lunedì, febbraio 20, 2017

CUT - Second skin



Sesto album (oltre ad uno split e un live) per il trio bolognese.
Esplosivo, travolgente, devastante, dal vivo allo stesso modo che su disco.

In questo ritorno in studio di registrazione propone un sound, come sempre abrasivo, elettrico ma più curato, che conserva le abituali spigolosità ma le avvolge in arrangiamenti meno ruvidi.
La sezione fiati che colora di soul alcuni brani è un tocco geniale e delizioso, un gusto funk che permea molti brani sposta il groove da un approccio direttamente punk e crea un ibrido esaltante.

“Second skin” attinge dalla black music, dal punk, dalle prime espressioni selvagge del rock n roll, cita i Sonics, puzza di New York e di CBGB’s.
Come sempre un grandissimo album che si avvale di una serie di preziosi collaboratori, primo tra tutti Mike Watt ex Minutemen e Stooges.

https://www.youtube.com/watch?v=SFsF1j6uALE


Ferruccio Quercetti, voce e chitarra della band, risponde ad alcune domande:

Una curiosità.
Vent’anni di attività ma “solo” sei album.
Una scelta o un’imposizione dettata dalla difficoltà di trovare adeguate strutture discografiche


Tra Annihillation Road e Second Skin sono passati quasi 7 anni, ovvero l’arco di tempo in cui molte band si formano, fanno almeno 3 dischi, si sciolgono e magari riescono anche a imbastire una reunion.
Tra A Different Beat e Annihiliation Road invece sono passati “solo” 4 anni, praticamente una sciocchezza.
Tra il 1998 (anno del nostro esordio sulla lunga distanza) e il 2003 - quando è uscito il nostro terzo album Bare Bones - invece siamo stati abbastanza regolari.

Nel caso di Second Skin le cause di questa lunga gestazione, come molte cose di questo mondo, sono allo stesso tempo semplici e molto complesse.
Inoltre come spesso capita ai CUT i nostri piani vengono spesso sconvolti dalle contingenze (se preferisci chiamarle “sfighe” fai pure): in poche parole certe scelte si intersecano con il bisogno di fare necessità virtù fino a che i confini tra le due cose si perdono nella nostra lotta quotidiana per la sopravvivenza di questa band. Uno dei motivi di questo lungo iato discografico è stato certamente l’abbandono del nostro batterista più “longevo” di sempre, Francesco Bolognini, che è stato con noi per 11 anni, tre album in studio e svariate altre uscite.
Francesco ha dovuto lasciare la band pochi mesi dopo la release di Annihilation Road, alla fine di febbraio 2011.
Abbiamo fatto a tempo a registrare l’album Live in UK con lui (The Battle of Britain uscito a ottobre 2011 e poi ci siamo dovuti inventare delle soluzioni che ci hanno consentito di rimanere in pista per quanto riguarda singoli (vedi lo split coi Julie’s Haircut del 2013), concerti e tour, ma che per motivi diversi non erano adatte a un discorso a lungo termine che prevedesse anche la scrittura di un nuovo album.

Tieni conto che i CUT costruiscono i brani in sala prove: la parte musicale di ogni nostro pezzo, tranne in casi rarissimi, è frutto del lavoro di tutti e tre, chiusi nella stessa stanza e intenti a suonare finché non viene fuori qualcosa che ci accontenti tutti.
Questo modus operandi fa sì che la nostra musica rappresenti sempre tutti i componenti della band, in quanto ognuno è coinvolto in egual misura nell’impostazione dei brani.
Probabilmente è anche uno dei motivi per cui alcuni sentono una certa intensità in quello che facciamo: i brani dei CUT nascono sempre dal confronto e a volte da un vero e proprio conflitto di idee e, concedimelo, di passioni.
Si tratta di un processo che però può portare via molto tempo, perché si lavora ai brani solo quando ci si vede per provare: visto che due di noi hanno famiglia e figli e tutti e tre dobbiamo fare altri lavori per sopravvivere non possiamo certo suonare insieme ogni giorno.
Se a questo aggiungi il fatto che spesso dovevamo preparare le scalette dei concerti e che, prima dell’arrivo di Gaetano Di Giacinto, per molto tempo non abbiamo potuto disporre di di un elemento stabile nella formazione del gruppo, capirai perché i tempi si sono allungati ulteriormente anche rispetto ai nostri ritmi abituali. Inoltre, per dirla tutta, non mi pare che il mondo stia col fiato sospeso in attesa di un nostro nuovo album quindi tanto vale uscire solo quando si è totalmente convinti di quello che si sta pubblicando e quando si sente la necessità di comunicare qualcosa attraverso un disco o un album: qualcosa di indefinito, beninteso, ma che sentiamo l’esigenza di continuare a dire altrimenti non saremmo ancora qui.
C’è anche troppa musica in giro, o meglio, c’è la possibilità di poterne ascoltare veramente tanta e in continuazione: in questo contesto ci sentiamo ancora di più in dovere del solito di fare esclusivamente qualcosa che sentiamo come assolutamente necessario, almeno per noi.
Partecipare a questo sottofondo, a questa specie di muzak continuo tanto per farlo e per far presenza ci sembrerebbe piuttosto ingiustificato, ci farebbe sentire a disagio e ci renderebbe complici di un clima culturale che ci piace poco. Non so se questa si può definire una scelta artistica però è sicuramente qualcosa che percepiamo e che influenza il nostro rapporto con gli anni che stiamo vivendo.

Siete, paradossalmente, più seguiti all’estero che in Italia.
E’ corretto ?


Diciamo che dal 2008 andiamo in tour regolarmente in UK e negli ultimi 4 anni abbiamo ripreso a suonare anche in Europa continentale con una certa continuità, dopo alcuni anni caratterizzati da apparizioni molto sporadiche: direi che la Germania, il Belgio e il Nord della Francia sono le nostre zone d’azione privilegiate, ma contiamo di consolidarci presto anche in altre aree.
Il discorso con l’UK è avviato in maniera solida e stabile, in particolare nel nord dell’ Inghilterra e in Scozia.
Tra l’altro una delle etichette che hanno collaborato alla realizzazione di Second Skin è la Antipop di Liverpool, una label che ci distribuisce in UK da molto tempo e che ora ha deciso di aiutarci anche in fase di produzione.

In questo album si sente più che in altri un gusto più marcatamente soul e funk.

Per certi versi quel tipo di influenze sono sempre state presenti nel nostro sound, o perlomeno hanno sempre fatto parte della nostra ispirazione.
I nostri primi tre album mettono in luce questo aspetto, forse ancora di più che dischi quali Annihilation Road e A Different Beat.
In questo senso si può parlare di un ritorno alle origini per quanto riguarda Second Skin, anche se con modalità diverse rispetto al passato.
Amiamo la black music così come le band di rock and roll che incorporano elementi di black music nel loro sound: penso agli MC5, al Bob Seger pre-classic rock, agli Stones di Exile, al primo Joe Jackson, ai Grand Funk, ai primi James Gang, a certe cose dei Replacements del periodo Pleased To Meet Me, ai Saints del secondo album e agli Stooges di Funhouse con quel feeling tra James Brown e Pharoah Sanders. Coniugare l’energia e la disperazione del rock and roll al groove della black music è sempre stata una delle nostre ossessioni: forse la natura “partecipativa” di questo album ci ha consentito di aprire degli spazi nella nostra musica per far riemergere questa nostra tendenza o perlomeno per renderla più facilmente identificabile tra le maglie del nostro suono.
Se poi ti riferisci alla presenza dei fiati in alcuni brani posso dirti che quella era un’altra idea che ci frullava nella testa da tempo e che con questo album siamo riusciti finalmente a realizzare: in realtà c’è una tromba in un brano di Bare Bones e anche per la title track di Annihilation Road abbiamo carezzato l’idea, poi abbandonata per mancanza di tempo, di buttare dentro una sezioni fiati stile Saints, Rocket From The Crypt o Stones periodo Sticky Fingers/Exile on Main St. Originariamente io avevo pensato ai fiati solo per un pezzo di Second Skin che si chiama Parasite
. E’ stato Bruno Germano, sound engineer e produttore del disco presso il Vacuum studio di Bologna, a proporli anche per altri due brani: il lavoro di Bruno su questo disco è stato essenziale per quanto riguarda le scelte di ripresa, missaggio, produzione e arrangiamento. Bruno è presente anche in veste di musicista e coautore nella title track, che è stata sviluppata partendo da due suoi riff di chitarra.

Immaginandovi con una pila di dischi che hanno influenzato direttamente questo album, quali sarebbero i titoli ?

Crediamo che la musica non sia influenzata solo da altra musica, ma anche da quello che succede nella vita di ciascuno di noi, dai posti in cui viviamo, da altre forme d’arte e da mille cose che confluiscono per lo più inconsapevolmente in quello che fai attraverso lo strumento espressivo che hai scelto.
Detto questo non so se questi album hanno influenzato Second Skin, ma si tratta certamente di dischi che ho ascoltato molto negli ultimi tempi:

Curtis Mayfield Curtis
The Sound Jeopardy e Shock of Daylight EP
Gun Club Las Vegas Story
Minutemen Double Nickels on the Dime
Alain Toussaint From A Whisper to a Scream
NEU! NEU 75
A Tribe Called Quest We Got it From Here
The Gories I Know you’re Fine but…
Grinderman (entrambi gli album)
Jesus Lizard Liar
Girl Against Boys Venus Luxure n. 1 Baby
Ruts DC Animal Now
Alice Coltrane Journey in Satchidananda
The Saints Eternally Yours
Alley Cats Escape From Planet Heart
Dr. John Gris Gris
Gil Scott Heron Pieces of a Man
Rocky Erickson Rocky Erickson & The Aliens
Flesh Eaters A Minute to Pray, a Second to Die

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