martedì, dicembre 23, 2014
Omaggio a Joe Cocker
Carriera interessante quella di JOE COCKER che ci ha lasciati ieri a 70 anni e ricca di ottimi episodi degni di menzione, al di là dei successi di “You can leave your hat on” e di una serie di album trascurabili negli ultimi decenni.
Vale la pena di ricordare innanzitutto l’esordio a 45 giri del 1964 con “Ill cry instead” dei Beatles in versione quasi rockabilly (con Jimmy Page alla chitarra) ma soprattutto i due album del 1969 che segnano il lancio nell’olimpo mondiale (grazie soprattutto all’indimenticabile esibizione a Woodstock).
“With a litlle help from friends” è un gioiello rock blues con un’anima funk soul assolutamente nera (vedi la famosa cover dei Beatles della title track o la spettacolare “Feelin alright” dei Traffic in apertura del disco).
Ci sono un paio di buone cover di Dylan, una tesissima “Don’t let me be misunderstood” di Nina Simone che rivaleggia per intensità con la versione degli Animals.
Ad accompagnare Joe ci sono Jimmy Page, Steve Winwood, Merry Clayton, Henry McCullough (che poi finirà con i Wings).
Più mirato “Joe Cocker” è (con la “famosa”, almeno qua in Italia, “Hitchcock railroad” da cui Zucchero ruberà in toto la sua “Diavolo in me”) dove insiste ancora con i Beatles (una bellissima “She came in through the bathroom window” che sarà sigla del programma TV “Avventura” e una discreta “Something”) e dove è da annotare grande “Delta Lady”.
Nella band George Harrison, Steve Winwood e Leon Russell tra gli altri.
Nel 1970 esce il famoso “Mad Dogs and the englishmen”, rutilante e funambolico doppio live dove si scatena tutta la carica di Joe, supportato da un’eccellente band, Delaney and Bonnie (con la giovane Rita Coolidge) più Leon Russel e Bobby Keys tra gli altri.
Il repertorio è fantastico, da “Honky tonk woman” a “Cry me a river”, “Feelin alright” , “Let’s go get stoned” di Ray Charles e una spettacolare “The letter” dei Box Tops.
Probabilmente il vertice della sua discografia.
Si chiama “Joe Cocker” anche il quarto album del 1972 (“Something to say” in Europa) dove si sposta verso un rock blues più scontato e arrangiato, meno sanguigno (da segnalare Gloria Jones, quella di “Tainted love” ai cori).
Incolore “I can stand a little rain” del 1974, dignitoso “Jamaica say you will” del 1975 più bluesy con Bobby Keys al sax spesso protagonista.
Successivamente la carriera svolta verso soluzioni più commerciali che gli permettono di trovare spesso i vertici delle classifiche, non rinnegando le radici (gli omaggi a classici blues, soul e rhythm and blues sono frequenti, con collaborazioni eccellenti con nomi della scena, da Clapton a Billy Preston, da Adrian Belew) ma che hanno sempre meno spessore e interesse.
Mad Dogs & Englishmen!
RispondiEliminaFantastico sottofondo alla presentazione di Alessandria, Feelin' alright' forever! Sicuramente il punto più alto della sua carriera.
Successivamente più che svoltare sprofonda in un alcolismo condito da ogni altra sorta di stravolgimento, vivo per miracolo, a quarant'anni ne dimostrava 70, salvato da You can leave your hat on, senza la quale ieri sarebbe arrivato senz'altro trent'anni fa.
Pure Sheffield steel
RIP
Comunque anche negli album successivi ha sempre dedicato spazio a brani BLACK . Vedi ad esempio "Inner city blues", in una versione soft funk (1986) davvero fighissima o "Many river to cross" di Jimmy Cliff (da Sheffield steel). Molto arrangiata ma bella funk anche "Unchain my heart" di Ray Charles dall'omonimo album del 1987
RispondiEliminaInfatti! per me qualcosa di buono lo ha fatto anche dopo ed Unchain my hart è proprio una di quelle.
RispondiEliminaHa fatto comunque sempre dei dischi discreti
RispondiEliminaIo lo adoro. Una delle mie stelle preferite durante la mia infanzia!
RispondiEliminaComunque vorrei spezzare una lancia per la carriera "recente". Pur con derive più leggere ha sempre fatto ottime scelte. La stessa "you can leave your hat on" porta l'onta di "9 settimane e mezzo", il più brutto film della storia del cinema e gli tocca finire in sottofondo ad ogni patetica scenetta televisiva di strip tease. Ma, lei di suo sarebbe un pezzo egregio, per altro scritta da un grandissimo Randy Newman che la incise nel 1972. Cocker ne fece una cover personalissima che lo riportò ai vertici delle classifiche, dove meritava di stare anche nel decennio precedente, quando tutti si erano scordati di lui. Dopo il botto di "you can leave..." ebbi l'occasione di vederlo dal vivo. Ci andai molto scettico, solo perché mi offrirono i biglietti gratis e dovetti ricredermi: un concerto coi controcazzi: lui un fulmine, la band perfetta (vabbè, a parte John Miles che eccedeva un po' troppo con gli assoli)... :)
Infatti del buono c'è anche negli album degli 80's, 90's e 2000's. Ha mantenuto i legami con le radici black e qua e là ha piazzato ancora delle ottime cose. Purtroppo però il sound è spesso iper arrangiato, con tastieracce ed effetti orripilanti.
EliminaPure Sheffield steel inteso anche come disco (non male). Bella anche la cover di Preston del film Carlito's way. Lo vidi in concerto nel 1979 pieno come un uovo ma con una gran voce.
RispondiEliminaCheers Mate!
RispondiEliminaMiss you
C
Intanto esonerato Zeman dal Cagliari
RispondiEliminaEhhh ho visto. Inevitabile (forse) ma visto che i sostituti potrebbero essere Zola o Zenga, meglio tenersi mille anni Zeman
RispondiEliminaZola Hammer va benissimo
RispondiEliminaArrivederci Leone!!
RispondiEliminaE se avete 30 minuti da perdere
http://www.youtube.com/watch?v=kSwUzM_nTGM
Adesso Zucchero potrà continuare a copiarlo senza remore (non che quando Joe Cocker fosse vivo il blues man, sic, della Lunigiana avesse avuto remore); non sono un suo fan ma trovo che è uno dei pochi ad aver reso un tantino migliore un pezzo dei Fab 4.
RispondiEliminaPs: Zeman è arrivato al decimo esonero in carriera, gli daranno una stella? :-)
Charlie
Zeman e' un sopravvalutato
Eliminameglio zio Chestmir