mercoledì, agosto 18, 2021
George Best
Riprendo un articolo che ho pubblicato da poco su "Libertà".
George Best é stato un dio del calcio, soprannominato il Quinto Beatle (band che amava molto, al pari dei Kinks e Fleetwood Mac), talento innato, probabilmente la prima grande star del pallone, che arrivò sulle prime pagine di tutti i giornali del mondo sfruttando non solo le capacità sportive ma la sua immagine. Affascinante, costantemente circondato da belle donne, dedito all'alcol, al gioco d'azzardo, a una vita glamour e scintillante, l'esatto opposto della consueta apparenza dello sportivo irreprensibile, poco incline alle luci della ribalta, se non quando entra su un campo di gioco.
George Best sparigliò completamente le carte e divenne un'icona che ancora oggi, a tanti anni di distanza, resiste immutata.
Nasce nel 1946 nei sobborghi squallidi e ancora distrutti dai bombardamenti tedeschi di Belfast, capitale della tribolatissima Irlanda del Nord, divisa dall'odio atavico tra protestanti e cattolici, tra unionisti e sepratisti dalla “madre/matrigna” Inghilterra.
Padre tornitore e madre operaia, George scoprì presto di avere un talento ben superiore a quello dei compagni con cui divideva ore e ore di partite nelle strade umide della periferia cittadina.
Restando poi da solo a palleggiare contro un muro per ore, un esercizio che gli tornerà utilissimo nel padroneggiare riflessi e movenze nel controllo della palla.
A 15 anni viene notato da un osservatore del blasonato Manchester United che lo vuole in squadra. Esordisce giovanissimo con una delle migliori squadre inglesi di sempre, segnalandosi subito per il carattere totalmente anarchico, incurante e insofferente alle rigide regole degli allenamenti, ritiri, orari in cui andare a letto.
A 19 anni vince lo scudetto e raggiunge l'apice a 22, quando, nel 1968, conquista la Coppa dei Campioni e il Pallone d'Oro.
Paradossalmente, inizia proprio da qui una progressiva, sempre più veloce, caduta negli inferi dell'alcol e della sregolatezza, tra mille donne e approfittatori, che lo porteranno a dibattersi in apparizioni imbarazzanti e sempre meno autorevoli. La sua classe lo aiuta a restare ad alti livelli. I suoi irresistibili dribbling, difficilissimi e spettacolari gol, la poco conosciuta e considerata capacità di incassare botte e falli omicidi che nei campi inglesi dei Sessanta e Settanta erano la prassi, rialzarsi e proseguire la partita senza troppi problemi (se non quello di restituire, con gli interessi, il dovuto al responsabile). Spesso immarcabile, grazie anche alla sua non altissima statura (1.75), sgusciava facilmente tra i difensori, portando scompiglio nelle aree avversarie. Dopo dieci anni di attività nel Manchester United, nel 1974 lascia la squadra e incomincia un penoso peregrinare (già abbondantemente minato dall'alcolismo e ovviamente bollato come totalmente inaffidabile) in squadre di infima categoria, in cambio di cospicui gettoni di presenza.
Tra il 1974 e il 1976 gioca 11 partite negli sconosciuti Dunstable Town, Stockport County e con gli irlandesi del Cork Celtic.
Finisce anche nel Sudafrica segregazionista per una serie di partite con il Jewish Guild, affiancato, fuori dal campo, da una bionda mozzafiato locale. Sono anni in cui il Sudarfrica é globalmente boicottato ed evitato.
Ma i soldi hanno un sapore più gustoso di ogni opinione sociale e politica. Addirittura Manchester United e Tottenham, per aggirare le sanzioni per chi andava a giocare tra i razzisti, organizzeranno tre partite nel minuscolo Swaziland (una sorta di San Marino locale).
Ogni sua presenza comporta tribune piene e folle in delirio.
E soprattutto ingaggi molto lucrosi, lusso e ogni tipo di richiesta accontentata. George é sempre più impegnato a capitalizzare il suo “brand”, dando il nome a vari prodotti (che immancabilmente giocano sul suo cognome, Best, “migliore”).
Il resto sono interminabili sbronze di giorni e giorni, party infiniti, donne a profusione (si vanterà spesso di avere conquistato ben sette Miss Mondo e averne sposata una). In questo senso rimane celebre la sua frase: “Ho speso un sacco di soldi per alcol, donne e macchine veloci…tutti gli altri li ho sperperati.” rimarcata da un altro suo detto entrato nella storia: “Nel 1969 ho dato un taglio a donne e alcool. Sono stati i 20 minuti peggiori della mia vita”.
In realtà dietro a queste divertenti boutade c'era un dramma a cui non é mai riuscito né ha mai cercato di porre rimedio.
Nella stagione 1974/75 trova casa in America che cerca disperatamente di fare decollare il calcio (senza troppo successo), reclutando campioni in declino a suon di dollari. Al Cosmos di New York approdano Pelé e il nostro Giorgio Chinaglia, dalla costa Ovest replicano i Los Angeles Atzecs (nome scelto non a caso, per attirare l'attenzione della numerosa comunità messicana presente in California) con George Best e altre ex star del calcio inglese.
Tornerà a fasi alterne in Usa, anche a fine carriera con i San Jose Earthquakes. Torna a giocare più o meno seriamente nella serie B inglese con la londinese Fulham, squadra comunque di un certo prestigio storico. Solo 10 partite e due gol, un incolore decimo posto per la squadra.
Siamo al declino totale.
C'è ancora spazio per una stagione in Scozia con l'Hibernian dove prova ancora una volta a stare lontano dai guai.
Ma invano.
La lista di problemi, serate trascorse al pub fino a mattina inoltrata, pulmann per andare in trasferta con la squadra persi e inevitabili rincorse allo stadio con la sua auto o in taxi ormai non si contano.
Sempre tratto dal repertorio di aneddoti, in un albergo prima di partire per la prossima partita, appena tornato da una delle solite nottate: "Signor Best, a che ora desidera la sveglia?"
"Alle 7.30 in punto".
"Ma Signor Best, sono le otto meno venti".
I tabloid fanno a gara a sparare in prima pagina il suo pietoso declino.
Anche la nazionale dell'Irlanda del Nord, di cui era stato bandiera e con cui aveva contribuito ad allentare la tensione di quegli anni, in cui bombe, morti, violenze erano all'ordine del giorno e durante i quali subì minacce neanche troppo velate (la sua famiglia era solidamente protestante), lo abbandona. Non c'è più spazio per un calciatore che solo a sprazzi tira fuori il suo talento ma che nella maggior parte dei casi non è più in grado di gestire se stesso.
Finisce la carriera in modo grottesco e triste in Australia, con parentesi in prigione, ritrovandosi coinvolto in mortificanti interviste televisive ubriaco fradicio, in cui gli intervistatori lo trattavano come il “freak” da esibire al ludibrio pubblico.
Le conseguenze di una vita così al limite alla fine, inevitabilmente, si pagano. E come drammaticamente prevedibile, nel 2002 Best é costretto a sottoporsi a un trapianto di fegato, le cui funzioni erano ormai ridotte a solo il 20%. Non servirà, George riprende le solite abitudini, lasciato anche dalla moglie Angie che non può più sopportare il solito stillicidio di scandali giornalistici e l'inarrestabile corsa verso l'inferno del marito. "Se settantamila persone vogliono farsi una bevuta con George, loro se ne faranno una, George settantamila". (Angie Best).
Best muore il 25 novembre 2005 a 59 anni, lasciando una foto drammatica nel letto d'ospedale, irriconoscibile, con la sua ultima frase “Non morite come me”. Belfast lo celebrerà con libri, una lunga serie di murales, l'Ulster Bank stamperà un milione di banconote da 5 sterline con la sua effige, il Belfast City Airport prenderà il suo nome.
Recentemente Stefano Friani gli ha dedicato il libro “Belfast Boy” in cui ne riprende le gesta e approfondisce in chiave tecnica la sua dimensione calcistica.
Interessanti i capitoli sulla complicatissima e drammatica situazione Nord Irlandese degli anni 70, a cui Best non poteva sottrarsi, sull'evoluzione/involuzione/scomparsa di un certo tipo di calcio (abitualmente derubricato a "visione romantica", in realtà il "vero calcio" che si trasforma in uno spettacolo circense).
"Eroe sessantottino, incarnazione del trito tropo genio e sregolatezza, ha finito per rappresentare una generazione, quella dei boomer che avevano capito di poter vivere per sempre, bruciando le tappe e se stessi mentre attorno a lui, nell'intrico di strade e collinette di Belfast, si consumava la Storia con la esse maiuscola."
Prima vittima dello star system del calcio e icona di chi col calcio a poco da spartire
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