lunedì, agosto 26, 2013

Ritorno al vinile



Ogni tanto da queste parti si torna sull’argomento.
Un po’ perché a molti di noi (lettori e curatore/i del blog) sta a cuore, un po’ perché si parla sempre più spesso di "ritorno al vinile", citando cifre "rassicuranti", "mercato in costante aumento" etc.
In realtà nonostante l'incremento significativo rispetto agli ultimi anni le cifre confermano che non c'è nessun particolare ritorno al vinile ma una semplice nicchia, più o meno ampia, destinata a consolidarsi ma difficilmente in grado di spostarsi da certe cifre.

Il 9 giugno il New York Times riportava che l’ultimo album dei Daft Punk “Random Access Memories”, uscito il 17 maggio 2013, ha venduto 19.000 dischi in vinile nella prima settimana, il 6 per cento degli acquisti complessivi dell’album, mentre la stessa settimana i Vampire Weekend con “Modern Vampires of the City” arrivavano circa a 10.000.
La tabula rasa fatta negli anni 80 e 90 a favore dei CD decretò la chiusura, il fallimento o la riconversione della maggior parte delle fabbriche produttrici.
Negli ultimi anni però negli Stati Uniti ne sono nate circa una dozzina di nuove, che si sono aggiunte alle poche che non hanno mai chiuso. Un problema che queste fabbriche devono affrontare è quello delle presse per produrre dischi in serie, che non vengono più fabbricate.
Le nuove fabbriche sono quindi costrette a acquistare presse usate, assemblate per lo più negli anni Sessanta e Settanta: l’ultima è stata costruita nel 1982.
Costano circa 25 mila dollari, mentre è stato stimato che progettarne e costruirne una nuova costerebbe circa 500 mila dollari.

Nielsen SoundScan, il servizio che censisce le vendite di album musicali, ha registrato che nel 2011 sono stati venduti negli Stati Uniti circa 4.6 milioni di vinili, l’1.4 per cento dell’intero mercato della musica.
I commercianti stimano invece che la vendita di vinili occupi una cifra tra il 10 e il 15 per cento del mercato, sostenendo che i dati di SoundScan riguardano solo quelli effettivamente acquistati dai clienti, e che quindi non siano affidabili.
Nel 2011 il mercato italiano del vinile si è aggirato su 2,1 milioni di euro, risultando il quarto mercato europeo dopo Germania, Regno Unito, Francia e Paesi Bassi e il settimo del mondo.
Nel mondo la compravendita dei vinili nel 2011 ha mosso 115,4 milioni ossia il 28,7% in più del 2010.

27 commenti:

  1. In Italia il vinile fattura 2,1 milioni di euro, l'1,8% del fatturato mondiale ? Ma è una cifra enorme

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  2. Relativamente se consideriamo che sono dati riferiti solo all'occidente (Europa/Usa/Giap(Australia) ma comunque interessanti

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  3. Sì...io continuo a dire che per garantire la sopravvivenza della musica (su qualsiasi formato venga proposta) questa deve essere pagata.
    Serve a ben poco schierarsi tra la squadra dei nostalgici del vinile,contro i fans della tecnologia digitale o informatica...
    il problema reale,che penalizza soprattutto i piccoli produttori e rivenditori,rimane il download illegale : questo danneggia sia gli autori che gli esecutori,rendendo difficile persino la proposta di musica dal vivo (come ben sappiamo). Spesso si fanno parallelismi con il passato,quando si diceva che bastasse registrare una cassetta per accedere alla musica in modo furbesco e compiere così una frode...ma da ex commerciante di dischi,posso affermare che non è mai stato così,in quanto anche i nastri magnetici si pagavano all'origine e bisognava avere degli impianti adatti per riprodurli.
    Se dalla diffusione estrema di musica che esiste oggi,ne ricavano guadagno solo i fabbricanti di computer e di chiavette usb,tutto questo rischia di livellare la qualità ai livelli più bassi,con conseguenze già avvertibili nella maggior parte della nuova produzione discografica.
    Storia già ripetuta mille volte,purtroppo........

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  4. Il problema è capire se siamo arrivati al "punto di non ritorno" ovvero musica gratis x tutti (può essere giusto o sbagliato ma se è così occorre adattarsi e cambiare strategie) oppure se siamo in un momento transitorio che porta ad altro.

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  5. Difatti...e secondo le logiche di mercato non si capisce bene in cosa consista questo ALTRO.
    Se fosse un vantaggio per tutti,compresi grandi o piccoli,non ci sarebbe nulla da eccepire : fa parte del processo naturale delle cose...ma se questo si traducesse solo nella vittoria dei grandi network televisivi,editoriali ecc... vorrebbe dire restare per sempre nell'oblio di una elite sempre più ristretta,che tra pochi decenni non esisterebbe nemmeno (magari nei musei del vinile,qualcuno ci sta già pensando).

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  6. Paradossalmente l'unica speranza di salvezza può essere solo la grande industria, ergo multinazionali Sony, EMI etc

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  7. Infatti possiamo solo rimanere in attesa di qualche decisione dall' "alto" che cambi le cose.
    Ma non credo servirà.
    Fino a quando si vendono le borse Vuitton e i vestiti Armani finti ad un centesimo del loro prezzo sul mercato allo stesso modo avrem osempre il nuovo dei Franz Ferdinand a 18 euro nei negozi e a 0 euro sul web

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  8. Più che altro devono trovare il sistema di farsi pagare.

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  9. La SIAE italiana,poi,è il paradosso totale : rompono le palle a chi suona le cover nelle birrerie e lasciano proliferare tranquillamente tutti i video e le incisioni duplicate in rete...e questo lo chiamano un diritto di proprietà per gli autori :-(((((

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  10. Io dubito nelle soluzione che prospettano vantaggio per tutti... sopratutto in campo economico. Sarà riduttivo o semplicistico ma se ci sono grossi vantaggi economici per il consumatore (vedi download) c'è qualcuno a monte che qualcosa ci perde. e viceversa.
    A meno forse di non ripensare più radicalmente il sistema per una "più equa redistribuzione" dei profitti, ma è vecchia fola che si sente troppo spesso in troppi settori.

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  11. Evil, giusto, è il libero mercato.
    Per anni ha fatto guadagnare fantastiliardi di dollari alle case discografiche e ai cantanti, ora la pacchia è finita e il costo della musica sul web è zero.
    Indietro non si torna...

    L

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  12. Infatti è inevitabile e va ripensato il sistema radicalmente.
    Ovvero ormai non esiste più che si compri la musica a 15/18 euro (se non in casi particolari e marginali) quando la puoi avere a ZERO.

    Ci stanno provando con i gadget e le confezioni deluxe etc ma può durare ancora poco. Un'ultima raschiata la barile ed è finita anche quella.

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  13. Tutto ciò che mi sento di dire è che noi che la musica la suoniamo,sia nei dischi che sui palchi (malgrado certi acciacchi della vecchiaia :-))
    possiamo solo continuare a migliorarci,tentando la strada della QUALITA' contrapposta alla quantità : in pratica,se prima pensavamo di raggiungere qualche migliaio di utenti,oggi dobbiamo puntare a poche centinaia...ma il prodotto finale non deve soffrirne,anzi,se possibile avrà ancora più spessore culturale perchè significa andare controcorrente,pur nei limiti delle nostre possibilità.
    Del resto tutte le idee migliori del passato sono nate in epoche di crisi,alcune persino in climi di disperazione (il blues degli schiavi neri,il rock'n'roll figlio della guerra ecc...)
    questa crisuccia da 4 soldi a noi ci fa una pippa !

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  14. Ciao a tutti.
    Anche secondo me è difficile tornare indietro e far pagare un oggetto in vinile quando puoi avere la musica gratis (o meglio è difficile farlo in una società che ti fa credere che la libertà vuol dire telefonare a 1 centesimo o comprare il sugo a 10 centesimi), ed è anche vero che il vinile è acquistato prevalentemente da over 35; un mio cugino di 20 anni una volta mi ha chiesto :" ma come fai a scegliere la canzone su sti vinili?".
    Girando però per fiere, negozi,vedo persone sempre più giovani che si interessano al vinile, magari è un fuoco di paglia, ma sperare non guasta.
    Poi un piccolo paradosso: ma siamo sicuri che la musica su internet sia davvero gratis e libera dalle multinazionali musicali?
    Io mi ricordo che quando da ragazzo andavo a comprare i dischi (li compro anche ora, ovvio), davo sì le mie 14900 lire ad una multinazionale (o anche ad una etichetta indipendente che so la Voxx ,o la Sub pop, almeno all' epoca indipendente)e ad un negoziante (mi ricordo il negozio di Ursus in Via Passo Buole, blues and soda, il sottopasso di porta nuova,Juke-box all' Idrogeno, Rockville, Backdoor, Rock and folk, solo per citare i negozi sotto la Mole Antonelliana)che il 90% dei casi era un mega appassionato e ultra preparato che faceva il lavoro di venditore di vinile con passione (ovvio ci sono e c'erano eccezioni alla regola).
    Adesso devo avere un computer o un dispositivo prodotto da una mega multinazionale (magari in Asia facendo lavorare qualcuno per 20 ore filate..), usare un sistema operativo che nel 75% dei casi appartiene ad una altra multinazionale potentissima (certo c'è anche il free sw ma purtroppo/per fortuna non è usato da tutti),devo avere un contratto ,almeno in italia, con una altra multinazionale che mi fornisce alle condizioni non trattabili il servizio, collegarmi ad internet usando un provider di una altra multinazionale.
    Domanda : davvero la musica non mi costa nulla, e questa è la libertà digitale? per poi avere un file che dopo qualche anno magari diventa obsoleto oppure rimarrà a dormire in un angolo del mio hard disk?
    Scusate la lunghezza e concordo con Ursus ,la musica, il r'n'r è come l'erba cattiva , non muore mai, anzi cresce nelle difficoltà.
    ciao complimenti.

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  15. Il Mercato c'è sempre stato e la musica non è mai stata esente dalle sue logiche (anche i gruppi anarco punk che vendevano i 45 a "non più di 2.000 lire" rientravano comunque in questa logica. Vendo, compri, guadagno.
    L'importante (per me) è la ricerca di una certa equità.

    Concordo cmq con TonyPop che il fruitore finale pur avendo la musica gratis in qualche modo la paga anche se il risparmio è in ogni caso esponenziale.

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  16. Il mercato c'è sempre stato, ovvio, stiamo parlando di prodotti: spartiti, dischi, cd, mp3... tutta roba che si vende.

    Il vero problema è che le etichette hanno perso il treno della distribuzione legale via web, lasciando spazio alla distribuzione illegale, e ormai il valore percepito del download di un disco è zero.
    Da qui, impossibile tornare indietro.

    Poi certo, il computer costa, il collegamento a internet costa (il sistema operativo e il software anche no)
    Ma seriamente, chi oggi potrebbe fare a meno di un computer collegato al web ANCHE se non fosse possibile scaricare musica?
    E quindi questi sono costi "fissi", e la variabile per ogni disco scaricato è sempre pari a zero.

    L

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  17. "Una volta" il corrispettivo era il giradischi (con ampli e casse) o il registratore.
    Oggi c'è il computer, il collegamento etc.
    La musica è (ormai) GRATIS.

    Il problema è/sarà il costo della produzione della musica.
    Se io, gruppo indie sfigato, spendo tot/mila euro per registrare il mio disco che poi si trova gratis sul web , come faccio a recuperare l'investito ?
    Con i concerti.
    Che però vengono pagati sempre meno....
    Un bel casino

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  18. Se tu gruppo indie sfigato spendi totmila euro per registrare il disco, forse hai sbagliato.
    Perchè lo sai PRIMA che il disco si troverà gratis sul web, e se non lo sai sei un pirla.
    Quindi, o il tuo investimento tiene conto di questo, oppure meglio che cambi hobby...

    L

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  19. Ok, così uccidi la musica indipendente

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  20. Ho visto ieri un interessantissimo programma su BBC4 dove faceva la classifica dei 10 brani che hanno incassato più royalties nella storia della musica leggera, ma ha spiegato come ancora oggi i soldi con la musica si fanno ECCOME.
    Probabilmente per prima cosa bisogna andare via dall'Italia dove nessuno vuole pagare mai niente, ma la spiegazione di come si riesca ad essere pagati per i passaggi musicali su tutto quello che non è vinile, cd o cassetta è stato assai sorprendente. C'è un tizio Moses qualcosa, agguerritissimo, deciso a fare la guerra al mondo inter (ce la farà tranquillamente) forse dovreste iscrivervi all' ASCAP.

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  21. Il discorso è infatti limitato all'Italia.
    Inghilterra, Usa, Germania, Benelux, Scandinavia e le cose cambiano, eccome....

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  22. da tutto ciò ne emerge, generazionalmente., che noi che andavamo nel negozietto a comprare il disco dei LE ROI BROTHERS o che ne so, eravamo dei c*g***i,..un pò come quando credevamo alle Panzane Destra/Sinistra::)... vabeh comunque la gioia di 'scartabellare ' vinili in negozio penso sia un rito/mito 'barthesiano' irripetibile,...solo il 'maniaco feticista' viniliaco anni '80 può capire

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  23. cmq poi la verità è sempre bifronte e complessa,...ha ragione Ursus,..ma è anche vero che tramite utube etc. tu puoi venire a conoscenza di bands folk-rock ungheresi anni '70 o turkmene o ghanesi che prima non potevi ascoltare, in questo senso è un grande veicolo promozionale

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  24. cmq poi la verità è sempre bifronte e complessa,...ha ragione Ursus,..ma è anche vero che tramite utube etc. tu puoi venire a conoscenza di bands folk-rock ungheresi anni '70 o turkmene o ghanesi che prima non potevi ascoltare, in questo senso è un grande veicolo promozionale

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  25. da tutto ciò ne emerge, generazionalmente., che noi che andavamo nel negozietto a comprare il disco dei LE ROI BROTHERS o che ne so, eravamo dei c*g***i,..un pò come quando credevamo alle Panzane Destra/Sinistra::)... vabeh comunque la gioia di 'scartabellare ' vinili in negozio penso sia un rito/mito 'barthesiano' irripetibile,...solo il 'maniaco feticista' viniliaco anni '80 può capire

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  26. ..mah, sbaglierò, ma penso che la vera 'decadenza' sia già iniziata col passaggio dall'album (lp vinilitico o 12") al cd,..non è detto che chi ha fatto quel passaggio abbia visto giusto

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  27. Infatti Mich , quella è stata la prima grande cazzata fatta dall'industria.
    Posso testimoniarlo in maniera diretta,perchè ai tempi del passaggio da vinile a CD ero già in attività commerciale da un po' di anni ed ho seguito le varie fasi del tracollo,ma inizialmente per noi votati alla causa del vinile da collezione,fu una pacchia perchè chi conservava ancora molti dischi in vinile cercava di sbarazzarsene in tutti modi,tanto che per alcuni anni continuammo ad acquistare collezioni ed interi stockaggi di magazzini al prezzo delle patate,un tot al kilo ! I guai cominciarono più tardi,perchè abbassarono di brutto i costi dei CD e smisero di stampare i vecchi dischi analogici...noi che non potevamo più accontentare gli ultimi aficionados rimasti,ci eravamo persi sia i nuovi che i vecchi clienti...ma il colpo di grazia lo ha dato proprio il download in rete,che era stato troppo sottovalutato per le enormi potenzialità che invece ha dimostrato di avere.
    Il mercato giapponese,ad esempio,che è lo stesso che il digitale lo ha inventato,non ha mai sofferto una vera crisi perchè loro (da furbi e previdenti) si sono subito messi al riparo da certi sistemi troppo liberisti ed hanno attuato una protezione legale su tutti i fronti : questa cosa,vista dall'esterno con i nostri occhi da latini un po' furbastri e menefreghisti,sembra una rigida costrizione ed un sistema iper-protezionista,ma visto dal LORO punto di vista (ed io ho constatato come lavorano ed a che livelli di professionalità) è stata una carta vincente...ma,per come siamo fatti noi italiani,non è un modello esportabile (anzi,nemmeno immaginabile).

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