martedì, settembre 13, 2022

Durand Jones & the Indications
Milano 11 settembre 2022 - Santeria


Il nostro Soulful Jules ci rendiconta il recente concerto di Durand Jones & the Indications a Milano l'11 settembre 2022 alla "Santeria".

Trasferta lampo a Milano, domenica 11 settembre, per il concerto di Durand Jones & the Indications, unica data italiana del tour europeo che passa per Francia, Spagna, Germania e Regno Unito.
Live organizzato al Santeria, locale polifunzionale e ben strutturato poco distante da Porta Venezia e dal Politecnico.

La sala può ospitare oltre seicento persone ed è piena per circa due terzi.
Pubblico misto, età media sotto i quaranta, tante ragazze e qualche soul fan coi capelli grigi.
Arriviamo in ritardo per il set di apertura ma in tempo per l’inizio del concerto, la band attacca puntuale alle 21.15.

Sul palco sono in sei: Durand Jones alla voce, Aaron Frazer alla batteria, Blake Rhein alla chitarra e sintetizzatori, il bassista Michael Montgomery, il tastierista Steve Okonski e una percussionista cantante di cui mi sono perso il nome.

Attaccano con Circles, un brano midtempo del loro secondo album, American Love Call del 2019.
La canzone incarna il sound della band, incentrato su armonie vocali curate ed eleganti.
Qualche istante di assestamento e il pubblico risponde con un boato al cantato di Durand Jones, che ha lavorato parecchio sulla voce.
Questo impegno e questa ricerca emergono nel corso di tutto il concerto come una piccola sorpresa, un mix di tecnica ed emozione che colpisce ancora più dal vivo che su disco.

Sale il ritmo e passiamo a sonorità disco con il secondo pezzo, The Way That I Do, preso dall’ultimo album Private Space, uscito a luglio 2021.
Il pubblico si scalda e si dimena, la band prende maggiore confidenza, il falsetto del batterista Aaron Frazer è cristallino ed elegante come nei lavori da studio.
Il drumming non mi fa impazzire, manca un po’ di swing per il mio gusto ma è innegabilmente preciso.
In scaletta si alternano brani smooth come Love Will Work It Out, Don’t You Know e Sea Gets Hotter a canzoni uptempo come Witchoo, ricevuta dal pubblico con un boato di entusiasmo, il chitarrista passato al synth per il decollo dell’astronave.
Il sound mi arriva un po’ sommesso, ottime le voci, più velati gli strumenti, mi dicono che sotto il palco si sente bene.

Ovazioni per i brani cantati da Aaron Frazer, in rotazione nelle radio mainstream anche in Italia grazie al disco solista prodotto da Dan Auerbach dei Black Keys e uscito a inizio dello scorso anno.
C’è tanto Smokey Robinson e non poco Curtis Mayfield nelle corde vocali del giovane cantante-batterista che si alterna al microfono con Durand Jones, grosso modo un pezzo a testa.
A metà scaletta una bella cover di Don’t Let Me Down e tutto il pubblico a cantare con la band.
Pubblico che segue con passione anche i brani lenti, mi colpisce questa cosa, sentono la musica, gli arrangiamenti, i cambi di battuta e non sono trascinati solo dai pezzi con cassa dritta.
La popolarità dei brani downtempo nel corso degli ultimi anni è legata ad un insieme di fattori tra cui la diffusione di ritmiche più morbide nelle playlist di Spotify che ha portato ad una maggior ricerca di melodia da parte degli ascoltatori.
Poi a livello di mainstream l’inclusione di campioni di Sweet Soul in brani di successo planetario da parte di artisti come Bruno Mars ha certamente aiutato a rimodulare i gusti del pubblico di massa.

Nella sala si diffonde un po’ di magia con Crusin’ In The Park, video da dieci milioni di visualizzazioni su You Tube e brano dedicato alla scena Low Rider che ha abbracciato senza riserve il sound morbido della band già dal singolo Is It Any Wonder, dal primo eponimo album e presente in scaletta questa sera.

Sale l’intensità con Morning In America, canzone di apertura del secondo album che offre un’istantanea cruda e drammatica della società americana: le schiere di tossici istituzionalizzati dalla piaga di antidolorifici e oppiacei sintetici, infermieri e insegnanti che tirano avanti con stipendi da fame, l’inquinamento delle falde acquifere del Michigan e la corruzione dei politici, sullo sfondo le tensioni raziali pronte a esplodere in qualsiasi istante.
A metà brano l’assolo acido e disperato della Stratocaster di Blake Rhein, una delle poche occasioni in cui il chitarrista di origine olandese si sgancia dalla sezione ritmica per prendere il timone.
Dopo il primo bis il gruppo viene richiamato sul palco dall’entusiasmo del pubblico, una bella sorpresa di questa serata di fine estate.
Come pezzo di chiusura Giving Up, una ballata dal loro primo album e un’altra occasione per Durand Jones di incantare la sala con la sua voce.

A fine concerto i membri della band rimangono a disposizione per foto, autografi e per scambiare due chiacchiere con i fan.
Gentili e alla mano i ragazzi, si godono il momento, sono soddisfatti del concerto e della gente.
Ottima la gestione del Santeria, sia negli spazi che nel personale, disponibili e attenti a partire dai buttafuori per proseguire con camerieri e baristi.

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