà”.
Anche se il periodo di transizione è ancora lungo e complesso “Una cultura in cui sono tutti maschi e le donne sono un’altra specie, esistono solo dietro a un vetro, come una Monna Lisa. Ci sono le persone e poi ci sono le femmine”.
Improvvisamente arrivano un giradischi e una chitarra e nulla sarà mai più come prima “Ho la mia chitarra e mio cugino, sia benedetto, mi presta uno di quegli oggetti che ti cambiano la vita: un giradischi a pile.”
Cambia anche il tanto agognato aspetto fisico “Sono alto un metro e ottanta e con un caschetto alla Beatles” ma anche una constatazione postuma illuminante, che in molti possono condividere: “Sono un adolescente e lo rimarrò per il resto della vita”.
Incomincia a suonare sopra ai tanto amati dischi dei nuovi idoli:
“Il mio istinto è suonare la chitarra molto prima di avere imparato a suonarla”.
Alla fine Robyn vivrà con la sua musica, girerà il mondo, inciderà eccellenti dischi, riladcerà interviste a quelle riviste che spulciava freneticamente da adolescente, seguendo quello “spirito del 1967” da cui è partito.
“A parte tutto sono grato che l’orologio fermo del 1967 rintocchi ancora dentro di me. Mi ha dato un mestiere per la vita”.

Lou Reed - Il mio Tai Chi
LOU REED è stato uno dei più grandi artisti del Novecento in ambito "pop/rock".
Ha sperimentato, osato, esplorato.
Dai Velvet Underground alla carriera solista ha lasciato un'ingente serie di capolavori e opere comunque abbondantemente al di sopra della media qualitativa.
Approfondire la sua figura è sempre interessante, anche quando si affronta un contesto poco noto della sua vita, come l'adesione alla pratica del TAI CHI, che lo ha aiutato fisicamente e spiritualmente, per molto tempo, fino agli ultimi istanti della sua vita.
Questo libro è curioso e particolare, entra nell'intimo del grande artista, sempre molto riservato e scontroso.
Che parte dall'idea di Lou di scrivere un libro sull'arte marziale, interrotta dalla malattia e dalla sua umiltà:
"Chi sono io per scrivere un libro sul Tai Chi"?
Ci sono decine di testimonianze.
Oltre alla moglie Laurie Anderson, intervengono amici, collaboratori, Iggy Pop, Bob Ezrin, Anohni, i suoi maestri della disciplina, Mick Rock, la seconda moglie Sylvia Reed e tanti altri.
L'intervento più emozionante e inaspettato è di Jonathan Richman:
"Avrò visto i Velvet Underground tra le sessanta e le cento volte.
Avevo sedici anni e per me era una questione di vita o di morte.
Erano tutti gentili con me.
Dopo un po' Lou mi permise perfino di suonare le sue chitarre elettriche durante le prove e ascoltare i suoni.
Guardavo le loro mani. Li guardavo suonare la chitarra durante le prove. Li guardavo sul palco.
Ho imparato a improvvisare da loro.
Li guardavo comporre canzoni.
Li guardavo nei soundcheck. Nel 1968 fare un soundcheck significava che la band si assicurava che tutto funzionasse, più o meno." Un testo che i fan di Lou Reed apprezzeranno per aggiungere un ulteriore tassello all'approfondimento dell'uomo, al di là dell'artista ma molt ogradevole anche per i lettori "occasionali".
E particolarmente propedeutico per indirizzare alla pratica del Tai Chi.

Roman Kozak - Questa non è una discoteca. La storia del CBGB
Forse il locale più mitizzato di sempre.
In effetti le caratteristiche per entrare nella leggenda le ha sempre avute: New York di metà/fine anni Settanta, quando era una città pericolosa e invivibile, un quartiere ancora più spaventoso.
Partito con la volontà di dare spazio a country, jazz, folk e un po' di rock per i gruppi di Hell's Angels che lo frequentavano, il CBGB'S è diventato invece la culla del punk rock locale e poi mondiale.
Lì nacquero letteralmente miti come Ramones, Patti Smith, Talking Heads, Blondie, Television, Willy DeVille, tra i tanti.
E fu da lì che il punk arrivò dapprima sulla costa ovest americana e più o meno in contemporanea nelle strade di Londra. Troviamo numerose testimonianze dei protagonisti dell'epoca (dai Ramones a David Byrne, Debbie Harry, Lenny Kaye etc) e materiale grafico inedito, nello storico libro “Questa non è una discoteca. La storia del CBGB'S” scritto da Roman Kozak nel 1988 e solo ora, dopo anni fuori catalogo, tradotto in italiano (a cura di Luca Frazzi) per Interno 4.
Tra le più importanti quelle del proprietario Hilly Kristal che sintetizza in modo molto naturale e sincero come nacque il tutto:
Tutto quello che sentivo era che questi ragazzi e ragazze avevano bisogno di un posto per fare la loro musica.
Pensavo che fosse musica molto rozza e molto rumorosa. Non era quello che mi piaceva. Quello che apprezzavo era che queste persone ci mettevano davvero l’anima. Erano molto sincere e credevano davvero in se stesse. Erano ragazzi che usavano la musica – anche se non sapevano suonare i loro strumenti – per esprimersi.
Ben presto il minuscolo spazio, unanimemente descritto come terribilmente sporco (soprattutto i bagni), al limite della decenza (“Ho preso i pidocchi lì quattro fottute volte, giuro su Dio. Era davvero troppo” dice Willy Deville), tra topi, insetti e una fauna umana tutto fuorché raccomandabile, divenne il centro del mondo musicale, tra mille difficoltà, aprendosi successivamente all'hardcore punk fino alla chiusura nel 2006.
Fu rilevato dallo stilista John Varvatos che lo ha trasformato in un negozio di vestiti, conservando le pareti originali con i poster e i graffiti, come un grande affresco. Libro dettagliatissimo e molto divertente, con l'aggiunta di un capitolo di interviste ai gruppi italiani che vi hanno suonato (CCM, Negazione, Raw Power, Cripple Bastards, perfino Elio e le Storie Tese).
Una vicenda basilare nella storia del rock.

Val Wilmer - La musica, importante quanto la tua stessa vita. La rivoluzione del Free Jazz e della Black Music
Finalmente trova un'edizione italiana un libro fondamentale per la comprensione del contesto Free Jazz/New Thing, scritto quasi 50 anni fa dalla fotografa, scrittrice e appassionata Val Wilmer.
Un testo che approfondisce non solo l'aspetto meramente musicale (già di per sé interessantissimo) ma esplora anche quello sociologico e antropologico di quegli anni, unito all'anima artistica che andava a braccetto con quanto accadeva nella cultura afro americana.
La musica nera è, con il cinema, la più importante forma d'arte di questo secolo (lo scorso NdR).
E' difficile trovare qualcuno che non ne abbia subito l'influenza.
Importante anche l'approccio alla materia da parte della critica ufficiale ben stigmatizzato dall'autrice:
Nelle avanguardie di ogni arte gli innovatori sono spesso liquidati come "anarchici" o "ciarlatani".
Altrettanto cruciale un aspetto sempre poco considerato, come sottolineano i membri dell'Art Ensemble of Chicago a proposito delle definizioni di "free jazz" o "black music": Sono i bianchi che hanno messo queste etichette.
I musicisti stessi la chiamano semplicemente "LA MUSICA".
Risaltano le biografie appassionate di John Coltrane, Sun Ra, Albert Ayler, Cecil Taylor e altri.
In particolare è interessante il capitolo "Suoni bene, per essere una donna!" in cui si sottolinea il ruolo subalterno della figura femminile nell'ambito jazz (ai tempi ma non solo...), con la figura rivoluzionaria di Alice Coltrane o la precisa volontà di Sly Stone di proporre la sua Family Stone con uomini, donne, bianchi e neri. D'altronde il poeta Ted Joans vedeva il musicista con questa considewrazione:
"Soffiare in un tubo mascolino, evitando i vezzi da finocchio".
Non è una lettura semplice ma essenziale per comprendere in tempo reale il cuore della "black music" a cavallo tra i Sessanta e i Settanta.

Angela Valcavi - Via Rismondo 117
Delle vicende legate alle sottoculture italiane (e non solo) sviluppatesi negli anni Ottanta, sia da un punto di vista di “colore” ed estetica, sia nelle loro implicazioni politico/sociali, si è parlato e si continua a farlo a profusione.
Difficilmente chi non le ha vissute in prima persona riuscirà a coglierne tutte le sfumature e quanto fossero sinonimo di identità, appartenenza, antagonismo (talvolta ingenuo e superficiale ma sempre sincero e genuino).
E’ però importante che si aggiungano progressivamente ulteriori racconti e approfondimenti, nuovi tasselli di un mondo irripetibile e che non c’è più.
“Via Rismondo 117” di Angela Valcavi (pubblicato da Interno 4 Edizioni) è una storia, esplicitamente “romanzata” ma che è invece molto aderente alla realtà.
Si parla della vicenda della fanzine “Amen” attorno alla quale si sviluppano mille altre iniziative e racconti della Milano “punk e dintorni” degli anni Ottanta, dai centri sociali occupati come il “Virus”, all’arrivo dei punx nel “Leoncavallo”, con l’apertura dello spazio parallelo dell’”Helter Skelter” (dove suonarono eccellenze come Henry Rollins e Sonic Youth), attraverso tutte le contraddizioni e scontri ideologici all’interno dello stesso giro antagonista, gli sforzi per costruire nuovi spazi antitetici all’inizio del “sacco di Milano” (edilizio, politico, sociale e non solo).
“Noi eravamo e volevamo essere un mondo a parte...appartenevamo a un mondo con sue specificità e caratteristiche culturali ben definite, con presupposti e percorsi differenti da qualunque altro precedente per genesi e sviluppo. La definizione di sottocultura avrebbe solo insterilito il nostro ambito di elaborazione di pensiero e azione”.
Nel libro, scritto molto bene e con puntiglio, le vicende scorrono tra “gioia e rivoluzione” ma anche lutti, macerie e amarezza. Il tutto corredato da tantissimo materiale grafico.
L’importanza di quelle gesta è rimasta nella società odierna, ha formato persone e le ha rese migliori o comunque differenti dall’omologazione imperante.
“Gli anni Ottanta furono una vera fucina sotterranea di libertà creativa che investì ogni aspetto della realtà giovanile...una cultura diversa si era sparsa, diffusa e affermata, correndo impazzita, imprendibile, sviluppandosi dove aveva trovato il terreno adatto, opponendosi al livello avvilente di bisogni indotti dall’effimero del mercato. Guardando un’ultima volta le macerie, resta il grande sogno.”

Kevin Rowland - Bless Me Father: A life story
Dopo un lavoro durato vent'anni KEVIN ROWLAND porta a termine una faticosa, introspettiva, personalissima e drammatica autobiografia.
Ci sono ovviamente abbondanti spazi all'attività musicale con i Dexy's Midnight Rummers e progetti collaterali (a cui il lettore avrebbe voluto maggiore spazio e attenzione ma che, non di rado, vengono trattati come un aspetto quasi secondario di una vita convulsa e incerta) con i successi e i fallimenti ma buona parte del racconto è riservato all'adolescenza, all'infanzia, al difficilissimo rapporto con padre (vedi titolo) e stretti consanguinei, fino all'oscuro e lungo periodo di dipendenza dalla cocaina, la bancarotta, i conti con la sua sessualità e altri aspetti molto personali e intimi, spiattellati senza troppi filtri.
Una lettura talvolta ridondante e con cadute di tono ma per i fan, non solo dei Dexy's ma della scena inglese dagli Ottanta in poi, è un compendio interessante per aggiungere nuovi particolari, spesso inediti e sorprendenti, al periodo.

Cesare Ferioli - Come schegge furiose. Storie di strade e mutazioni
"QUEL" periodo a cavallo tra anni Settanta e primi Ottanta è stato ormai abbondantemente analizzato, approfondito e raccontato.
Ma continua a conservare un fascino incredibile (soprattutto per chi lo ha vissuto - e che spesso si ritrova ad avere percorso gli stessi sentieri o i luoghi ed eventi descritti - ma anche per chi ancora non c'era).
Cesare Ferioli è un veterano della scena sottoculturale bolognese e nazionale, passato dal punk allo skinhead fino ad approdare al rockabilly e dintorni.
Batterista con Uxidi, Tribal Noise, Jack Daniel's Lovers, Dirty Hands, Wu Ming Contingent, Nabat, protagonista dell'interessante progetto solista elettronico Big Mojo, rivive quegli anni, fatti di musica, risse, fughe, scontri, droghe, ricerca identitaria, rabbia e naiveté adolescenziale che spesso sconfinano nella "stupidità" dell'età, all'insegna di atti tanto sciocchi quanto divertentissimi, tra Bologna, Milano e Londra.
C'è tanta ironia e un taglio romanzato, su fatti veramente accaduti e in cui in tanti non avranno difficoltà a riconoscersi.
Il tutto corroborato da una scrittura validissima ed efficace.
(Il capitolo dedicato al viaggio a Londra è una perfetta fotografia di come si vivevano quei momenti in quegli anni).

Corrado Rizza - Il Piper Club
Il 17 febbraio 1965 apriva a Roma il Piper Club.
Fu l'epicentro della "dolce vita" beat degli anni Sessanta italiani.
A prevalente appannaggio di una alta società abbiente che amava assistere al nuovo fenomeno dei giovani con i capelli lunghi e le giovani con le gonne molto corte. Ma che fu il catalizzatore di una nuova cultura che attingeva a piene mani dalla Swinging London e dall'America "colorata" e psichedelica. Passarono sul suo palco Who, i giovanissimi Pink Floyd con Syd Barrett, Family, Procol Harum, Duke Ellington, Joe Tex, Sly and the Family Stone, Genesis e il meglio del giro italiano: Rokes, Equipe 84, Corvi, la "ragazza del Piper, Patty Pravo, Renegades, Rita Pavone, tra i tanti.
Mario Schifano suona lì con la sua creatura "warholiana" Le Stelle di Mario Schifano e Tito Schipa Junior mette in scena la "prima opera rock di sempre" Then An Alley".
Il pregio del libro, oltre a interviste e testimonianze di protagonisti/e (da Mita Medici a Marina Marfoglia), sta nelle oltre 200 fotografie quasi tutte inedite, testimonianza spettacolare di un'epoca incredibile.
Gli amanti dei Sixties impazziranno per queste pagine.

Pietruccio Montalbetti - Storia di due amici e dei Dik Dik
Pietruccio Montalbetti è da sempre l'anima dei DIK DIK ma anche un coinvolgente scrittore e un indomito esploratore (consiglio uno dei suoi libri sull'argomento, dedicato a un viaggio avventurosissimo in solitaria in Amazzonia: https://tonyface.blogspot.com/2018/12/pietruccio-montalbetti-io-mi-fermo-qui.html).
In questo nuovo testo racconta della sua intima amicizia con LUCIO BATTISTI, con particolari inediti e spesso molto gustosi, parallelamente alla vicenda artistica dei Dik Dik, dagli esordi nella prima metà degli anni Sessanta ad oggi (a 84 anni continua a portare in giro la band).
Una valanga di aneddoti e una "fotografia" di epoche lontane e inimmaginabili per quanto fossero pionieristiche.
Gli appassionati di epoca beat e musica italiana apprezzeranno questo ulteriore tassello.

Crash Box - Storie e ricordi sul muro
Marco Maniglia è stato tra le principali anime (e cuore) della scena punk hardcore italiana degli anni Ottanta.
Sia a livello personale/partecipativo/organizzativo (che era la caratteristica di quasi ognuno del giro: esserci, sentire l'attitudine, organizzare (il più delle volte con modalità avventurose/disastrose).
E' stato anche il motore propulsivo dei CRASH BOX, tra i principali esponenti dell'epoca.
Ora raccoglie una serie di volantini di concerti dell'epoca con commenti e ricordi di quegli eventi.
Un libro/rivista (con bella intervista finale) che ci restituisce alla perfezione il "sentire" di quei momenti tanto caotici, quanto rivoltosi e gioiosi.
Tutto questo per del rock 'n' roll del cazzo che non fa forse crescere ma mi/ci ha fatto sopravvivere. (Marco Maniglia)
Per contatti e riceverlo: emmemarco63@gmail.com (niente social, raga...)

Giuseppe Velasco - Nemici. Scontri memorabili nella musica pop
Un libro veloce e agile che analizza alcune delle rivalità più note nella musica pop/rock (i Gallaghers, Paul e John, Blur e Oasis, Waters e Gilmour) ma anche quelle più occulte (Prince/Michael Jackson, Simon e Garfunkel, l'incredibile intreccio di antipatie e odio all'interno dei Beach Boys).
Non è, appunto, del tutto noto il ruolo del padre padrone e manager dei fratelli Wilson dei Beach Boys, Murry, esautorato alla fine da Brian, a sua volta privato dello scettro di leader da Mike Love né l'acrimonia che ha accompagnato tutta l'avventura di Paul Simon e Art Garfunkel.
Quella tra Tupac Shakur e Notorius B.I.G finì molto male, non si è ancora del tutto placato lo scontro tra Madonna e Lady Gaga e tra Taylor Swift e Kanye West.
Gustoso e divertente, ricco di aneddoti e curiosità.

I 500 grandi dischi del rock
Anche CLASSIC ROCK ha pensato bene di fare la classifica dei 500 MIGLIORI ALBUM ROCK di sempre.
Attraverso una scelta preventiva dei redattori si è arrivati alla lista finale.
Da parte mia ho scritto una cinquantina di schede (da Paul Weller ai Beatles, dai Bad Brains ai Black Flag, dai Sonic Youth a Patti Smith, da "Quadrophenia" a "Sandinista").
Il GIOCO è già stato fatto decine di volte e ovviamente tale rimane, altrettanto ovviamente è tutto opinabile, discutibile e grande sarà lo scandalo perché c'è questo e non quello e che, per me, vedere "Stanley Road" di Paul Weller al 452° posto dietro a "Hair of the dog" dei Nazareth fa friggere il sangue. Ma è appunto un gioco.
Un modo per fare conoscere ai più giovani quello che è (stato) il rock e per i più attempati ricordarsi di tanti titoli dimenticati.
L'aspetto più scontato ed evidente è la presenza in stragrande maggioranza di album dagli anni Sessanta alla fine degli Ottanta.

Roberto Calabrò - Eighties Colours. Garage beat e psichedelia nell’Italia degli anni Ottanta
Originariamente pubblicate nel 2010 in confezione lussuosa e curatissima per Coniglio Editore, le 1.200 copie di "Eighties Colours" andarono velocemente esaurite, anche grazie a una serie di presentazioni ed eventi affollatissimi e di prestigio.
Un libro che parla(va) con dovizia di particolari e stupende foto, dell'esplosione di colori garage/beat/psichedelici nell'Italia di metà anni Ottanta. Da allora è praticamente irreperibile se non a prezzi sostenuti.
Ben venga dunque la ristampa, seppure in formato più "povero" ed essenziale, con l'aggiunta di un prezioso capitolo che rendiconta ciò che è successo a molti dei gruppi protagonisti nel nuovo secolo, molti dei quali hanno ripreso vita con lo stesso marchio di fabbrica o con nuove iniziative. E infine la discografia aggiornata.
Per chi ha amato Not Moving, Sick Rose, Party Kidz, Out Of Time, Effervescent Elephants, Avvoltoi, Sciacalli, Ugly Things ma anche Statuto, Four By Art, Peter Sellers & the Hollywood Party, Allison Run, Technicolour Dream etc e non ha in libreria la prima edizione, un acquisto fondamentale e necessario.

Andrea Valentini - 100 dischi essenziali dell’hardcore italiano del periodo 1983-1989
Andrea Valentini è un appassionato cultore di dischi "rumorosi" (vedi i suoi impegni letterari per Venom e Johnny Thunders, ad esempio).
La sua competenza è inattaccabile e indiscutibile quando affronta il periglioso impegno di elencare i 100 dischi essenziali dell’hardcore italiano del periodo 1983-1989 e altre 100 schede brevi, allegato al mensile "Rumore".
L'hardcore italiano è stato uno dei fenomeni più incredibili e interessanti della musica italiana recente ma che, proprio per la sua particolarità, non ha bisogno di tante spiegazioni e approfondimenti.
E' invece più che importante conservare memoria artistica e "politica" di quel periodo e guide come questa sono essenziali.
Saltiamo subito la prevedibile e noiosissima sequela di diatribe "non c'è questo/non c'è quello" e andiamo a rilevare quanto il lavoro sia completo, certosino, con numerose testimonianze dirette dei protagonisti e un'ironia essenziale che accompagna gli scritti.
Interessante la prefazione che sottolinea quanto in alcuni casi ci sia stata un'espilicita mancanza di collaborazione e come qualcuno abbia rivelato che alla fine a certi slogan non è che ci credessero poi tanto.
Anche questo fa parte della storia.

Francesco Donadio - Rinnegato. Vita e canzonette di Edoardo Bennato
Una biografia dettagliatissima e approfondita, quanto ragionata, della carriera di Edoardo Bennato, uno dei cantautori più originali e creativi della canzone d’autore italiana, spesso trascurato e dimenticato.
Il testo ci lascia capire che le sue posizioni mai allineate e spesso scomode gli hanno inimicato parecchie “fazioni” politiche e non.

In effetti passare dal circuito del PCI e Lotta Continua negli anni Settanta all’appoggio convinto a Beppe Grillo e al suo nascente Movimento, per poi sbeffeggiarlo in “Al diavolo il Grillo Parlante” e alla partecipazione alle feste per Alleanza Nazionale, non aiuta.
Ma è sempre stato lo stile di Bennato, seguire una sua strada, incurante del resto.
La carriera è ricchissima di successi e capolavori ma anche di rovinose cadute in album poco significativi, di un San Siro con 80.000 persone a esibizioni in feste di paese.
Il libro manca (anche volutamente) delle parole del protagonista ma si avvale delle testimonianze dei suoi più stretti collaboratori (a partire dai fratelli Eugenio e il compianto Giorgio).
Un lavoro certosino e completo. Edoardo Bennato fu tra i primissimi a portare in Italia il linguaggio blues e rock ‘n’roll.

Aldo Pedron / Angelo De Negri - LIVE AID. Il juke-box globale compie 40 anni
A quarant'anni dal mitico evento, questo libro ne traccia con maniacale precisione tutti gli aspetti.
Molto interessante la contestualizzazione del periodo storico, sociale, artistico e il riassunto a tutti i precedenti grandi festival.
Poi è un profluvio di dettagli, aspetti poco conosciuti, l'azzardo di Bob Gedolf quando annuncia una serie di nomi partecipanti senza nemmeno averli contattati, paul Mccartney che da tempo non suona, dopo la morte di John, accetta solo per la pressione dei figli, il lancio che aveva dato il singolo collettivo "Do They Know It's Christmas Time", seguito da "Usa for Africa" e da una lunga serie di altri brani, al fine di raccogliere fondi per la carestia nel Corno d'Africa.
L'evento si svolse in alternanza tra Londra a Wembley e lo stadio JFK a Philadelphia, in mondovisione.
Infine il dettaglio di tutte le esibizioni, con scaletta, commenti, dichiarazioni dei protagonisti.
Nomi, tra i tanti, come David Bowie, U2, Style Council, Queen, Dire Straits, Who (riuniti per l'occasione), Elton John, Paul McCartney (con solo "Let it be") accompagnato alla voce da Pete Townshend, David Bowie, Bob Gedolf, Alison Moyet.
Dagli States rispondono con Run DMC, Black Sabbath, Joan Baez, Crosby, Stills and Nash, Beach Boys, Pretenders, Simple Minds, Santana, Madonna, Neil Young, Eric Clapton, Phil Collins (Dieci ore dopo essersi esibito al Wembley Stadium di Londra, arriva negli Stati Uniti con l’aereo supersonico Concorde si esibisce al JFK Stadium di Filadelfia, lo stesso giorno), Plant, Page, Jones con Phil Collins (in un'esibizione imbarazzante), Crosby, Stills, Nash & Young (dopo essersi già esibiti separatamente), Mick Jagger solo e con Tina Turner, Bob Dylan con Keith Richards e Ron Wood. Il libro si completa con una lunga serie di ulteriori approfondimenti, aneddoti, dati e date.
Difficile trovare qualcosa di più esaustivo.

Roger Marriott - East of Acton
Tradotto in italiano dalla Associazione Culturale Tumulto, stampato in 100 copie, arriva il romanzo di Roger Marriott, ambientato nella scena mod londinese dei primni anni 80, a fianco della quale si svolge una vicenda in cui il protagonista si muove tra storie estreme di violenza, droga e alcolismo, mantenendo però un look impeccabile e l'amore sconfinato per la musica preferita (dai Jam ai Purple Hearts).
Libro divertente e frizzante, si legge tutto in un fiato, ricco di riferimenti colti e azzeccati all'ambiente dei tempi.
Lettura estiva ideale.

Aldo Pedron - Il tuo plagio e’ come un rock
Aldo Pedron, storico giornalista e scrittore, ci porta alla scoperta di una serie di similitudini (più o meno marcate, inconsapevoli o volutamente plagiariste) tra canzoni di artisti italiani, circoscrivendo prevalentemente il contesto agli anni Sessanta/Settanta quando molti autori italiani si attribuivano composizioni altrui, contando su una scarsa attenzione delle case discografiche.
Una appropriazione indebita, sfruttando la scarsa attenzione della SIAE e la difficoltà degli autori stranieri nel monitorare i propri diritti in Italia.
Certi autori si attribuivano brani interi senza alcuna autorizzazione, registrando a proprio nome composizioni originali straniere, intascandone i diritti d’autore senza alcuna conseguenza legale. L’ente preposto, per ignoranza, disinteresse o semplice lassismo, raramente verificava l’autenticità delle opere registrate.
Questo sistema ha permesso a molti autori (e ai loro eredi) di guadagnare royalties su brani che non avevano mai scritto, a discapito dei veri compositori, spesso ignari di tutto.
Un altro aspetto interessante è come giovani autori si appoggiassero a musicisti già abilitati per registrare ufficialmente le loro composizioni (per diventare autore alla SIAE era necessario un esame, non facilissimo).
Questo sistema, pensato per garantire una certa professionalità nella scrittura musicale, si rivelava spesso un’arma a doppio taglio, portando a situazioni di disaccordo e contenziosi.
I casi presi in considerazione nel libro sono spesso clamorosi, altre volte più defilati e più opinabili.
Diciamo che, in particolare, Adriano Celentano prima e Zucchero dopo, hanno fatto man bassa di "ispirazioni" più o meno palesi.
Ma non mancano Equipe 84, Nomadi, Edoardo Bennato, tra i tanti, e quando si ascolta il ritornello di "Acqua azzurra, acqua chiara" di Lucio Battisti confrontato a quello di "Bring a little lovin" dei Los Bravos, inciso l'anno prima, le similitudini sono evidenti.
Un libro divertente e ben documentato con relativo interessante contributo fotografico.

Alex Loggia - Leo e Zoe – Storia di un amore improbabile
In questo esordio letterario Alex Loggia (storico chitarrista degli Statuto e tanto altro) scrive come suona: preciso, elegante, raffinato, soulful. Il romanzo racconta dell'amore e delle vicende adolescenziali di Leo e Zoe, che incrociano il mondo mod e delle sottoculture, delle nottate senza fine, delle illusioni e delle delusioni, della realtà cruda e spiazzante che spegne i voli idealistici ma forgia uno spirito che diventa inossidabile per la vita.
Riporto la prefazione che Alex mi ha gentilmente richiesto per il libro e che ne riassume il contenuto:
Per scrivere un romanzo che in modo credibile racconti di avventure giovanili, legate ad elementi sottoculturali e poco conosciuti, bisogna averle vissute in prima persona. Come è accaduto all'autore, testimone e protagonista diretto di quella epopea che fu il movimento Mod in Italia negli anni Ottanta, a cui si legava e affiancava una scena sottoculturale dai mille risvolti, filosofici ed estetici, che coinvolse migliaia di ragazzi e ragazze in tutta Italia.
Fu un momento di esplosione di vitalità, urgenza, freschezza, spontaneità, un periodo seminale, i cui frutti germinano ancora oggi.
Le serate, le vicende, i concerti, i raduni descritti nel romanzo hanno molti agganci autobiografici e fotografano al meglio le sensazioni che respiravamo in quegli anni, così importanti e formativi. Hanno forgiato la nostra vita, l'hanno totalmente cambiata, chissà se in bene o in male, sicuramente l'hanno resa diversa e più interessante.
Leo e Zoe ci ricordano quei momenti irripetibili, nel modo più fedele a come è stato.

Andrea Pomini - Africa ieri, oggi e domani. 50+50 Dischi Per Amare Il Continente
Allegato al nuovo numero di "Rumore" una importante ed essenziale guida per addentrarsi nel magmatico mondo sonoro africano.
Partendo al pressupposto che "Africa is not a country" (Dipo Faloyin), tanto meno un "genere musicale".
Basti pensare al miliardo e 200 milioni di abitanti, i 56 stati, le 1.500/2000 lingue parlate per capire la complessità culturale del Continente. Pomini ci introduce a un primissimo, quanto preciso, sguardo ad alcuni dei dischi più importanti usciti negli ultimi 50/60 anni.
Ogni paese è rappresentato e, puntualmente e ovviamente, manca questo o quello, ma non è il punto.
Partire da queste (complessissime) basi ci può aiutare a scoprire un mondo sonoro, artistico e culturale tanto incredibile quanto trascurato dal nostro interesse euro/anglo centrico.
Complimenti e un caloroso invito a leggere questa settantina di pagine e a dare un ascolto ai 100 dischi proposti.

Cristiano Colaizzi / Corrado Rizza - Disco Playlist Italia 1975-1995
Esce a, distanza di due anni, il seguito di "Roma Disco Playlist -1965-1995" (sempre per VoloLibero).
"Disco Playlist Italia 1975-2025" è un maniacale elenco di 246 playlist (con relativo QR Code per ascoltarle), con 4.500 brani che documentano il lavoro di 196 DJ in 180 discoteche di tutte le regioni italiane, dal 1977 al 1995.
Scorrendole troviamo grandi sorprese, brani oscuri, hit dimenticate e una cultura della discoteca che esula dal consunto concetto di "musica commerciale da ballo", tra soul, Philly Sound, elettronica, new wave e altro.
La lista dei protagonisti è spesso nota e prestigiosa (da Cecchetto a Fiorello, Jovanotti, Roberto D'Agostino, Mozart, Ringo etc).
Il tutto contestualizzato all'epoca, gli anni di riferimento, con tanto di interviste, foto, note.
Tanto specifico quanto interessante.

Vincenzo Greco - Il tempo moderno e i suoi inganni. Riflessioni critiche nella musica Ferretti, De André, Battiato, Waters
Un lavoro molto affine a un saggio, in cui l'autore ci conduce, attraverso una serie di profonde riflessioni personalei, condotte come un dialogo immaginario con quattro artisti, tanto diversi, quanto legati da un filo conduttore comune le cui canzoni aprono a uno sguardo alle storture del tempo moderno.
Ne risulta un libro ai limiti del "filosofico", ricco di spunti molto interessanti e stimolanti.
Non occorre essere fan o seguaci di Ferretti, De André, Battiato, Waters.
Il testo, interessante e scritto molto bene, offre tanto altro, partendo dalle loro liriche, per spaziare in una visione universale dello stato attuale delle cose.
Gli strumenti informatici si sono fatti carico del compito di ricordare per noi e con capacità infinitamente superiori a quelle umane.
Il fatto di avere affidato la memoria a uno strumento e agli algoritmi che lo gestiscono, ci ha privati del governo della memoria stessa, e soprattutto della selezione gerarchica delle cose da ricordare.
Lo fa l'algoritmo per noi.
Ma con il rischio che vengano eliminati, per mano di chi gestisce tali programmi di selezione, eventi e moniti importanti per l'uomo. Abbiamo in definitiva rinunciato al dovere della memoria.

Valerio Bruner - Spiriti nella notte
«Le canzoni di Bruce Springsteen sono la mia colonna sonora da quando avevo quindici anni. C’era qualcosa nella sua poetica in cui vedevo finalmente espresso quello che mi portavo dentro e che ancora non riuscivo a dire con parole mie. Da lì è stato l’inizio di un viaggio insieme che dura tuttora».
Non sono un grande estimatore e conoscitore di Springsteen, per cui trovare riferimenti diretti alle canzoni che hanno ispirato all'autore questi venticinque racconti, non mi è facile.
Il libro riesce però a vivere un'esistenza a sé stante, indipendentemente dai collegamenti, perchè sono pagine scritte molto bene, coinvolgenti, dirette, crude, in cui si colgono, invece, le radici artistiche e socio/culturali del Boss e delle sue canzoni.
I fan di Springsteen troveranno pane per i loro denti, gli "altri" avranno comunque buona soddisfazione.

Sergio Taraddei - Sergio Caputo. La storia dietro le canzoni
Sergio Caputo è un autore che ha sempre vissuto una vita artistica complessa, tra grandi successi (da "Un sabato italiano" a "Il Garibaldi innamorato", tra i tanti), lunghi silenzi, l'ostracismo di parte della scena musica italiana per la sua vicinanza (presunta e comunque, pare, solo giovanile) alla destra e per un approccio lirico dispimpegnato e abbastanza surreale.
Al contrario il suo sound, seppure in chiave pop e leggera, ha sempre accarezzato sonorità swing e jazzy, inusuali, soprattutto ai suoi esordi, nei primi anni 80.
Il libro analizza ogni canzone del suo repertorio, con l'aggiunta di dichiarazioni dell'autore, aneddoti, approfondimenti vari, sicuramente apprezzabili dai fan.
Un libro che permette di entrare nel mondo personalissimo di Sergio Caputo e spinge al riascolto di un repertorio spesso interessante e ricco di ottimi momenti.

Alberto Gedda - Musica da fotocamera. Storie e immagini della Musica Live
Giornalista, fotografo, scrittore, direttore del settimanale “Corriere di Saluzzo”, Alberto Gedda ci porta in un interessante e intrigante viaggio nella canzone d'autore italiana (ma non solo) attraverso sue foto di concerti o in posa, con la preziosa aggiunta di aneddoti relativi ai concerti, interviste, momenti in cui le ha realizzate, dagli anni Settanta ad oggi.
Ci sono Fabrizio De André, Francesco Guccini, Vasco Rossi, Zucchero, Ivano Fossati, Augusto Daolio, Luciano Ligabue, i capricci di Patty Pravo, Gianna Nannini, la gentilezza e disponibilità di Joan Baez e Joni Mitchell, la forza di Chuck Berry, l'arroganza e alterigia dei "simpaticissimi" Elio e le Storie Tese, la spontaneità di Massimo Ranieri.
Un vero piacere leggere questo libro e osservare la spontaneità dei 71 artisti ritratti.

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