In occasione della ristampa del catalogo della Obscure Records di Brian Eno ho dedicato al grande artista un articolo su "Libertà", quotidiiano di Piacenza.
Una storia artistica in cui è complesso districarsi, tra decine di dischi, produzioni, opere, installazioni, identità e vesti musicali, il più delle volte a livelli di assoluta eccellenza.
Brian Eno (nome completo Brian Peter George St John le Baptiste de la Salle Eno) è tutto questo ma non solo, è anche un “filosofo della musica” che ha sempre saputo coglierne i cambiamenti, non di rado prevederli e anticiparli.
Qualche anno fa fu lapidario nell'osservazione della situazione musicale odierna.
"Penso che i dischi siano stati solo una specie di bolla nel tempo e quelli che ci hanno vissuto per un certo periodo sono stati fortunati. Non vi è alcuna ragione per cui qualcuno dovrebbe aver fatto così tanti soldi dalla vendita di dischi, tranne che
tutto ciò era giusto per questo periodo di tempo.
Ho sempre saputo che sarebbe finita prima o poi. Non poteva durare e ora è finita. Non mi interessa particolarmente di come stanno andando le cose. L'era dei dischi è stato solo un attimo. E 'stato un po' come se tu avessi un'azienda di grasso di balena nel 1840 da utilizzare come combustibile. Prima dell'avvento del gas, se eri un negoziante di grasso di balena, eri l'uomo più ricco sulla Terra. Poi è arrivato il gas e il grasso di balena non valeva più nulla. Mi spiace ragazzi, la storia va avanti. La musica registrata è come il grasso di balena.
Alla fine, qualcosa di diverso lo sostituirà.”
Anche per questo suo approccio intellettuale all'arte è stato recentemente insignito del Leone d'Oro alla carriera della Biennale Musica 2023 con una motivazione che ben riassume la sua opera:
“Il lavoro compositivo di Brian Eno è dagli esordi concepito come processo generativo che evolve secondo una dimensione temporale potenzialmente infinita, anticipando molte delle tendenze compositive attuali legate al suono digitale. Lo studio di registrazione concepito come meta-strumento compositivo, regno di elaborazione, moltiplicazione e montaggio di frammenti sonori registrati, simulacri acustici, oggetti sonori autonomi, ha permesso a Brian Eno di creare spazi elettronici immersivi che si trasformano e permeano la realtà acustica nella quale siamo immersi, modulandola secondo drammaturgie sempre cangianti”.
La sua formazione musicale assorbe il rock 'n' roll e il jazz prodotto a cavallo tra anni Cinquanta e anni Sessanta ma i suoi interessi si indirizzano fin da subito verso la musica contemporanea e le sperimentazioni di John Cage, Terry Riley, La Monte Young.
“Ho scelto la mia strada quando verso il 1968 venni spinto ad interessarmi più professionalmente ai mezzi elettronici; ho studiato a lungo presso il centro di musica sperimentale dell’Art School, dove ho avuto modo di migliorare con un insieme di musicisti dalla provenienza più diversa, dal folk, al popolare, al classico e il cui unico intento era “creare” prescindendo dalle basi scolastiche che ognuno possedeva. Mi interessava arrivare ad una posizione nella quale mi fosse possibile osservare la musica che mi circondava, frugandole dentro e prendendone quanto mi sembrava più importante. Volevo diventare un “magnete di suoni”.
Gli esordi nella discografia sono invece all'insegna del successo pop.
Con i Roxy Music incide, nei primi anni Settanta, poco più che ventenne, due album e ne apprezza l'iniziale popolarità, nonostante la sua presenza sia caratterizzata da una modalità fin da subito anomala, giocando molto con l'elettronica, ai tempi ancora in fase pionieristica, e con un'estetica provocatoria ed eccessiva.
L'esperienza finirà dopo poco tempo.
Insofferente al successo e alla notorietà, oltre che in contrasto con il cantante e leader Bryan Ferry, Brian Eno lascia la band e incomincia una carriera solista che riserva sorprese ad ogni album.
Dalla sperimentazione di “No pussyfooting” con il chitarrista dei King Crimson, Robert Fripp, al suo esordio del 1974 “Here comes the warm jets”, un lavoro in cui accoppia avanguardia con un rock dalle venature glam e pop, dove è affiancato da una serie di ospiti di prima grandezza della scena musicale dei tempi e che in varie parti anticipa di qualche anno la new wave.
Si ripeterà in questa veste con “Before and after science” nel 1977 (in cui è inclusa anche “By the river” che Nanni Moretti incluse nel suo film “La stanza del figlio” nel 2001).
E' il periodo in cui incomincia a farsi strada come produttore, lavorando con alcuni dei più importanti gruppi della neonata scena new wave, come Talking Heads, Ultravox!, Devo, fino, successivamente, gli U2. Scopre la scena “No Wave” new yorkese con nomi estremi come James Chance e Lydia Lunch, producendo la seminale compilation “No New York”.
Negli anni Ottanta introduce il concetto di Ambient Music (mutuata dalla “Furniture Music” o meglio, nell’originale francese, “Musique d’Ameublement” - “Musica per arredamento” - di Erik Satie, coniato nel 1917). In realtà già negli album solisti dell’epoca non mancavano brani contemplativi ma si inserivano in contesti musicalmente più allargati e eterogenei. E' nelle note di “Ambient 1: Music for airports” del 1978, primo di quattro capitoli di “musica ambientale” (seguirà “Music for films”, in tre progressive versioni) che codifica il concetto: “L’obiettivo dell’ambient music è calmare e offrire uno spazio per il pensiero. L’ambient music deve poter conciliare vari livelli d’attenzione uditiva senza imporne uno in particolare: deve essere tanto interessante quanto ignorabile”.
E’ il culmine di un percorso a cui aveva dedicato addirittura un’etichetta discografica, la Obscure Records, operativa per soli tre anni, tra il 1975 e il 1978. Pubblicò dieci album, tra cui uno autografo dello stesso Eno (oltre a John Cage, The Penguin Cafè Orchestra, Michael Nyman, tra gli altri), in cui si sperimentava, osava, si creavano le basi per una moderna concezione della musica classica, tra ambient, avanguardia e ricerca.
I dischi uscirono senza promozione, in sordina, andarono presto fuori catalogo, diventando di scarsissima reperibilità e mai ripubblicati. L'italiana Dialogo Records li ristampa nel cofanetto “The Complete Obscure Records Collection”, con inclusi un libro con foto rare e materiale d'archivio. L’esperimento non ebbe il successo sperato, nonostante lo sforzo e il nome già altisonante di Eno.
Ci vorrà ancora parecchio tempo prima che il valore di queste produzioni venga riconosciuto e arrivi veramente a un pubblico relativamente più vasto, senza venire immediatamente derubricato a “musica sperimentale”. Collabora e contribuisce, alla fine degli anni Settanta, alla famosa “Trilogia berlinese” di David Bowie (i tre favolosi album “Low”, “Heroes” e “Lodger”, pietre miliari della musica pop rock sperimentale moderna). Negli anni Ottanta, Novanta, Duemila affianca alle consuete sperimentazioni d'avanguardia, il successo come produttore dei più famosi e venduti album degli U2 ma anche, di nuovo, con David Bowie, con Peter Gabriel, la nostra Teresa De Sio (in “Africana” del 1985 e “Sindarella Suite” del 1988), con il grandissimo Robert Wyatt.
Si occupa anche di videoarte, David Byrne, ex Talking Heads, Coldplay. Compone la musica utilizzata per l'avvio del sistema Windows 95: “La Microsoft mi chiese una musica capace di ispirare, universale, ottimistica, sexy, futuristica, sentimentale, emozionale, più un'altra serie di circa centocinquanta aggettivi, e conclusero dicendo che il brano doveva durare tre secondi e un quarto.
Da allora ho composto 84 di questi piccoli pezzi, sicché quando ritornai a lavorare su brani della durata di tre minuti questi ultimi mi sembra siano come oceani di tempo.”
Ha realizzato presso il Moma di San Francisco "Compact Forest Proposal", all'interno della mostra "101010" che sublima la tecnologia digitale e l'arte. Eno crea un ambiente musicale senza parole, senza melodia, senza ritmo e che non suoni mai due volte nello stesso modo, attraverso 11 lettori cd che trasmettono musica, rumori, voci lontane, suoni di campane. Ma le sue opere non si contano e si susseguono nel corso degli anni in mille altre espressioni artistiche, sfaccettature, innovazioni, osando sempre oltre il prevedibile.
Brian Eno è un intellettuale che ha fatto dell'arte una modalità espressiva a 360 gradi, senza limiti, alieno alla ricerca del successo e della notorietà (anzi, sempre piuttosto schivo e riluttante al proscenio), a cui bastano poche parole per ridefinire concetti e visioni culturali e sociali più che condivisibili.
"Mi sento solo uno che ha avuto tanta fortuna. Quella di essere cresciuto in una cultura che sosteneva il sistema assistenziale e sanitario nazionale, che dava valore alle arti, alle scuole pubbliche, che ho potuto frequentare, e che pensava che la mobilità sociale fosse una cosa positiva.
Voglio vivere nel mondo anche senza capirlo, nell’incertezza.
La mia carriera è una celebrazione del dubbio, che considero il nutrimento del confronto. E se anche i premier politici coltivassero il dubbio, forse ci sarebbero meno conflitti e meno disparità sociali”.
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