lunedì, dicembre 17, 2018

Roger Daltrey - Thanks a lot Mr. Kibblewhite - My story



Alla fine anche ROGER DALTREY si è deciso a raccogliere un po' di memorie in un'autobiografia (“credo di essere l'ultima rockstar ad avere scritto di sé stesso”)- purtroppo non ancora tradotta in italiano - “Thanks a lot Mr. Kibblewhite”.
Il signor Kibblewhite è il preside che lo espulse da scuola.
Probabilmente senza questa decisione Roger non avrebbe trovato la determinazione a proseguire in una carriera così incerta come quella musicale, nei primi anni 60, pur affiancandola, nei primi tempi, al lavoro in fabbrica come metalmeccanico.

Attività che ne ha forgiato un carattere spiccio, schietto, duro e ne ha fatto l'uomo d' “ordine” (anche attraverso le maniere forti) in un gruppo in cui il caos è sempre regnato sovrano.
E anche con le parole Daltrey non scherza e non risparmia stoccate sincere e dirette ai compagni di avventura.
In particolare all'amico di sempre Pete Townshend, per il quale manifesta rispetto, amore incondizionato, fraterno ma, proprio per questo, può permettersi di affondare il coltello in varie piaghe (rimarcando che ad esempio che Pete può evitare di andare in tour perchè vive di diritti d'autore milionari ma lui no).
Sottolineandolo però con molta (auto) ironia:
It's expensive living the life of a rockstar when you're not earning rock star money.

"Siamo amici.
Non nel senso che ci telefoniamo e andiamo a mangiare qualcosa insieme.
Le frivolezze sociali non sono il nostro forte. Ma noi abbiamo un legame.
Che non è facile da descrivere ma il punto è questo".


Ma anche a Keith Moon e John Entwistle, scomparsi a causa di una vita di eccessi non perdona anzi stigmatizza (sempre con eleganza e affetto) i comportamenti irresponsabili ed estremi.
In mezzo scorrono la storia del rock degli ultimi 50 anni, da “Tommy” a “Woodstock”, fino al Live Aid, le varie reunion ma anche i lutti e le tragedie, le tribolate vicende famigliari, i successi, i numerosi momenti di difficoltà.
Lo fa con piglio sicuro, fissandoti negli occhi, andando sempre dritto al punto, parlandoti con il cuore in mano, quasi incutendo timore, per quanto è sincero e aperto.

Un libro veloce, completo, efficace, esaustivo.

One minute, I’m on the factory floor in Shepherd’s Bush, the next, I’m headlining Woodstock.

Nessun commento:

Posta un commento