venerdì, gennaio 24, 2020

Saracens FC Rugby - Modello inglese



MODELLO INGLESE: RUGBY, SARACENS FC

A cura di ALBERTO GALLETTI


Le retrocessioni fanno parte dei campionati, più o meno da sempre, è toccato più o meno a tutti primo o dopo, se non stiamo parlando di sport professionistico americano.
Un concetto ‘europeo’ vecchio quasi come i campionati.

Alla base delle retrocessioni, e delle promozioni, il vecchio assioma sportivo che le recita(va) che le ultime classificate (in numero da stabilirsi) scendono alla categoria inferiore per la stagione sportiva seguente rimpiazzate da chi in quella categoria ha chiuso ai primi posti, in egual numero.
A volte è capitato sian state decretate a tavolino, non molte ma quasi sempre hanno fatto rumore.
Tutto normale, come il fatto che di solito esse vengano decretate al termine di ciascuna stagione.

Questa però è diversa.
Sto parlando dei Saracens, una delle istituzioni del rugby inglese, un club fondato nel 1876 , arrivato dopo un cammino lungo e irto di patimenti e delusioni ai massimi livelli del panorama inglese, dove ancora si trovava nel 1995 quando il rugby legalizzò il professionismo.

Hanno vinto gli ultimi quattro titoli nazionali inglesi e tre delle ultime quattro Heineken Cup (la CL del rugby), una potenza.
In squadra il capitano inglese Farrell, il miglior giocatore inglese Itoje ma anche gente come i fratelli Vunipola, Alex Goode, il gallese Liam Williams, lo scozzese Maitland tutti nazionali: uno squadrone.

Il dominio sul mondo ovale a livello di club nelle ultime quattro stagioni è stato infatti pressoché totale e tale si apprestava a rimanere anche quest’anno, ma è tutto finito.
Con una decisione senza precedenti per campionati di questo tipo infatti, la federazione inglese ha deciso di retrocedere i Saracens al secondo livello del rugby inglese per la prossima stagione 2020/21.
La decisione è della scorsa settimana.

Il club è risultato colpevole di aver sforato il tetto salariale cumulativo di 7 milioni di sterline a stagione per le stagioni 2016/17, 2017/18 e 2018/19, tre stagioni che hanno portato nella bacheca rossonera tre titoli nazionali e due Heineken Cup.
L’accusa, provata, è tremenda ed infamante e ancor più infamante è stata la decisione del club che posto dinnanzi alla scelta di essere privati dei titoli vinti o retrocedere a tavolino ha optato per quest’ultima.
Un gran bell’esempio per chi si proclamava alfiere dei migliori valori del rugby.

A riprova del fatto che non si è trattato di una violazione accidentale e/o casuale delle regole finanziarie della lega ma deliberata e pianificata segretamente per esser sicuri che non saltasse fuori e che se poi, infine, fosse saltata fuori, sarebbe stata anche difendibile.

Ignobili, bari, e disonesti.

Il protagonista principale è il presidente del club, Nigel Vray che mettendo in piedi una serie di società schermo insieme ad alcuni dei migliori giocatori, tra i quali i fratelli Vunipola, Itoje, Wigglesworth ha fatto confluire in queste società soldi che i giocatori si sono poi spartiti come dividendi.
L’indagine sul club, dopo l’indiscrezione del Daily Mail a marzo, ha provato che questi soldi sono stati percepiti in più sugli stipendi già pagati e che già ammontavano al fatidico totale di 7 milioni.
Il rifiuto del club, poi, di esibire i documenti relativi ai pagamenti dei giocatori per le tre stagioni sotto esame, ha da un lato confermato la colpevolezza del presidente e dall’altro dato il via all’indagine vera e propria con conseguente mannaia della lega.

I Saracens continuano il loro cammino in Heineken Cup dove ieri si sono qualificati per i quarti di finale.
In campionato continuano a giocare, ma qualsiasi sia il totale di punti a fine campionato sono già retrocessi.

Ovviamente hanno rifiutato la revoca dei trofei perché avrebbe portato loro una retrocessione a posteriori almeno per 2018/19 che li avrebbe privati del diritto a partecipare a questa Heineken Cup con relativa perdita di introiti milionari.

Si tratta senz’altro del peggiore e più grande scandalo che abbia mai investito il rugby inglese.

Questo è il triste stato delle cose nel paese additato quasi ovunque come modello da seguire per la soluzione di tutti i mali dello sport professionistico nostrano , nello sport additato qui da noi come esempio da seguire ai reprobi che seguono il calcio. Mi chiedo cosa dovrebbero pensare quelli che seguono entrambi.
Vero anche che a livello tecnico gli allenatori e i giocatori abbiano fatto, in ambito sportivo grandi cose e raggiunto grandi risultati, i loro sacrifici e i loro traguardi non sono in discussione, ma senza queste gravissime violazioni parecchi, se non quasi tutti i giocatori e gli allenatori non sarebbero andati ai Saracens.
Vero che violazioni, minime, al salary cap si erano già verificate, ma i Saracens lo hanno portato decisamente ad un altro livello.
Ora le conseguenze le pagheranno altri, i dipendenti del club non appartenenti al settore tecnico che si vedranno licenziati o decurtati degli stipendi causa l’inevitabile ridimensionamento del club e relativi obiettivi.

E’ questa una delle conseguenze dell’apertura al professionismo che ha portato con se l’inevitabile ingresso nello sport della cosiddetta grande finanza e dei suoi ingenti capitali.
Per uno sport alla disperata ricerca di una dimensione pari a quella della Premier League del calcio ma che non riesce ad aumentare nè gli spettatori nè l’audience televisiva, il risultato è che finisce talvolta in balia di investitori non meglio definiti che tentano il colpo.
Tanto per sfatare il mito dello ‘sport puro e dai valori che solo noi li abbiamo’, CVC, un fondo di investimenti sta per acquisire il 27% del Guinness Pro14, campionato ai quali partecipano formazioni gallesi, irlandesi, scozzesi, sudafricane e le nostre Benetton e Parma.
Ha già comprato il 27% del campionato inglese l’anno scorso e si appresta a comprare una quota pari a 300 milioni di sterline nel Sei Nazioni (non conosco la corrispondente quota percentuale).
Come vedete siamo ben lontani dallo sport propagandato da queste parti dove i neofiti che vi si avvicinano solo per disprezzo verso il calcio sbandierano una purezza di valori irraggiungibile.

Questi fondi di investimento non sono enti benefici il cui interesse è nella protezione delle strutture tradizionali delle attività che assumono, in questo caso la salvaguardia dei valori sportivi. Si tratta di profitto, ovunque, sempre.
Come ha affermato un vice amministratore al termine del periodo di 11 anni in cui CVC ha avuto il possesso della Formula 1:
"Tutte le loro azioni sono state intraprese per estrarre più denaro possibile dallo sport e metterne il meno possibile".

Siamo sicuri che il rugby professionistico sia meglio del calcio?
O bisognerebbe cambiare la domanda?

7 commenti:

  1. Commento da FB:
    Carlo Albertoli
    Una delle cose meno importanti che si scoprono andando a vivere in UK è che di rugby ne esistono due: Union, quello classico a 15, amato nel sud dai rampolli dell’alta borghesia e League - a 13 - diffuso solo nel nord working class (e nelle ex colonie).

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  2. Lo so bene!
    Il rugby a XIII fu creato nel 1895 e Huddersfield per la precisione, dai club di Yorkshire e Lancashire che si staccarono dalla RFU e legalizzarono il professionismo. Il rugby a XV rimase quindi appannaggio delle contee del Sud ed essendo lo sport preferito nelle public schools, insieme al cricket, di quasi esusiva pertinenza delle classi medio alte.
    Questo fino al 1995 quando anche la RFU legalizzo il professionismo, abbattendo di fatto il muro che separava i due giochi che rimangono diversi per alcune regole, ad esempio nel League la mischia praticamente non esiste.
    La Northern Rugby Union, si chiamava così allora, si strutturò da subito come il calcio con campionati e coppa per poter pagare i giocatori che nel rugby a XV non prendevano niente perché appunto non ne avevano bisogno essendo tutti benestanti.
    Nel rugby union infatti il primo campionato fu disputato nei primi anni 80, il Bath ne vinse parecchi.

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  3. Rimane la separazione geografica tra i due codici, quella di classe va scomparendo. Molti giocatori dal 95 sono passati dal league all union perché avevano cominciato a pagare anche li, specialmente i tre quarti che nel rugby a XIII sono sempre stati migliori, uno su tutti Jason Robinson autore dell unica metà nella finale mondiale vinta dagli inglesi nel 2003

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  4. Ti scriverò in pezzo sulla genesi del football

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  5. Albe tu sei per il northern o southern rugby?
    C

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  6. Ci sono cose che mi piacciono, o meglio piacevano di entrambi.
    Come gioco senz'altro meglio il rugby union era più ragionato, oggi molto meno. Il rugby league è più da bestie.
    Del rugby League mi è sempre piaciuto molto il seguito, in tutto e per tutto simile a quello del calcio: tifosi working class, identità squadre-territorio fortissima, stadi piccoli ma identici a quelli di calcio di una volta delle serie inferiori. È una realtà che ben conosco, mia moglie è di Wakefield dove c'è una delle squadre di maggior livello e tradizione, mi ero interessato anni fa e c'ero pure stato.
    Come fascino legato al l'epica popolare senz'altro meglio il league (Northern). C'è uno stadio a Bradford ora ridimensionato che aveva 7na capienza enorme, nella finale di Challenge Cup del 1954 fece registrare un tutto esaurito da 102.575 spettatori.
    Oggi è molto cambiato, per incrementare sempre più gli introiti televisivi vi partecipano squadre francesi, una di Toronto e una serba.
    Confesso che ormai mi fanno abbastanza schifo entrambi

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  7. Alla fine, comunque, la risposta è southern. L'ho anche giocato

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