sabato, aprile 10, 2021

Il cervello dei batteristi



Da una recente ricerca emergerebbe che i batteristi hanno cervelli fondamentalmente diversi rispetto al resto.

"I batteristi", scrive Jordan Taylor Sloan su Mic.com, "possono essere più intelligenti dei loro compagni di band meno focalizzati sul ritmo".
Questo secondo i risultati di uno studio svedese (Karolinska Institutet di Stoccolma) che mostra "un legame tra intelligenza, capacità di tenere il ritmo e la parte del cervello utilizzata per la risoluzione dei problemi".
Come dice Gary Cleland del Telegraph, i batteristi "potrebbero effettivamente essere intellettuali naturali".

Il neuroscienziato David Eagleman, lo ha scoperto in un esperimento che ha condotto con vari batteristi professionisti nello studio di Brian Eno.
È stato Eno a teorizzare che i batteristi hanno una struttura mentale unica, e si scopre che "Eno aveva ragione: i batteristi hanno cervelli diversi dagli altri". Il test di Eagleman ha mostrato "un'enorme differenza, da un punto di vista statistico, tra la capacità ritmica dei batteristi e quello dei soggetti del test".
Dice Eagleman:
"Ora sappiamo che c'è qualcosa di anatomicamente diverso in loro".
La loro capacità di tenere il tempo dà loro una comprensione intuitiva degli schemi ritmici che percepiscono intorno a loro.

Questa differenza può essere fastidiosa, avendo un "ritmo" perfetto in un mondo perennemente "fuori tempo". Ma suonare la batteria alla fine ha un valore terapeutico, fornendo i benefici emotivi e fisici noti collettivamente come "sballo del batterista", una scarica di endorfine che può essere stimolata solo suonando musica, non semplicemente ascoltandola.
Oltre ad aumentare la soglia del dolore delle persone, hanno scoperto gli psicologi di Oxford, l'atto di suonare la batteria aumenta le endorfine e conseguentemente le emozioni positive e porta le persone a lavorare insieme in modo più cooperativo.

Il batterista dei Clash Topper Headon definisce il suonare la batteria un'attività "primordiale" e universalmente umana.
L'ex batterista dei Grateful Dead Mickey Hart e il neuroscienziato Adam Gazzaley hanno grandi speranze per la scienza del ritmo.
Hart, che ha alimentato uno spettacolo di luci con le sue onde cerebrali in concerti con la sua band, discute del "potere" del ritmo per stimolare le persone e riportare i malati di Alzheimer nel momento presente.

Se possiamo allenarci a pensare e sentirci come i batteristi può essere discutibile.
Ma per quanto riguarda se i batteristi pensano davvero in modi che non possono fare i non batteristi, basti pensare la neuroscienza dei ritmi poliritmici di Stewart Copeland.

Fonte: https://www.openculture.com/2015/08/the-neuroscience-of-drumming.html

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