lunedì, maggio 15, 2023
1959
Nella storia della musica rock (ma non solo) ci sono anni iconici e di riferimento che vengono abitualmente citati come inizio o fine di un’epoca.
Basti pensare al 1962, esordio dei Beatles o al 1969 del Festival di Woodstock, celebrazione dell’epoca hippie e rock per eccellenza o ancora il 1977 in cui esplode il punk e la musica e il costume cambiarono radicalmente.
Ci sono invece periodi dimenticati e raramente considerati come momenti di svolta.
Andando a scavare nella storia, un po’ per gioco, un po’ per curiosità, invece saltano fuori date che non avremmo mai pensato essere in qualche modo cruciali e così dense di avvenimenti epocali o quasi.
Chi indicherebbe il 1959 come anno importante per la musica?
Sbagliando, perché, andando a dare un’occhiata alla cronologia di quei dodici mesi scopriamo un’incredibile serie di eventi.
Il rock’n’ roll, emerso da poco e che aveva fatto brillare la stella di Elvis Presley sembrava in caduta libera, una moda passeggera, una bizzarria destinata ad essere archiviata. Lo stesso Elvis era in Germania per il servizio militare, impossibilitato a suonare e registrare.
Tornerà nel 1960 ma ripartendo con una nuova immagine edulcorata e “normalizzata”, musicalmente indirizzato verso sonorità molto meno ribelli e più inclini al pop commerciale. Uno dei personaggi più estrosi e trasgressivi come Little Richard, apertamente omosessuale, nero e con brani crudi, duri e travolgenti, aveva abbandonato la musica per diventare un predicatore evangelico.
Chuck Berry, uno dei grandi “inventori” del rock ‘n’ roll con la sua “Johnny B. Good” era finito sotto inchiesta, processato e arrestato per avere avuto rapporti sessuali con una minorenne.
Stessa sorte per un altro grande come Jerry Lee Lewis che aveva sposato una cugina tredicenne. Matrimonio tenuto nascosto ma che una volta scoperto produsse uno scandalo enorme che gli distrusse la carriera.
Ma l’evento più tragico fu quello che venne definito “Il giorno in cui morì la musica.”
Il 3 febbraio Buddy Holly, Ritchie Valens e il dj Big Bopper si schiantarono con un aereo guidato dal giovane e inesperto pilota Roger Peterson che decise di partire nonostante le condizioni meteorologiche fossero decisamente avverse a causa di una forte nevicata.
Gli artisti erano protagonisti di un lungo tour in diverse città americane.
L’organizzazione non tenne conto delle lunghe distanze tra una città e l’altra, soprattutto nel periodo invernale, tra maltempo e forti nevicate.
Buddy Holly e gli altri decisero così quella sera di affittare un aereo invece di affidarsi al solito scomodo bus.
Buddy era all’apice della fama, sia come artista che come compositore mentre Ritchie Valens aveva raggiunto le vette delle classifiche con un brano destinato a diventare un classico come “La Bamba” e salì sull’aereo dopo aver tirato una moneta con un musicista di Buddy Holly.
Vinse e partì.
Big Bopper, apprezzato DJ e cantante, chiese a un altro musicista di Holly di lasciargli il posto, in quanto influenzato.
Quando Buddy lo seppe augurò al suo compagno che aveva concesso il privilegio a Bopper di “congelare sull’autobus”, di rimando gli fu risposto di “schiantarsi con l’aereo.”
Waylon Jennings (poi diventato apprezzato musicista in ambito country) non si perdonò per tutta la vita la battuta scherzosa.
La morte di Buddy Holly fu un gravissimo colpo alla nuova scena musicale rock ‘n’ roll ma anche un enorme dispiacere per tre giovani ragazzini che lo avevano eletto a loro idolo, tali John Lennon, Paul McCartney e George Harrison, che suonavano in una band chiamata Quarrymen e proprio in quell’anno incominciarono a comporre le loro prime canzoni. Tanta era la devozione a Buddy Holly che decisero, il 16 agosto 1960, di chiamare il loro gruppo The Beatles ispirandosi al nome del gruppo che accompagnava lo sfortunato cantante americano, the Crickets, i grilli. Pensarono quindi a un altro insetto, lo scarafaggio, ma scambiando, genialmente, una vocale.
Da una parte la pronuncia del nome richiamava alla mente un animale non proprio gradevole mentre la lettura, oltre a un nome originale, faceva pensare subito al ritmo (beat).
Come possiamo constatare dunque, lo sfortunato e tragico incidente non decretò la morte della musica.
Anzi, al contrario, proprio nel 1959 nacque un nuovo universo sonoro: il soul.
Il primo ambito in cui gli afroamericani poterono gestire le loro canzoni senza dipendere da strutture esterne, pressochè totalmente gestite da bianchi che, nell’America ancora segregazionista dell’epoca, riservavano ai loro artisti, soprattutto se di colore, le briciole e pochissimi diritti sulle loro creazioni.
Nel giugno del 1959 Ray Charles pubblica il 45 giri “What I’d say” reputato il primo brano ascrivibile al concetto di soul music, ovvero l’unione di una serie di influenze “antiche” in qualcosa di completamente nuovo.
Il soul prende abbondanti dosi del blues, “la musica del diavolo” e le mischia con il gospel, “la musica del Signore” (non a caso un giornalista descrisse il brano in questione con una frase diventata famosa: “Ray Charles porta il gospel in camera da letto”), aggiunge una generosa spruzzata di jazz e una serie di spezie a insaporire il tutto: doo wop, ritmi latini e vocalità molto lirica, probabile retaggio della tradizione melodrammatica italiana. Ovvero i suoni che si ascoltavano nei quartieri americani più poveri e periferici, dove neri, ispanici e immigrati in arrivo da varie parti d’Europa, Italia in particolare, si mischiavano e crescevano insieme.
A proposito di soul: il 12 gennaio Berry Gordy Jr fonda l’etichetta Tamla Motown (e poco tempo dopo le Primettes incominciano la loro attività concertistica.
Cambieranno nome in The Supremes e, guidate da Diana Ross, saranno, anni dopo, il gruppo di punta dell’etichetta). La Motown metterà sotto contratto e porterà al successo planetario, oltre alla citata Diana Ross, nomi come Stevie Wonder, Marvin Gaye, Temptations, Smokey Robinson, grazie a una musica sempre allegra, leggera, ballabile, con i testi che affrontano tematiche adolescenziali.
In un’epoca in cui, per motivi socio/politici, la segregazione razziale era presente anche nella musica e nell’arte (ai concerti le platee erano rigidamente separate), inconsapevolmente la Motown fece una rivoluzione nei costumi, arrivando, grazie alla fruibilità e al successo dei suoi brani, nelle case dei giovani bianchi, superando le barriere ideologiche e confermando che lo slogan adottato, “The sound of Young America” (il suono di un’America giovane) era azzeccato: un luogo senza più vecchi e odiosi pregiudizi. Anche in ambito jazz succedono cose straordinarie.
Miles Davis incide quello che è probabilmente il disco più iconico del genere, “Kind of blue”, accompagnato da alcuni dei migliori musicisti di sempre, come John Coltrane, Bill Evans, Cannonball Adderley. Un disco che ha influenzato generazioni di artisti e che non di rado è indicato come il miglior album di sempre, a prescindere dal genere.
Nello stesso anno un altro genio della musica, destinato a collaborare con lo stesso Miles Davis poco più di una decina di anni dopo ma morto purtroppo prematuramente, poco prima di poterlo fare, acquista quello che sarà il suo strumento con cui cambierà la storia della musica rock.
Il giovane Jimi Hendrix dopo un anno passato a suonare blues su una chitarra acustica ne compra una elettrica e a metà dell’anno suona il suo primo concerto in pubblico, in un bar di Seattle.
E in Italia? Intanto alla prima edizione dei Grammy Awards, a Los Angeles, Domenico Modugno con “Nel blu dipinto di blu (volare)” porta a casa ben due premi come Disco dell’anno e Canzone dell’anno.
Invece una ragazzina diciannovenne di Cremona, abbandona il nome d’arte di Baby Gate e torna a quello di battesimo, Mina, debutta in Rai nel seguitissimo “Lascia o raddoppia?”, condotto da Mike Bongiorno, con il brano “Nessuno”, partecipa a “Canzonissima”, lancia uno dei brani che più la caratterizzerà nel primo periodo artistico, “Tintarella di luna” e vince il “Juke Box d’oro” e “Il microfono d’oro”.
Le replica l’amico Adriano Celentano che dopo una serie di 45 giri in inglese trova il primo successo con una canzone destinata diventare un classico, “Il tuo bacio è come un rock”.
La lista di eventi sarebbe ancora lunga ma sono sufficienti quelli sopra elencati per dimostrare l’importanza di un anno tanto lontano, quanto determinante nella storia della musica moderna.
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