giovedì, gennaio 31, 2019

Gennaio 2019. Il meglio



In lizza per entrare nella Top del 2019 ci sono già Specials, The Beat, Joe Jackson, Juliana Hatfield, Piaggio Soul Combination, Giulio Casale, I Hate My Village e London Underground.

SPECIALS - Encore
L'ultimo album in studio risale al 2001, questo nuovo lavoro arriva quasi inaspettato e segna il ritorno su disco del primo cantante Terry Hall a fianco del bassista e chitarrista originari, oltre a Steve Cradock, direttamente dalla band di Paul Weller.
Chi si attende un disco a base di ska e ritmi caraibici resterà deluso
Non manca qualche esplicito omaggio alle origini ma ENCORE è un viaggio più dettagliato e ampio nella black music con vari brani in chiave reggae, dub, funk e soul.
Valga ad esempio la riuscita cover di un funk pulsante come l'introduttiva "Black skin blue eyed boys" degli Equals.
Testi profondi, a sfondo sociale e politico, combattivi e riflessivi, un eccellente album.
Nella versione deluxe anche un bellissimo live con una decina di classici.

THE BEAT feat. RANKING ROGER - Public confidential
La band di "Mirror in the bathroom" è divisa da anni in due tronconi: da una parte i Beat di Dave Wakeling, dall'altra quelli di Ranking Roger. Che torna con un eccellente album (aiutato anche dal figlio e da Oscar Harrison degli Ocean Colour Scene tra gli altri) in cui rivive il classico groove originale degli 80's tra dub, ska, reggae, skank e varie contaminazioni.
Brani riuscitissimi, produzione eccellente, grande album.

JOE JACKSON - Fool
Sempre un po' defilato ma costantemente originale e personale, Joe Jackson ha costruito una carriera eclettica in cui si è spostato a suo piacimento in svariati ambiti sonori. Il nuovo album è un eccellente sunto della sua verve compositiva, arricchito da un'energia e una freschezza quasi inaspettate.
Otto brani, 40 minuti di musica, lavoro molto bello e ispirato.

JULIANA HATFIELD - Weird
Una delle migliori compositrici in circolazione (da parecchio tempo, questo è il 17° album + una decina con varie band) da Boston, Usa, ci regala un nuovo prezioso gioiello, come sempre in perfetto equilibrio tra melodia, rabbia, disagio, ostilità, insoddisfazione, amara dolcezza, stupende e malinconiche ballate di gusto post adolescenziale, grintosi garage rock, un po' di Paisley, indolenti grunge songs. Come sempre ai vertici delle mie preferenze.

STEVE GUNN - The unseen in between
Per chi non ha dimenticato la splendente stagione del PAISLEY UNDERGROUND resterà affascinato dal quarto album del cantautore americano, che veleggia tra folk rock, trame psichedeliche, canzoni lievi che ti cullano con un incedere ritmico indolente e ipnotico.
Preferivo il precedente "Eyes on the lines" ma anche in questo caso siamo ad altissimi livelli.

MICHAEL FRANTI - Stay human vol.2
Ormai sono passati decenni dai primi passi che Michael Franti fece sulla “scena”, all'inizio in ambito punk, poi crossover e infine abbracciando, con la nuova creatura degli Spearhead, il concetto di melting pot sonoro, assorbendo di qua e di là, sorta di Manu Chao americano.
Al primo posto c'è sempre però un profondo impegno politico al servizio dei più deboli, per la pace, contro le guerre e le ingiustizie, costantemente in prima linea, incurante di critiche o pericoli.
Il nuovo album riflette alla perfezione questo modo di agire e pensare mentre musicalmente ci si muove in un contesto già ampiamente collaudato, tra reggae, funk, blues, soul, ritmiche sempre ballabili, slogan di immediato effetto, a corredo di testi profondi e diretti.

I HATE MY VILLAGE - s/t
Adriano Viterbini (Bud Spencer Blues Explosion), Fabio Rondanini (Calibro 35, Afterhours), Marco Fasolo (Jennifer Gentle), Alberto Ferrari (Verdena), uniti in un progetto molto suggestivo e particolare che unisce sapori funk e afro (con particolare riguardo per le ritmiche alla Fela Kuti/Tony Allen e il desert sound in stile Tinariwen), in un'ottica sperimentale e avanguardista, a tratti psichedelica e quasi kraut.
Interessantissimo e particolarmente riuscito.

THE PIAGGIO SOUL COMBINATION - This is
I Piaggio Soul Combination sono un collettivo di musicisti con base a Pisa dove Marco “Piaggio” Piaggesi ha radunato il meglio che la scena latin/soul della costa toscana potesse offrire.
Dopo un album d'esordio tornano con un nuovo lavoro SPETTACOLARE !
Soul, northern soul, latin, funk, boogaloo, Hammond sound all'ennesima potenza, suonato e cantato (oltre che da Piaggesi da varie voci femminili) con rara perizia tecnica e un'attitudine totale.
Suoni perfetti, brani eccelsi sia a livello compositivo che realizzativo. Un album destinato alla top ten 2019, che difficilmente troverà validi rivali.

LONDON UNDERGROUND - Four
Splendido quarto album per il trio toscano. Otto brani + due bonus strumentali in cui ci si addentra in una fantastica bolla temporale che ci porta tra la fine dei 60's e l'inizio dei 70's in quel sound che assorbiva prog, Hammond grooves, funk, acid rock, psichedelia, jazz. Nomi come Brian Auger (di cui viene ripresa "Tropic of Capricorn"), Atomic Rooster, il Canterbury sound, spicchi di E.L.P., Pink Floyd e primi King Crimson o come i nostrani Winstons sono quelli che spiccano tra i riferimenti. Tra le cover anche Joe Zawinul (brano che compose per Cannonball Adderly, "Mercy mercy mercy") e i nostrani Mark 4. Eccellente !

LEONARDO MARQUES - Early birds
Un delizioso album che arriva dal Brasile, tra soft dream pop psichedelico di gusto 60's, qualche passo nei 70's, un po' di gusto carioca, atmosfere soffuse e sognanti.

ARCHIE AND THE BUNKERS - Play Damned
Uno dei gruppi (un duo, batteria e tastiere) più esplosivi in circolazione. E questo Ep in cui riprendono a modo loro quattro brani dei Damned ne è un perfetto esempio. Pura potenza sonora !

FUN LOVIN CRIMINALS - Another Mimosa
Un gradito ritorno con un album di cover (alcune riuscite altre molto meno) riporoposte nel consueto mood contaminato tra hip hop, funk, jazz, suoni new yorkesi.
Un ascolto sempre piacevole.

DANDY WARHOLS - Why you so crazy
Decimo album per la band americana, ormai in giro da 25 anni. Rock dalle tinte psichedeliche, elettronica, glam, addirittura vaudeville e country. Qualche brano azzeccato, qualche caduta di tono, un po' di anonimato. ma non un brutto disco.

THE GENTLEMENS - Triage
Continuano il loro furioso cammino i Gentlemens. Il nuovo album è una bomba punk blues che assorbe il classico retaggio rock 'n' roll garage (dai Sonics ai Fuzztones) ma lo filtra con il sapore malato caratteristico di Jon Spencer Blues Explosion, riecheggiando a tratti i dimenticati Beasts of Bourbon. Il suono è sempre saturo, la ritmica spinge indefessa, la voce urla. Abrasione pura.

GIULIO CASALE - Inexorable
E' infinita la storia artistica di Giulio Casale, dalle esperienze con gli Estra, alla carriera solista, quella di attore teatrale, scrittore, autore e tanto altro.
Nel quarto capitolo del percorso solista l'interpretazione vocale ha forti connotati teatrali, la scrittura dei testi, sempre incisivi, profondi, in poche parole stupendi, è di qualità eccelsa, la musica, curatissima, non è mai banale e scontata.
La canzone d'autore abbraccia rock e istanze new wave, si concede aperture più pop confermando un profilo artistico immediatamente riconoscibile, che viaggia alto, quasi aristocratico, pur confrontandosi con le storture di una realtà che non funziona più.

NADA - E' un momento difficile tesoro
Nada prosegue il suo percorso personale in un ambito "alternative", prodotta da John Parish (PJ Harvey, Cesare Basile, Afterhours) tra ballate minimali e aspre, testi diretti e ostici, un sound crudo e poche concessioni "pop".
Sforzo encomiabile ma album un po' monocorde.

ELECTRIC CIRCUS - Canicola
Terzo capitolo per la sempre interessante band trentina che viaggia in ambito strumentale con una proposta dai contorni particolarmente originali. Un sound che assorbe ritmiche funk, affiancandole a un gusto jazz, una visione psichedelica e sguardi aperti al mondo musicale, arrivando a suggestioni afro jazz. Intrigante a ammaliante.

THE SHAKIN APES - s/t
Il quartetto sardo è all'esordio con la nuova denominazione, dopo 15 anni di attività sotto altre vesti. Un ep freschissimo, frizzante, pulsante, ballabile all'insegna del più classico rockabilly moderno nell'accezione di Stray Cats e Polecats. I brani filano veloci, con grande padronanza della materia, tecnica sopraffina e notevole personalità. Eccellente.

MORSO - Lo Zen e l’arte del rigetto
La band lombarda scaglia un macigno di noise core nelle orecchie e cervelli degli ascoltatori nell'album d'esordio. Hardcore isterico che abbraccia uno scibile di violenza sonora che va dai Dead Kennedys ai Dillinger Escape Plan passando attraverso l'attitudine estremista di John Zorn. Ciò che colpisce è soprattutto la perizia tecnica con cui viene maneggiata una materia così difficile e abrasiva. Bravissimi e grande disco.

THE ANDRE' - Themagogia
Misterioso personaggio che ha avuto un'idea: rifare i pezzi trap (Sferaebbasta, Young Signorino, Dark Polo Gang, Bello Figo) con la voce (uguale !) e lo stile di Fabrizio De Andrè. Un fenomeno web, pare molto seguito. Ma che appare sostanzialmente una curiosità inutile.

WINGS - Wild life (Archive Collection)
WINGS - Red Rose Speedway (Archive Collection)

Paul McCartney prosegue la ristampa dei suoi dischi solisti e con gli Wings, nelle ormai inevitabili versioni con inediti, demo, provini, stranezze.
"Wild life" è l'album d'esordio dei WINGS del 1971 ed è sicuramente uno dei punti più bassi della carriera di Paul, povero di ispirazione, molti brani volutamente registrati in una sola (e prima) versione, senza alcuna cura nella produzione. Nei 17 bonus c'è poco di interessante (irritanti i ben 5 spezzoni di pochi secondi, giusto per aumentare il numero di inediti, insignificanti sciocchezze come "African yeah yeah") se non una vena blues che avvalora l'iniziale intenzione di chiamare la band Paul Mc Cartney Blues Band (in alternativa Turpentine, Dazzler e , appunto, Wings).
C'è anche il controverso singolo "Give back Ireland to the Irish" (con anche alternate take) e due versioni del tentativo di riconciliazione con John, "Dear friend".
Incluso anche un DVD con alcune prove della band.
Di tutt'altro tenore il successivo "Red Rose Speedway" dove la cura degli arrangiamenti e lo spessore delle canzoni sale di qualità e consistenza.
Originariamente concepito come un doppio poi riportato a singolo, viene riproposto con l'aggiunta di 18 brani (inclusi vari singoli usciti all'epoca, tra cui "Live and let die" e i brani esclusi dalla versione originariamente concepita).
Risaltano il classico "My love", la grande introduttiva "Big barn bed" e il medley finale di 11 minuti.
Tra i brani allegati niente di particolarmente entusiasmante ma in generale materiale di buona qualità.

ASCOLTATO ANCHE:
MAXIMUM ENJOYMENT (ottimo cool jazz / be bop, suonato magistralmente), LIZ BRASHER (buon pop soul), JAMIE CULLUM (pop jazz sempre cool e gradevole), ORGONE (funk disco soul ben fatto anche se un po' anonimo. Meglio in passato), JULIAN LYNCH (il chitarrista dei Real Estate con un album pop sperimentale "liquido"...uhm, mah), SUNFLOWER BEAN (fanno il verso ai primi Blondie. bah), GIRLPOOL (pallosissimo shoegaze), BETTER OBLIVION COMMUNITY CENTER (folk rock moscio), KEKE OKEREKE (la voce dei Bloc Party tra dance e influenze afro), WEEZER (un album di cover dai Toto ai Black Sabbath ai Turtles, simili agli originali e senza alcun senso)

LETTO

PAOLO MARCACCI - Muhammad Alì. Il pugno di Dio
E' noto come MUHAMMAD ALI' sia stata una figura andata ben al di là del semplice campione di pugilato (all'interno del quale ha rappresentato uno dei momenti più alti e completi di atleta).
Personaggio contraddittorio, non sempre limpido (al di là del mito), uno dei primi esempi di auto gestione della propria immagine in funzione del marketing ma anche faro per i diritti civili degli afro americani e la lotta alla guerra in Vietnam.
In questo libro, agile e veloce, c'è la sua storia, pugilistica e umana, fino al triste declino e alla malattia.
Ci sono le contraddizioni (lui, figlio della borghesia nera si erse a "voce del ghetto", insultando avversari come Sonny Liston e Joe Frazier che veramente da lì venivano o volle umiliare Ernie Terrell massacrandolo per 15 riprese, reo di averlo chiamato ancora Cassius Clay) ma c'è, naturalmente, lo spessore umano di un uomo che seppe sfidare l'America benpensante, razzista e retrogada e dare ai neri ancora oppressi una speranza di rivalsa.
Un libro che rimette in equilibrio la figura di ALI' tra luci ed ombre.

CARLO ROVELLI - Sette brevi lezioni di fisica
In fisica ho sempre avuto 4 o 5 e sono stato rimandato parecchie volte al Liceo Scientifico (dove avevo ottimi voti nelle materie letterarie), indirizzo scelto con evidente grande acume strategico.
Ho cercato di rimediare alla mia più totale ignoranza con questo breve libretto del luminare fisico teorico Rovelli che con parole semplici, efficaci, immediate ci spiega come funzionano il mondo e l'universo attraverso la fisica quantistica, le particelle, l'architettura del mondo, la teoria della relatività.
Carlo Rovelli è stato inserito dalla rivista "Foreign Policy" tra i cento migliori pensatori globali dell'anno, unico italiano.

PETER ERSKINE - No Beethoven. La mia vita dentro e fuori i Weather Report
Peter Erskine è un signore che ha suonato la batteria più o meno in 600 album!!!
Dai Weather Report agli Steps Ahead, da Jaco Pastorius a Joni Mitchell. E poi Kate Bush, Al Di Meola, Pino Daniele, Rickie Lee Jones, Diana Krall, Linda Ronstadt, Steely Dan, Rod Stewart oltre ad inciderne una ventina di solisti.
In questo libro si diverte a ripercorrere la sua storia di musicista attraverso brevi capitoli, spesso molto divertenti e (auto) ironici.
Istruttivo e consigliato per batteristi e musicisti ma molto piacevole anche per chi la musica la ama "soltanto".

COSE VARIE

Ogni giorno mie recensioni italiane su www.radiocoop.it, ogni domenica "La musica ribelle", una pagina sul quotidiano "Libertà", ogni mese varie su CLASSIC ROCK.
Occasionalmente su "Il Manifesto".

Sul sito di RadioCoop ogni lunedì va in onda il TG musicale "3 minuti con RadioCoop" condotto da me , Carlo Maffini e Paolo Muzio.

IN CANTIERE

Il nuovo progetto sulla storia di QUADROPHENIA prenderà il via venerdì 22 febbraio a Settimo Torinese (TO).
Io ne parlerò, Alex Loggia suonerà i brani dall'album.

https://www.facebook.com/events/388486361958145

Il sottoscritto, Rita Lilith Oberti e Dome La Muerte (con la chitarra aggiunta di Iride Volpi) torneranno dal vivo in tour con il nome di NOT MOVING L.T.D. (Lilith, Tony, Dome).
Nel repertorio qualche cover di classici, da Stones a Velvet agli Stooges e un po' di originali dal repertorio storico dei Not Moving.

Prossime date:

venerdì 22 marzo: Milano "Cox 18"
sabato 23 marzo: Bologna “Freakout”
sabato 30 marzo: Monterotondo (Roma) “Il cantiere”
sabato 6 aprile: Savona “Raindogs”

mercoledì, gennaio 30, 2019

Get Back. Dischi da (ri)scoprire



Ogni mese la rubrica GET BACK ripropone alcuni dischi persi nel tempo e meritevoli di una riscoperta.
Le altre riscoperte sono qui
:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/Get%20Back

SKIDS - Scared to dance
La grande (e misconosciuta) band scozzese (il cui chitarrista Stuart Adamson fonderà poi i Big Country) esordì nel 1979 con questo album in cui condensava un'anima ancora legata al punk con istanze new wave, brani dall'impostazione epica e declamatoria e una personalità enorme.
Un vero gioiello in cui spiccano brani come "Into the valley" (diventato poi inno dei tifosi del Dunfermline Athletic e del Charlton Athletic) e "Saints are coming" (ripresa dai Green Day e dagli U2).
Non sapranno purtroppo ripetersi.

JOE JACKSON - Fast forward
Ricordato più spesso per gli esordi e per il gioiello pop jazz di "Night and day" Joe Jackson ha continuato una carriera densa di altri ottimi lavori con veri e propri picchi di eccellenza.
Come questo doppio, recente (2015), registrato in quattro distinte parti del mondo (a New York con signori musicisti come Bill Frisell e Brian Blade) e che copre una vasta gamma di influenze, dalla ripresa di "See no evil" dei Television (spettacolare) a splendide ballate, registri funk, jazz, blues e mille altre direzioni.
Notevole !

ROD STEWART - Atlantic crossing
Il primo album di Rod Stewart in contemporanea con la fine dei Faces e un cambio di rotta musicale che si dirige verso sonorità più commerciali e "americane", pur conservando in molti aspetti il consueto approccio ad un rock rozzo, sanguigno e bluesy. Ad accompagnarlo i Booker T and the Mg's al completo. Ottima la versione di "This old heart of mine" degli Isley Brothers oltre alla celeberrima "Sailing" che scalò le classifiche mondiali.

AA.VV. - Babylon's burning reconstructed
Operazione bizzarra ma molto interessante e piacevole quella di rimixare nelle più svariate versioni (per 16 volte) il classico "Babylon's burning" dei RUTS.
Troviamo quella con solo archi, varie declinazioni dub e reggae (inclusa quella di Don Letts), elettronica, sperimentazioni varie. Ci sono anche i Groove Corporation, il batterista della band, Dave Ruffy, gli Apollo 440.
Da grande amante della canzone ho apprezzato molto.

martedì, gennaio 29, 2019

Bob Fosse



BOB FOSSE è stato uno dei coreografi più innovativi ed esplosivi nella storia dello spettacolo, valente regista ("Cabaret" , "All that Jazz", "Chicago", "Lenny"), eccellente danzatore.

Inventò un suo personale stile modern jazz che influenzò (e tutt'ora influenza) la danza musical e moderna dagli anni ’60 in poi (non dimenticando l'indubbio tributo che gli ha pagato Michael Jackson, sicuramente molto ispirato da Fosse vedi la breve parte che interpretò, nel 1974, in "The Little Prince" : https://www.youtube.com/watch?v=xXonK8EBqmk&t=195s).

Avendo come riferimento il suo idolo da Fred Astaire, usava bombette, bastoni e sedie come strumenti di scena.
Il suo marchio di fabbrica era l’uso dei cappelli.

Uno dei suoi capolavori è in questa sequenza da "Sweet Charity" del 1969 (ispirato da "Le notti di Cabiria" di Fellini) con spettacolare danzatrice protagonista Suzanne Charny.
https://www.youtube.com/watch?v=mcrZIK3gqbU

Indimenticabile l'apertura di "All that Jazz"
https://www.youtube.com/watch?v=L2e9acreKmQ

lunedì, gennaio 28, 2019

L'urlo rock 'n' roll



Estratto dalla pagina "Portfolio" del quotidiano "Libertà"

Chi ascolta rock 'n' roll, inteso nella sua versione originale e più primitiva, che si ispira direttamente a quello degli anni 50, troverà naturale sentire abitualmente il “lancio” di un assolo di chitarra, piano o sax, accompagnato da un urlo più o meno selvaggio.
Particolarità presente soprattutto nei brani rockabilly.

Un espediente quasi ritmico che troviamo in abbondanza nei brani di Elvis, Little Rchard, Jerry Lee Lewis ma che caratterizzò, ottimi allievi, anche molti brani dei primi Beatles e di buona parte dei gruppi beat anni 60, fino ad arrivare ai nipoti del genere, come gli Stray Cats, ed essere ripreso in parecchi altri brani più genericamente rock.

Un marchio di fabbrica che ha una genesi, come spesso accade in ambito artistico e che nacque per puro caso, grazie ad uno dei brani più celebri del rock, “Be Bop A Lula” di Gene Vincent, inciso nel 1956, arrivato quasi subito alla testa delle classifiche e reinterpretato da un numero incalcolabile di altri musicisti (da John Lennon a Paul McCartney fino a Mina e perfino Guccini).

Quando il batterista Dickie “Be Bop” Harrell annunciò a famiglia e amici che avrebbe registrato un disco non venne creduto ma anche dileggiato.
La madre oltretutto lo accusò di accampare una stupida scusa per andarsi invece a divertire con gli amici per qualche giorno.
Harrell, per convincerli della sua buona fede, disse loro che si sarebbe fatto riconoscere.
Così a un certo punto durante la registrazione, tra la sorpresa generale, cacciò un urlo bestiale.
Alla fine Gene Vincent apprezzò e decise di lasciarlo nel disco.
Il nostro batterista quando tornò a casa potè così anticipare ad amici e parenti che a breve sarebbe uscito il suo contributo ad un nuovo brano di prossima pubblicazione, con tanto di urlo.

Un escamotage inconsueto, improvvisato e del tutto casuale che, nel suo piccolo, ha in qualche modo cambiato la storia del rock.

domenica, gennaio 27, 2019

Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz di Luigi Nono



Giornata della Memoria

Nella composizione "Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz" Luigi Nono ripercorre attraverso il linguaggio della musica elettronica gli orrori dei campi di sterminio nazisti.

Opera realizzata nel 1966 per nastro magnetico, coro, voce di soprano e materiale elettroacustico, musica di scena composta per “Die Ermittelung” di Peter Weiss.
La pièce, che tratta del processo di Francoforte ai nazisti delle SS responsabili dei massacri nel campo di concentramento di Auschwitz, è stata creata nel 1965 a Berlino e messa in scena da Erwin Piscator.

L'opera è stata registrata presso lo Studio di Fonologia della RAI di Milano e si compone di tre parti:
1. Il canto dell’arrivo ad Auschwitz
2. Il canto di Lili Tofler (clandestina della Resistenza, internata e assassinata)
3. Il canto della sopravvivenza.

https://www.youtube.com/watch?v=-z-IUbwaMC0

"L'opera non comporta l'uso di testo. Ho utilizzato unicamente il materiale fonico del coro e della voce di soprano.
Secondo me è necessario continuare a ricordare i crimini dei campi di concentramento del passato, ma anche quelli del presente.
Ricordarli con la speranza, la volontà e la responsabilità di vederli scomparire.
Un'utopia?"

(Luigi Nono)

sabato, gennaio 26, 2019

Gil Scott Heron a Milano "Cox 18"



Stasera al COX 18 di Milano, presentazione del libro su GIL SCOTT HERON (con Fabrizio Frabetti alla chitarra, Rita Lilith Oberti alla lettura testi).
Alla fine mio DJ set.

https://www.facebook.com/events/390955854998292/

Wings - Wild life (Archive Collection)
Wings - Red Rose Speedway (Archive Collection)



Paul McCartney prosegue la ristampa dei suoi dischi solisti e con gli Wings, nelle ormai inevitabili versioni con inediti, demo, provini, stranezze.

"Wild life" è l'album d'esordio dei WINGS del 1971 ed è sicuramente uno dei punti più bassi della carriera di Paul, povero di ispirazione, molti brani volutamente registrati in una sola (e prima) versione, senza alcuna cura nella produzione. Nei 17 bonus c'è poco di interessante (irritanti i ben 5 spezzoni di pochi secondi, giusto per aumentare il numero di inediti, insignificanti sciocchezze come "African yeah yeah") se non una vena blues che avvalora l'iniziale intenzione di chiamare la band Paul Mc Cartney Blues Band (in alternativa Turpentine, Dazzler e , appunto, Wings).
C'è anche il controverso singolo "Give back Ireland to the Irish" (con anche alternate take) e due versioni del tentativo di riconciliazione con John, "Dear friend".
Incluso anche un DVD con alcune prove della band.

Di tutt'altro tenore il successivo "Red Rose Speedway" dove la cura degli arrangiamenti e lo spessore delle canzoni sale di qualità e consistenza.
Originariamente concepito come un doppio poi riportato a singolo, viene riproposto con l'aggiunta di 18 brani (inclusi vari singoli usciti all'epoca, tra cui "Live and let die" e i brani esclusi dalla versione originariamente concepita).
Risaltano il classico "My love", la grande introduttiva "Big barn bed" e il medley finale di 11 minuti.
Tra i brani allegati niente di particolarmente entusiasmante ma in generale materiale di buona qualità.

venerdì, gennaio 25, 2019

Peter Erskine - No Beethoven. La mia vita dentro e fuori i Weather Report



PETER ERSKINE è un signore che ha suonato la BATTERIA più o meno in SEICENTO ALBUM !!!

Dai Waether Report agli Steps Ahead, da Jaco Pastorius a Joni Mitchell. E poi Kate Bush, Al Di Meola, Pino Daniele, Rickie Lee Jones, Diana Krall, Linda Ronstadt, Steely Dan, Rod Stewart oltre ad inciderne una ventina di solisti.

In questo libro si diverte a ripercorrere la sua storia di musicista attraverso brevi capitoli, spesso molto divertenti e (auto) ironici.

Istruttivo e consigliato per batteristi e musicisti ma molto piacevole anche per chi la musica la ama "soltanto".

giovedì, gennaio 24, 2019

1Q84 Tapes



1Q84 Tapes is Diego and Fabio
from a grey area somewhere in Northern Italy
friends
ex bandmates
collectors
music nerds since they were kids
dealing with life in their 40s
shoegaze punx


Il ritorno (super nicchia ma in crescita) ci porta alla scoperta di una neo nata realtà che opera in tal senso.
La parola a Fabio Pasquarelli, uno dei temerari responsabili della 1Q84 Tapes

Il progetto nasce a fine estate 2018, da due amici della zona di Alessandria (Fabio e Diego) che ahimè hanno abbandonato la giovinezza da tempo.
Uno si è sempre dilettato a scribacchiare di musica su fanzines cartacee e blog, l'altro dall'inizio degli anni 90 ha sempre vantato una militanza nel giro HC ed è sempre stato personaggio attivissimo nella scena locale con gruppi, etichette, dischi.
Fondamentalmente, due nerds che si sono sempre rovinati a comprare dischi.

Una sera al pub, fatte le dovute considerazioni sul fatto che usciamo di meno, abbiamo a che fare coi conti che la vita adulta ti presenta, abbiamo deciso di rimetterci in pista con le cassette per non mollare con la nostra passione. Abbiamo scelto le cassette perchè sono oggetti molto belli e hanno un costo più che ragionevole, sia per chi le produce che per chi le compra.
D'altronde abbiamo un'estrazione punk e un occhio al portafoglio.

L'etichetta vuole produrre solo nastri in edizione limitata, investendo su gruppi sconosciuti o quasi, senza la pressione di numero di follower, hype o altri stress moderni.
L'idea è quella di avventurarsi in territori sonori poco comuni e, in generale, di dare una forma fisica e tangibile a quanto possa piacere a noi due. 60 copie per uscita, senza ristampe.

La prima uscita, The Ocean Boy, è un progetto di un amico romano di Diego (psych/shoegaze/noise/pop over 40, proveniente dalla scena HC e recentemente infuatuato di gruppi come Nothing e Whirr).
La seconda uscita è un progetto ambientale/drone/avant di una ragazza canadese che abbiamo conosciuto in rete, che incide sotto lo pseudonimo di Building Castles Out Of Matchsticks.
Abbiamo già anche pronte la terza e la quarta uscita.
Le prime cassette di Ocean Boy sono già fuori.
La seconda uscita sarà fuori a febbraio.


Contatti:
1q84tapes@gmail.com
http://1q84tapes.bandcamp.com
Facebook: 1Q84Tapes
Instagram: 1q84tapes

mercoledì, gennaio 23, 2019

The Milkshakes



Una delle band inglesi dei primi 80's più fulmonanti (e fulmninate). Guidati dal genio malato di Billy Childish (reduce dall'esperienza punk con i Pop Rivets) pubblicarono una decina di album in quattro anni (oltre a un live con i Prisoners, vari singoli e EP) all'insegna di un rock 'n' roll / rhythm and blues minimale, selvaggio e primitivo a metà tra i Beatles del periodo amburghese, i primi Kinks, Stones e Pretty Things e l'attitudine di Link Wray, denominato Medway Sound.
Una formula che si è ripetuta pressochè identica in tutte le uscite.

Dei MILKSHAKES consigliati l'esordio "Talking about Milkshakes", "After school sessions" e "The Last Night At The MIC", diviso con i Prisoners .

Dopo lo scioglimento del gruppo Childish proseguì con i Mighty Caesars, le Delmonas, dischi solisti e a nome Wild Billy Childish e poi con gli Headcoats, Buff Medways, Spartan Dreggs, sempre con coordinate sonore simili.
Ovvero una discografia pressochè sterminata che affianca ad una prolifica attività letteraria, editoriale e come pittore e artista concettuale.

Jack the ripper
https://www.youtube.com/watch?v=UetyxWWsyxE

Shimmy Shimmy/Pretty Baby (Live at the Nottingham Palais, UK, 1984)
https://www.youtube.com/watch?v=51dvo9Q-eqU

martedì, gennaio 22, 2019

Songs with other strangers di Vittorio Bongiorno



Nel 2010 Marta Collica, Rodrigo D'Erasmo (Afterhours), Cesare Basile, Hugo Race (già con i Bad Seeds), John Parish (PJ Harvey, Tracy Chapman etc), Steve Wynn (Dream Syndicate), Manuel Agnelli, Stef Kamil Carlens (Deaus), Giorgia Poli degli Scisma si ritrovarono insieme a suonare.

Un collettivo senza leader, aperto e collaborativo, i ncui spesso i musicisti si scambiavano gli strumenti, che intraprese un breve tour italiano prima di disperdersi di nuovo nel mondo.
Il regista VITTORIO BONGIORNO ne seguì le gesta, dal vivo e durante le prove, raccogliendo immagini e dichiarazioni, in un mosaico affascinante, avvolgente, intenso, interessante, essenziale, testimonianza preziosa di un evento unico.
Quel lavoro vede ora la luce nel rockumentary SONGS WITH OTHER STRANGERS.

Il film sarà presentato domenica al SEEYOUSOUND FESTIVAL a Torino (http://www.seeyousound.org) al Cinema Massimo alle 21.
Alla serata parteciperanno (e suoneranno) Manuel Agnelli, John Parish, Stef Kamil Carlens, Rodrigo D'Erasmo, Marta Collica, Giorgia Poli e Steve Wynn.

https://www.facebook.com/events/2033878146695240/

lunedì, gennaio 21, 2019

Musica e mafia



Riporto l'articolo pubblicato ieri sul quotidiano di Piacenza "Libertà" a proposito delle canzoni che parlano di MAFIA.

La mafia è merda.

Vogliate scusare l'uso su queste pagine di una parola così volgare come mafia.
Della stessa sostanza sono i mafiosi, non solo i tristi, beceri, tragici esecutori di ordini ma, allo stesso modo, anzi, soprattutto, coloro che certi ordini li danno, seduti su qualche importante scranno, in alto, molto in alto, vestiti in doppiopetto e ammantati di finta rispettabilità.
Alla faccia di un presunto, ridicolo, millantato, mai esistito, codice d'onore che in realtà non guarda, né lo ha mai fatto, in faccia a nessuno quando si tratta di soldi e potere.
Mi siano perdonate le suddette scontate e retoriche affermazioni ma che reputo sempre utile ricordare, in tempi in cui si tende a revisionare, cancellare, sopire certi fatti, pur oggettivi. Si tende ad appiattire tutto e azzerare valori inviolabili (dall'antifascismo all'antimafia, appunto).
Se si nota bene, in Italia, in ambito artistico e musicale, è difficile che il tema della mafia sia irriso o trattato con leggerezza. Con certe cose non si scherza.
Eppure anche nella scena musicale sono in tanti che non hanno avuto paura a parlarne, a schierarsi, a dire le cose come stanno, chiamandole con il loro nome, senza particolari timori. Come sempre c'è chi non ha usato mezzi termini e chi è stato più metaforico e circostanziato.

Un esempio, declinato in chiave ironica, ci viene da Antonio Virgilio Savona, membro del Quartetto Cetra, che, pur riferendosi ad altro argomento (un omaggio che il gruppo fece all'attivista per i diritti degli afro americani Angela Davis e per il quale ricevette una minaccia da sconosciuti) tratteggia al meglio nella sua “Sono cose delicate”, nel 1972, il più classico dei messaggi mafiosi:
“Ma che si faccia i fatti suoi, che si accontenti di campare, ma di che si va a impicciare? Questo si vuole rovinare. Se diventa irriguardoso e continua a sfrucugliare, lo mettiamo un po’ a riposo a pensare e a meditare sulle cose delicate che non devono essere… toccate!”.

Lo stesso Savona invece è più diretto e meno sarcastico in “Ogni anno a fine d'agosto” dove parla di come si muove la n'drangheta:
“Ogni anno a fine d'agosto lassù nei boschi dell'Aspromonte un ragno tesse una tela, un fiore appassisce, muore una fonte; ed è lassù che ogni anno c'è chi decide la tua sorte e compra la tua vita e la tua morte. Se provi a fare la spia non avrai il tempo di una preghiera e dormirai i tuoi sonni sotto una coltre di terra nera”.

Sempre molto attenti alle tematiche sociali i Modena City Ramblers hanno spesso affrontato l'argomento, soprattutto nella celebre “Cento passi” dedicata alla memoria di Peppino Impastato che pagò con la vita le sue invettive da Radio Aut Aut contro la mafia. I cento passi sono quelli che separavano casa sua da quella del boss Gaetano Badalamenti.
Sempre la band modenese ha dedicato un altro brano, “Beppe e Tore”, in cui si ricordano i piccoli gemelli, vittime con la madre, della strage di Pizzolungo del 1985, compiuta dalla mafia locale che voleva colpire il magistrato Carlo Palermo.

Anche un personaggio come Nino D'Angelo ha lasciato una testimonianza in merito con “Brava gente” in cui descrive l'impotenza dei cittadini che si trovavano in mezzo ad una delle tante guerre di camorra.
Allo stesso modo Jovanotti nel 1992 scrisse una canzone, “Cuore”, destinata solo alle radio e mai ufficialmente pubblicata, pochi giorni dopo la strage di Capaci.
“Migliaia di ragazzi in piazza a Palermo / un saluto alla bara del giudice Falcone / hanno bisogno di una risposta. Hanno bisogno di protezione. I ragazzi son stanchi dei boss al potere, i ragazzi non possono stare a vedere, la terra sulla quale crescerà il loro frutto bruciato ed ad ogni loro ideale distrutto.”

I Gang, mitica combat band dei fratelli Severini, nell'album “Storie d'Italia” ricordò in “Duecento giorni a Palermo” la figura del sindacalista Pio La Torre e del suo breve periodo di lotta a Palermo contro qualcosa di più forte di lui.
“Duecento giorni a Palermo, la strada era una preghiera, si colorò di rosso sangue quella mattina di primavera.” Sempre loro dedicarono “Il testimone” ad un'altra vittima molto nota, Don Puglisi (per cui ha scritto l'ottima “Se ognuno fa qualcosa” anche il cantautore Pippo Pollina).

“L'appello” di Daniele Silvestri è invece per Paolo Borsellino e il fratello Salvatore la cui lotta per la ricerca della verità sull'assassinio del congiunto si è spesso infranta contro il famoso “muro di gomma”, di frequente uso in ambito mafioso.

Rosa Balistreri è stata una delle cantautrici più interessanti della storia musicale italiana.
Una vita incredibile e impossibile, una manciata di canzoni di una potenza immane, tra cui “Mafia e Parrini” (con testo del grande poeta Ignazio Buttita, proposta anche da Otello Profazio), in cui non si utilizzavano mezzi termini.
“Mafia e preti: eterne sanguisughe, basto sopra le spalle e cappio che ci strangola. E mafia e preti si son data la mano. Uno alza la croce, l'altro prende la mira e spara. Uno minaccia l'inferno e l'altro la lupara”.
E' sempre lei la voce della “Ballata del prefetto Mori”, con musica di Ennio Morricone, colonna sonora del film “Il prefetto di ferro” di Pasquale Squitieri. Cesari Mori fu inviato in Sicilia da Mussolini con il compito di sgominare la mafia ma finì per colpire soprattutto esponenti dell'anti fascismo, lasciando la situazione più o meno come l'aveva trovata.

Nel 1991 Enzo Jannacci vinse il premio della critica al Festival di Sanremo con la struggente e drammatica “La fotografia” che parla, ispirato da un fatto di cronaca appena accaduto, di un bambino di tredici anni freddato con un colpo di pistola, in Sicilia, perché sospettato di aver assistito "a qualcosa che non doveva vedere".

Sempre a SanRemo, nel 2007, Fabrizio Moro portò la canzone “Pensa”, in cui si fa cenno a “Cosa nostra” in modo un po' defilato ma su tale palcoscenico non si può pretendere più di tanto.

Il cantautore Cesare Basile, siciliano doc, da sempre in prima linea sulle tematiche sociali della sua isola ma non solo, affronta la questione, traendo punto da una poesia di Danilo Dolci, in “Sotto i colpi di mezzi favori”.

Un album purtroppo dimenticato ma di primaria importanza nella storia della musica italiana è “Terra in bocca”, pubblicato da I Giganti nel 1971. Gruppo noto prevalentemente per canzoni abbastanza leggere si cimentò con un'opera rock in chiave prog sul tema della mafia che gestisce le provviste dell'acqua nella Sicilia siccitosa.
Il disco, a causa delle tematiche, fu censurato dalle radio e ignorato dalla critica “ufficiale”.

I Litfiba non hanno mai risparmiato canzoni, parole e impegno (organizzando anche concerti e iniziative) nella lotta artistica alla mafia a partire da “Dimmi il nome” a “Maria coraggio” dedicata a Lea Garofalo che si ribellò alla famiglia ndranghetista e che dagli stessi congiunti fu uccisa per vendetta.

Carmen Consoli nel 2015 canta ne “L'esercito silente” :
“Come si può credere che questa città baciata da sole e mare saprà dimenticare gli antichi rancori e le ferite aperte le faide storiche, il pianto di madri che mai più riabbracceranno un figlio lo stato assai spiacente che posa una ghirlanda tricolore con su scritto assente”.

Nel 2008 è stata pubblicata la raccolta “26 canzoni per Peppino Impastato (Amore non ne avremo)” in cui alcuni tra i migliori musicisti italiani musicavano le sue poesie. Da Carmen Consoli ai Marlene Kuntz, Modena City Ramblers, Marta Sui Tubi, Gang, Marina Rei, Perturbazione, Uzeda ne esce un omaggio intenso e sincero.
Nel 1992 il rapper Frankie Hi NRG ottene il primo successo con la poderosa “Fight the faida” in cui colpiva il segno con parole efficaci come : “E' la vigilia di una rivoluzione, alla voce del Padrino ma don Vito Corleone oggi è molto più vicino: sta seduto in Parlamento”.

E' di questi giorni l'uscita del libro “Change your step | 100 artisti. Le parole del cambiamento” a cura di “Musica contro le mafie”, associazione che agisce sotto l’egida di Libera, i cui proventi saranno reinvestiti per la realizzazione di laboratori musicali e sale prova per giovani a rischio e a cui contribuiscono cento nomi della scena musicale italiana, da Levante a Teresa De Sio, da Fiorella Mannoia a Zen Circus.

Inutile illuderci che una canzone (o canzonetta) possa cambiare o scalfire ciò che appare da sempre immutabile e indistruttibile. Ma ogni piccolo gesto in tal senso, ogni nota musicale, ogni parola, possono fare compiere un passo nella giusta direzione.

domenica, gennaio 20, 2019

Annibale Un mito mediterraneo - Piacenza



La fine del mondo è la rubrica domenicale che va ad esplorare i luoghi abbandonati dalla storia, particolari o estremi.
I precedenti post:

http://tonyface.blogspot.it/search/label/La%20fine%20del%20mondo

E' in corso fino a metà marzo a Piacenza a Palazzo Farnese (negli splendidi e suggestivi sotterranei) la mostra ANNIBALE - UN MITO MEDITERRANEO che ripercorre le gesta del condottiero cartaginese.

Ironia della sorte una città con una giunta a trazione fortemente leghista celebra le gesta dell'invasore nord africano extracomunitario che le suonò per bene ai Romani.

Il percorso è interessante ed esaustivo anche se ad un certo punto sembra volere "allungare il brodo" all'infinito, tra continui pannelli esplicativi, non sempre attinenti.

Lascia un po' di amaro in bocca la mancanza di reperti del passaggio di Annibale in Italia e soprattutto lo sbrigativo spazio concesso alla Battaglia sul Trebbia del 218 a.c. svoltosi a pochi kilometri da Piacenza e che avrebbe meritato un maggiore approfondimento, considerando che poi Annibale soggiornò ancora a lungo in questi luoghi, lasciando toponimi sparsi nella provincia (le assonanze tra Tartago/Cartago Zerba/Djerba ad esempio).



www.annibalepiacenza.it

venerdì, gennaio 18, 2019

The Piaggio Soul Combination - This is



I Piaggio Soul Combination sono un collettivo di musicisti con base a Pisa dove Marco “Piaggio” Piaggesi ha radunato il meglio che la scena latin/soul della costa toscana potesse offrire.
Dopo un album d'esordio tornano con un nuovo lavoro SPETTACOLARE !

Soul, northern soul, latin, funk, boogaloo, Hammond sound all'ennesima potenza, suonato e cantato (oltre che da Piaggesi da varie voci femminili) con rara perizia tecnica e un'attitudine totale.

Suoni perfetti, brani eccelsi sia a livello compositivo che realizzativo. Un album destinato alla top ten 2019, che difficilmente troverà validi rivali.

A seguire una breve intervista a Marco Piaggesi

Come è nata l’idea di questo progetto, piuttosto atipico nella scena italiana ?

Essendo, sin dall'adolescenza, molto legato alla cultura Mod, ho sempre trovato il R'n'B/Soul la musica migliore per ballare, e dopo averne ascoltate tonnellate, ho rotto gli indugi, è ho messo su la "Piaggio" (io) Soul Combination.
L'altro fondatore della band è Michele Malasoma, con me da sempre, dopo sono arrivati Savrerio alla chitarra e tutti gli altri, dopo vari cambi di formazione.
Poi un anno fa, al gruppo si è unito Gio, di origini Dominicane, ed ha portato una ventata di Latin Soul che abbiamo subito tentato di enfatizzare.
Abbiamo registrato un primo album (Italian Boogaloo, 2017) uscito sulla piccola, ma seria, San Antonio42, che è piaciuto abbastanza da indurci a farne un altro, cercando di fare un lavoro ancora migliore.
IRMA Records lo ha sentito, lo ha apprezzato e siamo qua.

Il nuovo album è fantastico nella ricerca dei suoni e nella capacità di ricreare le atmosfere più vicine a questo sound. C’è voluta molta cura e ricerca in studio ?

Grazie !
si, l'idea era quella di piacere agli appassionati del genere, quindi si è tentato di fare le cose con molta cura, e molto tempo, abbiamo iniziato a lavorarci 18 mesi fa.
Ci sono collaborazioni prestigiose, e si tenta d spaziare un po' in tutti i sottogeneri : Latin Soul, Motown Sound, Funk, Stax Sound, ma sempre con l'intento di far ballare gli amanti del boogaloo !
Ale Sportelli (Ovi), ha messo a disposizione la sua esperienza più che trentennale, e Sadnro Del Carratore ha avuto la pazienza di sperimentare tutti i tentativi possibili ..ala fine il suono ci soddisfa pienamente, è quello che volevamo.

Come proporrete l’album dal vivo ?

L'anno scorso abbiamo girato tutta l'Italia centrale, ma ci siamo spinti anche nel Sud , facendo otto date solo in Salento, dove siamo stati accolti con calore.
Se l'anno prosegue com'è cominciato, suoneremo dal vivo in tutta italia, con una formazione batteria, basso, percussioni, hammond, due sax e chitarra, più una voce femmnile che iterpreterà tutte le claborazioni che ci sono nel disco.
Vorremmo anche registrare -oltre a suonare- qualcosa nel Sud-Est, recependo la vibra del luogo, e coniugando Latin e levare, chissà che viene fuori..
Abbiamo furgone, uniforme, siamo pronti !
Le date sono aggiornate continuamente sui nostri profili FB e Instagram.

Che tipo di pubblico avete ai vostri concerti ? C’è una buona percentuale di giovani ?

La parte del gruppo che ci vede, mi dice di sì !
in ogni caso noi siamo adult-friendly. Dalle elementari a quota 100, noi facciamo ballare tutti !

Quali sono i dischi che hanno più influenzato il vostro sound ?

Fino all'ingresso di Gio, eravamo soprattutto influenzati da hammondisti Mod e "Blue Eyed Soul"come Georgie Fame, Zoot Money, Graham Bond, Brian Auger, ma anche roba un po' più psichedelica come gli Affinity, o gli Amen Corner.
Da quando è entrato lui, ci è stata sparata in vena una dose massiccia di Tito Puente!
Il mix ci sembra funzionare !

Nella vostra formazione ci sono elementi da tutto il mondo ...

Si, e ne siamo orgogliosi.

https://www.facebook.com/PiaggioSoulCombination/

https://www.instagram.com/piaggiosoulcombination/

Il video di "Take advantage"
https://www.youtube.com/watch?v=RItPjKdUtbY

giovedì, gennaio 17, 2019

Genesis - Turn it on again



Una delle migliori canzoni dei (nuovi, post Gabriel, in tre, votati a sonorità più facili) GENESIS è senza dubbio "TURN IT ON AGAIN", tratto dall'album "Duke" del 1980 e che raggiunse, come singolo, il numero otto delle classifiche inglesi.

Un brano dalla struttura apparentemente facile e scorrevole ma in realtà dal ritmo spezzato e "impossibile" che passa da un tempo in 13 /4 a 9/4 e si attesta sui 13/8.

Come ricorda Phil Collins (il riff è di Mike Rutheford che non si rese nemmeno conto della complessità ritmica fino a quando non glielo svelò Collins):
"Non lo puoi ballare. Vedi la gente che (ignara) ci prova ma perde continuamente il tempo".

Il brano è frutto dell'unione di due brani che Mike Rutheford e Tony Banks avevano composto per i rispettivi album solisti ma che alla fine avevano scartato.
Phil Collins accelerò il tempo del brano, inizialmente molto più lento.

Durante le prove per il concerto di reunion del 1982 per raccogliere fondi per Peter Gabriel rimasto schiacciato dai debiti per la prima edizione del suo festival WOMAD, lo stesso Gabriel si mise alla batteria per suonare "Turn it on again", sicuro che fosse un tempo lineare, rendendosi conto subito che era per lui pressochè impossibile.
Per fortuna c'era Chester Thompson...

https://www.youtube.com/watch?v=2B1ub5g5L0k

mercoledì, gennaio 16, 2019

Gregory Crewdson



A cura di MAURO NEGRI.

Esiste un tipo di fotografia denominata “staged”, traducibile come “preparata” e in questo panorama spicca indubbiamente l’americano GREGORY CREWDSON.

Attraverso le sue messe in scena che prendono molto dal mestiere di registra cinematografico, ritrae una provincia americana avvolta da atmosfere surreali misteriose ed anche inquietanti.
L’opera acquisisce una connotazione pittorica con dettagli estremamente nitidi e in questo complesso allestimento lo spettatore si colloca in una dimensione tra il reale e l’immaginario per arrivare in quella zona poetica che trova nell’inconscio la sua guida di lettura.

Crewdson nacque a Park Slope, un quartiere di Brooklyn.
Da ragazzo fece parte di un gruppo punk rock chiamato The Speedies.
La loro maggiore canzone "Let Me Take Your Photo" fu utilizzata dalla Hewlett Packard per promuovere una fotocamera digitale.

Alla metà degli anni ottanta Crewdson ha studiato fotografia al Purchase College.
Poi ha frequentato la Yale School of Art, presso la Yale University, nel New Haven, ricevendo un master in belle arti.
In seguito ha insegnato presso il Sarah Lawrence, il Cooper Union, il Vassar College e presso la Yale University, dove ha tenuto una cattedra fino al 1993.

L'opera di Crewdson è presente a New York alla Luhring Augustine Gallery e a Londra alla White Cube Gallery.

martedì, gennaio 15, 2019

Attaccamento alla maglia e andare allo stadio



Per consultare le tabelle allegate, cliccare sulle foto.

A cura di ALBERTO GALLETTI

Ci ricorda l’anonimo delle 12:41 in uno dei post passati che il Lanerossi Vicenza, o meglio il suo pubblico, stà insegnando a tutti cosa vuol dire attaccamento alla maglia.
La maglia è uguale, ma la squadra?
E poi, non dovrebbero essere i giocatori quelli attaccati alla maglia?

La vicenda del Vicenza Calcio, si chiamava così fino a st’ estate, è una triste vicenda, l’ultima di una lunga fila purtroppo in Italia.
Cominciata nel 1902, passata attraverso un quarto di secolo glorioso, poi attraverso una grave crisi all’indomani dell’uscita di scena del grande munifico sponsor, quindi di nuovo grande con la conquista dell’unico titolo nella storia della società, poi un progressivo inabissamento verso l’anonimato calcistico fino a giungere al fallimento del luglio scorso dopo un agonia durata più di un’anno.
Fine della storia.
Ora c’è una nuova squadra, si chiama Lanerossi Vicenza Virtus, ed è il prodotto di un’acquisizione di ramo d’azienda da parte di altra società e del trasferimento in città della ditta risultante, il nome è evocativo ma la storia interrotta.
Inoltre c’è un’altra città che si ritrova senza squadra, grazie mille.

Ad ogni modo, si diceva dell’andare allo stadio, ho approfittato dello spunto di cui sopra per una panoramica statistica sulla frequentazione da stadio inquadrando la realtà dello stivale, quella inglese , per poi concludere nel solito impietoso confronto tra le due.

I dati presi in esame sono quelli relativi alle partite giocate in casa fino al turno pre-Natalizio compreso, quindi un totale di 8/10 partite a squadra e poi quelle relative al turno di S.Stefano, Boxing Day per dirla con il linguaggio delle televendite televisive.

Cominciamo proprio dalla fine:
il giorno di S.Stefano si è giocato in Italia e , come da tradizione, in Inghilterra.
Il turno di campionato ha riguardato le quattro serie professionistiche inglesi a girone unico più la quinta divisione, semi-professionistica, e le tre serie professionistiche italiane, la terza divisa in tre gironi, ma sullo stesso livello.
Il dato che salta subito all’occhio è quello di Sunderland-Bradford City , in League One, che ha fatto registrare la stratosferica cifra di 46.039 presenti, non è il record assoluto per le partite di III Divisione inglese ma è comunque di poco inferiore (2.096 unità) alla somma degli spettatori di tutte le partite di Serie C giocate in Italia lo stesso giorno (26!), nonché superiore a qualsiasi pubblico di qualsiasi partita della Juventus! Incredibile anche come sia anche la terza partita con più spettatori in assoluto in Inghilterra, preceduta solo dagli incontri di Manchester United e Liverpool e davanti a tutte le altre otto della Premier League.
Complimenti davvero, a proposito di chi ha qualcosa da insegnare in termini di andare allo stadio da stare in terza serie.

Per quanto riguarda le presenze relative ai singoli campionati, la PL fa registrare un totale di 393.697 spettatori, più di quelli di Serie A, B e C messe insieme e superiore di 152.843 unità rispetto alla Serie A .
La media degli spettatori-partita in PL si attesta a 39.370 contro i 24.085 in Serie A, dato in se comunque non disprezzabile. Evidente, nonché simbolo della differenza tra i due movimenti calcistici, il dato di percentuale di riempimento degli stadi: 86,69% in PL, 67,04% in Serie A. Se escludessimo dal calcolo il Tottenham Hotspur che gioca a Wembley, non il suo campo, e con una capienza superiore del 30% rispetto a quella del nuovo stadio in via di ultimazione, con l’aggravante di essere ubicato a 20 chilometri da quest’ultimo, che salgono a più di 30 percorrendo la M25 e considerando quindi le difficoltà di spostamento sia con i mezzi pubblici che, soprattutto, con quelli privati visto il traffico che soffoca la capitale inglese, il dato della PL salirebbe al 96,83%. Si tratta in ogni caso di stadi praticamente pieni contro una realtà di stadi con un posto vuoto su tre, e quando gli impianti possono contenere almeno 20.000 spettatori i vuoti si vedono.

Ancora più impietoso il dato se scendiamo in seconda serie.
Quella inglese ha fatto registrare 271.059 presenze distribuite sulle 12 partite disputate a fronte di soli 61.361 presenti in Serie B, dove, è vero che le partite son state nove, ma si tratta pur sempre di un totale di oltre quattro volte superiore! La media delle presenze a partita è stata di 22.588, appena inferiore a quella della Serie A, a fronte di una media/presenze di 6.818 in serie B. Stadi pieni al 89,67%, dato largamente superiore quello della Serie A e impietosamente superiore a quello della Serie B attestato ad un misero 27,32%.

Se scendiamo in terza Serie, la media a partita è stata di 9.585 spettatori in League One, contro i 1.850 in Serie C, un campionato che ormai, salvo un paio di eccezioni, si svolge nella più completa desolazione, con campi pieni al 17,12% o forse sarebbe meglio dire vuoti al 83%.
Da salvare senz’altro il Vicenza, che ha dato spunto a questa riflessione, con i suoi 8.367 spettatori per una partita di Serie C contro l’Albinoleffe, senz’altro una delle squadre con meno appeal nel panorama professionistico italiano. I complimenti sono d’obbligo.

Più in generale, il Manchester United rimane la squadra inglese più seguita dal vivo, in virtù dello stadio più capiente del paese e di un pubblico che non conosce flessioni di sorta.
Le liste d’attesa per gli abbonamenti rimangono lunghe decenni e la possibilità di comprare biglietti ridotte al lumicino.
L’Arsenal ha un fattore di riempimento dello stadio del 99,24%, il più alto, nonostante i prezzi siano, per distacco, i più alti del paese. Per tutte le squadre di PL stadi pieni oltre il 90%, del Tottenham ho già detto.
In Serie A la Juventus fa registrare un’invidiabile 96.81%, certo la capienza dell’impianto, 41.254, è forse un po limitata per una squadra di tale livello.

Segue il Cagliari con un sorprendente 93,42% in un’impianto però da soli 16.233 posti, ottimi in quest’ottica anche i dati di Frosinone e Udinese.
In tema di squadre (e stadi) grosse, l’Inter fa registrare una media di 62.130, senz’altro rilevante, l’impianto risulta pieno al 77.65%, percentuale da media II Divisione inglese.

Lampante la conclusione che anche a livello di impianti, il calcio italiano dovrà fare i conti prima o poi con una bella ridimensionata, necessaria oltre al riammodernamento della quasi totalità degli impianti. All’altro capo dello spettro, il Chievo fa registrare un misero 36,15% per una media di 14.175 spettatori a partita, non male per una squadra di quartiere in una città di medie dimensioni, un po desolante all’interno del Bentegodi che può arrivare a contenere quasi 40.000 persone e in un campionato come la Serie A.

La seconda divisione inglese è un delirio, con ben cinque squadre registrano una media superiore a quella della nostra Serie A (25.277).
L’Aston Villa, la squadra più seguita con 34.437 di media, in Serie A si troverebbe al quinto posto.
Ad ogni modo, eccezion fatta per quattro squadre, i numeri del Championship fanno impallidire quasi tutte le prime divisioni europee, fuori Spagna e Germania. Eclatanti, come abbiamo già visto, i numeri del Sunderland che in terza serie fa registrare 31.356 spettatori a partita, più o meno gli stessi della Fiorentina. Dietro ai Black Cats troviamo staccatissimo il Portsmouth, 18.273, come l’Atalanta, che stà in Serie A.
In Serie C buono il dato del Catania con oltre 10.000 spettatori di media (10.197), un che da noi rimangono tanti. Molto bene anche il Vicenza di cui si è già detto.
Per la realtà italiana parecchio da insegnare anche in serie D da parte di tre nobili decadute: Bari, Cesena e Modena, rispettivamente con medie di 10.250, 7.291 e 7.283 che sarebbero oro colato in Serie B, applausi anche a loro.

In conclusione,il giorno di S.Stefano, in Inghilterra si sono giocate 57 partite, le presenze totali sono state 872.581, media 15.308, in Italia le partite sono state 45, le presenze 350.323, meno della metà,media 7.785, la metà.
La verità è che in Italia non si va praticamente più allo stadio, i numeri sono crudi e non mentono, se si escludono le prime dieci squadre di Serie A, dietro ci sono pubblici da serie terza serie inglese.
La Serie B non arriva a 10.000 di media, mentre drammatica è la situazione in Serie C dove si gioca nel deserto.
C’è da chiedersi se l’esposizione televisiva della nostra terza serie, e in molti casi anche nella seconda, non diventi controproducente vista la sensazione di disadorno squallore che le immagini televisive restituiscono ai telespettatori (ammesso che ce ne siano) nei loro comodi salotti: stadi decrepiti, vuoti e cadenti, tutti dotati comunque di recinzioni di sicurezza grottescamente sproporzionate sia alle necessità reali della sicurezza che all’architettura circostante, che sconvolgono la vita dei quartieri adiacenti, il tutto perchè tenere a bada 30 persone giunte al seguito della squadra in trasferta è, per il legislatore e per il responsabile dell’ordine pubblico, impresa paragonabile all’assalto alle trincee dell’Hermada e si costringono quindi altre 2.500 persone a registrazioni, all’atto di comprare i biglietti, che provocano lunghissime file, ed immancabili dimostrazioni di insofferenza per chi si presenta al botteghino anche tre quarti d’ora prima del calcio d’inizio, file che si ripetono all’ingresso dove bisogna passare da una perquisizione e da un tornello elettronico, manco ci si stesse recando in visita a qualcuno nel supercarcere di Opera.
Il tutto per assistere a partite che in simile contesto risultano pure più brutte di quello che sono.
Poi ci si chiede come mai nessuno più va allo stadio.

Chiudo con un paio di chicche: la più eclatante, a mio avviso , il caso del Widzew Lodz, quattro volte campione nazionale e semifinalista di Coppa dei Campioni contro la Juventus nel 1983 che, ignominiosamente caduto in terza serie, fa registrare una media di 16.872 spettatori a partita, la più alta in tutta la Polonia, superiore a quella del Legia Varsavia (15.955), che sta in prima divisione e vince campionati ed è secondo nella graduatoria. Numeri certo modesti in termini assoluti ma decisamente rilevanti considerandoli relativamente alla realtà polacca.

In termini generali il campionato più seguito allo stadio rimane la Bundesliga che ha registrato fin qui una media spettatori a partita di 42.879, con il Borussia Dortmud a capeggiare la speciale classifica con uno stratosferico 80.543 di media al 99,0%: impressionante, come impressionante il 50.210 di media del Hamburger S.V. in Zweite Bundesliga, retrocesso al termine della scorsa stagione per la prima volta nella storia ma non abbandonato dal pubblico. Assurdo per finire il dato del Bayern che con uno stadio da 75.000 posti ha fin qui registrato una media spettatori di 75.000, il 100%, unici in Europa e probabilmente non solo.

lunedì, gennaio 14, 2019

Paolo Marcacci - Muhammad Alì. Il pugno di Dio



E' noto come MUHAMMAD ALI' sia stata una figura andata ben al di là del semplice campione di pugilato (all'interno del quale ha rappresentato uno dei momenti più alti e completi di atleta).

Personaggio contraddittorio, non sempre limpido (al di là del mito), uno dei primi esempi di auto gestione della propria immagine in funzione del marketing ma anche faro per i diritti civili degli afro americani e la lotta alla guerra in Vietnam.

In questo libro, agile e veloce, c'è la sua storia, pugilistica e umana, fino al triste declino e alla malattia.
Ci sono le contraddizioni (lui, figlio della borghesia nera si erse a "voce del ghetto", insultando avversari come Sonny Liston e Joe Frazier che veramente da lì venivano o volle umiliare Ernie Terrell massacrandolo per 15 riprese, reo di averlo chiamato ancora Cassius Clay) ma c'è, naturalmente, lo spessore umano di un uomo che seppe sfidare l'America benpensante, razzista e retrogada e dare ai neri ancora oppressi una speranza di rivalsa.

Un libro che rimette in equilibrio la figura di ALI' tra luci ed ombre.

domenica, gennaio 13, 2019

25 anni di EZLN in Chiapas



La fine del mondo è la rubrica domenicale che va ad esplorare i luoghi abbandonati dalla storia, particolari o estremi.
I precedenti post:

http://tonyface.blogspot.it/search/label/La%20fine%20del%20mondo

Da 25 anni (era il 1° gennaio 1994) l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale ha preso possesso di alcuni municipi del CHIAPAS, in Messico.

Combattendo quotidianamente una lotta silenziosa quanto sanguinosa contro le forze governative, continuando nell'intento di ridare dignità e diritti agli indigeni, ai poveri, agli oppressi.
L'avvento di Obrador, presidente di "sinistra", non cambierà purtroppo le sorti della zona, anzi...

Il suo progetto Tren Maya, una ferrovia per turisti, arricchita da hotel, ristoranti e centri commerciali, che coinvolge Yucatan, Quintana Roo, Chiapas e Campeche, andrà a distruggere le aree rurali, colpendo indigeni e ambiente, in nome della speculazione e globalizzazione.

L'EZLN resiste, in direzione ostinata e contraria e dopo 25 anni è ancora lì.

Hasta siempre !!

sabato, gennaio 12, 2019

Libertà, Classic Rock e Not Moving LTD



Domani sul quotidiano di Piacenza LIBERTA' nell'inserto "Portfolio" diretto da Maurizio Pilotti nella rubrica "La Musica Ribelle" le connessioni tra MUSICA e DROGA
Nella foto i due numeri precedenti.



Nel nuovo numero di Classic Rock intervisto Simone Fringuelli della Spittle Records e Giulio Casale, di cui recensisco anche il nuovo (notevole) album "Inexorable".
Inoltre parlo di "Almost mine" di Ferro Solo, "Guadalupe" dei Mòn, "Never looked back" dei Liars, "Ice cream" dei Dissociative, la compilation "391-Voyage through the underground Italy" e una serie di schede tratte dai Best of 2018.
Nella rivista anche Neil Young, Wings, Eagles, Byrds, Zen Circus, Jeff Buckley e tanto altro.



Con i NOT MOVING LTD torniamo in concerto venerdì 18 gennaio ad AOSTA a "La Cittadella".

https://www.facebook.com/events/373972473146913/

Date successive:

23 marzo: Bologna "Freakout"
6 aprile : Savona "Raindogs"