SHARP PINS - Balloon Balloon Balloon
Arrivano da Chicago e sono una creatura del giovanissimo Kai Slater, innamorato dei primi Beatles, del garage beat dei profondi Sixties, Monkees, Lovin' Spoonful.
"Take So Long" potrebbe essere un'outtake di "In The City" dei Jam, "Serene Haus of hair" ci starebbe benissimo su "Help!" dei Beatles (con voce puro Lennon) e via discorrendo.
In "Balloon Balloon Balloon" ci sono 21 brani (molti di un minuto o anche meno) in questo stile.
Strano ma godibile e divertente.
JULIANA HATFIELD - Lightning Might Strike
Ho sempre apprezzato il profilo artistico di JULIANA HATFIELD, in perenne bilico tra power pop e suoni più aspri, malinconia e leggiadria.
Negli ultimi anni si è dilettata a coverizzare a modo suo, con un album dedicato a ciascuno, Police, ELO e Olivia Newton John, inframezzando lo sforzo con album sempre di buona qualità.
Come in questo ventunesimo lavoro solista, ricco di belle canzoni (in cui, batteria a parte, suona tutto), piacevoli, ben fatte, distintive, personali.
I SORDI - Shockini
I fratelli Matteo e Riccardo Nicolin all'esordio con un sorprendente album di indefinibile contenuto sonoro. O meglio: le radici sono bene affondate in un funk visionario che guarda ai maestri Funkadelic ma si sviluppa in certe follie care a Frank Zappa, a Thundercat, Primus, con quella folle ironia che rese Elio e le Storie Tese del primo periodo una grande band. Al tutto si unisce una carica ritmica arrembante, chitarre e riff distorti che nono sono alieni alla lezione del Tom Morello dei Rage Against the Machine o i Red Hot Chili Peppers degli esordi. Ma il riferimento più immediato è quello che riporta al funambolico Igorrr. Un po' di condimento di elettronica, testi surreali (ma non troppo) ed ecco uno degli album più interessanti usciti quest'anno in Italia.
JULIE'S HAIRCUT - Radiance Opposition
I trent'anni di attività dei Julie's Haircut hanno portato dieci album e una serie di incredibili esperienze artistiche, tali da renderla uno dei dei nomi più interessanti di sempre nella scena italiana, oltre all'acquisizione di un profilo internazionale. Un progetto in continua evoluzione e cambiamento, fedele alle matrici neopsichedeliche, post wave, kraut rock e al gusto per la sperimentazione che ritroviamo anche nel nuovo, eccellente lavoro. Arricchito dalla voce della cantante italo-nigeriana Anna Bassy che aggiunge un'anima soul a un sound sempre all'avanguardia e innovativo. Top!
FACES - Early Steps
La Rhino Records recupera una serie di registrazioni in studio dei primissimi FACES dell'autunno 1969 agli Olympic Studios di Barnes (Londra) con il produttore e fonico Glyn Johns e brani da una musicassetta del tastierista Ian McLagan nell'estate dello stesso anno, ripresi nello scantinato al numero 47 di Bermondsey Street che i Rolling Stones utilizzavano come sala prove.
Materiale grezzo, tanto rozzo blues e scarno rhythm and blues, la voce di Rod Stewart bellissima, abbondanza di groove e i germi di quello che diventerà una splendida band.
Qualche inedito e altro già apparso in qualche CdBox.
Una testimonianza dell'inizio di una grande avventura (molto trascurata in Italia).
THE HEADCOATS - The Sherlock Holmes Rhythm ’n’ Beat Vernacular
THE HEADCOATEES - Man-Trap
Billy Childish torna con l'ennesima (quella più "ufficiale" e consueta) incarnazione per quello che potrebbe essere il suo centesimo album (ma forse sono di più), tra Milkshakes, dischi solisti, Pop Rivets, Mighty Caesars, Delmonas, Buff Medways, Spartan Dreggs e chissà quanti altri...
Con gli HEADCOATS pubblica "The Sherlock Holmes Rhythm ’n’ Beat Vernacular", quello che dovrebbe essere il 25° album della band dal 1989.
Kinks, Pretty Things, garage, beat, primi Stones, una cover di Bo Diddley e una di Slim Harpo, sound crudo, diretto, aspro, genuino, vero etc etc.
In parallelo le "sorelle/partner" THE HEADCOATEES tornano contemporaneamente, dopo un lungo periodo di silenzio, con "Man-Trap", più melodico e aggraziato ma sempre in quell'ambito restiamo.
Uno dei progetti più particolari e folli nella storia della musica.
PS: avevo progettato un libro su di lui ma si è rivelato pressoché impossibile o comunque estremamente difficoltoso riuscire a mettere in fila la sterminata produzione...
THE VIPERS - How About Some More
Area Pirata ristampa il secondo album del 1986 dei favolosi Vipers, grandissima garage band, molto spesso trascurata. Suonavano bene e componevano ancora meglio, tra garage scatenato e stupendi brani jingle jangle. Disco di grandissimo livello, a cui si aggiungono nella versione 7 bonus track. Consigliato. Arrivarono anche in Italia al "Bloom" di Mezzago dove però tennero un concerto molto deludente, sconclusionato, quasi hard, brani velocissimi e nulla dello splendore ascoltato nei solchi dell'esordio.
KAMASI WASHINGTON - Lazarus
Il saxofonista americano, nella sua costante esplosione di creatività (non sempre perfettamente a fuoco), si dedica alla colonna sonora dell'anime giapponese di Shinichiro Watanabe, "Lazarus".
Brani ispiratissimi, in cui unisce jazz, free jazz, la sua consueta "epicità" con tanto di cori orchestrali, Alice Coltrane, blues, funk e la solita cascata di influenze e riferimenti.
MELODY'S ECHO CHAMBER - Unclouded
Il nuovo album della musicista francese è un gradevole viaggio tra atmosfere pop psichedeliche, molto lievi, avvolgenti, melliflue, mielose. niente per cui gridare al miracolo ma egualmente di ottimi livello e qualità.
PIERPONT & HEGELSON - Of Time
Consueta e prevedibile miscela di soul funk strumentale da colonna sonora cinematografica. Gradevole da ascoltare ma risaputra e indistinguibile da mille altre proposte simili.
STIGLITZ - Quando tutto tace
Il secondo album consacra la band genovese nell'Olimpo del miglior Oi! street punk in circolazione, con nove brani grezzi, duri, compatti, registrati alla perfezione e suonati con la migliore attitudine. Una ritmica possente, con un basso dal suono travolgente, cori nella tipica tradizione Oi! costantemente presenti, voce e testi convincenti, arrangiamenti raffinati e molto curati, modalità compositive più che efficaci. Può diventare un piccolo classico. Grandi!
LEATHERETTE - Ritmo lento
Il terzo album della band emiliana ne conferma le qualità emerse nella carriera già ricca di soddisfazioni e riconoscimenti. Il sound "rallenta" rispetto agli esordi ma mantiene intatta l'urgenza espressiva, disordinata e arrembante, figlia del punk e della post wavw ma che guarda, tanto ad elementi cari ai Pavement, quanto ai Fugazi o allo stridore dei Sonic Youth, fino all'impetuosità dei Fontaines DC. Ma ci sono tanti altri ingredienti nella saporitissima pietanza dei Leatherette, che ci regalano un album di primissima qualità.
CPT CRUNCH AND THE BUNCH - Invisible force / Stop givin' up
La band livornese torna con un 45 giri che conferma la predilezione per atmosfere garage punk, chitarre fuzz, voce ruvida. I due brani autografi funzionano alla perfezione e saranno l'ideale compendio alle esibizioni live e a una discografia che conta due album e un altro prezioso vinile a 45 giri. Support! Agli acquirenti del singolo in regalo altri due brani in digitale.
LETTO
Roman Kozak - Questa non è una discoteca. La storia del CBGB
Forse il locale più mitizzato di sempre.
In effetti le caratteristiche per entrare nella leggenda le ha sempre avute: New York di metà/fine anni Settanta, quando era una città pericolosa e invivibile, un quartiere ancora più spaventoso.
Partito con la volontà di dare spazio a country, jazz, folk e un po' di rock per i gruppi di Hell's Angels che lo frequentavano, il CBGB'S è diventato invece la culla del punk rock locale e poi mondiale.
Lì nacquero letteralmente miti come Ramones, Patti Smith, Talking Heads, Blondie, Television, Willy DeVille, tra i tanti.
E fu da lì che il punk arrivò dapprima sulla costa ovest americana e più o meno in contemporanea nelle strade di Londra. Troviamo numerose testimonianze dei protagonisti dell'epoca (dai Ramones a David Byrne, Debbie Harry, Lenny Kaye etc) e materiale grafico inedito, nello storico libro “Questa non è una discoteca. La storia del CBGB'S” scritto da Roman Kozak nel 1988 e solo ora, dopo anni fuori catalogo, tradotto in italiano (a cura di Luca Frazzi) per Interno 4.
Tra le più importanti quelle del proprietario Hilly Kristal che sintetizza in modo molto naturale e sincero come nacque il tutto:
Tutto quello che sentivo era che questi ragazzi e ragazze avevano bisogno di un posto per fare la loro musica.
Pensavo che fosse musica molto rozza e molto rumorosa. Non era quello che mi piaceva. Quello che apprezzavo era che queste persone ci mettevano davvero l’anima. Erano molto sincere e credevano davvero in se stesse. Erano ragazzi che usavano la musica – anche se non sapevano suonare i loro strumenti – per esprimersi.
Ben presto il minuscolo spazio, unanimemente descritto come terribilmente sporco (soprattutto i bagni), al limite della decenza (“Ho preso i pidocchi lì quattro fottute volte, giuro su Dio. Era davvero troppo” dice Willy Deville), tra topi, insetti e una fauna umana tutto fuorché raccomandabile, divenne il centro del mondo musicale, tra mille difficoltà, aprendosi successivamente all'hardcore punk fino alla chiusura nel 2006.
Fu rilevato dallo stilista John Varvatos che lo ha trasformato in un negozio di vestiti, conservando le pareti originali con i poster e i graffiti, come un grande affresco. Libro dettagliatissimo e molto divertente, con l'aggiunta di un capitolo di interviste ai gruppi italiani che vi hanno suonato (CCM, Negazione, Raw Power, Cripple Bastards, perfino Elio e le Storie Tese).
Una vicenda basilare nella storia del rock.
Maurizio Pilotti - Il massacro della cascina
Il giornalista Maurizio Pilotti rievoca, in un romanzo avvincente e appassionante, scritto benissimo, una vicenda dimenticata quanto importante nella storia italiana ovvero l'ultima volta in cui venne comminata e applicata la pena di morte nel nostro paese.
Il 20 novembre 1945 quattro uomini fanno irruzione in un casale in provincia di Torino, dopo aver pianificato un furto. Finirà male, uno di loro verrà riconosciuto e si deciderà per l'eliminazione, cruenta, crudele, efferata, delle dieci persone presenti.
Identificati, i rapinatori verranno catturati e condannati alla pena di morte, eseguita per fucilazione.
Il racconto è veloce, non manca di tratti ironici ma soprattutto di una capacità di contestualizzazione di un periodo, post seconda guerra mondiale, in cui l'Italia era distrutta, stremata, allo sbando, tornata a una sorta di condizione medievale che ben viene descritta tra le righe, aggiungendo malinconia e disagio all'orrore della vicenda.

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