giovedì, ottobre 03, 2024

Eddie Piller - Bologna 17 settembre Bar Maurizio

EDDIE PILLER, prime mover della scena mod inglese, fondatore della label Acid Jazz e tanto altro, è stato ospite del Bar Maurizio a Bologna il 17 settembre in un incontro pubblico per la presentazione (organizzata da Piero Casanova) del suo libro "Clean Living Under Difficult Circumstances: A Life In Mod – From the Revival to Acid Jazz": https://tonyface.blogspot.com/2023/04/eddie-piller-clean-living-under.html.

A seguire un breve estratto della conversazione con alcune risposte alle domande che avevo preparato per lui.

Il tuo libro racconta nei particolari la tua militanza nella scena mod inglese a cavallo tra gli anni 70 e durante gli anni 80. Il periodo in cui il mod si espanse in tutto il mondo dall'Europa agli States, Australia, fino al Giappone. Io credo che in Gran Bretagna quella che era una sottocultura sia diventata una cultura, una parte della società. Mentre nel resto del mondo è rimasta una sottocultura limitata a pochi adepti.
Cosa ne pensi? E' un “A very british phenomenon” (citando il libro di Terry Rawlings)

Credo che nel 1979 fosse un fenomeno esclusivamente britannico che difficilmente sarebbe stato capito altrove.
Ma con il tempo è stato acquisito anche da altre culture.
Personalmente essendo inglese non riesco a capire quanto sia diventato in qualche modo appartenente alla cultura di altri paesi.

Tu sei “figlio d'arte”: tua madre gestiva il fan club degli Small Faces, che hai conosciuto fin da piccolo, tuo padre era un original mod Che liquidò così una compilation del giovane aspirante mod Eddie con Who, Kinks, Jam, come racconti nel libro.
"Cos'é questa spazzatura?"
"E' musica mod, Dad, mi piace!".
"Questa non è musica mod, è una schifezza. Suppongo che quindi tu sia un mod".
"Certo, assoluamente"
"Bene, figlio, se vuoi essere un mod dovresti chiedere alla mamma di chi erano gli Small Faces.
Ma lascia che ti dica: la musica mod è il modern jazz. Tubby Hayes, Art Blakey, Gene Krupa e Cozy Cole.
E' da dove hanno preso il nome: MOD-ern Jazz.
Quella era musica mod, non questa roba qua."

Il fatto che i mod del 79 ascoltassero Jam, Chords, secret Affair era un'evoluzione o un imbastardimento del Mod?

Il fatto di ascoltare musica diversa da quella che ascoltava mio padre è un fatto di evoluzione. Mio padre ascoltava quel tipo di musica io ne ho abbracciata e apprezzata altra, diversa.
Il mod è qualcosa che cambia sia nella musica, che nell'estetica, che nel modo in cui affrontano le cose.

Nel tuo libro racconti di come fosse molto presente la violenza nei primi anni 80 tra i giovani che vivevano nelle sottoculture.
Anche in Italia abbiamo vissuto situazioni simili. Pensi che fosse un momento storico o che in fondo sono fasi adolescenziali che si sono sempre ripetute e si ripetono anche oggi?

Credo che sia stata una cosa concentrata in quel periodo e non riproponibile ai giorni nostri, perché i motivi erano completamente diversi.
Molti skin erano nazisti, io ho perso due amici, uccisi in questi scontri. E' una cosa lontana sulla quale però non riuscirò mai a passarci sopra.

Nelle sottoculture, mod in particolare, c'era molto rigore. Essere accettati era spesso complicato, bisognava avere un'estetica ben precisa, gusti musicali di un certo tipo, capire bene il contesto in cui ti andavi ad inserire, altrimenti rimanevi ai margini. Confermi? Ai giorni nostri c'è molto meno rigidità.
Negli anni 80 c'erano tante sottoculture e stili. Però il fatto è che comunque c'era qualcosa in cui ti potevi identificare e con cui forgiare la tua personalità. Oggi non c'é più niente di tutto ciò, è impensabile. Dovete essere voi a preferire ciò che c'era in quei tempi o quello che (non) c'è oggi.

Perché hai scelto il mod invece di altre sottoculture?
Sono diventato mod, arrivando dal punk, in modo naturale.

Il punk nel 1977 portò alla ribalta molte donne, da Siouxsie alle Slits, Chrissie Hynde e Debbie Harry. Secondo te come mai nella scena mod, a parte Fay Hallam e pochissime altre, non è mai emersa una figura femminile?
Non sono d'accordo.
La presenza femminile nella scena mod, almeno in Inghilterra, era altrettanto numerosa, tanto quanto quella punk.
La differenza è che non sono diventate così famose.

Nei Sixties, così almeno si dice, c'era una rappresentanza di ragazzi delle West Indies nella scena mod. Alla fine dei 70 li ritroviamo nel giro ska ma non ne ricordo in quello mod.
Per me non c'era differenza tra 2Tone e mod, erano due aspetti della stessa scena.

Nel suo libro “A tenement kid” Bobby Gillespie dice di avere trovato la stessa attitudine dei mod nella scena acid house e acid jazz degli anni 90, lo stesso senso di appartenenza. La considera una prosecuzione della cultura mod, un po' come il northern soul lo fu per quella dei 60's.
Bobbie Gillespie può dire quello che vuole ma non mi interessa.

Il libro si ferma alla nascita dell'etichetta Acid Jazz. E' previsto dunque un secondo capitolo?
Sono molto contento del primo libro, molto contento per le vendite.
Ne scriverò sicuramente un altro, per proseguire il discorso.

Che opinione hai della nuova scena di British Jazz di esperienze come Comet is Coming, Shabaka Hutchings, Ezra Collective? Può essere una prosecuzione di quella acid jazz?
Ascolto solo Gil Scott Heron.

4 commenti:

  1. Simpatico come un calcio negli stinchi, il signor Piller.... :)

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  2. Ma infatti lo dice nella penultima risposta. È molto contento per le vendite, stop. È inglese,quello gli interessa. Ha cavalcato la questione per tornaconto. Poi io gli sono anche grato per aver fondato la Acid Jazz Records, che probabilmente non sarà finita tanto bene ma in fondo concordo con Paul qui sopra. Anzi se fossi stato li un calcio nei coglioni glielo avrei pure mollato volentieri

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  3. Giubbotto senape e desert boots nappate verde acquamarina, rimbambito.

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  4. Personalmente poi non credo che gli inglesi abitano o hanno mai avuto motivazioni profonde riguardo alle culture giovanili, ma anche altro. Fanno quello perché quello, o altro, si fa in quel momento, non. L importante alla fine è sbronzarsi

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