giovedì, gennaio 31, 2013
Gennaio 2013. Il meglio.
ASCOLTATO
UNKNOWN MORTAL ORCHESTRA - ii Secondo album della band di Portland e uno stupendo mix di psichedelia tardo 60’s (Beatles “revolveriani”, primi Pink Floyd, essenze di oscuro freakbeat), certe movenze alla Beck, un velo indie alt rock che rende il tutto attuale, fresco e moderno. Consigliatissimo.
FOXYGEN - We are the 21st century
Duo di LA alle prese con un godibilissimo album che mischia il Bowie mid 70’s, Stones e Betles di fine 60’s, un po’ di Kinks e varie psichedelie.
Ricordano nell’approccio i Dukes of Stratosphear / XTC nella cura con cui mettono insieme tutto l’immaginario a cavallo tra 60’s e 70’s e il risultato è davvero piacevole e l’album riuscito.
LILIAN HAK - Lust guns and dust
Olandese si muove in un inedito e sorprendente mix di Tom Waits, Anna Calvi, blues, reggae, new wave, rock. Originalissima e personale. Da scoprire.
CESARE BASILE - s/t
Nuovo grande album di uno dei cantautori più espressivi della scena italiana.
Basile si cala ancora di più nella sua terra e sforna un SIcilian Blues senza eguali, personalissimo, cattivo, spietato, spesso nella “lingua” natìa, a partire da “Introduzione e sfida” in apertura che riporta al De Andrè di “Nuvole”.
Poi si affonda nelle acque fangose alla Tom Waits, Screamin Jay Hawkins, Capossela, Dr,John, Piero Ciampi, tutti insieme.
Ed è un bel sentire.
VV.AA: Ancestors Of Rap – A Collection Of Highly Underrated Prototype Rap Songs
Spettacolare compilation sui precursori del rap.
Non ci sono gl iovvi nomi di Gil scott Heron e Last Poets ma una serie di nomi minori e pressochè sconosciuti con brani a cavallo tra 60’s e 70’s impostati su basi di crudo e acido funk e rhythm and blues su cui nomi come Pigmeat Markam, Bill "Butter Ball" Crane, Blowfly , Billy Dee & Sugar Bear, Rufus Beacham scrivono le “regole” di quell oche sarà poi il rap , parlando e declamando.
C’è anche James Brown con la sua classica “Get on the good foot” dall’omonimo album del 1972.
Album esplosivo , sorprendente, basilare per capire le radici del rap.
ANDREA BALDUCCI - Bloom
Elegante, raffinatissimo, gustoso esordio a base di una saporita e chic zuppa soul jazz per Andrea Balducci, allevato alla scuderia Schema.
“Bloom” scorre via veloce tra evidenti omaggi al mood di Jamie Cullum, Michael Bublè e Raphael Gualazzi.
Un ascolto piacevole, fresco, di alto valore qualitativo pur se in un contesto prevedibile come quello del crooner jazz style.
MASSIMO ZAMBONI - Canto l’isolamento
L’ex chitarra dei CCCP e mi mille altre esperienze artistiche con un nuovo album, come sempre austero, rigoroso, elegante, intransigente sia da un punto di vista musicale che lirico.
Numerosi ospiti, da Nada a Lalli a Fiamma.
Ottimo lavoro, importante come tutte le cose firmate da Massimo.
ARBOURETUM - Coming out of the fog
Americani, al quinto album, viaggiano in un roots rock personale e incisivo che cita il Neil Young più ruvido, Thin White Rope, Giant Sand, Warren Zevon.
Un ottimo album, aspro, malinconico, chitarristico, roccioso.
THE CUT - Operation Manitoba
L’esordio del grandissimo combo (oggi terzetto, ai tempi ancora in cinque) bolognese datato 1998 (e recentemente ristampato da Gamma Pop).
Elettricità a profusione, noise punk, psichedelia grezza, rock n roll, atmosfere claustrofrobiche, violenza sonora sparsa, chitarre (tre) graffianti e rauche.
Fu un inizio mozzafiato, ideali radici per la grande band che è diventata oggi.
VALENTINA GRAVILI - Arriviamo tardi ovunque
La cantautrice brindisina festeggia il terzo album, dopo aver inanellato una serie di riconoscimenti prestigiosi (dal Premio Ciampi nel 2010 al Premio MEI nel 2011). Il nuovo album affina le sue capacità compositive, mantiene i riferimenti con l'Inghilterra scontrosa di PJHarvey ma ricorda spesso le ultime prove d'autore di Nada.
Movenze elettriche, melodie decise e sicure, eccellente il lavoro di produzione e arrangiamento di Max Baldassare.
PERE UBU - Lady from Shanghai
Non è che David Thomas e soci ci siano mai andati leggeri ma il nuovo album è davvero aspro, duro, disarmonico, aggressivo.
Difficile ma , come sempre, interessante.
ASCOLTATO ANCHE:
BETTIE SERVEERT (Olandesi, sulla scena dal 1990, con un un indie pop molto accattivante e dalle esplicite matrici 60’s (vicini ai Primitives). Il nuovo album è molto gradevole e fresco e con due o tre hits di sicuro effetto) SERAVINCE (nu soul molto soft con spruzzate jazzy, dalle parti degli Incognito), REASON TO BELIEVE- THE SONGS OF TIM HARDIN (in pochi ricordano il cantautore Usa TIM HARDIN, scomparso nel 1980. Lo fanno ora 13 artisti, tra cui giganteggia Mark Lanegan. Tono sommesso ma giusto tributo), I AM KLOOT (brit pop a tratti sinfonico, molto arrangiato, poco incisivo), NA NA BANG (Duo bresciano alle prese con un lofi indie rock che corteggia i Pavement, un po ‘di psichedelia 80s’ e varie influenze minimali più attuali. Interessanti), SOUL ASYLUM (discreto pop punk grungy commerciale), BEANS ON TOAST (tra Billy Bragg e Pogues, folk inglese sgraziato), JESSE DAYTON (roots rock Usa, ben fatto ma prevedibilissimo), TRAUMAHELIKOPTER (dall’Olanda garage e punk 77..buono). KEITH CANISIUS (pop dalle tinte psych alla Echo & the Bunnymen e shoegaze. Carino), DEXTER STORY (soft soul in odore di Earth Wind and fire, un po’ di nujazz, di funk ma poca sostanza), NADAR SOLO (da Torino tra indie rock, power rock, Teatro Orrori, Interpol, Afterhours), WILL AND THE PEOPLE (girano tra reggae e ska ma con poca convinzione lasciando un album così così), VILLAGERS (folk pop elettronico e ipnotico. Noioso e insopportabile), BART LUST QUINTET (ottimo be bop jazz dall’Olanda), BRZZVLL (band belga che mischia soul jazz con sonorità afro funk e psichedeliche. Strumentali, interessanti), BLUE WILLA (Il Mucchio li ha piazzati in copertina. In molto parlano di next big thing italiana. Io, che non so niente, ci trovo poco. Noise, alt rock abrasivo etc etc. ma già sentito in tutte le salse), MISACHENEVICA (indie rock ruvido con folate melodiche da Padova), SHOGU TOKUMARU (dal Giappone una sorta di bizzarra lounge semi sperimentale e vaudeville. curioso), GAETANO PARTIPILO BESIDES BAND - Songs from the 60’s Cool jazz rivolto ai 60’s con influenze soul, funk (“Se voce pensa”) e jazz dance (dalle parti di Jimmy Smith, Eddie Jefferson, Mose Allison), EX-CULT (punk rock abrasivissimo da Memphis), FREE ENERGY (power pop tra Cheap Trick, Knack ma con tendenze FM Rock alla Bachman Turner Overdrive e perfino Ac/Dc), THE HISTORY OF APPLE PIE (grazioso shoegaze pop, scarso spessore ma divertente) ROBIN THROWr (l’ex Procol Harum torna con un ennesimo album di rock blues “alla” Clapton, ben fatto ma prevedibile in ogni nota), RG PROJECT (funk jazz dall’Olanda, grande tecnica, poca espressività)
LETTO
Vera Lehndorff - Jörn Jacob Rohwer. - Veruschka
La vita di Veruschka una delle top model più belle e conosciute nella storia della moda e del glamour. Una vita drammatica, segnata dalla scomparsa del padre, resistente anti nazista nella Germania hitleriana e giustiziato nel 1944, un’infanzia diffiicilissima, il successo, il glamour, macchiati da due tentativi di suicidio, ricoveri in cliniche psichiatriche, difficoltà, delusioni.
Personaggio controverso, triste, borderline ma interessantissimo, genuino e sincero.
Il libro, sotto forma di intervista, è spesso troppo inutilmente dettagliato e prolisso ma fotografa bene diverse , diversissime, epoche storiche e sociali.
BRET EASTON ELLIS - Glamorama
Thriller fiume (oltre 700 pagine), complesso, metaforico, ricchissimo di riferimenti, talvolta eccessivamente prolisso e confuso.
Alla fine il talento di Ellis emerge con tutta la sua forza ma solo con qualche centinaio di pagine in meno saremmo vicini al capolavoro.
RAYMOND CARVER - Tell it all
Prezioso e commovente compendio alla bibliografia dell’autore raccoglie alcuni “insperati” inediti e una serie di bellissime testimonianze sull’Uomo Carver che fanno disperare ancora di più per la sua scomparsa.
Come dice nel libro lo scrittore giapponese Haruki Murakami.
Ebbi la sensazione di essermi imbattuto in un genere di narrativa completamente nuovo che non aveva mai avuto eguali
COSE & SUONI
Finita la prima parte del tour di “A kind of blues” di Lilith and the Sinnersaints si riprende in primavera a suonare.
www.lilithandthesinnersaints.com
Mie recensioni varie sul sito www.radiocoop.it
CALCIO
Davvero un noiosissimo campionato, partite mediocri, calciatori di scarso talento (con rare eccezioni). Qualche sparuta nota positiva da qualche giovane emergente. Il resto è trascurabile.
Patetico anche il calcio mercato.
IN CANTIERE
“Rock n goal” di Antonio Bacciocchi e Alberto Galletti in libreria a marzo 2013 per Volo Libero Edizioni
Libro su Weller per Arcana il 15 marzo: “This is the modern world”.
Viaggia spedito il libro sugli Statuto (ottobre 2013)
mercoledì, gennaio 30, 2013
Get Back: dischi da ri(scoprire)
La rubrica mensile di recupero dischi perduti spazia oggi in ambiti abbastanza differenti
THE CUT - Operation Manitoba
L’esordio del grandissimo combo (oggi terzetto, ai tempi ancora in cinque) bolognese datato 1998 (e recentemente ristampato da Gamma Pop).
Elettricità a profusione, noise punk, psichedelia grezza, rock n roll, atmosfere claustrofrobiche, violenza sonora sparsa, chitarre (tre) graffianti e rauche.
Fu un inizio mozzafiato, ideali radici per la grande band che è diventata oggi.
NAPOLI CENTRALE - Napoli Centrale
Tra gli album più rappresentativi ed interessanti dei 70’s italiani, l’esordio di Napoli Centrale, la band di James Senese, proponeva un jazz rock dalle tinte funk con forti inflessioni mediterranee e testi dalla esplicita e pesante critica sociale.
In particolare il brano “Campagna”, proposto anche come singolo, rimane tra i classici della musica rock nostrana.
THE TRIP - Caronte
Il secondo album del 1971 della band di Joe Vescovi (che ebbe nelle sue fila brevemente anche Ritchie Blackmore). Concept album che mischia chitarrismi hendrixiani, influenze King Crimson e freak beat a tinte prog con l’Hammond di Joe che urla con stupenda invadenza.
Sonorità datate ma che conservano ancora freschezza e spessore.
NUOVA EQUIPE 84 - ID
Nel 1973 l’Equipe 84 falcidiata da una marea di problemi (l’arresto del batterista Cantarella per droga, il boicottaggio dei media e della stessa casa discografica e vari problemi di formazione) ritorna con un buon album dalle forti tinte prog rock ma che assorbe anche influenze jazz e psichedeliche.
Collabora un Alberto Camerini in gran forma chitarristica.
martedì, gennaio 29, 2013
La coppa del mondo di calcio non ufficiale
Non riconosciuto da FIFA (e da nessun altro...) esiste un ufficioso quanto divertente Campionato del Mondo di Calcio che si basa sulle regole che contraddistinguono il pugilato: partendo dalla prima partita internazionale del 1872, giocata a Glasgow tra Scozia e Inghilterra (0 a 0 con rivincita nel 1873 vinta dall'Inghilterra per 4 a 2), il titolo viene difeso dalla squadra vincente (campione in carica) finché non viene sconfitta.
Recentemente la Svezia lo ha tolto alla Corea del Nord, battendola in un torneo in Thailandia e conservandolo successivamente contro la Finlandia.
Questo presunto Campionato del Mondo è frutto dell'impegno maniacale del giornalista Paul Brown, autore del libro "Unofficial Football World Champions" con tanto di dettagliatissimo sito (www.ufwc.co.uk), dove vengono riportati di volta in volta i risultati delle partite disputate da chi detiene il titolo non ufficiale.
La squadra più forte di tutti i tempi, sulla base del totale dei giorni in cui è stata "Campione del Mondo non ufficiale", è la Scozia, con i suoi 13mila giorni, difesi attraverso 86 successi, davanti all'Inghilterra (8mila giorni) e l'Argentina (2mila giorni).
Italia al settimo posto (con circa 1000 giorni) con Svezia e Germania. Per gli azzurri l'ultima volta da Campioni del Mondo non ufficiali è stata il 22 agosto del 2007, quando la nazionale di Donadoni perse 3 a 1 con l'Ungheria.
lunedì, gennaio 28, 2013
Di cosa parliamo quando parliamo di musica: le edizioni DeLuxe
Negli anni 70 e 80 spendevo giorni (e tanti soldi) alla disperata ricerca di qualche bootleg (anche su cassetta) che mi desse l’opportunità di ascoltare qualche inedito, outtake, provino, demo di Beatles o Who.
Poter mettere le mani su un “Paperback writer” a velocità diversa con l’ 1,2,3,4 iniziale scandito da Paul, senza i cori, che emozione. Oppure uno tra le migliaia di demo che Pete Townshend preparava per gli Who.
Ricerche difficili che spesso non erano coronate da particolare successo (qualità pessima, versioni appena accennate..ricordo un bootleg di Hendrix che prometteva un “Day tripper” con la partecipazione di Lennon…in realtà una confusissima versione che avrebbe potuto suonare chiunque).
La crisi della discografia e la consapevolezza che fanatici un po’ coglioni come il sottoscritto non mancheranno mai hanno reso il mercato dell’inedito, della bonus track, della versione rimirata, del provino, della versione in sala prove, nel 99% insignificanti, piuttosto florido.
E allora versioni DeLuxe con i contenuti suddetti, Rarities album etc etc a pioggia !!
Ho apprezzato tantissimo, da fan e da amante della musica, operazioni come l’”Anthology” dei Beatles o il recente “Quadrophenia” con i demo originali.
Opere che completano la storia dei gruppi e la rendono più interessante e definitiva.
Ma quella che è ormai diventata una prassi consolidata per OGNI GRUPPO mi porta a chiedermi se tutto questo è davvero necessario.
Se davvero gli Stones o gli Oasis, i Beatles o i Black Flag, i Sonic Youth o gli Arctic Monkeys abbiano bisogno di un simile compendio, di un’aggiunta in più o se la loro opera non sia già sufficientemente completa con quello che abitualmente decidono di realizzare.
Crogiolandomi nel dubbio mi vado a riascoltare un’affascinante versione di “Happiness is a warm gun” dei Beatles in cui per 30 secondi entra un basso tuba che non avevo mai sentito su nessun bootleg.
domenica, gennaio 27, 2013
Gli Oskar
CONSIGLIATO DAL COLLETTIVO SOUL
E’ USCITO!!!
ANDATE SU ITUNES STORE CERCATE GLI OSKAR E.. ACQUISTATELO!!
https://itunes.apple.com/it/album/il-meglio/id595966083
ATTENZIONE:NON E’PREVISTA L’USCITA SU CD, QUINDI NON IINDUGIATE A COMPRARLO DAL WEB..GRAZIE !
GLI OSKAR “IL MEGLIO”
“Il Meglio” è l’esordio discografico de Gli oSKAr il nuovo progetto di Oscar Giammarinaro e Alex Bumba Loggia (cantante e chitarrista degli Statuto) che insieme a Rudy Ruzza (storico bassista sempre degli Statuto) e Andrea Calligaris (ex Stiliti e Sabaudians) hanno deciso di scegliere alcune delle canzoni più popolari e più particolari della musica leggera italiana e arrangiarle in chiave ska/rocksteady e proporle in concerto e in questo nuovo disco.
I brani scelti spaziano da alcuni decisamente “nazionalpopolari” come SARA’ PERCHE’ TI AMO, PENSAMI, TU SEI L’UNICA DONNA PER ME o la celeberrima LUNA di Gianni Togni ad alcuni “classici” come SPAGHETTI A DETROIT di Fred Bongusto o LA VITA LA VITA di Cochi e Renato. E se SINGAPORE e QUANDO DICO CHE TI AMO sono due chicche tutte da ascoltare e riscoprire, DONNA FELICITA’ è un altro brano straconosciuto che risulta particolarmente indicato a essere suonato in levare.
Sia in studio che dal vivo, i quattro “Oskar” vengono affiancati dalle tastiere di Gigi Rivetti e dalla sezione fiati.
Con le basi registrate al Casaluce studio di Eugenio Mazzetto, le sovraincisioni, il mixaggio e la produzione sono poi state opera di Marco “Cipo” Calliari (sound engineer dei Subsonica) il quale ha saputo valorizzare al meglio gli arrangiamenti vocali e strumentali. Il disco è disponibile su Itunes pubblicato da Sounday.
sabato, gennaio 26, 2013
Soul Time !
Una serie di nuove uscite in ambito soul e jazz da annotare sul taccuino. Tutta roba buona.
VV.AA.: Ancestors Of Rap – A Collection Of Highly Underrated Prototype Rap Songs
Spettacolare compilation sui precursori del rap.
Non ci sono gl iovvi nomi di Gil scott Heron e Last Poets ma una serie di nomi minori e pressochè sconosciuti con brani a cavallo tra 60’s e 70’s impostati su basi di crudo e acido funk e rhythm and blues su cui nomi come Pigmeat Markam, Bill "Butter Ball" Crane, Blowfly , Billy Dee & Sugar Bear, Rufus Beacham scrivono le “regole” di quell oche sarà poi il rap , parlando e declamando.
C’è anche James Brown con la sua classica “Get on the good foot” dall’omonimo album del 1972.
Album esplosivo , sorprendente, basilare per capire le radici del rap.
ANDREA BALDUCCI - Bloom
Elegante, raffinatissimo, gustoso esordio a base di una saporita e chic zuppa soul jazz per Andrea Balducci, allevato alla scuderia Schema con il supporto della band finlandese del Five Corners Quintet e di Piero Ciancaglini (già con Mario Biondi nel fortunato “Handful of soul”).
“Bloom” scorre via veloce tra evidenti omaggi al mood di Jamie Cullum, Michael Bublè e Raphael Gualazzi.
Rivitalizza le classiche “Spooky” dei Classic IV e “The letter” dei Box Tops, la meno usuale “Hurt so bad” di Little Anthony and the Imperials (in due versioni che apromo e chiudono l’album, l’una swing, l’altra ), “Big city” di Marvin Jenkins.
Un ascolto piacevole, fresco, di alto valore qualitativo pur se in un contesto prevedibile come quello del crooner jazz style.
GAETANO PARTIPILO BESIDES BAND - Songs from the 60’s
Cool jazz rivolto ai 60’s con influenze soul, funk (“Se voce pensa”) e jazz dance (dalle parti di Jimmy Smith, Eddie Jefferson, Mose Allison).
Esecuzioni brillanti, energiche, saltellanti.
Per palati raffinati e dal gusto ricercato.
Partipilo è tra i migliori saxofonisti jazz italiani con sette album alle spalle e decine di collaborazioni.
SERAVINCE - Hear to see
Soft soul dalle parti degli Incognito con delicati e deliziosi brani tinti di nu jazz, basi elettroniche molto discrete, ottimi grooves, belle voci.
Un so(ul)ttofondo ideale.
venerdì, gennaio 25, 2013
Le collaborazioni tra i Beatles dopo lo scioglimento
Nelle foto, John e Paul il 28 marzo del 1974, i tre superstiti per "Anthology" e vari incontri negli anni 70 (l'ultima foto al compleanno di Clapton nel 1979).
Lo scioglimento dei Beatles nel 1970 non impedì ai Fab Four di continuare a collaborare.
Anzi se è vero che Paul e John non si reincontarono mai più in studio di registrazione (con l’eccezione del 28 marzo 1974 quando registrarono una confusa ed inutile session a fianco di Stevie Wonder, Bobby Keys, Jim Keltner e Harry Nilsson) sono state frequenti le apparizioni di due o tre Beatles insieme in incisioni successive allo split (non contando anche una serie di apparizioni live).
George e Ringo si erano già affiancati nell’album “Wonderwall Music” di Harrison del 1968, in quello di Jackie Lomax “Is this what you want” del 1969 e nel 1970 nell’omonimo di Leon Russell e in quello di Doris Troy oltre che in “Encouraging words” di Billy Preston.
Nel 1970 troviamo Paul nell’album orchestrale “Sentimental journey” di Ringo che suona la batteria in “All things must pass” e nel “Concert for Bangladesh” di George.
George è in alcuni brani (live) di “Some time in New York City di John nel 1972 e nel singolo "It don't come easy" di Ringo nel 1971.
Nell’album solo del 1970 di John, Ringo suona la batteria in alcuni brani, mentre George è chitarrista in “Imagine” di John dell’anno successivo.
Ringo suona la batteria in “Don’t worry Kyoko” dall’album solo di Yoko Ono, “Fly” del 1971 (in cui John è alla chitarra e piano).
E’ nota l’amicizia che legava George e Ringo , che spesso avevano collaborato alla composizione di alcuni brani nei Beatles.
Amicizia che proseguì, solida e costante dopo lo scioglimento.
Li troviamo nel 1972 nell’unico album solista del saxofonista Bobby Keys, a lungo negli Stones, sempre nello stesso anno, nell’album “Brother” , pubblicato dalla Apple Records, del duo americano Lon & Derrek Van Eaton (a fianco di altre star come Carly Simon, Art Garfunkel, Harry Nilsonn, Martha Reeves) , nel 1974 nella colonna sonora di “Son of Dracula” film prodotto (e interpretatao da Harry Nilsonn e Ringo Starr) e in “Family and friends” di Ravi Shankar del 1974 (con anche Billy Preston e Jim Keltner).
Ringo è in tre brani dell’album di George Harrison “Living in a material world” del 1973 e inel successivo “Dark Horse”, dell’anno dopo, mentre è nota la partecipazione di tutti e quattro i Beatles nel solo di Ringo “Ringo” del 1973 (sia in veste di compositori che di musicisti).
John e Ringo sempre nel 1974 collaborano all’album di Harry Nilsonn “Pussycats” e John è presente su “Goodnight Vienna” e “Rotogravure” (in quest’ultimo anche Paul) di Ringo nel 1975 e 1976 .
Nel 1980 muore John e i tre superstiti lo ricordano in “Those all years ago” nell’album di George “Somewhere in England” dell’anno successivo per ritrovarsi anche in “Stop and smell the roses” di Ringo, sempre del 1981.
Ringo suona poi con Paul in “Tug of war” (1982) , “Pieps of peace” (1983), “Give my regards to Broad street” (1984), “Flaming pie” (1997) e in “Cloud nine” di George del 1987.
Nel 1990 George e Ringo erano nell’album di Jeff Lynne (ex ELO) “Armachair theatre” e in “Zoom” dell’Electric Light Orvhestra del 2001 (pur suonando in brani separati).
Paul e George sono (in due brani separati) “Vertical man” di Ringo del 1998 e Paul in “Y not” di Ringo del 2010.
Paul, George e Ringo suonano con la voce e il piano del defunto John in “Free as a bird” e “Real love”, brani inseriti nelle “Anthology” dei Beatles (uscite nel 1996 e 1996).
giovedì, gennaio 24, 2013
Veruschka
La vita di Veruschka, contessa Vera Gottliebe Anna von Lehndorff-Steinort ,una delle top model più belle e conosciute nella storia della moda e del glamour è stata una vita drammatica, segnata dalla scomparsa del padre, resistente anti nazista nella Germania hitleriana e giustiziato nel 1944, attraverso un’infanzia difficilissima, la famiglia smembrata, lei in vari istituti.
Poi il successo, il glamour, la modella più bella, famosa, pagata e ammirata dei 60’s, due tentativi di suicidio, ricoveri in cliniche psichiatriche, difficoltà, delusioni.
“Blow up” di Antonioni la porta alla notorietà mediatica totale, al di fuori dalla moda, collabora con Dalì ai primi esperimenti di body pianting, lavora con Carmelo Bene in “Salomè”.
A metà degli anni ’70 il ritiro dalle passarelle e la carriera nell’arte sperimentale.
Personaggio controverso, triste, borderline ma interessantissimo, genuino e sincero.
"Veruschka, la mia vita", scritto da Vera von Lehndorff in arte Veruschka insieme a Jorn Jacob Rohwer è un libro (Barbès Editore) sviluppato sotto forma di lunga intervista che riassume (con tono spesso dolente, mai allegro, mai spensierato,spesso troppo inutilmente dettagliato e prolisso) e fotografa diverse , diversissime, epoche storiche e sociali attraverso la sua incredibile vita.
mercoledì, gennaio 23, 2013
Morte di una Vecchia Talpa
Nelle foto: la libreria, con Frazzi e Fiumani dei Diaframma, con Frazzi e il giornalista Roberto Calabrò ad alcune presentazioni alla Vecchia Talpa.
Chiude La Vecchia Talpa di Fidenza.
Una libreria, un centro culturale, un punto di incontro, di aggregazione.
Contro culturale si diceva una volta.
Direi culturale e basta.
La gestiva uno dei personaggi di maggior rilievo della musica italiana, Luca Frazzi, giornalista di “Rumore” , scrittore e tanto altro.
Ci ho presentato parecchi miei libri e collaborato ad altre iniziative, comprato, fatto semplicemente un giro, a sfogliare questo o quello e a fare due chiacchiere.
Alla Vecchia Talpa si parlava di punk, mod, “sotto” culture giovanili e non, rivoluzioni dello spirito, dell’anima , della mente.
Non ce l’ha fatta.
Una legge di mercato.
Perchè tutto ormai è sempre più, ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, regolato dalla legge del mercato.
Produci , consuma, crepa.
martedì, gennaio 22, 2013
Prima Pagina
Nei miei viaggi mattutini, la mezzora e passa in auto che mi separa dal lavoro trascorre all’ascolto di PRIMA PAGINA su Radio RAI 3.
Una rassegna stampa prima e poi tre quarti d’ora di domande e risposte del pubblico con giornalisti scelti da varie testate (dal Manifesto a famiglia Cristiana).
La competenza, l’educazione, il garbo, lo spessore intellettuale di chi chiama e alimenta dibattiti, dubbi e porta spesso preziose testimonianze che arricchiscono il nostro patrimonio culturale e informativo evidenzia che c’è un’Italia viva, intelligente, preparata, che sa discutere senza urlare, senza fare disinformazione e argomentare senza approssimazione.
Insomma che c’è vita anche in questa landa desolata.
lunedì, gennaio 21, 2013
Di cosa parliamo quando parliamo di musica: il crowdfunding
Il crowdfunding è un noto sistema di produzioni dal basso attraverso la raccolta di fondi e finanziamenti con una sottoscrizione popolare per la realizzazione di un progetto.
Chi propone un progetto può quindi farsi una idea dell'interesse potenziale che può attirare la sua proposta e può coprire le spese per la produzione.
Il metodo sta prendendo sempre più piede in ambito “indipendente” (abbiamo ospitato su questo blog la richiesta dei “nostri” Peluqueria Hernandez) ma talvolta il dubbio è che se ne abusi eccessivamente (vedi ad esempio chi ha recentemente lanciato il finanziamento del suo nuovo video con diritto di “invito a cena per due più accredito per la serata se ci metti 200 euro” , “backstage e consegna a mano del disco con dedica” se sono 50 euro, “Nuovo Ep e telefonata di ringraziamento” con 60...etc etc).
Premessa la validità dell’iniziativa (soprattutto in tempi di crisi estrema, tanto più per chi suona un certo tipo di cose in Italia) sorge il dubbio:
ma se nemmeno l’artista crede in sè stesso da non volersi autofinanziarsi (addirittura un video...) perchè dovrebbe provvedere il fan ?
La solita, odiosa ma “democratica”, legge di mercato:
se non hai pubblico sufficiente a non permetterti di rischiare (poche migliaia di euro in definitiva) perchè andare avanti ?
domenica, gennaio 20, 2013
Collettivo Soul - 2
Un primo doveroso resoconto dell’attività del COLLETTIVO SOUL, vedi
http://tonyface.blogspot.it/2013/01/il-collettivo-soul.html
Sono arrivate diverse proposte di logo (vedi sopra quelli, in ordine sparso, di Galletti, Antonello Leggiero, Francesco Saccaro, Paul 67), contributi scritti (Cristiano e Joyello), fotografici (Flavio Bricchi), supporto diretto e incondizionato (Claudio Caira di Genova), suggerimenti sonori (Paul 67).
Francesco Saccaro nel suo mixloud.com/radioshake ha già ospitato due contributi sonori consigliati dal Collettivo.
Il progetto è partito e vuole andare avanti.
Date una mano, sarà ben accetta !
Per contatti: collettivosoul / libero.it
sabato, gennaio 19, 2013
Moby Dick o la Balena
AndBot aka Andrea Fornasari nella pamcia della Balena di Melville
E' strano: pur avendo sempre considerato il capolavoro di Herman Melville uno dei miei romanzi preferiti in assoluto, non avevo mai preso in considerazione l' idea di scrivere qualcosa a riguardo, come se il timore reverenziale che inevitabilmente provavo (e provo) nei confronti della maestosità dell' opera mi impedisse di farlo. Fiumi (oceani) d' inchiostro sono stati versati e mai e poi mai potrei anche solo pensare di trovare al suo interno un solo minimo particolare che già non sia stato sviscerato.
Eppure.
Eppure se penso, ad esempio, alle diverse e non numerosissime trasposizioni sul grande schermo, è chiaro che nonostante tanto sia stato detto e scritto, poco è stato invece svelato.
Esistono critiche esaurienti e dettagliate che sezionano le pagine con la stessa attenzione con cui il chirurgo impiega la propria lama e ci informano di tutte le note tecniche, di tutte le citazioni presenti, di ogni rimando, senza tralasciare nulla ma che poi peccano per incapacità nel cogliere la vera essenza e viceversa c' è chi si lancia in deduzioni filosofiche azzardate e speculazioni metafisiche, senza per questo arrivare a dirci cosa si proponeva di rivelarci il buon Melville.
E ci mancherebbe.
Si, perchè i temi sono così vasti e spesso impenetrabili che è davvero impossibile arrivare ad una comprensione che possa definirsi definitiva.
Questa almeno è l' idea che mi sono fatto leggendo con attenzione e cercando di approfondire i tanti punti oscuri.
Abbiamo un romanzo epico e storico, una tragedia vasta e profonda quanto le acque in cui si immerge il grande Leviatano, mitologia e leggende, superstizioni pagane e religiose, neoplatonismo, panteismo, trattati di scienza naturale, personaggi che sono altri mondi sconosciuti, follia, morte, poesia romantica inglese e narrativa d' avventura.
Una nave baleniera, il "Pequod", che racchiude in sè mille segreti e l' equipaggio più variegato per tratti etnici e caratteriali.
Achab, certo, lucido pazzo vendicativo è un punto fermo e nero come la pece, ma che dire, ad esempio, del mito del buon selvaggio incarnato nel cannibale ramponiere Quiqueg?
E il narrante Ismaele?
E Stubb?
Flask?
Starbuck?
Letteratura sottilmente psicologica fino a fare del mostro marino (un capodoglio, in realtà) Moby Dick un essere razionale, pensante, dotato di poteri quasi soprannaturali come fosse (un) Dio.
No, ripensandoci non voglio scrivere nulla. Come potrei? Questo libro diventa un' ossessione non meno intensa di quella di Achab per la balena, uno sforzo inumano e oscuro: non sono io a leggere dentro Melville, casomai è il contrario.
Tuttavia è lo stesso autore a metterci in guardia dal ritenere Moby Dick una "semplice" opera allegorica carica di significati più o meno nascosti oppure una favola mostruosa e nera: si, è anche questo, ma è soprattutto un grande omaggio alla tradizione, è storia americana.
E allora non rimane che leggere questa grande avventura con la stessa ingenua semplicità e l' identico stupore impresso sui volti dei bambini quando ascoltano le storie di vita dei nonni, quelli che avevano ancora grandi storie da raccontare...
venerdì, gennaio 18, 2013
Lucio Battisti
Non sono mai stato un fan di Lucio Battisti, mal sopporto la svolta elettronica degli ultimi anni, la celebrazione acritica di stampa e pubblico italiano mi sono sempre sembrati esagerati nei toni, il saccheggio che ne è stato fatto mi ha tenuto a lungo lontano da lui e dalla sua opera.
Che ho preso ad ascoltare in toto per poterne dare un giudizio globale e complessivo, partendo dai presupposti di cui sopra.
Soprattutto per non trascurare quello che, volenti o nolenti, è stato uno degli artisti ed autori più originali nella storia del pop e della cultura italiani della seconda parte del ‘900.
E che ancora continua ad influenzare direttamente e pesantemente decine di artisti, nuovi e meno nuovi.
Lucio Battisti è stato uno dei rari casi in cui la Musica Italiana ha saputo esprimersi in maniera personale ed originale, pur attingendo da influenze non prettamente autoctone.
Ha creato uno stile, un marchio inimitabile e riconoscibilissimo, lasciando classici sia a livello di album che, ovviamente, di brani singoli.
E che ha saputo sempre rischiare e sperimentare, spesso incurante dell’aspetto commerciale.
Lucio Battisti (1969) 7
Esordio tipico dell’epoca che raccoglie vari 45 già usciti e l’interpretazione di brani scritti da Battisti per altri artisti.
Il sound ha un’impronta rhythm and blues (“Un avventura”), accenni psichedleici inglesi (“Prigioniero del mondo” e il finale di “Non è Francesca”), sguardi beatlesiani (“Io vivrò”), addirittura cavalcate di ispirazione prog/rock blues (“Il vento”).
E poi i successi come “29 settembre” e “Balla Linda”.
Tra i musicisti Franz Di Cioccio futuro PFM, alcuni dei Ribelli, Vandelli dell’Equipe 84, la creme del beat italiano.
Emozioni (1970) 8
Un altro album antologico con la maggior parte di quei brani destinati a rimanere nella storia della musica leggera italiana “(Motocicletta” in realtà intitolata “Il tempo di morire”, “Acqua azzurra acqua chiara”, “Dieci ragazze”, “Mi ritorna in mente” etc).
Tutto molto leggero e pop ma arricchito da una vena “black” e da insert di stampo psichedelico tardo beat che lo rendono personale e particolarissimo.
Tra i musicisti la futura PFM, i Dik Dik, Demetrio Stratos, Radius e la Formula Tre.
Amore e non amore (1971) 8
Un concept diviso tra canzoni d’amore e non d’amore, suonato con una band d’eccezione, i Quelli, futura PFM con Mussida, Di Cioccio, Premoli, olre ad Alberto Radius e Dario Baldan Bembo.
Speso evidentemente live in studio.
Ci sono eccellenti parti strumentali molto vicine al groove hammod beat alla Brian Auger (“Dio mio no”), incursioni jazz funk, concessioni al prog e al rock n roll (“Se la mia pelle vuoi”), talking blues (“Supermarket”).
Un Battisti inconsueto, curioso, divertente ma superbo.
Umanamente uomo: il sogno (1972) 6.5
Almeno due classici destinati al songbook della canzone italiana ( “I giardini di marzo” a “E penaso a te”), tutta l’estetica Battistiana, ma anche sperimentalismi (la strana title track e l’inutile e cacofonico finale “Il fuoco”), bizzarrie (“Il leone e la gallina”), accenni prog.
Album trascurabile.
Il mio canto libero (1972) 7
Il nostro caro angelo (1973) 6
Battisti allarga le prospettive, introduce archi, perfeziona le modalità compositive, rende ancora più personale la sua scrittura, matura sempre di più.
Infila come sempre un classico come “Il mio canto libero”, dalle sfumature soul in “Il mio canto libero” e “La collina dei ciliegi” in “Il nostro caro angelo” ma non rinuncia ad ardite sperimentazioni con un occhio verso le sonorità latine, destinate a diventare il fulcro del lavoro successivo.
Anima latina (1974) 8.5
All’apice del successo, dopo un viaggio in Sud America, Battisti cambia bruscamente le carte in tavola, osa, spinge ancora iù in là la voglia di sperimentare e realizza il suo album più ambizioso e controverso, attingendo dalla musica latina, le liriche di Mogol si fanno sempre più ermetiche, i brani si allungano, inseriscono corpose parti strumentali e volutamente non prevedono ritornelli (tanto meno di facile presa).
Stroncato all’epoca, rivalutato successivamente, rimane tra gli album più significativi di Battisti e della musica pop rock italiana.
Lucio Battisti, la batteria, il contrabasso eccetera (1976) 6.5
Io tu noi tutti (1977) 6
Dal Sud America agli Usa con una nuova miscela che lo riporta alle origini, al soul, al funk, alla disco (“Il veliero”), alle melodie più facili e orecchiabili, a ritmi ballabili (“Ancora tu”), strutture più definite, anche se non mancano ancora occhiate alla sperimentazione.
In “Io tu noi tutti” il solito mega hit, “Si viaggiare”, eccellente funk disco soul . Alcuni brani, tradotti in inglesi, finiranno su “Images” destinato al mercato americano da cui ricevette scarso interesse.
Una donna per amico (1978) 8
Una giornata uggiosa (1979) 6.5
Si consolida il legame con il sound americano tinto di umori black, facili melodie, Philly sound (gli arrangiamenti di “Prendila così” ad esempio), disco music raffinata, elegante pop d alto profilo. “Una donna per amico” è uno dei suoi migliori album in assoluto con brani come la title track e “Nessun dolore” nuovi classici del pop italiano.
Più modesto “Una giornata uggiosa” in cui prosegue sulle tracce dell’album precedente, piazzando la title track in classifica. Per il resto è (buon) manierismo e mestiere.
E già (1982) 5.5
Battisti abbandona ancora una volta le certezze e svolta radicalmente verso un synth pop minimale, abbandona Mogol e affida i testi alla moglie.
Suona tutto Greg Walsh, il risultato è un album sconcertante, sintetico, tecnologico, freddo.
Don Giovanni (1986) 6.5
L’apparenza (1988) 5
La sposa occidentale (1990) 5
Cosa succederà alla ragazza (1992) 5
Hegel (1994) 6.5
Dopo anni di silenzio torna con l’ausilio di Pasquale Panella ai testi (sempre più astrusi e cervellotici), musica minimale, sintetica ed elettronica, copertine altrettanto algide dai pochi tratti essenziali.
Gli album si differenziano poco, l’uno più techno, l’altro più incline a sonorità trip hop, da altre parti arrivano suoni dub o dance.
Restiamo sempre in un ambito elettronico musicalmente poco interessante (soprattutto se riascoltato oggi), con testi di difficile comprensione, melodie non esaltanti nè facilmente memorizzabili.
Impossibile sapere se la strada era ormai in qualche modo definitiva (all’apparenza si.
Battisti pareva essersi chiuso al mondo esterno, anche artisticamente, incurante dell’attualità o meno della sua musica) o se ancora una volta avrebbe saputo rivoltare sè stesso e la proprio storia con una delle svolte a cui ci aveva abituato.
giovedì, gennaio 17, 2013
Rock Against Racism
Nel 1976 il fotografo e attivista politico Red Saunders e il designer Roger Huddle, rimasero scandalizzati e preoccupati che a fianco del crescente razzismo e avanzamento dei movimenti neo fascisti in Inghilterra, due personaggi di primo piano della scena rock del tempo si fossero schierati su posizioni di estrema destra.
L’uno era Eric Clapton, che durante un concerto a Birmingham, completamente ubriaco, si scagliò contro gli immigrati al fine di, a detta sua, "impedire che l’Inghilterra diventasse una colonia nera cercando di mantenerla bianca”, appoggiando il politico conservatore inglese Enoch Powell che prevedeva “fiumi di sangue” se il paese avesse continuato a tollerare l’arrivo di gente di colore (peraltro la tesi fu confermata anni dopo in un’intervista da un Clapton questa volta sobrio).
Proprio quel Clapton cresciuto con la musica nera e che aveva ritrovato il successo con la cover di “I shot the sheriff” di Bob Marley.
Pochi mesi prima David Bowie aveva (provocatoriamente ?) esaltato Hitler e il nazismo (per quanto anch’esso non particolarmente lucido e sobrio al tempo, come ampiamente sottolineato dallo stesso David che si scusò successivamente per l'episodio e che su cui, nei fatti, non si può avere alcun sospetto di razzismo, a partire dalla moglie che si è scelto).
Nello stesso periodo dal punk arrivavano le immagini di Sid Vicious e Siouxsie che esibivano (pur se per semplice provocazione) svastiche al braccio.
Nacque da questi avvenimenti l'organizzazione ROCK AGAINST THE RACISM . Supportato dalla fanzine Temporary Hoarding, con l’aiuto dell’ Anti Nazi League incominciò ad organizzare una serie di concerti in vari locali inglesi , in cui si alernavano punk e reggae bands come Aswad and Steel Pulse playing with punk bands such as the Ruts, the Slits and Generation X. Misty in Roots.
Il 30 aprile del 1978 culminò con il famoso concerto a Victoria Park con Clash (varie immagini appaiono nel film “Rude Boy”), Buzzcocks, Ruts, Sham 69, X Ray Spex, Tom Robinson Band, Steel Pulse davanti ad 80.000 persone preceduta da un marcia partita da Trafalgar Square.
Nel frattempo 25.000 persone riempirono il concerto di Manchester con Buzzcocks, Graham parker e Misty in Roots.
A Leeds si tenne per lungo tempo una serata ogni venerdì sotto l’egida del RAR.
A Brockwell Park suonarono poc tempo dopo Stiff Little Fingers, Aswad e Elvis Costello mentre nel 1979 ad Ackam Hall fu la volta di Crisis, Vapors e Beggar.
Il punk e la new wave presero una chiara posizione, fugando ogni dubbio e contraddizione sulla collocazione ideologica della scena.
mercoledì, gennaio 16, 2013
Sweet Soul Music: i libri Soul
Importanti, ovvi, strumenti per approfondire la conoscenza della SOUL MUSIC sono ovviamente i libri ad essa dedicata.
Non moltissimi (perlomeno quelli tradotti in Italia) e non sempre di facilissima reperibilità.
A seguire un breve elenco di titoli consigliati (alcuni ho avuto il piacere di leggerli altri sono solo a livello di segnalazione)
“Sweet soul music. Il rhythm and blues e l’emancipazione dei neri d’America” di Peter Guralnick (Arcana 2009)
“Motown. Storia e leggenda” di George Nelson (Arcana 2010)
“Soul, rhythm and blues”. I classici” di Eddy Cilia (Giunti 2010)
“Soul people. Ritratti della muscia nera” di Alberto Castelli (Arcana 2004)
Molto interessanti e consigliatissime le biografie di alcuni grandi del black sound
“Un’anima divisa in due. Vita di Marvin Gaye” di David Ritz (Arcana 2010)
“I feel good. L’autobiografia” di James Brown (Minimum Fax 2006)
“Brother Ray, L’autobiografia” di Ray Charles e David Ritz (Minimum Fax 2005)
“Fela Kuti. Lotta continua” di Mabinuori Kayode Idowu (Stampa Alternativa 2007)
“Nina Simone Una vita” di David Brun Lambert (Feltrinelli 2010)
“The Bluesologist, Gil Scott Heron” di Antonio Bacciocchi (Volo Libero 2012)