mercoledì, maggio 29, 2013
Talk Talk
ANDREA FORNASARI /AndBot ci introduce al mondo poco conosciuto e raramente esplorato (soprattutto su queste pagine) dei TALK TALK.
Un mondo interessantissimo e affascinante che vale la pena di (ri)scoprire.
Chissà se ai tempi di "It's my life" Mark Hollis e soci immaginavano una seconda vita artistica totalmente estranea al mondo delle hit e al successo di pubblico: senz' altro sono conosciuti ai più per quel brano, tutt' altro che da disprezzare ma che sicuramente non poteva far presagire una virata tanto profonda come invece è poi avvenuto. Nascono nei primi anni ottanta inglesi come una delle tante band di synth-pop dell'epoca, nemmeno troppo considerati rispetto alle star più affermate come Duran Duran e Depeche Mode.
Il primo album ("The party's over", 1982) passa praticamente inosservato ed è solo con il sopracitato "It's my life" (1984) che la band trova consensi commerciali, più all'estero e in particolare in Italia che non in patria: la title-track, "Such a shame" e "Dum dum girl" sono comunque i pezzi trainanti di un buon disco che, con il senno di poi, lascia intravedere qualcosa di quello che sarà.
La debolezza di una produzione lontana da quelle spettacolari e ridondanti delle band più quotate continua a farsi sentire, ma al tempo stesso diventa anche un po' il marchio di fabbrica di Hollis: lui non è una pop-star, questo è certo, il suo basso profilo però è totalmente fuori moda in un periodo in cui è l'edonismo a farla da padrone.
Le cose iniziano a cambiare sul serio con il terzo album, "The colour of spring" (1986): il tastierista Tim Friese-Grene è ormai parte integrante dell'organico (in sostanza la band è formata da lui e Hollis) che si avvale di una pletora di altri musicisti e, in questo caso, anche di Stevie Winwood.
Il disco è eccellente, i brani si allungano e si fanno atmosferici, una sorta di trance psichedelica pervade tutto il lavoro che risulta a metà strada fra un rigurgito di primi anni ottanta e una spiritualità new age, ambientale ma ancora dotato di ottime canzoni pop: la voce di Hollis è sempre più alla ricerca di un compromesso fra la forma-canzone e i voli pindarici di un Tim Buckley.
"Spirit of eden" (1988) trova una band totalmente rivoluzionata rispetto agli esordi, i Talk Talk firmano non solo il loro capolavoro assoluto ma anche uno dei dischi più belli e originali di tutti gli anni ottanta (come minimo).
Si tratta di sei lunghe suite all' insegna di una psichedelia free-form che si avvale dei più svariati generi, dal jazz al blues, al minimalismo elettronico, fino a lambire territori di pura estasi non distanti da quelli di "Hosianna mantra" dei Popol Vuh.
Lunghi silenzi glaciali vengono interrotti da pennellate blues, da trombe appena soffiate, organo e pianoforte suonano sommessi e radi accordi, la voce di Hollis è sempre più espressiva, fra contemplazione e toni astratti: sono sei sospiri, sei capolavori che vedono all'opera quasi venti musicisti differenti "armati" di clarinetto, oboe, fagotto, corno, harmonium e tanto altro, ma nonostante il grande numero di voci, tutto è così delicato, centellinato con classe, incredibilmente armonioso e quasi dronico.
Il coro della cattedrale di Chelmsford intensifica i toni spirituali da gospel, che però non potrebbero essere più sonnacchiosi e catatonici: in un certo senso si potrebbe considerare già slo-core, senz' altro le intuizioni sono le stesse che troveremo qualche anno dopo in "Frigid stars" degli americani Codeine e poi nei Red House Painters.
I tempi del synth-pop di facile presa sembrano lontani anni luce, sebbene sia passati, in fondo, pochi anni: i Talk Talk suonano "altro".
"Laughing stock" (1991) esce nell'anno di nascita del post-rock di "Spiderland" degli Slint e della consacrazione dello slo-core: ma qui siamo dall' altra parte dell' oceano, siamo in Inghilterra e l' attenzione per la canzone pop è comunque sempre alta nonostante si tratti ancora di sei lunghi brani che spaziano fra dilatatissimi blues e scambi jazz, ritmi funerei e il tono baritono di Hollis.
E' di nuovo un capolavoro, è il completamento di un' idea di musica ambientale e spirituale che si avvale della tradizione e la trasforma: Mark Hollis non canta più la vita ma l' esistenza.
Lo stile è ormai quello di un folk trascendente aggiornato (in tempo reale, però) alle nuove direttive post-rock: i Talk Talk inventano un suono ma nessuno sembra accorgersene, in patria (la loro) si celebra l' ennesima ondata brit-pop, si pensa a far soldi in fretta e così la band si arrende all' evidenza.
Mark Hollis, tuttavia, prosegue per la sua strada realizzando l' omonimo album solista del 1998, non lontano in quanto a sonorità, agli ultimi lavori con i Talk Talk: il disco si concentra su registri blues e fraseggi jazzati marcando il tutto con le consuete pause silenziose che creano un' atmosfera carica di presagi irrisolti, temi urbani, apocalittici e notturni che si dilatano nei ritmi e poi esplodono spesso in melodie dal sapore folk-pop: l' amore di Hollis per la "canzone perfetta", in fondo, non si è mai esaurito nonostante la continua sperimentazione e la ricerca di un suono personalissimo.
Che fine ha fatto Mark Hollis? Pochissime interviste, scarse apparizioni, vita ritirata.
Note personali: un grande album come "Hex" (1994) dei Bark Psychosis trarrà non poco giovamento dalle intuizioni post-rock e slo-core ante litteram dei Talk Talk, e in modo particolare dal magistrale modo di utilizzare pause e silenzi pronte a cedere il passo a improvvise impennate tonali, creando atmosfere tese e inquietanti, una sorta di psichedelia ambientale profonda e introspettiva.
Ho ascoltato per la prima volta "Laughing stock" e "Spirit of Eden" e li ho trovati spaziali, avantissimi, sperimentali, coraggiosissimi, psichedelici, innovativi.
RispondiEliminaUna rivelazione
E' una grande soddisfazione!
RispondiEliminaMa andavo sul sicuro, era già successo con altri e anch' io, titubante, affrontai i Talk Talk con un po' di puzza sotto il naso, per poi rimanerci completamente sotto: due dischi favolosi, originalissi ma anche accessibili, belli da ascoltare.
Non chiedo di meglio.
AndBot
Stupisce anche il coraggio di lasciare il "successo", seppur limitato, per sperimentare e cercare strade difficili.
RispondiEliminaE anche il fatto che nessuno di loro sia più disponibile a interviste o a parlare del gruppo.
Cercando ho trovato un'intervista al fonico che curò "Spirit of Eden" e che parla di otto mesi trascorsi ad ascoltare ossessivamente i soliti sei brani, modificando questo o quello, ritoccando, rifacendo.
Maniacali e per questo ancora più affascinanti.
Mi piacciono i dischi fatto in due o tre ore in presa diretta tanto quelli che durano anni.
AndBot TI ABBRACCIO!
RispondiEliminaGrazie grazie per questo post..sono un grande fan dei Talk Talk.
(Silvio Rude ti eviti un Good 80s ahaha!)
Li ricordo in tempo reale dal primo (sconosciuto) disco e via col successo di It's My Life e Such A Shame (non a caso brani programmatissimi ancora oggi a 30 anni di distanza)..e poi faccia particolare Mark Hollis in quel video..tenere inquadratura cosi non e' da tutti.
Patirono secondo me (e M Hollis)l'associazione con gli altri gruppi "anniottanta" del periodo (suoni,look,visibilita da Mtv)sgomitando per un'identita difficile da far emergere.
Life's What You Make It al di la del titolo bellissimo e' uno dei miei pezzi preferiti IN ASSOLUTO. Avete presente il video? mi fa venire la pelledoca ancora oggi.
Per i lookologi,quello di Mark Hollis era molto copiato (camicia/jacket di jeans SOTTO la giacca di renna..magnifico! jeans a tubo e College!..scusate il trasporto)
E poi la trasformazione..la "chiusura" introspettiva cosi evidente nella musica successiva.
Composizioni meno accessibili al grande pubblico,eremitaggio e minimalismo esistenziale,come dice bene AndBot.
Ricordo intervista a Paul Webb (bassista) dimissionario prima dell'ultimo album:"..c'era un'atmosfera stranissima e claustrofobica durante le ultime sessions,potevamo non parlarci per ore,per giorni interi..il mio matrimonio ando' in crisi e decisi di lasciare..La musica era diventata ormai una nota sola..pensai Non ci puo essere musica oltra a Una Nota Sola"..
C
Ho cercato di recuperare qualche intervista recente a Mark Hollis ma è come evaporato.
RispondiEliminaVa bene così, il potere mitopoietico della clausura è molto intenso!
Anch' io amo sia i dischi registrati al volo che quelli per cui si discute tre mesi se quel basso debba suonare un do oppure un re, se non sia il caso di allungare le pause e se non si stiano suonando troppe note... tre mesi, per poi rifare tutto daccapo...
AndBot
Mark Hollis se ci senti..occhio che un giorno partiamo e veniamo a cercarti eh
RispondiEliminaC
Ci facciamo un giro in furgone..andiamo a cercare M Hollis,Lee marvin dei La's e altri desaparecidos (magari il chitarrista dei MSPreachers e' tempo perso..)
RispondiEliminaC
Mio fratello comprò 'The colour of spring' un disco bellissimo, lo avremo ascoltato mille volte, commentando su Hollis e di come si proponeva all'epoca, un grande secondo noi. Anni dopo presi Laughing stock a Londra e rimasi un po li, i miei gusti nel frattempo si erano un po spostati. Adesso dovrei riascoltarlo ma come faccio?
RispondiEliminaGrande AndBot!
C'è in streaming su youtube
RispondiEliminaEra un modo per dire che non ho più (ahimè) il giradischi attaccato.
RispondiEliminaSi trovano spesso i loro cd a prezzi ridicoli, "Spirit of Eden" l' ho pagato sui 5 euro, forse meno.
RispondiEliminaIdem "Laughing stock". Sono quei pochi casi per cui è meglio possedere l' originale, quando le frequenze si impennano, l' mp3 scaricato (seppure "volumizzato" e passato al miglior formato possibile) sfarfalla: c' è un attacco di armonica elettrificata che arriva a frequenze molte alte, per dire, poi ci sono moltissimi strumenti e piccoli dettagli che è meglio non perdersi...
AndBot
Citazione:
RispondiElimina"Before you play two notes learn how to play one note - and don't play one note unless you've got a reason to play it. - Mark Hollis"
Devo recuperare il Mojo (o Uncut) con retrospettiva e intervista dove c'e' la quota del bassista..da aggiungere a questa meravigliosa che riporta Allelimo qui sopra..
RispondiEliminaC
eeehh???
RispondiEliminaC: dare ragione a Allellimmo e' disdicevole
Grande band , di classe cristallina, all'inizio con venature synth pop per poi divenire matrice post rock, il tutto condito, con (insieme a Roland Orzabal Tears for Fears) una delle piu' interessanti voci di quel periodo.
RispondiEliminaStefano Armoniadue
A quanto pare ogni tanto fa una capatina negli uffici della EMI dove si intrattiene a chiacchierare col direttore degli archivi musicali, principalmente di calcio visto che è un bel tifoso del Tottenham secondo quest'ultimo.Ogni volta che negli uffici mettono un pezzo dei Talk Talk, lo fa togliere entro 30 secondi!
RispondiEliminaE porca pu....a non lo abbiamo messo nel libro, o forse si...
EliminaQueste ultime due cose me lo fanno piacere sempre più (insieme al fatto che vive una 'suburban life'come una qualsiasi altra persona.
RispondiEliminaStasera attacco il giradischi (ci sarà ancora la puntina???)
Dai? Tifoso del Tottenham?
RispondiEliminaI cd si trovano quasi al supermercato
Hollis Casula ad honorem
C
Che tipo...
RispondiEliminaChissà perchè odia così tanto parlare del suo passato artistico, forse non lo ritiene all' altezza di ciò che lui reputa buona musica, boh...
AndBot
Tutti i membri della band hanno sempre osservato questo silenzio circa le attività del gruppo dietro le quinte, pare che fosse la volontà di Hollis al quale gli altri tre riconoscevano un incontrastabile carisma.
RispondiEliminaLe registrazioni per Spirit of Eden richiesero 8 mesi di ascolto delle stesse 6 canzoni per 12 ore al giorno, nessun dialogo, cenni ogni volta che i musicisti dovevano fare o rifare un pezzo, Pretty tense secondo l'ingegnere del suono, pretty weird aggiungo io.
RispondiEliminaUn genio secondo l'ingegnere ad ogni modo, mi associo.
Ascolto che avveniva in una stanza chiusa al buio.
RispondiEliminaTutto sommato un leader.
RispondiEliminaMi piacerebbe saperne di più, capire se è un po' fanatico o mistico, o se è solo un semplice, un umile.
Il fatto che gli altri lo abbiano seguito, però, mi fa ben sperare.
AndBot
Comunque secondo uno di questi direttori della EMI la questione è semplicissima: Mark Hollis ha fatto prima dei dischi poi dei dischi di successo, infine ha fatto i dischi che voleva lui e quindi si è ritirato.
RispondiEliminaAgli altri più o meno è andata bene così.
Uhm, ora che ci penso, anch' io ascolto sempre "Spirit of Eden" al buio, in totale isolamento: deve possedere un talento metafisico o qualcosa del genere!
RispondiEliminaMa io non credo alla metafisica, sono un razionale!
Si Mark, certo Mark, come vuoi tu Mark...
AndBot
Ha ha ha ha ha ha ha ha ha, obiettivo centrato....
RispondiEliminaScherzi a parte, sembra possedere tre doti: il talento, la capacità di metterlo a frutto lavorando duro e le idee molto chiare su come impostare la propria vita.
RispondiEliminaUn giusto, credo di poter dire.
AndBot
Mi associo!
RispondiEliminaAggiungo un quarto fondamentale requisito: è inglese.
Beve?
RispondiEliminaCioè, volevo dire: freddo e razionale, intimamente british!
AndBot
Io lo intendevo come: E' fortunato ad essere inglese perché se fosse stato italiano avrebbe fatto l'imbianchino e magari prodotto un disco o due che nessuno conoscerebbe a parte i suoi amici.
EliminaPer me in "Such a shame" era anche un gran figo!
RispondiEliminaè vero, 'Laughing.....' era un ottimo disco, ma anche NIck Heyward fece a metà 90s un grande EP 'beatlesiano' (tutt'altro genere dei T T ma ottimo)..un grande disco che mi riascoltavo l'altro giorno è una collezione dei Remains di Boston, grandissimi
RispondiEliminaNon ha pero' l'aria di un inglese che beve..un punto in meno
RispondiEliminaC
Io (che sarò pazzo ma... continuo a preferire i Talk Talk dei primi tre album), sono sempre rimasto affascinato dal loro percorso... E devo dire che li ho amati sempre ed ho comprato tutti i loro dischi. Il fatto che sia così di nicchia, poi, non mi convince: un po' di tempo fa ho scritto un breve post su Mark Hollis (http://fardrock.wordpress.com/2012/09/06/il-ritorno-di-mark-hollis/) che è a tutt'oggi il post più visitato dell'intera storia del mio blog (più di Beatles, oasis, Stones ecc...)
RispondiElimina..this eagerness to change....
RispondiElimina(bello quel tuo post Joyello)
C
un altro bel dischetto d'epoca che riascoltavo prima è il primo dei The The, Soul Mining
RispondiEliminaHo (ri)ascoltato Laughing Stock e ho perso interesse dopo 10 minuti, confermo le mie posizioni e quoto Joyello, meglio i primi tre.
RispondiEliminaSicuramente i primi tre album sono molto più immediati, in particolare i primi due, mentre "The colour of spring" è già più complesso ma è forse quello che si ascolta con maggiore piacere (l'ideale compromesso?).
RispondiEliminaPerò i due capolavori sono Spirit of Eden e Laughing Stock, anche solo per un discorso storico di influenza sulla musica a venire, per aver creato un suono originalissimo.
Poi, è chiaro, non è che mi piacciano tutti i dischi "epocali": ne riconosco il valore ma può essere che preferisca ascoltare "dischetti" più facili, anzi, spesso è così...
AndBot
Oh, poi io ammetto i miei limiti non so suonare, ascolto e basta, chiaro che non riesco ad apprezzare un lavoro per come è stato strutturato o costruito. Ma in ogni caso avevo già scartato verso Charlatans, Blur, Supergrass ecc
RispondiEliminaBe', l' orecchio si può allenare: il mio si è abituato anche a cose che ritenevo inascoltabili, non per questioni tonali, armoniche, eccetera, ma proprio perchè pensavo fossero schifezze, enormi banalità musicali.
RispondiEliminaE lo sono, ma la musica è anche una questione di clichè, di gusti (limiti e condizionamenti), di attimi, di irrazionalità, di abitudine: alla fine conta solo godersi il percorso!
In un certo senso mi piace quasi tutto, anche se poi mi rendo conto che nel 99% dei casi si tratta di musica occidentale, con una struttura ben codificata.
Pensa a quanti suoni possiamo trovare sparsi per il mondo, è chiaro che la mia visione in apparenza a 360 gradi, diventa molto ridotta...
AndBot
Concordo Andrea, l'orecchio si allena ma è la testa che non ce la fa.
EliminaIo che c'ho lo stesso orecchio musicale del Gallo confermo che preferisco i Talk Talk più accessibili. Ricordo che ai tempi (ero piccoletto) le facce che Hollis faceva sul video di Such a Shame mi divertivano parecchio.
RispondiEliminaHollis Spurs? Beh dai nessuno è perfetto. UTV
Charlie
1° E' nato lì
Elimina2° Probabilmente ci ha sempre vissuto e ci vive tutt'ora.
3° Sempre meglio dell'Arsenal!
boh, io Laughing Stock l'ho in cassetta , mi ricordo che all'epoca non mi dispiacque,...ma saran 15-20 anni che non lo ascolto,....certo per i miei gusti attuali preferisco anch'io roba più 'immediata e 'catchy' che' più inteletuale' come appunto 'L.S.'
RispondiElimina@Gallo: Anche perchè l'Arsenal nel nord di Londra ci è "arrivato" non c'è mica nato come gli Spurs....
RispondiEliminaCharlie
Vero.
RispondiEliminaNon bisogna dimenticare però che al momento di ricollocare la squadra, Chapman cartina alla mano scelse il centro di un ampia area completamente sguarnita, cosa che puoi fare anche tu con una mappa di Londra e segnando i campi li intorno tranne quello dell'Arsenal, lo vedi subito il 'buco'.
Inoltre stiamo parlando ormai di quasi 100 anni fa.
Poi, io lo ammetto, detesto l'Arsenal, i suoi giocatori i suoi tifosi (soprattutto), adesso anche il loro tecnico e pure il nuovo stadio (non sono l'unico)ed in ultima analisi il loro modo di fare calcio, ma è una questione di gusti, anche se ogni tanto vado in giro con indosso una loro maglietta da gioco anni settanta (perché è molto mod)
Io butterei anche lì il fatto che prima di chiamarsi Talk Talk si chiamavano Reaction ed erano un gruppo Mod, va...
RispondiElimina