mercoledì, gennaio 15, 2020
MTK - Honved 1955
GRANDI PARTITE DIMENTICATE: La più grande mai giocata?
A cura di ALBERTO GALLETTI.
Fa freddo il 9 gennaio 1955 a Budapest, una coltre di mezzo metro di neve ammanta la capitale ungherese.
Freddo anche nei cuori della gente, il violento colpo di mano del governo filosovietico ha irrigidito le regole di vita, la coltre dispotica che ammanta la vita ungherese è, se possibile, più pesante di quella nevosa.
Il calcio non è stato risparmiato dal vento normalizzatore del regime.
A farne le spese anche i maggiori club della capitale, dominatori della scena fin dal principio, letteralmente ribaltati negli assetti societari e nelle denominazioni in un tentativo senza mezze misure di cancellarne i legami col passato e sradicare il forte senso identitario che da sempre le squadre di Budapest esercitano sull’ethos della vita cittadina.
Nello spazio quasi di una notte, Ferencváros, MTK, Kispest e Újpest, solo per citare le maggiori si ritrovano sradicate e rinominate secondo i dettami del potere.
L’MTK, espressione sportiva del ceto medio cittadino a forte componente ebraica, che già aveva dovuto subire l’onta dell’abolizione totale ai tempi del regime di Miklós Horhty e delle sue leggi razziali, si ritrovò in quel buio fine anno del 1949 dapprima sotto il controllo delle industrie tessili nazionalizzate con il nome di Budapest Textiles SE e quindi, l’anno dopo, sotto quello diretto dell’ AVH, la spietata polizia politica segreta staliniana, con il nome di Budapest Bástya SE ed infine con quello definitivo (per i controllori di regime) di Budapest Vörös Lobogö, Bandiera Rossa Budapest in italiano.
I colori trasformati dal molto poco opportuno bianco-azzurro di origine ebraica al più comunistamente consono rosso.
A nord della capitale, medesima sorte per l’Újpest, espressione della città omonima, sorta nel 1832 per volere di Isaac Lowy, proprietario di una fabbrica di scarpe, al quale fu negato il permesso di trasferirla a Pest in quanto ebreo.
La chiamò Újpest, città nuova, vi confluirono in molti, attratti dalla possibilità di potervi impiantare attività e vita stabilmente.
La nuova città crebbe rapidamente, sostenuta da un forte orgoglio identitario.
La sua squadra di calcio fu, fin dalla fondazione, acerrima rivale e di successo delle compagini della capitale e portabandiera della comunità.
Újpest fu inglobata nella grande Budapest, insieme a Kispest e altre città limitrofe proprio in quell’inverno 1949/50 per volere dei normalizzatori sovietici.
Vincitori di otto titoli nazionali, probabilmente troppi per una realtà al di fuori della capitale nonchè l’unica tra queste ad aver vinto almeno un campionato fino a quel momento.
L’autorità scioglie il consiglio direttivo e pone il club sotto il controllo diretto del Ministero dell’Interno, di fatto diventa la squadra della polizia, piegandone orgoglio e identità, con il nome di Budapesti Dózsa.
La scelta del nome non fu casuale: György Dózsa condottiero della rivolta dei contadini assoldati per la crociata contro i turchi del XV secolo, poi tradito dai nobili locali e condannato a morte , torturato e scuoiato.
Forse anche un’ammonimento: eroe popolare, si ma la ribellione si paga.
Il caso più problematico per le autorità fu comunque il Ferencváros.
La squadra più vittoriosa del paese insieme al MTK, ma a differenza di questi ultimi non espressione di un particolare gruppo sociale ma di un distretto operaio e nazionalista.
Fu quest’ultimo aspetto a preoccupare non poco le nuove autorità.
Un baluardo di identità ungherese, antirusso, anticomunista, antitutto.
Non andarono troppo per il sottile, i boiardi del regime.
Lo scopo era farlo cadere nel dimenticatoio il più possibile, lontano dalle ribalte, dai successi, dall’attenzione del pubblico, nell’anonimato.
Il trattamento riservato al club fu uguale a quello di Ujpest e MTK, posti prima sotto il controllo delle industrie alimentari nazionali con il veramente poco ispirato nome di EDOSZ (Élelmezésipari Dolgozók Szakszervezetének Sport Egyesülete, in italiano Associazione Sportiva dell'Unione dei lavoratori del settore alimentare), un nome umiliante al quale si aggiunse l’ulteriore umiliazione del cambio dei colori sociali dal bianco-verde simbolo del distretto, delle vittorie e dell’orgoglio nazionale al rosso di regime.
Non finisce qui, parallelamente alla acquisizione del Kispest AC da parte del Minstero della difesa, con relativo cambio di nome imposto in Honvéd SE (il nome dell’esercito ungherese durante l’Impero asburgico), avvenuta in contemporanea, viene ordinato al grande Fradi di cedere i migliori giocatori a quest’ultima squadra che sarà al centro del rivoluzionario progetto di Gustav Sebes per la realizzazione di una nazionale il più forte possibile.
I fatti provarono poi le regioni di Sebes dal punto di vista sportivo, e anche quelle del regime che riuscì a mettere in ginocchio il club.
Ma non il suo seguito che continuò ad essere di gran lunga il più numeroso d’Ungheria.
Così in quel freddo inverno 1950, Sándor Kocsis, testina d’oro, prese la via di Kispest, insieme a Zoltán Czibor, il re del centrocampo, Laszlo Budái, suo collega di linea.
Ferenc Deak, che con Kocsis aveva composto una coppia di attacco atomico fin dal ‘46, convinto patriota e antagonista del regime, fu prima arrestato e poi mandato a giocare in terza serie in mezzo alla puszta.
Decapitato, il grande Fradi non è più in grado di reggere il passo di Honved e MTK e si ritrova relegato a stagioni nelle posizioni di rincalzo sotto il nome di Budapest Kinzisi, dal nome di Pal Kinizsi, il vincitore (e sterminatore) dei turchi a Breadfield nel 1479, anche qui emblematico.
Questo il quadro della rivoluzione in ambito sportivo, che procedeva di pari passo con tutto il resto, voluta dal partito comunista, e tolse il comitato olimpico nazionale, da cui dipendeva la federazione calcio, dal controllo del ministero della cultura per porlo direttamente alle dipendenza del governo, di modo che il controllo potesse essere diretto e, in caso di necessità, immediato.
Ultimo passo: la rivoluzione del calendario, forse in omaggio agli usi sovietici in cui la stagione andava da marzo a novembre, sicuramente meno influenti le considerazioni sugli inverni ungheresi.
A partire quindi dal 1950 i campionati si svolgono nell’anno solare, dai primi di marzo ai primi di dicembre.
Il campionato 1954 è partito con due grandi favorite: Vörös Lobogö campione in carica e Honvéd, con in squadra più di mezza nazionale e vincitore nel 1950 (due volte) e nel 1952.
Perché dunque ci occupiamo del 9 gennaio 1955 se stiamo parlando del campionato 1954.
I motivi sono vari, la ragione una sola, c’era una partita da recuperare.
Lo svolgimento del campionato sull’anno solare, andò a sbattere contro le consuetudini delle stagioni sportive e il 1954 era anno di mondiali.
L’Ungheria era attesa alla rassegna quale favorita assoluta, dopo la doppia demolizione degli inglesi avvenuta tra l’autunno del ’53 e la primavera seguente e una favolosa striscia di risultati che datava dal giungo 1950 e recitava 25 vittorie, tre pareggi in 28 incontri e un oro olimpico colto nel mentre a Helsinki nel 52.
La preparazione e la partecipazione al mondiale caddero precisi in mezzo alla stagione.
Due furono le squadre che contribuirono alla rosa ungherese , la Honved con otto giocatori e il Vörös Lobogö con cinque, tra questi tredici vi erano comunque dieci degli undici titolari.
Le autorità sostenevano Sebes e il suo progetto per la nazionale invincibile, cui mancava ora solo l’alloro mondiale per confermarsi la più grande squadra di ogni tempo.
Questo successo avrebbe stato poi sfruttato del regime in termini di propaganda per ribadire la superiorità del sistema e della gioventù socialista in termini di moralità e capacità fisiche, tecniche e mentali rispetto ai decadenti occidentali.
Vennero quindi imposti al campionato rinvii a catena delle partite delle squadre con nazionali in rosa.
Il mondiale andò come sappiamo e i propositi propagandistici del regime sulla superiorità della gioventù comunista sui rammolliti e decadenti coetanei occidentali dovettero essere riposti negli armadi degli uffici governativi (con grande smacco).
Quando il campionato riprese ci fu dunque un grandissimo ingorgo di calendario tra giornate da svolgere, giornate da recuperare e partite da recuperare.
A metà novembre, a due giornate dal termine, la Honvéd doveva ancora giocare dieci partite delle ventisei in programma, il Vörös Lobogö sei.
Ulteriore complicazione per l’ XI dell’esercito, l’amichevole di metà dicembre a Wolverhampton passata poi alla storia per la sconfitta e l’autodichiarazione degli inglesi a campioni del mondo (sulla base dell’aver battuto i migliori al mondo che gli avevano dato 13 gol a 2! in due partite e dimenticando, come spesso fanno, che i campioni del mondo veri erano altri, la Germania Ovest nella fattispecie) con conseguenti reazioni di parecchi altri, tra i quali il celebre Gabriel Hanot che rinfacciò loro di essersi dimenticati di battere almeno un altro paio di squadre, Real Madrid e Milan; questi ultimi avevano anche loro battuto la Honved 3-2 a Milano in luglio.
Insomma una serata epica e scaraventata nel mito del calcio mondiale perché gettò i semi per la nascita della futura Coppa dei Campioni che vedrà la luce all’inizio della stagione seguente.
Tornando a Budapest la spaventosa congestione del calendario fece si che la Honved, al rientro dall’Inghilterra scendesse in campo, per concludere quel caotico campionato 1954, il 19 il 26 e 31 dicembre e poi ancora il 5 gennaio.
Per contro il Vörös Lobogö giocò il 19, il 22 e il 26 dicembre e il 5 dicembre.
Il 9 gennaio era in programma lo scontro diretto.
La stanchezza presentò il conto agli uomini di Jenő Kálmar che persero tre dei cinque recuperi in programma, incluso un catastrofico e sfavillante 4-5 in casa contro il Budapest Dózsa (Újpest) ma, per i risultati degli avversari diretti, gli sarebbe bastato un pari nella trasferta contro il Vasas Izzó per vincere il campionato prima del recupero dello scontro diretto.
Ci riuscirono, strappando un 2-2, forse non all’altezza della loro fama ma efficace e aritmetico.
Kálmar si dichiarò soddisfatto e riconobbe che non fu forse la miglior prestazione - magari i festeggiamenti del capodanno influirono, ma dopotutto bastava un pareggio – affermò nel dopopartita.
Prossima fermata il derby, privo di valore per l’assegnazione del titolo ma pur sempre la partita tra le due squadre migliori del Paese, e tra le migliori al mondo.
Numerose le defezioni dovute alla maratona natalizia, da far invidia a quelle inglesi.
Grocsis, Budai e Czibor fuori per i neocampioni e Gellér, István Kovács, Palotás e Zakariás assenti per la Bandiera Rossa.
Tutti titolari nella finale mondiale persa il 4 luglio e pilastri dell aranycsapat.
Presenti però altri dieci titolari tra cui i due bomber principe di quella nazionale, Ferenc Puskás e Nandor Hidegkuti.
Venne il 9 gennaio e con esso un mucchio di neve.
Ingenti cavallate di neve spalata erano accumulate ai bordi del rettangolo verde del venerando Üllői út, casa espropriata del recalcitrante ma ormai piegato Ferencváros, ora Kinzisi.
L’orario della partita, le undici del mattino fa già presagire ad un contesto che possa definirsi ‘normale’, non influì comunque sull’afflusso di pubblico e in circa venticinquemila accorsero sugli spalti per assistere ad una contesa che prometteva scintille.
I due allenatori dichiararono che le squadre avrebbero dato il meglio per dar vita ad un incontro di grande livello, l’attesa creata dunque era notevole.
Nessuno dei presenti avrebbe mai immaginato però cosa li aspettava.
Fedele al clichè che li contraddistingueva da un quinquennio, la Honved, come l’Ungheria, partì a razzo, triangoli rapidi, verticali, a velocità vertiginosa e, già al 3,’ va in vantaggio con Tichy lesto a insaccare con un tiro potente una corta respinta dei difensori del Vörös Lobogö. Che non stà a guardare e reagisce: Hidgkuti pareggia su punizione e poi Sándor realizza una doppietta in rapida successione.
Al 19’ il Vörös Lobogö è in vantaggio 3-1!
Al 24’ Kocsis riduce le distanze, ma la difesa dei campioni è letteralmente fatta a pezzi dalle continue incursioni di Sándor che imperversa all’ala in lungo e in largo.
Fino a quando Gyula Lóránt decide che ne ha abbastanza e lo scalcia con violenza mentre è lanciato in velocità, facendolo volare dolorante in mezzo alla neve.
Il corrispondente di Nemzeti Sport parlò di brutale intervento da espulsione, ma l’arbitro sorvolò.
Una brutta tegola per il Vörös Lobogö che deve rinunciare al suo miglior giocatore, il migliore in campo fino a quel momento, che viene sostituito.
Poco dopo viene sostituito anche Lóránt, opportunamente, il pubblico, inferocito, minacciava seriamente di farsi giustizia da solo!
Il Vörös Lobogö però accusa il colpo e senza Sándor i palloni faticano a salire e a stare alti.
L’idea di Lóránt ha funzionato e la Honved si scatena, tra il 32’ e la fine del primo tempo va a segno cinque volte, tripletta di Puskás in quattro minuti, capovolgendo il risultato da 2-3 a 7-3!
Alla ripresa ancora Honved, al 3’ Puskás porta i suoi sull’ 8-3 con una gran fucilata all’incrocio da oltre venti metri.
E’ una questione di orgoglio adesso.
Il Vörös Lobogö non ci sta, è una grande squadra, piena di campioni e non accetta l’umiliazione.
Hidegkuti accorcia per l’ 8-4 prima che il grande Kocsis infili un’altra palla in rete fissando il 9-4 allo scoccare dell’ora di gioco.
Per i parametri attuali sembrerebbe che stessero giocando da un paio di giorni!
Finita?
Per niente.
Nandor Hidegkuti è un giocatore di immenso talento e grandissima personalità, Marton Bukovi, seduto in panchina un maestro del calcio, non solo ungherese e un convinto sostenitore della forma fisica, che adesso viene fuori.
Il Vörös Lobogö, caparbiamente spinge a tutta dando fondo alle energie residue, superiori a quelle avversarie, e schiaccia la Honved in trenta metri, uno spettacolo.
A guidare l’assalto Hidegkuti che nel giro di dieci minuti serve prima a Kárász la palla del 5-9 e poi realizza una doppietta che fissa il risultato sul 7-9.
Che non cambierà più e rimane nella storia come la partita più pazza nella storia del campionato ungherese.
Pari invece il conto per i grandi frombolieri: Puskás 4-4 Hidegkuti.
Fu una disfatta per le difese o una splendida dimostrazione di forza del gioco d’attacco?
Probabilmente entrambe le cose.
Tatticamente le squadre erano disposte in modo speculare secondo il WM inglese, 3-2-2-3 direbbero i saputelli oggi, schema rigido e necessitante di notevole dispendio energetico, specialmente per i due centrocampisti a protezione della difesa.
In una disposizione simile, la linea a tre difensiva, composta da elementi fisicamente prestanti ma statici, se poco coperta dai due di cui sopra, corre sempre il rischio di vedersi infilata, a maggior ragione quando le linee d’attacco avversarie sono composte da autentici draghi, come quel giorno.
Si potrebbe argomentare se, visto il livello del calcio in Ungheria negli anni 50 e i protagonisti in campo, non si sia trattato della più grande partita di ogni tempo, almeno a livello di club.
Senz’altro si in Ungheria.
Budapest, Üllői út , 9 Gennaio 1955
Nemzeti Bajnokság I, 1954
Recupero della 6a giornata
BP. VÖRÖS LOBOGÓ (MTK) 7 (3) – 9 (7) BP. HONVÉD
Vörös Lobogó: Fecske – Kovács Jó., Börzsei, Lantos – Kovács I., Kovács F. – Sándor (Gál), Kárász, Hidegkuti, Arató, Molnár J. Allenatore: Bukovi
Honvéd: Sántha – Rákóczi, Lóránt (Palicskó), Kovács Já. – Bozsik, Bányai – Machos, Kocsis, Tichy, Puskás, Babolcsay Allenatore Kalmár.
Arbitro: Pósa
Goals: Tichy (0:1, 3.), Hidegkuti (1:1, 5.), Sándor (2:1, 7.), Sándor (3:1, 19.), Kocsis (3:2, 24.), Kocsis (3:3, 32.), Puskás (3:4, 34.), Puskás (3:5, 36.), Puskás (3:6, 38.), Tichy (3:7, 44.), Puskás (3:8, 48.), Hidegkuti (4:8, 55.), Kocsis (4:9, 59.), Kárász (5:9, 71.), Hidegkuti (6:9, 75.), Hidegkuti (7:9, 81.) Spettatori: 25 000
...quando da un brano si percepisce perfino l'odore della neve di quel giorno siamo ad alti livelli. Chapeaux Gallo , che poi lo sappiamo bene cosa vuol dire calcio , anni 50 in Ungheria!!
RispondiEliminaClodoaldo
Lo sappiamo, epica del pallone... quella vera
Elimina..altissimi livelli as usual!
RispondiEliminaC