lunedì, aprile 08, 2024

MODSTOCK (60 Years Of Mod), London, Easter 2024

L'amico STEFANO MICELI ha presenziato al festival MODSTOCK (60 Years Of Mod), London, Easter 2024 a Londra e ha gentilmente mandato un reportage (foto rubate dal web).

La mia prima volta al Modstock e’stata per me qualcosa di esaltante, non credevo ormai più’ possibile potermi entusiasmare come un ragazzino di 18 anni visto che sono anagraficamente vicino ai 60 anni del Modstock stesso ahimè, ed in considerazione del fatto che a concerti, eventi, all-nighters di tutti i tipi attinenti al modernismo ed ai 60’s in genere ho partecipato dappertutto sia in Italia, che in Europa, Uk, Usa, in quasi 40 anni dì attività in questo “nostro” circuito.

Il Modstock è la celebrazione dell’epopea del modernismo, la prima edizione si svolse nel 1994 per il trentennale e da allora si rinnova l’appuntamento ogni 10 anni, le altre edizioni si svolsero nel 2004 e nel 2014.
La mia è stata una full immersion di concerti, dj sets, all-nighters, happening diurni, che mi hanno fatto riassaporare il gusto e la passione per la musica come non mi accadeva da tantissimo tempo, qui siamo a Londra, queste cose le hanno inventate loro, qui tutto ha un sapore diverso, senza offesa per nessuno, diversi amici ed amiche italiani e stranieri mi hanno confermato le stesse sensazioni.
Per me il weekend è iniziato venerdì sera 29 marzo avendo perso la conferenza stampa di presentazione di poche ore prima, con la presenza degli organizzatori dell’evento Rob Bailey in primis e di personaggi come Paul Hallam ed Eddie Piller solo per citarne alcuni, nella quale tra i vari argomenti trattati, si è rimarcato il fatto della grande difficoltà di organizzare un evento simile in un contesto economico come l’attuale, con i prezzi alle stelle in ogni ambito, queste ultime info le ho avute dall’amico Salva Merando al quale vanno i credits di questo, grazie Salva.

Dicevamo venerdì 29 inizia la prima serata al bellissimo 229 Venue in Great Portland Street, un fantastico locale con più sale dedicate, la principale spaziosissima per i concerti con un grande palco, ed un dancefloor molto ampio per ballare, ci sono poi altri due sale più’ piccole una delle quali con un palco più piccolo per i concerti, entrambe con dancefloor per ballare, venerdì però era accessibile solo la sala principale, che comunque ha un dancefloor molto grande.

Entro nel locale e subito riecheggia una Don’t Burst My Bubble degli Small Faces però nella versione dei Prisoners....il Dj che l’ha messa Eddie Piller, come immergersi in una sorta di “ mondo fantastico” appena varcata la soglia del locale, noto pochi pochissimi italiani io l’amico Salva Merando ed un altro suo amico milanese, forse un altro paio di persone, non moltissimi europei comunque, anzi, la stragrande maggioranza del pubblico è britannica, e così sarà per tutto il weekend, nonostante presenze da USA, Giappone, Canada.

Parte la prima band Fay Hallam accompagnata dal fido Andy Lewis alla chitarra e da Kieran Mc Aleer alla batteria più un giovane bassista che non riconosco, sono 45 minuti circa di assoluto godimento con il repertorio originale dei Makin’ Time, suonato con classe, grazia e coolness come solo Fay con la sua splendida voce cristallina e potente sa fare.

Secondo live, salgono sul palco i The Veras con un repertorio freakbeat molto bello, bella la cover degli Action “Something to say”.
Questa band poi misteriosamente si tramuta sul palco in Small Fakers (nome brutto ma sound da brividi), poi c’è l’ingresso alle pelli di sua maestà Kenney Jones batterista degli Small Faces unico superstite della band ed anche batterista degli Who dopo la morte di Keith Moon fino al 1982 circa, all’organo Hammond c’è il grande Rod Spark, leader degli scozzesi Shadowland i Prisoners scozzesi, che portammo in Italia nel settembre del 1993.
Da allora Rod ha portato avanti innumerevoli progetti discografici, bands, etichette fino ad approdare fisso agli Small Fakers tribute band ufficiale degli Small Faces.
Ebbene avevo delle remore, dei pregiudizi ma il concerto e’stato qualcosa di superlativo, il cantante Matt sembrava la reincarnazione di Steve Marriott, non solo nel look ma soprattutto sotto il profilo artistico, voce, movenze, modo di suonare la chitarra, Rod all’Hammond più che degno sostituto di Ian Mc Lagan, credetemi da paura, uno show indimenticabile con una “ All Or Nothing” cantata da tutta la sala, ed io con le lacrime agli occhi.

Sarebbe potuto bastare a livello musicale ed emotivo ma ecco salire sul palco la straordinaria P.P.Arnold con la sua band.
Per chi non la conoscesse spero pochi), lei cantò nei 60’s con le Ikettes che accompagnarono Ike & Tina Turner in lungo e in largo nei 60’s fino ad approdare in Uk, dove trovo’ apprezzamento ed importante esperienze artistiche con giganti quali Mick Jagger e i Rolling Stones ma soprattutto con Steve Marriott coi suoi Small Faces, lei simpaticissima racconta aneddoti del periodo, citando tutti quei nomi e pure Andrew Loog Oldham produttore degli Stones di allora, la sua voce è incredibile, straordinaria, il tempo non sembra essere passato per lei, la band che l’accompagna è al suo livello assolutamente superlativo, top Soul ai massimi, mi piace menzionare il suo grande classico “The last cut is the deepest” firmata Cat Stevens e What’cha Gonna Do dal repertorio delle Ikettes.

Basta così direte voi, invece gran finale che ti accoppa con una Tin Soldier suonata dagli Small Fakers con Kenney Jones e P.P. Arnold alla voce, da ko tecnico emozionale, poi dopo balli in pista con musica superlativa assieme a Rod Spark, me ne vado in hotel felice ma esausto, soprattutto a livello emotivo, e siamo solo al primo giorno...

Il day 2 parte per me con i concerti del Modstock allo Strongroom Bar, bel locale con cibo e bevande in abbondanza e spazio per i live, qui mi vedo col grande Dizzy Holmes della storica Detour Records con il quale avevo appuntamento, io e mio fratello comprammo da lui nei primi 90’s decine di dischi da lui soprattutto singoli, era l’etichetta di riferimento all’epoca per questi suoni, ebbene da Dizzy ho preso una sua uscita speciale, il cofanetto (triplo vinile dedicato ai Clique storica mod band inglese di fine anno 80 ed inizio 90, che portammo in tour a maggio del 1993 in Italia per una decina di date circa), al mio ritorno scopro con sorpresa ed enorme piacere di essere stati citati nelle note di copertina del vinile, priceless.

Dopo questo aneddoto ritorniamo alla musica, allo Strongroom c’è un sacco di gente, mercatini di vinile e abbigliamento, un sacco di amici che conosco, il primo live e’ ad opera degli storici Apemen band tedesca di Saarbrucken, l’unica ad aver suonato in tutti e quattro i Modstock, band solida che non ha mai smesso di calcare il palco e si sente, un mod sound molto ruvido con un tocco di soul nel cantato e nei cori, chitarra tagliente ed aggressiva, sezione ritmica possente con il drummer molto “Keith Moon” nello stile, hanno suonato pescando da tutti i loro dischi usciti proprio per la Detour di Dizzy, anche un singolo fresco d’uscita “ Moon”, bellissime le cover di Fire e Someone like me per una band che e’ una garanzia e che quest’estate suonerà un pugno di date in California grazie ad Anja Stax che vive laggiù’ moglie di Mike Stax e bassista dei Loons oltre che ex Cherylinas, informazioni fresche avute proprio dal batterista.

Dopo gli Apemen ecco salire sul palco un trio del quale si parla già parecchio nel nostro circuito e non solo, i favolosi Molotovs, l’attesa si percepisce, il palco dello Strongroom è quello da classico bar/pub inglese con la gente a ridosso del palco stesso, ma sufficientemente ampio, i ragazzi della band non arrivano alla maggiore età’ anche a sentire la gente che li conosce già, forse il batterista e’ maggiorenne l’unico elemento che risulta cambiato del trio, partono a bomba con power mod sound stile primo album dei Jam ma con un tocco punk forse più marcato, la gente è impietrita, catalizzano subito l’attenzione per il look del frontman e della bassista che dalle movenze deve aver studiato molto Victoria dei Maneskin, ma l’impatto sonoro e visivo nel contempo è fantastico, adrenalina di quando si hanno 17 anni ed un mondo di sogni davanti, la gente è gasatissima e tanti ragazzi non propriamente del giro mod, 60’s sono nel locale per vederli, uno show al fulmicotone con gli ultimi tre pezzi suonati dal chitarrista senza plettro a mani nude, l’impronta Weller/79 è evidente ma dentro c’è tutto anche il rock contemporaneo, indie, anche un pizzico di Seattle secondo me, questi ragazzi suonano con un piglio straordinario, tengono il palco con autorevolezza dimostrando moltissima qualità e coraggio alla loro età, sono sicuro che se non si faranno bruciare avranno un futuro importante davanti a loro, glielo auguro.

Ora passiamo alla serata no.2 sempre al 229 Venue, questa volta le sale sono aperte tutte e 3, la serata Crossfire un appuntamento che a Londra si tiene con regolarità viene organizzata proprio all’interno del Modstock per questa sera, con djs favolosi della scena northern soul come Ady Croasdell, Sean Chapman, Chris Dale, Alan Handscombe, favolosi i sets di Lee Miller, c’è anche una terza sala aperta dove i suoni sono più Latin, RnB, con djs come Andrea Mattioni, Fonsoul Bcn, Charles Whitehouse, ma i djs sono tantissimi in realtà, ed io citerò alla fine quelli che più mi hanno fatto ballare e che conosco da oltre un trentennio come Flappo da Vienna, e Michael Wink, ma anche Gary Milan, Paddy Johnstone, Eddie Piller, Bastian Troger sono stati fantastici, e qualcuno di sicuro lo sto dimenticando.

Non è finita qui nella sala che chiamerò per comodità no.2 quella dedicata ai suoni bianchi freakbeat, garage, psych si sono tenuti prima del ballo due altri fantastici shows.

Primi a salire sul palco i Crystal Teardrop, una band inglese (non sono sicuro se londinesi), che gira da non molto nella scena mod e 60’s legata al garage e al freakbeat, un quintetto che fa un psychrock fantastico capitanato da una ragazza che sa tenere il palco con molta personalità ed attitudine, band molto scenografica con pezzi originali molto belli chitarre in evidenza e tastiere ad arricchire il suono, un pezzo aveva un riff dei Chesterfield Kings ne sono certo, bellissima la loro cover degli Eyes la celeberrima “I’m Rowed Out”, bravissimi pure questi ragazzi quasi tutti molto giovani, band da tenere d’occhio.

Dopo di loro sul palco salgono i clamorosi Big Boss Man una vecchia conoscenza, per aver curato loro tour e date in Italia oltre venti anni fa, presentano il nuovo disco Bossin’Around uscito per la Spinout Nuggets, oltre al loro repertorio classico fatto di tanto Hammondgroove, funk,Latin, e un pizzico di psych.
Nasser Bouzida il frontman è il solito animale da palcoscenico, utilizza congas, timbales, ed un Moog dal quale fa uscire suoni che ti fanno ballare e viaggiare, un altro show potente, pieno di groove ed ipnotismo.

Dopo il concerto gran spazio ai djs che ho summenzionato prima, e ultime energie andate in fumo sul dancefloor per una giornata talmente epica che definire cinematografica è poco.

Ultimo giorno la domenica 31 marzo con il favoloso River Boat Party sul Tamigi, una crociera organizzata sul fiume londinese con partenza dal Pier della Royal Festival Hall alle 14 e ritorno alle 18, con bevande e soprattutto grandissima musica nel piano superiore dell’imbarcazione con i djs che si sono sbizzarriti facendoci ballare per oltre metà pomeriggio, Lee Miller, Flappo, Rob, Gary, tutto questo navigando su di un panorama stupendo come Westminster e dintorni, per ultimo la sera stessa ultimo brandello di festival al mitico Phoenix nei pressi di Oxford Circus, anche lì a salutare gli amici e a consumare ulteriormente le suole con Rob Bailey, Gary Milan, Michael Wink, Flappo etc...

Dopo un weekend così ho voglia di riposarmi ma ho tanto tanto entusiasmo per una scena che finché manterrà viva la sua sorgente Londra, vivrà ancora a lungo, God Save The King.

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