mercoledì, giugno 10, 2020
Sleaford Mods
Da "Libertà" della scorsa domenica.
Sono in due.
L'uno prepara le basi elettroniche, minimali, ipnotiche, ossessive, pulsanti, nessuna concessione musicale.
L'altro ci parla sopra, urla, declama,, nessuna concessione alla melodia, al canto, al ritornello.
I testi sono crudi, spietati, senza rime, sguaiati, volgari, quando occorre l'invettiva, senza alcun tentativo di giocare con le parole. Spesso in slang, intellegibili solo a chi ne comprende i significati nascosti, i doppi sensi, i riferimenti oscuri (o esplicitamente diretti).
Gli Sleaford Mods sono la voce del sottoproletariato, della working class inglese, del pub, della strada, di chi non si ammanta di afflati poetici o citazioni colte.
E' quello che ascolti in un bar, spesso cose sgradevoli, offensive e ripugnanti che non vorresti sentire, che reputi sia appannaggio di una minoranza rozza e incolta, becera e ignorante che ti fa sentire superiore. Perché hai potuto (e anche voluto) studiare, leggere, informarti, vivere e comportarti civilmente, condividere e provare empatia per il prossimo.
Ma esiste anche un'altra realtà che gira intorno al tuo fortino dorato e sicuro.
E' quella della gente sfruttata, delusa, incattivita, impoverita, violenta, dentro e fuori.
Stanca.
Perchè vorrebbe “solo” vivere dignitosamente.
Vengono da Nottingham.
Alle spalle una lunga carriera nel sottobosco della musica indipendente, con tanti tentativi e scarso successo.
E' solo con il settimo album, nel 2014, “Divide and exit” che il loro difficile e ostico sound esplode nelle classifiche ma soprattutto nel sempre più nutrito gruppo di fan.
Le canzoni parlano di disoccupazione, periferie, violenza, dei mali del capitalismo, del disagio sociale della provincia inglese.
La musica pulsa, altrettanto aspra, attingendo da elettronica, rap, post punk (uno dei principali riferimenti sono i Public Image dell'ex Sex Pistols John Lydon).
Il loro é un mondo spietato, claustrofobico, senza speranza, cattivo e truce.
Una perfetta descrizione di una certa realtà.
Puro neo realismo, senza alcun rispetto per il tanto coccolato politically correct.
Provare per credere.
C'è un bel pezzo su di loro pure su Rumore di Maggio.
RispondiEliminaSempre in questo numero in una intervista Marco Giallini indica come concerto della vita quello dei Clash con i Not Moving come apertura. ✌
Charlie
ottima scelta per il redattore ma..quelli erano i Clash mark2.
EliminaC
SI, letto. Ogni tanto ci sentiamo con Giallini. Un vero appassionato di "nostra" musica.
RispondiEliminaGrandissimi! Due totali opposti che sul palco sono uno spettacolo da vedere e coinvolgenti allo spasimo. Spero tornino presto!!
RispondiElimina