giovedì, gennaio 07, 2021
Diritti editoriali, Bob Dylan e il futuro della musica
Poche cose sono irritanti come le pubblicità che interrompono film o programmi televisivi e radiofonici. O quelle che infestano internet, dai social a YouTube.
Solo raramente la qualità dello spot é talmente alta da farsi apprezzare da un punto di vista artistico.
Non a caso il più delle volte si tratta di grandi marchi che ne affidano la realizzazione a registi e operatori di alto livello e fama mondiale.
Allo stesso modo ci soffermiamo più volentieri a guardarle se la musica che le accompagna é nota o fa parte del repertorio di un artista a noi caro.
Come fanno però a ottenere l'utilizzo di brani particolarmente famosi?
Semplice: pagando fior di quattrini.
Che per metà vanno al compositore della canzone e l'altra metà all'editore che ne possiede i diritti di utilizzo.
A volte le due cose coincidono.
I grandi nomi costituiscono proprie edizioni musicali alle quali “cedono” i diritti dei loro stessi brani.
Ha fatto molto scalpore la recente decisione di Bob Dylan di vendere a una delle maggiori etichette discografiche al mondo, la Universal, tutti i diritti del suo immenso repertorio (circa 600 canzoni) per 300 milioni di dollari.
Stessa cosa hanno fatto Stevie Nicks dei Fleetwood Mac e David Crosby (notoriamente poco inclini al risparmio). Ma anche Neil Young, Dolly Parton, Debbie Harry, Lindsay Buckingham, e Dave Stewart degli Eurythmics ne stanno seguendo le orme.
Che succede?
Che la Hipgnosis Songs Fund di Merc Mercuriadis, ex manager di grandi star e potente discografico, ha improvvisamente incominciato ad acquistare canzoni in tutto il mondo, é entrata in borsa ed é andata a competere con le grosse major discografiche che ora stanno correndo al riparo, investendo cifre astronomiche, pur di assicurarsi i diritti editoriali.
In un clima economico/fnanziario volubile a mille cambiamenti, le canzoni famose sono un bene stabile, che non rischia l'obsolescenza, che dura nel tempo, é semplice da gestire ed é un investimento sicuro.
Vedi le canzoni dei Beatles o di Dylan, attualissime e suonatissime dopo oltre mezzo secolo.
Meglio del mattone o del lingotto d'oro.
La musica cambia.
Artisticamente, nella fruizione, nella gestione.
Si è aggiunto anche Neil Young, con metà del suo repertorio, se ho letto bene la notizia. Aggiungo che dietro la mossa di fare queste acquisizioni c'è una certa fretta perché durante il mandato a J. Biden stanno pensando di aumentare certe imposte sulle acquisizioni finanziarie. In questo senso Dylan e il suo manager sono scaltri. Concordo con te: un certo tipo musica fa parte della storia e non passerà di moda.
RispondiEliminaChi sarà il prox?
1979 i Clash firmano per la CBS..scandalo. Poi le major vengono traghettate da squali avidi a indispensabili diffusori di musica "altra"..e ancora grazie.
RispondiEliminaC
I’m all lost in the supermarket
RispondiEliminaI can no longer shop happily
I came in here for the special offer
Guaranteed personality
Si anche Neil. Il prossimo sarà colui al quale sarà fatta una proposta remunerativa. In Italia ancora niente si muove ma si arriverà anche qua a tirare fuori palate di soldi per i brani di Gino Paoli o Paolo Conte, ad esempio. Soggetti come Vasco, Liga, Jova sono invece ancora troppo giovani per privarsi delle entrate annuali del loro repertorio.
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