lunedì, ottobre 04, 2021
Il ruolo della donna nella musica italiana - Parte 1
Riprendo la prima parte di un articolo che ho pubblicato ieri sul quotidiano di Piacenza "Libertà".
Nei primi anni Ottanta, con l'arrivo di punk e new wave anche in Italia, la figura femminile incominciò a conquistare sempre più spazi in ambito musicale.
Gli esempi di personaggi come Patti Smith, Debbie Harry, Siouxsie o Chrissie Hynde diedero impulso alla nuova scena nostrana ad includere giovani ragazze, desiderose di ispirarsi a modelli nuovi, fascinosi, dall'immagine potente, ribelle, disinibita, consapevole e padrona di sé stessa.
Anche da noi nuove generazioni di ragazze si fecero largo come musiciste, redattrici di fanzine, giornaliste, conduttrici radiofoniche, DJ, ma anche attivissime compagne di occupazioni di centri sociali, protagoniste in collettivi, organizzatrici di concerti, gestrici di etichette indipendenti.
Ad ogni rivoluzione segue automaticamente una reazione e spesso restaurazione e normalizzazione per il ripristino dello status quo.
Quello che segue é un tentativo di capire, attraverso voci differenti e disparate, se il ruolo della donna, all'interno del vasto universo musicale nostrano ha un peso, se subisce o ha subito freni, ostracismo, discriminazioni, boicottaggi.
Se le cose sono cambiate, se il cammino é più agevole o gli ostacoli sono rimasti gli stessi di sempre.
ALBA SOLARO, giornalista de “Il venerdì” di “Repubblica”, precedentemente con “L'Unità” e “Rockerilla” é risoluta:
“Sarebbe impossibile affermare il contrario. Quando ho iniziato a lavorare, nei primi anni Ottanta, c’era solo una donna in posizione di potere negli uffici promozione delle case discografiche, era Arianna D’Aloja, alla Bmg e poi alla Sony. Ma questo è vero nella musica come in qualunque altro ambito.
Di conseguenza l’ho sempre vissuto un po’ come un non-dibattito.
In Italia, a fronte di un movimento femminista che, negli anni 70 e oltre, ha lavorato tantissimo a rovesciare le prospettive e creare autoconsapevolezza, ed era un femminismo soprattutto di liberazione che ha prodotto tanto pensiero culturale, influenzato l’arte, la letteratura, il teatro, nella musica quel femminismo lì sembrava non aver attecchito più di tanto.
Di ragazze ce n’erano; penso a programmi radiofonici magnifici come “Per Voi Giovani” dove le conduttrici non mancavano, Fiorella Gentile, Maria Laura Giulietti, Marilù Safier, ma alla fine quando si parla del programma tutti ricordano il grande Paolo Giaccio, Carlo Massarini o al limite Mario Luzzato Fegiz, e bada bene che si tratta di una trasmissione dove in realtà non sono mancati i nomi femminili né tra le autrici né tra le produttrici.
Questa situazione ha spesso generato una convinzione, anche nei maschi con le teste migliori, quella che alle ragazze la musica interessasse ma solo fino a un certo punto.
Se le donne c’erano, erano sempre viste come l’eccezione alla regola, quelle toste capaci di essere “allo stesso livello dei ragazzi”. Ma non è una questione di quantità ma di qualità: imparare a fare le cose, spalleggiarsi, aiutarsi, scambiarsi saperi, dritte sui posti di lavoro, consigli legali.”
LAURA DE LAURIS é stata una delle primissime punk italiane, batterista con i Raf Punk, fondatrice della Attack Punk Records, attivista:
“La scena punk è stata ed è abbastanza aperta e avanti rispetto a certe altre, dove il sessismo galoppava frequentemente, ad esempio quella metal. Da precisare che il sessismo tra i metallari, gli skin o i rockabilly, tanto per citarne alcuni, era più diffuso tra il pubblico che tra musicisti.
La critica, invece che rivolgo ai critici musicali è di ignorare continuamente l’attivismo delle donne.
Ci fu un periodo, intorno ai primi anni ’80, dove la presenza femminile era preponderante, sia in quanto musiciste che autrici di fanzines.
Il contributo femminile è tuttora ignorato, io stessa posso constatare che quando si parla di Attack Punkrecords, tutti citano solo Jumpy (Helena Velena), mentre il mio contributo che è stato fondamentale, per correttezza preciso che ugualmente Carlo Chiapparini, è finito nell’oblio.
Per quanto riguarda l’esiguità delle donne nel campo musicale, direi che è perfettamente in linea con quello che succede in politica, nell’imprenditoria e in tutti i campi decisionali.
Fino a che ci sarà un fiocco rosa fuori dalla porta o vedremo una donna soddisfatta per i suoi fornelli splendenti nella pubblicità, non avremo raggiunto la parità.”
Più recente l'attività di ELLI DEMON, musicista blues, onewoman band, costantemente in tour in solitaria.
“In conservatorio, dove lavoravo fino a tre anni fa, quando sono rimasta incinta mi hanno chiesto di rinunciare al mio incarico, nonostante avessi vinto un concorso.
Da notare che a farlo fu la vicedirettrice donna. Non l’hanno avuta vinta comunque.
Per quanto riguarda l’on the road devo dire che nel mio ambiente (circoli culturali, arci) c’è molto rispetto, probabilmente perché sono luoghi preparati e sensibili.
La cosa cambia quando cresci ed entri in un ambito più mainstream: in quei giri ho spesso dovuto fare vedere che non ero l’ultima arrivata e che non mi potevano trattare come una rincoglionita (dai fonici agli organizzatori).
Credo che in Italia ci siano ancora molti atteggiamenti arretrati.
Ad esempio le donne per trovare spazio devono fare leva sulle quote rosa, I festival “femminili” ecc... come se fossimo una specie in via d’estinzione.
Quando dovremmo semplicemente essere trattate come dei professionisti. Le cose credo stiano pian piano migliorando ma ci vorranno anni. Conto sulle nuove ragazze”.
Oltre a essere musicista, SABRINA NAPOLEONE gestisce da anni l'associazione Lilith e l'omonimo Festival di Genova tutto declinato al femminile:
“Quando ho cominciato a scrivere canzoni e a suonare, negli anni '90, credevo di essere l'unica cantautrice a Genova.
Poi, negli anni, ho scoperto che eravamo tantissime.
Era così difficile trovare spazio per esibirsi che nemmeno sapevamo dell'esistenza l'una delle altre.
Il Lilith Festival è nato per questo.
Undici anni fa, io e le mie socie abbiamo deciso di conquistare uno spazio che non c'era, per fare il punto della situazione, a livello nazionale.
A fronte delle poche che erano emerse, quel fitto sottobosco creativo di centinaia di donne che facevano musica non era quasi mai preso in considerazione.
Le prime reazioni al nostro Festival sono state di stupore, ma ben presto sono arrivate le critiche, perché i colleghi maschi erano esclusi.
Tra l'altro, quest'ultima cosa non era neppure vera, perché abbiamo organizzato una marea di altri eventi, in cui non vi era distinzione di genere.
Durante tutti questi anni, comunque, la presenza femminile negli eventi musicali, ha continuato ad essere scarsa, anche se vi è stato qualche sporadico segno di maggiore attenzione.
La discriminazione è visibile anche nella rigidità degli stereotipi, che accompagnano l'immagine della donna nella musica.
Con Cristina Nico ogni volta che vediamo su un grande palco un collega maschio famoso, ma con scarse doti da cantante, ci diciamo che a una donna, con quelle scarse qualità canore, non sarebbe mai stato permesso di arrivare a quel punto di carriera.
La mia soluzione è quella di continuare a lavorare, affinché le giovani musiciste di oggi possano avere le stesse (anche se ahimè scarse) occasioni dei colleghi maschi.”
DANIELA GIOMBINI é stata una delle primissime promoter italiane (celebre il suo ruolo nel portare per la prima volta da noi i Nirvana, ad esempio).
“A volte, ho trovato un muro essendo donna. Quando andavo ai meeting dei booking agents a Londra col mio socio Antonello Florio ero l'unica donna, erano tutti uomini e a volte pensavano fossi la segretaria di Antonello, non riuscivano a credere che fossi il presidente e l'amministratore della nostra società.
E comunque erano sessisti, tanto che il contratto dei Nirvana con l'agenzia inglese venne intestato ad Antonello quando solitamente erano tutti intestati a me.
Ho incontrato parecchi ostacoli, tanto che prima della “Subway” mi ero messa a organizzare tour da sola, ma poi convenni la difficoltà di essere donna, talvolta essere pagata e poi andare in giro come tour manager.
Con un uomo alle spalle in un mondo di maschi tipo esercito avevo più credibilità e le spalle coperte.
Però all'epoca mi sembrava normale che fosse così.
Certo quando mi arrabbiavo certi uomini non lo accettavano e per lavoro ho avuto delle brutte disavventure.
Non ti nascondo però che altre volte il fatto di essere donna mi ha anche agevolato”.
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