mercoledì, aprile 22, 2015
Gary Lammin, un grande misconosciuto
ANTONIO ROMANO ci porta alla scoperta di un personaggio misconosciuto della scena inglese, GARY LAMMIN, anima dei COCK SPARRER.
I precedenti articoli di Antonio Romano sono qui: http://tonyface.blogspot.it/search/label/Antonio%20Romano
Prima di diventare il deus ex machina dei Sex Pistols, Malcolm McLaren, in fase di progettazione della sua “grande truffa” al rock’n’roll business, aveva tentato l’approccio con un’altra band londinese, capeggiata da un certo chitarrista di nome Gary Lammin.
Ma le due parti non raggiunsero l’accordo: Malcolm McLaren capì subito che il gruppo, pur valido musicalmente, sarebbe stato irriducibile al suo progetto di sconvolgere la musica e la morale della Gran Bretagna di fine anni ‘70 attraverso la provocazione ed il disgusto; la band, invece, non condivideva il suo approccio “arty” e, in fin dei conti, decadente e poi non avrebbe mai accettato di indossare abiti strappati o accessori sadomaso, di tagliarsi i capelli in modo indecente ed infilarsi spille da balia nelle guance.
Se quel contratto fosse stato firmato, col senno di poi, verosimilmente, quella band avrebbe fatto l’affare della vita, almeno economicamente. Ma in quel momento i suoi membri, figli orgogliosi della classe operaia dell’East End londinese, non erano interessati alle storie che andava raccontando quel tizio proprietario di un negozio di abbigliamento nel ricco quartiere di Chelsea, erano lontani anni luce dalle sue velleità artistiche e soprattutto stavano già vivendo un momento di relativo successo con concerti in tutti i pub e locali di Londra, con il loro mix incandescente di glam rock, Rolling Stones sound, boogie durissimi, storie working class ed una certa attitudine tipica delle “terraces” britanniche.
Quella band si chiamava ancora Cock Sparrow (solo successivamente avrebbe assunto il nome definitivo di Cock Sparrer), ed era formata da veri boot boys, non da studenti di liceo d’arte recettivi alle sottigliezze delle teorie situazioniste. Siamo nel 1974-75, il punk non era ancora ufficialmente nato e ben che meno lo street punk, di cui pure sono considerati i capostipiti.
Allora erano solo una rock’n’roll band che, citando una recensione dell’epoca di “Sounds”, “mentre canta di quanto la vita nell’East End sia dura ma anche divertente, ha creato un sound molto simile allo spirito originario degli Slade”.
Quel gruppo, nato nelle strade dell’East End dopo le noiose giornate di scuola dei due cugini Gary Lammin e Steve Burgess, col tempo, si era guadagnato un fedele seguito di fan in tutta Londra ed era riuscito ad incidere una manciata di singoli per la Decca, tra cui “Running Riot”, “Chip On My Shoulder”, “Sister Suzie”, “Sunday Stripper”, “Platinum Blonde”, “Again and Again” ed una versione esasperatamente cockney e dura di “We Love You” degli Stones
. Addirittura nel 1976-77, la band, forte del successo del potente boogie rock di “I Get A Witness”, accompagnò in tour i riformatisi Small Faces.
Tutto sembrava andare nel verso giusto per Gary Lammin, leader della band e co-autore di tutti i pezzi fino ad allora, e soci. Ma la loro strada si incrociò ancora una volta con quella di Malcolm McLaren, o meglio con quella della sua creatura: il punk.
Da subito, i Cock Sparrer, associati dalla stampa a questa nuova isteria collettiva, si sentirono stretti in quell’etichetta, e d’altronde il loro sound era molto più evoluto e tradizionalmente e fieramente british di quello delle tante altre band che nascevano nel 1977. Come loro stessi dichiararono: “Noi suonavamo già da prima, il punk è venuto dopo, e tutto ad un tratto sembrò che centinaia di ragazzi avessero assunto tutti gli stessi atteggiamenti, tutti uguali. Non ci siamo mai sentiti a nostro agio con questo, noi abbiamo sempre fatto le cose nel modo in cui volevamo farle, ed infatti il punk alla fine è finito a ridursi ad una sua serie di regole. Ciò che noi non avremmo mai accettato.”
Persino nelle locandine pubblicitarie del 1977 presero a scrivere “We are not punks. We are football hooligans.”
Gary Lammin, i Cock Sparrer ed i loro testi che parlavano di vita di strada, di donne, di risse, di sbronze e di divertimento sui gradoni dello stadio iniziarono ad essere malvisti dall’ala intellettuale del punk e dal loro seguito di studenti delle art school.
Ma loro stessi lo avevano detto, non erano dei punk, ma dei fottuti, sporchi teppisti calcistici innamorati dei Rolling Stones e degli Slade.
Così, nel 1978, mentre il punk implodeva tra band che evolvevano verso nuovi lidi musicali ed altre che si autodistruggevano, gli Sparrer si sciolsero, per decisione del loro leader.
Ma Lammin non voleva certo fermarsi. Si mise subito al lavoro in sala prove e qualche mese dopo debuttò con la sua nuova band, i Little Roosters, con la quale fondeva l’urgenza che già caratterizzava gli Sparrer con un sound chitarristico ancora più ancorato al mod sound dei 60s, Small Faces e Yardbirds in particolare. Ed infatti, le loro esibizioni presero ad essere seguitissime con entusiasmo dai tanti teenager devoti del rhythm’n’blues britannico, che di lì a poco avrebbero dato vita ad un vero e proprio revival dello stile musicale ed estetico modernista.
Il singolo di debutto dei Little Roosters del 1979, “She Cat Sister Floozie”, un duro r’n’b che sembrava davvero uscito dal 1965, attirò l’attenzione oltre che dei nuovi mod, della BBC che lo nominò disco della settimana, del New Musical Express, di John Peel, ma soprattutto di Joe Strummer, che produsse loro i successivi singoli e l’omonimo album di debutto, nel quale suonava anche il piano in diversi pezzi. Curiosità: si dice che in cambio del lavoro di produzione, Joe si fece pagare l’operazione per l’installazione della protesi dentaria di cui aveva bisogno.
I successivi singoli dei Roosters, ai quali ben presto si aggregarono anche gli ex Cock Sparrer Steve Burgess e Steve Bruce, tutti caratterizzati da quel sound elettrizzante che univa glam, pub rock e blues, li consacrarono come una delle migliori e più seguite, anche se oggi dimenticata, live band della Londra di fine anni ’70 e li portò ad essere invitati al celebrato tour della “March of the Mods”, che includeva anche i Secret Affair ed i Purple Hearts.
Ma pochi giorni prima dell’inizio del tour, Ian Page in persona decise di scaricarli, perché esteticamente lontani dal modernismo “60s inspired”, poco raffinati nei modi e decisamente troppo attaccabrighe e stradaioli.
Furono sostituiti dai Back To Zero, dotati di maggiore raffinatezza e “mod-credibility”.
A seguito di quest’episodio, i Roosters, che pure avevano fortemente contribuito a ridestare nell’underground londinese il rispetto per il sound chitarristico dei 60s, si sentirono traditi e dichiararono con rabbia: “Ian Page vorrebbe diventare la Margaret Thatcher del rock. Si comporta come un Tory. L’unità dei mod dovrebbe significare unirsi come dei lavoratori, non gettare merda alle spalle delle persone come se fossi tu il proprietario di tutto quanto.”
Nel giro di qualche mese anche il mod revival iniziò ad esaurire la spinta e la freschezza originaria, con le band che o progredivano musicalmente rispetto al tipico sound del 1979 (poche a dir la verità) o a sciogliersi, ma Gary ed i suoi Roosters resistevano e continuavano con il loro vigoroso rhythm’n’blues a suonare in giro, ad incidere dischi e a divertirsi tra pub, birre e stadi. Nel 1985, con il nome di Garrie and The Roosters incisero un bellissimo album dal titolo “Shake It Down”.
Le coordinate musicali sono sempre le stesse: pub rock, rock’n’roll e Rolling Stones sound, ma sfortunatamente il clima musicale generale del tempo non era più favorevole a quei suoni e il lavoro passò totalmente ignorato dal pubblico, nonostante i grandi brani contenuti.
Così Gary decise di sciogliere la band e cercare di esprimere la sua vena artistica nella recitazione: divenne attore per il teatro, per il cinema (“The Informant” con Timothy Dalton, “Calcium Kid” con Orlando Bloom, “The Ice House” con Daniel Craig) e per popolari serie televisive britanniche (“Eastenders”, “The Bill”, “Doctors” ed altre).
Ma il sacro fuoco del rock’n’roll non lo abbandonò mai: dapprima, all’inizio del nuovo millennio, con la sua nuova band Zen Buddah’ Boot Boys e, successivamente, con i Bermondsey Joyriders.
I Joyriders, con i quali, dopo un lunghissimo tour americano, ha inciso tre album, tra cui nel 2012 il bellissimo “Noise and Revolution” nominato album dell’anno dalla rivista “Vive le Rock”, rappresentano forse la quintessenza della storia e delle passioni di Gary Lammin: a partire dal lato estetico con bombette e coppole, basettoni, boots e pantaloni tartan, a quello musicale con una miscela esplosiva di New York Dolls, Slade, riff alla Stooges, blues pestoni e ritmi “clap your hands and stomp your feet” da stadio, fino a quello delle tematiche, con storie di vita quotidiana, commenti sociali, ironia tutta stradaiola, britishness e brani dedicati agli idoli di una vita, Johnny Thunders e “Brian Jones (The Real True Leader of The Rolling Stones)”.
Per me Gary Lammin è stato ed è un grande della cultura underground, purtroppo sottovalutato, quando non proprio dimenticato ed ignorato, persino dai fan dei Cock Sparrer.
Perciò, amici telespettatori, non fate come Ian Page e non vi fate fuorviare dai suoi basettoni, dai glitter e dai boots (tutte cose che io amo), give Gary a chance ed approfondite la conoscenza dei lavori di questo ragazzone sorridente e avanti con gli anni, ormai anche un po’ sovrappeso, ma tanto, tanto rock’n’roll.
Ottimo Antonio!
RispondiEliminaConosco bene i Cock Sparrer (in gran sovrappeso pure loro) ma non conoscevo i risvolti parsonali ed artistici del buon Gary che approfondirò volentieri grazie al tuo post.
A parer mio,nella contingenza del momento,il diniego di Page ci stava tutto proprio per una ridefinizione del Modism
più precisa e oggi sarebbe stupido fermarsi per preconcetto davanti a "basettoni,glitter e boots.."..hai ragione.
KTF
C
Ancora una volta il punk ne esce maluccio.
RispondiEliminaSon contento, alla faccia di chi pensava e pensa che fossero come i Cock Sparrer e invece era solo una montatura commerciale, tutto il contrario di quello che si credeva qui.
Musicalmente lasciamo stare poi....
va là va là
Eliminahe he he he he sembro non essere l'unico a quanto pare......
EliminaCasulissimo.....mo me lo studio per bene.
RispondiEliminaCharlie
Volevo ascoltare qualcosa dei Roosters sul tubo, me sò solo usciti dei giappossotti mica male! :D
RispondiEliminahttps://www.youtube.com/watch?v=e3ZTYD32U-Q
Grande Antonio
RuDino