giovedì, maggio 21, 2015

Siamo dei Johnny Ramone o dei Joe Strummer ?



ANTONIO ROMANO ci regala un altro grande pezzo.
I precedenti articoli di Antonio Romano sono qui
:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/Antonio%20Romano

Parto un po’ decentrato rispetto al cuore di questa mia riflessione. Ricordo che, quando lessi per la prima volta, sette anni fa, “Uscito vivo dagli anni 80”, uno degli aneddoti raccontati da Tony che più mi sono rimasti impressi, e che ancora oggi mi rimbalza in testa nei momenti di riflessione, è il suo incontro a Londra con Joe Strummer. Quello che mi ha colpito non è stato tanto il fatto, di per sé straordinario, che Joe avesse invitato a bere con lui un ragazzetto italiano che lo aveva incrociato casualmente di notte per strada, quanto il fatto che quel ragazzetto italiano, fieramente mod, avesse provato quasi imbarazzo, al cospetto di Joe, per le toppe northern soul che aveva cucite sul parka (ora non ho il libro sotto mano, però ricordo distintamente che Tony usa l’espressione “amenità northern soul”).

La mia riflessione verte, dunque, proprio su questo:
quanto, noi che viviamo la musica in maniera così passionale e come stile di vita, riusciamo a bilanciare la nostra anima –permettetemi- conservatrice con l’aspetto –forse questa parola piacerà di più- rivoluzionario del rock’n’roll. Mi spiego: ascoltiamo ed amiamo tutti, per fare degli esempi generalissimi ma che potrebbero accomunarci, Muddy Waters, Elvis, gli Who, i Beatles, James Brown e tutti questi artisti metà morti e metà moribondi; ma, al contempo, ci riteniamo culturalmente “moderni” e progressisti. E quando ascoltiamo artisti a noi “contemporanei” prediligiamo quelli il cui sound e la cui estetica è ancorata o cita quegli altri: sempre mantenendomi vago, i Jam, i Buzzcocks, gli Specials, gli Smiths, gli Oasis e tutti quelli che vogliamo nominare.

Chi siamo quindi? Dei Johnny Ramone, musicalmente reazionari (ok, lui lo era anche politicamente) secondo cui con la fine degli anni ’70 ci sarebbe stata “the end of the Century”, o degli Joe Strummer, che affrontano la vita -e la musica, perché di questo stiamo parlando- all’assalto, con tanto di fazzoletto rosso-nero da guerrigliero Sandinista?
Johnny o Joe? Johnny Ramone è l’emblema del pop, di quello che Andy Warhol intendeva con quel concetto, americano fino all’osso, zero profondità perché non c’è tempo per sedersi a riflettere: è la lattina di Coca Cola che, la compri un barbone o il Presidente degli Stati Uniti, costa uguale ed è buona e fresca allo stesso modo. Joe Strummer incarna, invece, l’artista carismatico ma sensibile, è, senza svilire il senso del termine, il profeta, per dirla con i suoi Mescaleros, “global a go-go”, che da Londra parla a tutte le città del mondo: Joe è quello che si mise a piangere vedendo in tv il servizio sui bombardamenti in Iraq col sottofondo di “Rock the Casbah”.
E a me piace pensare di essere un po’ l’uno e un po’ l’altro. Tutti noi che stiamo leggendo il blog di Tony lo siamo, metà Johnny e metà Joe. Ma, badiamoci, non è una divisione netta, un aspetto non è alternativo all’altro od esclusivo dell’altro, non è una convivenza pacifica o pacificata tra le due tendenze dentro di noi, ma incorporiamo contraddittoriamente l’una e l’altra, contemporaneamente.
Siamo, cioè, esattamente come quelle foto dei primi anni 2000 in cui sono ritratti Johnny Ramone e Joe Strummer insieme: si, ci sono entrambi, uno accanto all’altro che sorridono cortesemente e si prestano all’obiettivo, ma quasi non si toccano, ognuno posa per i fatti suoi, Johnny con la sua tipica aria scazzata, Joe con la sua spavalderia un po’ goffa e quasi rassicurante. Siamo così, con questi due aspetti che non si concilieranno mai, e se a volte emerge l’uno sull’altro è solo perché, facendo a cazzotti, ha momentaneamente prevalso: nella scazzottata di domani potrebbe prevalere l’altro.

Musicalmente siamo, ammettiamolo, più conservatori che progressisti. Abbiamo queste due anime incompatibili una con l’altra, eppure noi le facciamo coesistere, talvolta disinvoltamente, talvolta senza neppure rendercene conto o porci il problema.
Pensiamoci. Ogni volta che, rispondendo alla domanda su quale siano le nostre band preferite, rispondiamo con nomi di quaranta o cinquant’anni fa siamo il Johnny Ramone conservatore e reaganiano con la maglietta dei Marines; ma ogni volta che, ascoltando un brano, ci esaltiamo o commuoviamo per la sua profondità siamo il Joe Strummer che, con i Clash, univa i suoni ribelli del mondo a lui contemporanei (punk, reggae, funky, rap) esibendosi con la maglietta “Brigade Rosse – RAF”.
E ogni volta che rimaniamo ammaliati da una vecchia foto dei Rolling Stones o degli Small Faces siamo sicuramente il Johnny Ramone chitarrista e leader dei Ramones che nel 1974 imponeva a tutti di vestirsi con jeans, maglietta e giacchetta di pelle, less is more, e diventare dei fumetti viventi; ma ogni volta che ci incazziamo di fronte alle ingiustizie siamo il Joe Strummer hippie che nel 1974 suonava in metro sempre la stessa canzone, il Joe Strummer punk del primo album dei Clash o il Joe Strummer di nuovo quasi-hippie del periodo post-Clash.
E ogni volta che, eterni teenager, aspettiamo il weekend per uscire a bere, ballare e, magari, rubare il cuore a una ragazza non siamo altro che il Johnny Ramone con la maglietta di Mickey Mouse che a quarant’anni ancora collezionava figurine di baseball; ma la nostra fede nell’”emancipate yourselves from mental slavery” ci sprona a difenderci, a non fermarci mai per non essere schiacciati, informandoci e restando sempre all’erta nella nostra quotidiana “White Riot”.

E -potremmo continuare all’infinito con gli esempi- non crediamo, con Joe Strummer, che tramite il rock’n’roll, e la musica tutta, possiamo essere liberi, ognuno con la sua identità e la sua diversità, proprio come un “White Man in Hammersmith Palace” che balla il reggae accanto ai rasta? Ma, allo stesso tempo, non facciamo forse parte del “Commando” di Johnny Ramone, ogni qual volta rabbrividiamo ascoltando un brano moderno non suonato da strumenti musicali “veri”?
A queste cose, che magari a tanti potranno sembrare masturbazioni celebrali, io ci penso spesso, ma non sono mai stato in grado di darmi una risposta soddisfacente alla domanda da cui sono partito. L’unica certezza è che so di cullare in me queste contraddizioni: ché amare, per esempio, i Kinks, sperando nel ritorno di una band uguale ai Kinks, non è poi così diverso dall’avere il mito del Sacro Romano Impero, sperando nella sua restaurazione. Ma, allo stesso tempo, proprio come un individuo contemporaneo che aneli al Sacro Romano Impero è chiaro che non vorrebbe mai vivere in condizione di servo della gleba, sono certo che, se la musica non fosse andata avanti e avanti e ancora avanti rispetto agli anni ’60 e ’70, non amerei così tanto i Kinks.
Per questo motivo, ho sempre provato empatia con Tony per la storia del suo imbarazzo di fronte a Joe Strummer: amiamo la musica del passato (a volte remoto), ma ci consideriamo moderni che più moderni non si può e, in tutto questo, spesso non ci sentiamo in contraddizione.
O, almeno, è raro che incontriamo Joe Strummer per farci provare imbarazzo.

4 commenti:

  1. Il paragone tra i due è un po' forzato secondo me. Anche se il pezzo è bello.

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  2. pigiokazama@gmail.com21 maggio 2015 alle ore 14:42

    per me è difficile parlare,dato che ho 18 anni,comunque credo che si diventi conservatori musicalmente parlando per una passione,romantica,nei confronti del "frontismo" , dell'identità da sudarsi,difendersi,con timidezza e fierezza,perchè non c'è bisogno di essere degli esaltati come di nascondersi.ora tutti fanno musica diversa,per suoni e messaggi,ma sembrano un po tutti uguali e "atomizzati".e se utilizzi estetica per lanciare messaggi,simboli, sei bollato come demodè o chiuso,ancora peggio. però la musica senza una cultura di fondo non ha senso,quindi w i the jam,buzzcocks,i kinks e keep the faith lo stesso,anche nel 2015

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  3. Il rock ha già 60 anni di vita UFFICIALE (ma volendo cercarne le radici,si potrebbe risalire ancora più indietro nel tempo)...per cui era inevitabile che esaurisse le proprie spinte iconoclaste e trasgressive,riciclando se stesso sotto varie forme e combinazioni.
    Personalmente la cosa non mi da alcun fastidio,anche perchè il "rock" (comunemente inteso) non fa parte delle mie preferenze musicali da molti anni ormai...mi stupisce piuttosto il fatto che troppa gente persista nel darne una immagine rabbiosa ed aggressiva,che non gli appartiene più : fenomeni come le tribute-band o lo stesso collezionismo maniacale dei vinili o di altri feticci (ci fossero stampate sopra pure le scorregge del divo o della star di turno) mi fanno pensare con NOSTALGIA vera,ad un'epoca in cui non si cercava la somiglianza a qualcosa di già esistente,ma al contrario si tracciavano le ipotetiche forme del futuro...magari sbagliando,creando dei colossali bluff mediatici (come in molti casi,il punk è stato),ma lo si tentava comunque.

    Ricordo che Mick Jagger disse già nel 1980,che il rock aveva esaurito tutte le sue cartucce da sparare...visto che lui se ne intendeva,potrebbe aver avuto ragione.
    Tra pochi giorni avrò la stessa età del rock (quasi) ma ne sono felice,perchè in fondo siamo cresciuti assieme...IL ROCK E' MORTO ? W IL ROCK,allora ! :-))))))))



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  4. Buona la riflessione riflessiva, Antonio..
    C

    ma i Kinks dei 60s o dei 70s? son mica la stessa cosa )))

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